30 giugno   -185

La notizia del giorno.

Francia: morta Simone Veil.

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È morta, a 89 anni, Simone Veil, prima Presidente del parlamento europeo e storica ministra francese. Per Macron: “Era la Francia migliore.” Nata a Nizza il 13 luglio 1927, di religione ebraica, durante l’occupazione nazista subì dure persecuzioni e nel marzo 1944 fu deportata insieme alla famiglia nel campo di concentramento di Auschwitz, da cui uscirono vive solo lei e la sorella, liberate il 27 gennaio 1945, attuale Giorno della Memoria in tutti gli Stati dell’Unione europea. È stata, quindi, tra i soci fondatori e Presidente onorario della Fondation pour la Mémoire de la Shoah, organizzazione no-profit che si occupa della promozione della memoria e degli studi sulla tragedia della Shoah. Laureata in giurisprudenza e divenuta magistrato, sposa nel 1946 Antoine Veil, da cui ha preso il cognome e ha avuto tre figli. Con un orientamento politico di centro destra, nel 1974 lascia la carriera di magistrato e, dopo l’elezione di Valéry Giscard d’Estaing a presidente della Repubblica francese, viene nominata ministro della sanità nel governo di Jacques Chirac e riconfermata nell’incarico in quello successivo di Raymond Barre. Simone Veil diventa così una delle prime donne ministro. Nel luglio 1979 lascia il governo Barre per guidare la lista dell’Unione per la Democrazia Francese alle prime elezioni a suffragio universale per il Parlamento Europeo. È la capofila dello schieramento europeista, liberale e centrista, sostenuto apertamente da Giscard d’Estaing. Nella prima riunione del Parlamento europeo a Strasburgo, nel luglio del 1979, è eletta Presidente dell’assemblea, carica che ricoprirà fino al gennaio 1982. È rieletta al Parlamento Europeo nel 1984, stavolta con la lista unitaria di centro-destra RPR-UDF capeggiata da lei, in qualità di illustre esponente dell’UDF, e da Jacques Chirac, in qualità di leader del RPR. In prima linea nella lotta per i diritti delle donne, quando era ministro della Salute sotto il governo di Valérie Giscard d’Estaing, presentò all’Assemblea Nazionale il progetto di legge sull’aborto, ottenendone l’approvazione l’anno successivo e subendo violenti attacchi da parte dei deputati più oltranzisti. Nel marzo 1993 fu nominata ministro di Stato, ministro della Sanità, degli Affari Sociali e delle Aree Urbane nel governo di Édouard Balladur, carica che ricoprì fino al maggio 1995. Nel marzo 1998 fu nominata membro del Consiglio costituzionale dal presidente del Senato René Monory. Il suo mandato durò nove anni ed è scaduto nel marzo 2007. Nel febbraio 2007 ha espresso il suo sostegno alla candidatura di Nicolas Sarkozy alla Presidenza della Repubblica, il 20 novembre 2008 è stata eletta all’Académie française al primo turno dello scrutinio, con 22 voti su 29 (5 schede bianche e 2 nulle), occupando il seggio che fu di Pierre Messmer, deceduto il 29 agosto 2007. Simone Veil rimane una importante figura di riferimento per la sua opera a favore dei diritti delle donne e per la costruzione dell’Europa unita.

METEO

Roma (Italia, Europa) coperto +28. Livorno (Italia, Europa) idem. Pune (Maharashtra, India Asia) per lo più nuvoloso +25. Addis Auasa (Etiopia, Africa) per lo più nuvoloso +21. Tallahassee (Florida, Stati Uniti d’America) per lo più nuvoloso +31. Nausori (Figi, Oceania) nuvoloso +18.


29 giugno   -186

La notizia del giorno.

Festa di San Pietro e Paolo, patroni di Roma.

maxresdefault(La Girandola, rievocazione storica in Piazza del Popolo, Roma)

Oggi, 29 giugno, la Capitale celebra San Pietro e Paolo con molti eventi: mostre, manifestazioni tradizionali, sagre, concerti. Oltre alle celebrazioni religiose nella basilica di San Paolo, sono previsti momenti di intrattenimento nell’area circostante tra giochi, sport e stand. Ci sarà anche l’infiorata, il tradizionale evento che vede in piazza Pio XII oltre mille maestri fiorai provenienti da diversi paesi del mondo. I preparativi per la VII Edizione dell’Infiorata Storica di Roma inizieranno già dal pomeriggio del 28 di giugno con i volontari infioratori che allestiranno nottetempo i quadri floreali, regalando ai visitatori, la mattina seguente, lo spettacolo dei loro coloratissimi tappeti. L’impareggiabile bellezza di San Pietro e del colonnato del Bernini faranno da cornice alle opere realizzate da gruppi di infioratori provenienti da tutto il mondo, che fanno rivivere nella Capitale una tradizione a lungo dimenticata. La prima infiorata storica venne realizzata in occasione della festa patronale nel lontano 1625, per opera del responsabile della Floreria Vaticana Benedetto Drei e di suo figlio Pietro, sotto il pontificato di Papa Urbano VI: piazza San Pietro venne ammantata di “fiori fondati e minuzzati ad emulazione dell’opere del mosaico”, dedicati ai Ss. Pietro e Paolo. Morto Drei, a succedergli fu il grande Gian Lorenzo Bernini, principale artefice delle feste barocche, ed è in questo periodo che “quest’arte floreale da Roma si divulgò”, ai Castelli Romani, poi a Genzano e a Genazzano. La tradizione delle infiorate iniziò così a propagarsi a partire da Roma, ma proprio a Roma scomparve già alla fine del XVII secolo ed è ripresa da sette anni grazie all’impegno di Pro Loco Roma. È tornata anche a Piazza del Popolo la rievocazione storica della Girandola di Roma, il tradizionale spettacolo di fuochi d’artificio, che invita il pubblico a guardare lo spettacolare fuoco La Girandolad’artificio da Piazza del Popolo con lo sguardo rivolto verso il Pincio. Sulle banchine del Tevere poi bancarelle e stand tra performance artistiche, percorsi enogastronomici ed esposizioni artigianali.

METEO

Roma (Italia, Europa) parzialmente nuvoloso +27 Livorno (Italia, Europa) coperto +28. Nagarkot (Nepal, Asia) lievi rovesci di pioggia +20. Mansa (Zambia, Africa) soleggiato +23Salisbury (Maryland, Stati Uniti d’America) per lo più soleggiato +32. Yaté (Nuova Caledonia, Oceania) parzialmente nuvoloso +15.


28 giugno   -187

La notizia del giorno.

La “casa sull’albero”.

hospice pediatrico fondazione seràgnoli disegnato da Renzo Piano rendering

Renzo Piano ha disegnato il progetto dell’hospice pediatrico voluto dalla Fondazione Hospice “Maria Teresa Chiantore Seragnoli” che sorgerà a Bologna accanto all’ospedale Bellaria. Piano ha ipotizzato una struttura di 4500 metri quadrati, che si sviluppa in più padiglioni connessi, con quattordici camere singole e otto appartamenti, a disposizione dei familiari dei piccoli degenti. La struttura sorgerà all’interno di un bosco con 390 alberi, sia sempreverdi sia a foglia caduca, e 5mila piante di arbusto. Sul tetto saranno collocate delle cellule fotovoltaiche che produrranno il 20% dell’energia necessaria. L’inizio dei lavori è previsto per la fine del prossimo autunno: la struttura dovrebbe essere pronta entro tre anni. “Si è fatta subito strada – spiega Piano – l’idea di una casa sull’albero, perché richiama quello che è il sogno di ogni bambino. Gli alberi sono poi metafora di guarigione, danno l’idea del ‘sollevare’, che ha la stessa radice di ‘sollievo’, cioè tolgono peso al dolore. Vita e sofferenza si mescolano, l’elemento comune è la compassione in senso etimologico”. La casa sull’albero accende la fantasia di ogni bambino, lo proietta nel sogno, nella fiaba, per un bambino malato è di grande aiuto essere immerso nella bellezza ed evadere dalla triste realtà dell’hospice e delle terapie. Ancora Renzo Piano alla presentazione del progetto dell’hospice pediatrico al Mast di Bologna: “In questo progetto si ritrovano due dimensioni che si alleano: quello della scienza medica, sana e importante, e tocca ripeterlo in un momento in cui la gente non si fida, e quello della scienza umana, che fa immergere i bambini nella bellezza.”

METEO

Roma (Italia, Europa) sereno +28. Livorno (Italia, Europa) idem. Shenzhen (Guangdong, Cina, Cina, Asia) sereno con nuvolosità sparsa +27. Yola (Nigeria, Africa) sereno +34. San Luis Obispo (California, Stati Uniti d’America) nuvoloso +14. Hawke’s Bay (Nuova Zelanda, Oceania) sereno +6.   


27 giugno   -188

La notizia del giorno.

Attacco hacker globale partito dalla Russia.

140px-Glider.svg(Il Glider, simbolo della comunità Hacker, ideato dall’informatico e blogger Eric Steven Raymond)

Un cyberattacco senza precedenti ha colpito l’Ucraina e la Russia, compreso anche il sistema informatico della centrale nucleare di Chernobyl, dove sono interessati i sistemi di monitoraggio dell’aria, ma senza suscitare preoccupazione. Il virus ha attaccato i computer del governo ucraino, della metropolitana e dell’aeroporto di Kiev, dei negozi Auchan, degli operatori di telecomunicazione e della ucraina Privatbank. Il premier ucraino Volodomyr Groysman è intervenuto su Facebook: “Un attacco hacker senza precedenti ha colpito l’Ucraina ma i nostri specialisti informatici fanno il loro lavoro e proteggono le infrastrutture cruciali. I sistemi vitali non sono stati danneggiati, l’attacco verrà respinto e i responsabili saranno individuati.” L’attacco hacker che ha colpito l’Ucraina e la Russia si è successivamente esteso ad altre società europee e americane: colpiti il colosso del trasporto marittimo danese Maersk, il gigante della pubblicità britannico Wpp e la società francese Saint-Gobain. Il gruppo farmaceutico Merck è la prima azienda americana ad avere confermato di essere stata colpita dal cyber-attacco iniziato in Russia e Ucraina. Andrea Zapparoli Manzoni, esperto di sicurezza, in merito al massiccio attacco hacker in corso in tutto il mondo ha dichiarto: “La situazione è complicata, non è facile individuare i responsabili e le loro intenzioni mentre l’attacco è in corso, quello che possiamo dire è che l’uso del virus Petya è atipico per una azione cybercriminale su questa scala.” Petya è un ransomware, una tipologia di virus che cifra i dati con finalità di estorsione, perchè per rientrare in possesso dei propri dati viene chiesto un riscatto agli utenti. La sua particolarità è quella di bloccare non solo singoli file, ma l’intero hard disk del computer, cioè la memoria che archivia file, programmi e sistemi operativi. “Questo particolare ransomware potrebbe essere stato usato come mezzo distruttivo – aggiunge Zapparoli all’Ansa – per la sua caratteristica di cifrare l’intero disco del computer, che quindi diventa inutilizzabile. Confondendo così le acque perché si tratta di un ransomware e non, strettamente parlando, di una cyber-arma. Perfetto quindi per coprire un attacco con finalità geopolitiche.”

METEO

Roma (Italia, Europa) nuvoloso +30. Livorno (Italia, Europa) pioggia +25. Shenyang (Liaoning, Cina, Asia) sereno con nuvolosità sparsa +24Bondoukou (Costa d’Avorio, Africa) per lo più nuvoloso +31. Worcester (Massachusetts, Stati Uniti d’America) soleggiato +21Taioha’e (Polinesia Francese Oceania) sereno +25.


26 giugno   -189

La notizia del giorno.

Elezioni amministrative 2017: esito ballottaggi.

elezioni-roma-napoli-milano-torino-bologna-ballottaggi-e-sondaggi-clandestini-nuovi-siti-web-e-simulazioni-m5s-pd-lega-chi-vince

In una tornata elettorale che fa registrare un’alta disaffezione dell’elettorato (affluenza al 46%, tredici punti in meno rispetto al primo turno) la novità è l’imporsi di quell’alleanza Fi-Lega-Fdi che, fino a qualche giorno fa, vedeva proprio Matteo Salvini e Silvio Berlusconi tra i più scettici. Il ballottaggio per l’elezione dei sindaci in 111 Comuni dà la vittoria al centrodestra, che conquista 16 città, tra cui Genova, L’Aquila e Pistoia, mentre il Pd si afferma solo in 6 comuni capoluogo, tra cui Padova, Taranto e Lecce. Mentre il M5s parla di “Caporetto per il Pd”, il segretario Matteo Renzi ammette che le consultazioni potevano andare meglio e posta un grafico per dare la sua lettura: “67 a 59 per il centrosinistra”. Risultati a “macchia di leopardo” definisce quelli appena usciti dalle urne, sottolinea le differenze tra amministrative e politiche e in un post su Facebook scrive: “Nel numero totale di sindaci vinti siamo avanti noi del PD, ma poteva andare meglio: il risultato complessivo non è granché. Ci fanno male alcune sconfitte, a cominciare da Genova e l’Aquila, ma siamo felici delle affermazioni di Sergio a Padova, di Rinaldo a Taranto, di Carlo a Lecce.” Gli stessi Dem ammettono attraverso il capogruppo alla Camera Ettore Rosato: “Abbiamo perso, ha vinto la destra” e Andrea Orlando, leader della minoranza, dichiara: “Il Pd isolato politicamente perde. Cambiare linea e ricostruire il centrosinistra subito. Tra i risultati più sorprendenti c’è certamente Genova, dove il manager Marco Bucci è il nuovo sindaco, avendo sconfitto Gianni Crivello del centrosinistra. A Verona Federico Sboarina trionfa su Patrizia Bisinella, compagna dell’ex sindaco Flavio Tosi, sostenuta anche dal Pd. “Ora vado fino in fondo, a governare. I prossimi sono Renzi, Gentiloni e Boschi”, esulta Salvini vedendo le affermazioni leghiste, ma Berlusconi, forte del risultato ottenuto dal centrodestra, frena e invoca una coalizione con profilo liberale-moderato: “Da questi risultati il centro-destra può partire in vista della sfida decisiva per tornare a guidare il paese, sulla base di un programma condiviso, che in larga parte già abbiamo, e di una coalizione fra forze politiche diverse, caratterizzata da un chiaro profilo liberale, moderato, basato su radici cristiane, secondo il modello di centro-destra vincente in tutt’Europa e oggi anche in Italia.” Rieletto a Parma Pizzarotti, che trionfa su Scarpa e con il suo “effetto Parma”, potrebbe dare vita ad una formazione ex M5S anche a livello nazionale. Il M5S strappa Carrara al centrosinistra con Francesco De Pasquale, dopo 70 anni di governo “rosso” e avanza nel Lazio, dove vince a Ardea e Guidonia, Luigi Di Maio afferma: “Siamo in crescita inesorabile.”

METEO

Roma (Italia, Europa) sereno +30. Livorno (Italia, Europa) idem. Sisophon (Cambogia, Asia) per lo più nuvoloso +27. Abéché (Ciad, Africa) parzialmente nuvoloso +37. Tallahassee (Florida, Stati Uniti d’America) per lo più nuvoloso +26. Port Adelaide (Australia Meridionale) parzialmente nuvoloso +9.


25 giugno   -190

La notizia del giorno.

Fine del Ramadan per i musulmani.

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L’avvistamento della luna nuova ha stabilito la conclusione del mese del Ramadan per un miliardo e mezzo di musulmani nel mondo, da Mosca a Bali. Il Ramadan è il mese nel quale i musulmani praticano il digiuno (in arabo: رمضان‎, ramaḍān), è, secondo il calendario musulmano, il nono mese dell’anno, ha una durata di 29 o 30 giorni e celebra l’annuncio della Rivelazione fatta dall’angelo Gabriele a Maometto. Dato che il calendario islamico è composto da 354 o 355 giorni (10 o 11 giorni in meno dell’anno solare), il mese di Ramadan, di anno in anno, cade in un momento differente dell’anno solare, quindi man mano retrocede, fino a cadere in una stagione diversa. È il mese sacro del digiuno dedicato alla preghiera, alla meditazione e all’autodisciplina, il digiuno è un obbligo per tutti i musulmani praticanti adulti e sani che, dalle prime luci dell’alba fino al tramonto, non possono mangiare, bere, fumare e praticare sesso. Dal digiuno sono esentati i minorenni, i vecchi, i malati, le donne che allattano o in gravidanza. Le donne durante il ciclo mestruale e chi è in viaggio sono solo temporaneamente esentati. Chi è impossibilitato a digiunare (perché malato o in viaggio) può anche essere sollevato dal precetto, ma successivamente, appena possibile, dovrà recuperare i giorni del mese in cui non ha digiunato. Le donne incinte o che allattano, i bambini e i malati cronici sono esentati dal digiuno e dovrebbero al suo posto, secondo le loro possibilità, fare la carità: ad esempio nutrire le persone bisognose indipendentemente dalla loro religione, gruppo etnico o dalle loro convinzioni. Quando tramonta il sole, il digiuno viene interrotto. La tradizione vuole che si preferisca mangiare un dattero, perché così faceva il Profeta, in alternativa si può bere un bicchiere d’acqua. Il mese sacro del Ramadan quest’anno è stato segnato da guerre, violenze e sangue dal Medioriente al Califfato di Mosul. Al sorgere della luna nuova il tempo del digiuno e della preghiera si conclude oggi con la festa dell’Eid al-Fitr. Anche in Italia gli islamici celebrano questa festa e nelle più grandi città si ono riuniti per la preghiera: a Torino sedici moschee hanno invitato i torinesi per il Ramadan, migliaia di fedeli provenienti da tutto il Sud si sono ritrovati in piazza Garibaldi a Napoli tra la curiosità di cittadini e turisti. A Milano unico punto di ritrovo collettivo, il Palasharp, dove si sono presentati in migliaia per la celebrazione della festa di Eid al Fitr. Nei giorni scorsi, proprio in occasione di questa celebrazione, il cardinale Angelo Scola aveva scritto una lettera alla comunità islamica milanese per chiedere, citando il Corano e le Sacre Scritture, che il dialogo tra le religioni possa proseguire per il bene comune.

METEO

Roma (Italia, Europa) per lo più soleggiato +31. Livorno (Italia, Europa) soleggiato +28. Novosibirsk (Oblast’ di Novosibirsk, Russia, Asia) sereno con nuvolosità sparsa +19. Korhogo (Costa d’Avorio, Africa) per lo più nuvoloso +31. Rio De Janeiro (Brasile) per lo più soleggiato +26. Hawke’s Bay (Nuova Zelanda, Oceania) parzialmente nuvoloso +4.


24 giugno   -191

La notizia del giorno.

Addio a Stefano Rodotà.

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Si è spento ieri, 23 giugno, all’età di 84 anni, a Roma, dopo una breve malattia, il giurista, politico e accademico italiano di etnia arbëreshe Stefano Rodotà, oggi l’ultimo omaggio nella camera ardente aperta nella sala Aldo Moro di Montecitorio fino a domenica sera. Il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, profondamente colpito dalla scomparsa, in un messaggio alla famiglia ne ricorda “le alte doti morali e l’impegno di giurista insigne, di docente universitario, di parlamentare appassionato e di prestigio e di rigoroso garante della Privacy … La sua lunga militanza civile al servizio della collettività è stata sempre contrassegnata dalla affermazione della promozione dei diritti e della tutela dei più deboli”. Intellettuale di valore, ha speso, infatti, tutta la sua vita per l’affermazione dei diritti, quelli individuali e sociali, perché “è da quelli che si misura la qualità di una società”. E poi la laicità dello Stato, i valori della Costituzione, da far conoscere e da preservare, il rapporto tra Stato e Chiesa, quello tra democrazia e religione, la bioetica, la libertà di stampa, temi su cui si è ritrovato spesso in minoranza. “Viviamo in uno stato di diritto, ma nessuno ci crede”, dirà un giorno con amarezza. Ha insegnato in molte università italiane ed europee, negli Stati Uniti, in America Latina, Canada, Australia e India. I suoi contributi maggiori sono soprattutto nel campo del diritto costituzionale, con riferimento al rapporto tra i diritti costituzionali fondamentali e quelli relativi alle tecnologie dell’informazione. La sua attività accademica si è intrecciata con quella politica: dopo essere stato iscritto al Partito Radicale, è eletto deputato, nel 1979, come indipendente nelle liste del Partito Comunista Italiano, diventando membro della Commissione Affari Costituzionali. Nel 1983 viene rieletto e diventa presidente del gruppo parlamentare della Sinistra Indipendente. Deputato per la terza volta nel 1987, viene confermato nella commissione Affari Costituzionali e fa parte della prima Commissione bicamerale per le riforme istituzionali. Nel 1989 è nominato Ministro della Giustizia nel governo ombra creato dal PCI di Achille Occhetto e, dopo il XX Congresso del partito comunista e la svolta della Bolognina, aderisce al Partito Democratico della Sinistra, del quale sarà il primo presidente del Consiglio nazionale, carica che ricoprirà fino al 1992. Nell’aprile del 1992 torna alla Camera dei deputati tra le file del PDS, viene eletto vicepresidente e fa parte della nuova Commissione Bicamerale, nel 1994, al termine della legislatura durata solo due anni, Rodotà decide però di non ricandidarsi, preferendo tornare all’insegnamento universitario. Nel 1997, durante il primo governo Prodi, diventa Garante della Privacy, ruolo che ricopre con equilibrio fino al 2005, in un momento storico in cui, grazie all’esplosione della rete, ogni certezza sui dati personali sembra saltata. Riceve 80 ricorsi al giorno. Nel 2013 Rodotà è stato candidato, votatissimo sul web, ma non eletto, per l’elezione del Presidente della Repubblica: è stato votato dal Movimento 5 Stelle, da Sinistra Ecologia Libertà e da alcuni parlamentari del Partito Democratico che, alla fine, hanno preferito puntare su altri e hanno rieletto Napolitano. Già nel 2000 aveva affermato: “C’è un impoverimento culturale che si fa sentire, la cattiva politica è figlia della cattiva cultura.”

Avvenimenti e protagonisti del passato.

Le apparizioni di Medjugorje tra fede e perplessità.

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Il 24 giugno 1981 a Medugorje, cittadina dell’attuale Bosnia-Erzegovina, iniziò una serie di apparizioni e presunti fenomeni sovrannaturali tuttora in corso, oggetto d’indagine all’interno della Chiesa e di discussione fuori. Tutto comincia il pomeriggio del 24 giugno 1981: Ivanka Ivanković, allora quindicenne, e Mirjana Dragičević, sedicenne, stanno passeggiando ai piedi della collina del Podbrdo quando, alle quattro del pomeriggio, vedono una figura femminile su una piccola nube. Spaventate, le due ragazze fuggono e ritornano al villaggio. Poco dopo, verso le 18:30 decidono di tornare sulla collina accompagnate da Vicka Ivanković, cugina di Ivanka. Le tre ragazze vedono di nuovo la figura femminile con un bambino in braccio e la identificano subito con la Madonna. Il giorno dopo salgono nuovamente sulla collina accompagnate da Marja Pavlović, cugina di Mirjana, da Jakov Čolo, di 10 anni, e da Ivan Dragičević, di 16 anni. La Madonna sarebbe apparsa di nuovo all’intero gruppo e avrebbe avuto un breve dialogo con Ivanka in merito alla madre, scomparsa pochi mesi prima. Il 26 giugno il gruppo sale di nuovo sulla collina e ha di nuovo un breve dialogo con la Vergine, che invita i veggenti a pregare per la pace. La notizia delle apparizioni inizia a diffondersi, suscitando l’irritazione della polizia jugoslava. Il 27 giugno i ragazzi vengono arrestati e sottoposti a esame psichiatrico. Vengono dichiarati sani di mente e rilasciati. Al tramonto avrebbero avuto un nuovo dialogo con la Madonna. Sul luogo preciso delle apparizioni la gente del paese pone una pietra segnata da una croce bianca. Il 28 giugno si contano almeno diecimila persone che assistono all’apparizione serale della Vergine. Il 29 giugno i veggenti sono nuovamente prelevati dalla polizia jugoslava e condotti per esami all’ospedale psichiatrico di Mostar. La perizia conferma la loro sanità mentale e vengono rilasciati in serata; tornati sulla collina assistono a una nuova apparizione. Il 30 giugno due collaboratrici dei servizi segreti convincono i ragazzi ad allontanarsi da Medjugorje, mentre la collina viene chiusa dalla polizia. In serata, all’ora dell’apparizione, i veggenti sono su un’automobile fra Ljubuski e Citluk e vedono la Vergine venire loro incontro sulla strada. Il 1 luglio i veggenti sono nuovamente portati via dalla polizia, l’apparizione avviene sul furgone della polizia dove sono tenuti prigionieri. Il 2 luglio, per sfuggire alla polizia, i ragazzi si nascondono nella canonica dei francescani e qui hanno una nuova apparizione della Madonna. A metà luglio la notizia delle presunte apparizioni appare su un giornale cattolico di Zagabria, dando così rilevanza internazionale agli eventi. Iniziano a recarsi a Medjugorje anche i primi pellegrini dall’estero. Le autorità jugoslave ordinano nuovamente la chiusura del Podbro, mentre il 12 agosto viene arrestato padre Jozo Zovko, capo della comunità francescana di Medjugorje, ritenuto dalla polizia il reale mandante delle apparizioni. Padre Jozo verrà condannato a otto anni per il reato di “attentato alla sicurezza e all’unità della patria”. Intanto Medjugorje viene visitata da un numero sempre crescente di visitatori, curiosi e pellegrini che affermano di vedere segni e figure luminose nel cielo. Diciassette mesi dopo l’inizio delle visioni, padre Jozo viene rilasciato e le autorità decidono di non ostacolare più il flusso dei pellegrini o le attività dei veggenti. Tali eventi hanno trasformato per sempre questi ragazzi, che sono stati sottoposti a nuerose indagini psico-fisiche da parte di comissioni mediche specialistiche e, ormai adulti, vivono in diverse parti del mondo continuando a ricevere i messaggi. Fra il 1984 e il 1985 la Madonna avrebbe rivelato ai veggenti dieci segreti che, come quelli di Fatima, conterebbero rivelazioni su avvenimenti futuri. Il 25 giugno 1985, la veggente Mirjana ha affermato di aver ricevuto dalla Madonna una pergamena contenente i dieci segreti. Tale pergamena, a detta della veggente, sarebbe composta di uno speciale materiale sul quale ognuno legge una cosa diversa, ad eccezione dei tre veggenti che vi leggono i segreti. I dieci segreti, sempre secondo quanto affermato dai veggenti, saranno resi noti al mondo intero tre giorni prima che accadano dal francescano padre Petar Ljubičić, il quale sarà informato dieci giorni prima dalla stessa Mirjana. Uno dei segreti sarà un segno permanente e visibile sulla collina delle apparazioni. A partire dal 1º marzo 1984 i veggenti hanno iniziato a diffondere messaggi per l’umanità da parte della Vergine Maria. In quella data, infatti, la Madonna apparve alla veggente Marja affidando a lei e alla parrocchia di Medjugorje questo compito. Inizialmente i messaggi venivano rivelati ogni giovedì, poi a partire dal 1987 ogni 25 del mese. Un messaggio viene affidato anche alla veggente Miriana alla quale la Madonna appare, invece, il secondo giorno di ogni mese. Secondo i veggenti, nelle presunte apparizioni i fedeli sarebbero invitati alla conversione, alla preghiera e alla pace. Il messaggio principale è la pace con Dio, con gli uomini, ma anche interiore da raggiungere attraverso cinque strumenti (“le cinque pietre” paragonate ai ciottoli scelti da Davide, armato solo di fionda e bastone, per abbattere Golia): la preghiera, il digiuno il mercoledì e il venerdì, la lettura quotidiana della Bibbia, la Confessione, l’Eucaristia, preferibilmente tutti i giorni. A 36 anni dalla prima apparizione, con 2milioni di fedeli che arrivano ogni anno e gli oltre 47mila messaggi – alcuni controversi – che la Madonna avrebbe inviato e continua a inviare, il fenomeno continua a suscitare perplessità sui sei «veggenti» e a interrogare per l’intenso clima di preghiera che si respira in quel luogo, oltre che per le seicento vocazioni alla vita consacrata germogliate. Ora il dossier Medjugorje è nelle mani di papa Francesco, che ha più volte espresso giudizi fortemente critici su Medugorje e il 15 maggio 2017, rendendo note le conclusioni della commissione Ruini, ha affermato di essere più “cattivo” rispetto alle conclusioni stesse: “Preferisco la Madonna madre, nostra madre, e non la Madonna capo-ufficio telegrafico che tutti i giorni invia un messaggio a tale ora … questa non è la mamma di Gesù. E queste presunte apparizioni non hanno tanto valore. E questo lo dico come opinione personale.”

METEO

Roma (Italia, Europa) soleggiato +30. Livorno (Italia, Europa) idem. Cheongju (Chungcheong Settentrionale, Corea del Sud, Asia) parzialmente nuvoloso +32. Kisangani (Repubblica Democratica del Congo, Africa) arzialmente nuvoloso +32. Trinidad (Cuba, Sudamerica) parzialmente nuvoloso +28. Omarama (Otago, Nuova Zelanda, Oceania) nuvoloso +2.


23 giugno   -192

La notizia del giorno.

Italia: caldo record e siccità.

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In Italia è emergenza caldo: sono 10 le città contrassegnate con il bollino rosso del ministero della Salute, che indica un’emergenza caldo con il massimo livello di rischio per tutta la popolazione. Domani, in particolare, l’allarme è scattato per Bologna, Bolzano, Brescia, Perugia e Torino, mentre domenica riguarderà Ancona, Campobasso, Firenze, Perugia e Pescara. Il primo bollino rosso è già stato “assegnato” oggi a Bolzano, che appunto lo conserverà anche per domani. Per fronteggiare l’afa e il caldo, il ministero fornisce una serie di consigli: evitare l’esposizione diretta al sole nelle ore più calde (dalle 11 alle 18); evitare le zone trafficate per il rischio ozono; non svolgere attività fisica intensa all’aperto e utilizzare correttamente il condizionatore. L’alimentazione, poi, sempre secondo le indicazioni del ministero della Salute, deve essere leggera ed è necessario bere molti liquidi (moderando bevande gassate o zuccherate, tè e caffè). Attenzione, inoltre, alle eventuali terapie farmacologiche che potrebbero dover essere modificate. Infine importante è la giusta conservazione dei farmaci. All’emergenza caldo si aggiunge quella della siccità. Da nord a sud, l’Italia risente della furia dell’anticiclone, il vento caldo che soffia dal deserto algerino-tunisino, e produce siccità. Dopo un inverno poco piovoso, in cui anche la neve ha tardato a farsi vedere, le risorse idriche stanno ora diminuendo. A rischio sono i raccolti, il bestiame, ma anche la vita quotidiana, perché, se l’acqua manca, bisogna razionarla con l’uso predisposto a giorni alterni o con la chiusura del servizio in alcune fasce orarie. E le temperature record previste per i prossimi giorni non lasciano ben sperare. A Roma la sindaca Virginia Raggi ha stabilito che sino a settembre l’acqua comunale dovrà essere usata solo per servizi strettamente personali, mentre per le province di Parma e Piacenza il Governo ha dichiarato lo stato d’emergenza e ha già stanziato otto milioni e 650 mila euro per far fronte alla crisi. Il Po in Emilia Romagna è in secca: letto quasi prosciugato, rive trasformate in spiagge per bagnanti improvvisati. Un fiume che tra poco potrebbe non sembrare più tale nemmeno in Piemonte. In base ai dati diffusi dal Noaa, il National Climatic Data Centre, si capisce che il problema non è solo italiano. A livello planetario, la temperatura media registrata sulla superficie della terra e degli oceani è stata la seconda più elevata mai registrata, addirittura superiore di 0,29 gradi rispetto a quella del ventesimo secolo. “Un problema da non sottovalutare”, secondo l’Organizzazione internazionale per le migrazioni. L’acqua è un bene prezioso: prima di combattere per il petrolio, l’uomo combatteva – e continua a farlo – per accaparrarsi le risorse idriche. Se un terreno è arido non dà vita, costringe le persone a spostarsi e a ingrossare i numeri di quella che l’Oim ha definito “migrazione ambientale”.

METEO

Roma (Italia, Europa) sereno +32. Livorno (Italia, Europa) sereno +30. Tartus (Siria, Asia) soleggiato +27. Ouallah (Comore, Africa) sereno +26. Denver (Colorado, Stati Uniti d’America) per lo più soleggiato +23. Lalomanu (Samoa, Oceania) per lo più nuvoloso +28.


22 giugno   -193

La notizia del giorno.

Mosul: distrutta la storica moschea al-Nouri.

800px-Hadba-16207v(Il famoso minareto in una foto del 1932)

Scambio di accuse tra Isis e Coalizione guidata dagli Usa sulla responsabilità della distruzione di una delle più importanti moschee dell’Iraq, il tempo di Al Nouri, dove venerdì 29 giugno 2014 il leader dello Stato Islamico, Abu bakr al Baghdadi, tenne il primo discorso e annunciò la rinascita del Califfato. Secondo i militari iracheni, la Grande Moschea di Mosul è stata fatta saltare in aria, proprio mentre gli attaccanti stavano per superare le ultime difese. “I nostri soldati erano a soli cinquanta metri e si preparavano all’attacco, quando all’improvviso c’è stata una serie di scoppi”, ha dichiarato il generale Abdulamir Yarallah: “Hanno distrutto tutto, anche il minareto. È un altro grande crimine che hanno commesso.” Amaq, uno dei siti web dell’Isis, accusa invece gli americani: “Sono stati i loro bombardieri a raderla al suolo.” La smentita della Coalizione guidata dagli Usa non si è fatta attendere: nessun attacco aereo nell’area di Mosul in cui si trova la storica moschea. La Grande Moschea di al-Nuri, famosa per il suo minareto pendente, che ha dato alla città il suo soprannome “il gobbo”, fu costruita per la prima volta nel tardo XII secolo, poi ha subito due grandi ristrutturazioni: una nel XVI secolo, durante la dominazione persiana; l’altra nel 1942, ad opera del governo iracheno. Solo il minareto era rimasto nel suo stato originario, anche se alcuni bombardamenti del conflitto con l’Iran nel 1981 avevano imposto restauri per fermarne l’inclinazione. La distruzione della moschea rappresenta l’ennesima ferita al patrimonio storico della Mesopotamia, dopo le devastazioni delle aree archeologiche in particolare di Palmira. La moschea al-Nouri, con il suo minareto, alto 45 metri e leggermente inclinato, era uno dei monumenti più famosi del Medio Oriente, ora non esiste più, restano solo rovine.

METEO

Roma (Italia, Europa) sereno +32. Livorno (Italia, Europa) sereno +30. Ulaangom (Mongolia, Asia) parzialmente nuvoloso +24. Lastoursville (Gabon, Africa) per lo più nuvoloso +28New Braunfels (Texas, Stati Uniti d’America) nuvoloso +25. Pago Pago (Samoa, Oceania) per lo più nuvoloso +28.


21 giugno   -194

La notizia del giorno.

Maturità, tracce prima prova: Caproni per l’analisi del testo, poi natura, robot, progresso, disastro e ricostruzione.

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Fallite le previsioni del giorno prima, le tracce proposte per la prima prova degli Esami di Stato hanno suscitato commenti contrastanti tra docenti e scrittori e lasciato delusi i maturandi, soprattutto l’analisi del testo: “Versicoli quasi ecologici” di Giorgio Caproni, poesia contenuta nella raccolta postuma «Res Amissa», sicuramente attuale e significativa, ma una sorpresa per gli studenti cimentatisi tutto l’anno nello studio degli autori più noti della letteratura dell’Ottocento e del Novecento. Una bocciatura con poche eccezioni. Questo, per esempio, il commento dell’insegnante e giornalista Alex Corlazzoli: “Hanno scelto tracce che non entusiasmano i nostri ragazzi. Tracce deludenti e senza appeal sull’opinione pubblica. Basta pensare a Giorgio Caproni, chi lo conosce? Forse i livornesi, forse i genovesi. Gli studenti non se lo aspettavano”. Le altre tracce con cui i ragazzi si sono dovuti confrontare sono: il miracolo economico italiano per il tema storico; la natura tra minaccia e idillio in arte e letteratura per il saggio breve artistico e letterario; disastri e ricostruzione per il saggio storico politico; le implicazioni dell’automazione nel mondo del lavoro per il saggio breve socio-economico; per l’ambito scientifico la robotica; per il tema di attualità il progresso partendo da una citazione di Edoardo Boncinelli (“Per migliorarci serve una mutazione”). Le tracce “affrontano tutte questioni attuali e importanti” afferma Federico Niglia, professore di storia contemporanea alla Luiss, ma quasi tutti i docenti e gli scrittori interpellati avanzano riserve, perché gli argomenti scelti dal Ministero fanno parte di quella coda finale dei programmi didattici che molto spesso le classi finiscono per trascurare a causa della mancanza di tempo e dell’avvicinarsi degli esami. La ministra Fedeli: “Sono tracce molto attuali, in linea con le sfide che la società contemporanea pone a cittadine e cittadini sul piano dello sviluppo, del benessere da costruire, dell’innovazione, della relazione con l’ambiente e la comunità in cui viviamo, della sostenibilità, nell’ottica dell’attuazione dell’Agenda 2030 dell’Onu.

METEO

Roma (Italia, Europa) soleggiato +30. Livorno (Italia, Europa) sereno con nuvolosità sparsa +28. Esfahan (Iran, Asia) Sereno con nuvolosità sparsa +30Cabinda (Angola, Africa) per lo più nuvoloso +27. Charlottesville (Virginia, Stati Uniti d’America) soleggiato +22Blenheim (Marlborough, Nuova Zelanda) sereno +2.


20 giugno   -195

La notizia del giorno.

Il Papa nei luoghi in cui vissero don Primo Mazzolari e don Lorenzo Milani, due “Preti scomodi.”

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Papa Francesco si è recato prima a Bozzolo, il paese del Mantovano, dove ha pregato sulla tomba di don Primo Mazzolari, il prete partigiano e antifascista, che “camminava avanti con un passo troppo lungo e spesso noi non gli si poteva tener dietro.” Il suo pensiero anticipò alcune delle istanze dottrinarie e pastorali del Concilio Vaticano II relativamente alla “Chiesa dei poveri”, alla libertà religiosa, al pluralismo, al “dialogo coi lontani”, alla distinzione tra errore ed erranti, tanto da venire definito “carismatico e profetico”. “Don Mazzolari – ha osservato Bergoglio – non è stato uno che ha rimpianto la Chiesa del passato, ma ha cercato di cambiare la Chiesa e il mondo attraverso l’amore appassionato e la dedizione incondizionata … Io vorrei ripetere questo – ha detto il Papa dopo aver citato la frase di don Mazzolari “non dobbiamo massacrare le spalle della povera gente”, – e vorrei ripeterlo a tutti i preti dell’Italia e del mondo: “abbiamo del buon senso, non dobbiamo massacrare le spalle della povera gente.” Il viaggio di Papa Francesco è proseguito dal mantovano al Mugello, dove ha visitato i luoghi di don Milani, il sacerdote famoso per “Lettera a una professoressa”, oggetto di critiche e incomprensioni da parte della Chiesa. “Sono qui per la verità su Don Milani”. Il papa arriva a Barbiana dove è sepolto don Lorenzo Milani e dice che la sua presenza è per dare al prete fiorentino quello che in vita non riuscì ad avere: il riconoscimento e la comprensione nella sua fedeltà al Vangelo e nella rettitudine della sua azione pastorale. Nel prato vicino ai locali della canonica e della scuola, il papa parla a quelli che furono gli allievi del prete di Barbiana, “testimoni della sua passione educativa, del suo intento di risvegliare nelle persone l’umano per aprirle al divino”: “Non si può insegnare senza amare e senza la consapevolezza che ciò che si dona è solo un diritto che si riconosce, quello di imparare.” Ha detto tra l’altro che essenziale è “la crescita di una coscienza libera, capace di confrontarsi con la realtà e di orientarsi in essa guidata dall’amore, dalla voglia di compromettersi con gli altri, di farsi carico delle loro fatiche e ferite, di rifuggire da ogni egoismo per servire il bene comune”. L’insegnamento di don Milani arriva ai giorni nostri: “Ridare ai poveri la parola, perché senza la parola non c’è dignità e quindi neanche libertà e giustizia: questo insegna don Milani”, sottolinea Papa Francesco, osservando che “è la parola che potrà aprire la strada alla piena cittadinanza nella società, mediante il lavoro; e alla piena appartenenza alla Chiesa, con una fede consapevole”.

METEO

Roma (Italia, Europa) soleggiato +32. Livorno (Italia, Europa) soleggiato +30. Sumaysimah (Qatar, Asia) soleggiato +37Moundou (Ciad, Africa) per lo più soleggiato +31. Cary (Carolina del Nord, Stati Uniti d’America) per lo più nuvoloso +23. Pontianak (Kalimantan Occidentale, Indonesia, Oceania) sereno con nuvolosità sparsa +28.


19 giugno   -196

La notizia del giorno.

Maturità 2017: a due giorni dalla prima prova impazza sul web il “toto temi”.

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Pirandello, le stragi di mafia, il terrorismo e l’Unione Europea: sono questi i temi messi in cima ai pronostici della vigilia dai 2500 ragazzi che hanno partecipato al sondaggio di Skuola.net a meno di una settimana dall’inizio dell’esame. Quello di Luigi Pirandello è stato un crescendo costante: punto dopo punto ha lasciato al palo i contendenti e si è imposto come l’opzione più probabile per l’analisi del testo, il giorno dello scritto d’italiano. A inizio aprile era al 17%, oggi sale fino al 26%. Gli unici a tenergli testa sono Giuseppe Ungaretti (11%) ed Eugenio Montale (10%). Potrebbe essere l’anno di Pirandello perché ricorrono i 150 anni dalla sua nascita, o di Umberto Saba, nei 60 anni dalla sua morte, ma gettonati sono anche Pascoli, Pasolini e D’Annunzio. Nel toto-tracce dei maturandi spuntano anche due temi di stampo storico politico: da un lato i 60 anni dalla firma dei Trattati di Roma, una delle tappe fondamentali nel processo d’integrazione europea, che ottiene il 21% di consensi, confermandosi in prima posizione; dall’altro i 70 anni dalla firma della Costituzione italiana, che cresce lentamente (oggi è al 16%), mantenendo il secondo posto. Tema, quest’ultimo, insidiato dai 20 anni dal Nobel a Dario Fo, (anch’esso al 16%) che, escluso dall’analisi del testo, potrebbe trovare posto nel saggio breve. Quanto alla traccia d’attualità, pare inevitabile che l’argomento Terrorismo offuschi tutto il resto: la nuova ondata di attentati che ha interessato mezza Europa ha spinto in alto le quotazioni fino al 33% (quattro settimane fa era appena al 20%). La seconda posizione (10%) se la aggiudica l’elezione di Donald Trump alla presidenza degli Stati Uniti d’America, mentre il tema Immigrazione si conferma al terzo posto. Dai 10 anni di Facebook a Papa Francesco, dal centesimo anniversario della prima guerra mondiale alla morte di Nelson Mandela, fino a Gabriel Garcia Marquez, scomparso di recente: anche questi argomenti gettonati per il toto-traccia. Davvero difficile fare centro. Comunque fra ben sette tracce ogni maturando/a potrà trovare quella più congeniale. In bocca al lupo!!!

Avvenimenti e Protagonisti del passato.

Piero Gobetti: un liberale progressista.

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Il 19 giugno 1901 nasceva a Torino Piero Gobetti, giornalista, saggista, politico antifascista, i cui scritti avrebbero avuto un’importante influenza sul pensiero democratico italiano. Scriveva allora: “Bisogna amare l’Italia con orgoglio di europei e con l’austera passione dell’esule in patria per capire con quale serena tristezza e inesorabile volontà di sacrificio noi viviamo nella presente realtà fascista sicuri di non cedere e indifferenti a qualunque specie di consolazione. (…) Ma esiste in Italia un gruppo di uomini nei partiti e fuori dei partiti, gente che non ha ceduto e non cederà. Comunque, anche se pochi, rimarranno come un esempio per la classe politica di domani. (…) Sono minoranza, numericamente, ma incutono rispetto anche al più agguerrito nemico. Tra le illusioni universali il cervello di questi uomini funziona, la folla e il successo non hanno prestigio sulla loro volontà di dirittura, sul loro animo non servile. (…) Nella nostra lotta lasciate che rifiutiamo ogni alleanza straniera: le nostre malattie e le nostre crisi di coscienza non possiamo curarle che noi. Dobbiamo trovare da soli la nostra giustizia. E questa è la nostra dignità di antifascisti: per essere europei dobbiamo su questo argomento sembrare, comunque la parola ci disgusti, nazionalisti.” Carlo Levi lo descriveva così: «Era un giovane alto e sottile, disdegnava l’eleganza della persona, portava occhiali a stanghetta, da modesto studioso: i lunghi capelli arruffati dai riflessi rossi gli ombreggiavano la fronte». Considerato un erede della tradizione post-illuminista e liberale che aveva guidato l’Italia dal Risorgimento fino a poco tempo prima, ma aperto e sensibile alle rivendicazioni del socialismo, nella sua breve vita fondò e diresse le riviste “Energie Nove”, “La Rivoluzione Liberale” e “Il Barett” i, dando fondamentali contributi alla vita politica e culturale, prima che le sue condizioni di salute, aggravate dalle violenze fasciste, ne provocassero la morte prematura a 24 anni, durante l’esilio francese. Il 1º novembre 1918, da poco iscrittosi alla Facoltà di Giurisprudenza in quella Università torinese che aveva già frequentato, ancora liceale, per seguirvi alcuni corsi di letteratura, arte, filosofia, pubblica il primo numero del quindicinale “Energie Nove”, ispirato alle idee liberali di Einaudi e vicino all’Unità di Salvemini, del quale riporta, nel secondo numero, l’aspra critica alla classe dirigente della politica italiana: «L’Italia ha vinto. Ma se avesse avuto una classe dirigente meno incolta, più consapevole delle sue tradizioni e dei suoi doveri, meno avida moralmente, l’Italia avrebbe vinto assai prima e assai meglio […] È finita o sta per finire una guerra. Ne comincia un’altra. Più lunga, più aspra, più spietata». È la guerra della riforma del Paese, una riforma che dev’essere, nelle intenzioni di Gobetti, innanzi tutto culturale e morale e per la quale occorre «serietà e intensità al lavoro», secondo i motivi di quell’«idealismo militante che ha animato “La Voce” di Giuseppe Prezzolini, altro ispiratore del giovanissimo Gobetti. Togliatti non lo ama, Gramsci lo apprezza, i liberali Salvemini e Croce sono incuriositi dall’intelligenza del ragazzo. A vent’anni, il 12 febbraio del 1922, pubblica il primo numero della rivista “La Rivoluzione Liberale”, che via via diventa centro di impegno antifascista di segno liberale, collegaata ad altri nuclei liberali di Milano, Firenze, Roma, Napoli, Palermo. Vi collaborano intellettuali di diversa estrazione, tra cui Amendola, Salvatorelli, Fortunato, Gramsci, Antonicelli e Sturzo. Più volte arrestato nel ’23-24 dalla polizia fascista, la sua rivista è ripetutamente sequestrata. Lo stesso Mussolini si interessa a lui e telegrafa al prefetto di Torino: “Prego informarsi e vigilare per rendere nuovamente difficile vita questo insulso oppositore.” Nel ’24 fonda la rivista letteraria “Il Baretti”, alla quale collaborano Benedetto Croce, Eugenio Montale, Natalino Sapegno, Umberto Saba ed Emilio Cecchi. Nell’aprile del 1924 dà alle stampe “La rivoluzione liberale. Saggio sulla lotta politica in Italia”. Riletto oggi, il libro di Gobetti sorprende per le molte notazioni originali sul Risorgimento e sulla lotta politica del tempo: la considerazione di Cavour come autore di una grande rivoluzione liberale rimasta incompiuta e dello stesso Risorgimento come incompiuto e non come “rivoluzione mancata” (come l’aveva invece letto Gramsci); la rivalutazione del Piemonte settecentesco e ottocentesco come un paese contraddistinto dall’assenteismo dell’aristocrazia, dallo spezzettamento della grande proprietà agraria e dalla diffusione degli affittuari, dalla laicità dello Stato e dalla presenza di una singolare cultura moderna “in questo vecchio Stato nemico della cultura”. A differenza di tanti intellettuali di trenta o quarant’anni dopo, Gobetti riconosce il valore della fabbrica che “educa al senso della dipendenza e della coordinazione sociale, ma non spegne le forze di ribellione, anzi le cementa in una volontà organica di libertà “ e riconosce altresì il valore positivo della città moderna, “organismo sorto per lo sforzo autonomo di migliaia d’individui”. In Gobetti appare per la prima volta il concetto di fascismo come “autobiografia della nazione”: “né Mussolini né Vittorio Emanuele hanno virtù da padroni, ma gli italiani hanno bene animo di schiavi”. Fin dalla prima pagina del libro fa una dichiarazione fulminante e valida più che mai oggi: “il contrasto vero dei tempi nuovi come delle vecchie tradizioni non è tra dittatura e libertà, ma tra libertà e unanimità”. La terza parte del saggio è una proposta concreta per fare politica senza dimenticare la società. La lotta di classe è per Gobetti strumento di formazione di una nuova élite, una via di rinnovamento popolare. Insomma, la lotta politica deve essere lotta sociale. In politica ecclesiastica Gobetti si rifà alla pregiudiziale cavouriana della laicità, come necessaria e da mantenere (cosa che verrà invece negata dai Patti Lateranensi). Sulle modalità d’elezione, Gobetti è convinto fautore del proporzionale. Il collegio uninominale aveva trasformato il rappresentante in tribuno. Il 5 settembre del ’24, mentre sta uscendo di casa, è aggredito sulle scale da quattro squadristi che lo colpiscono al torace e al volto, rompendogli gli occhiali e procurandogli gravi ferite invalidanti. Costretto a espatriare in Francia, mai più riavutosi dalle ferite, muore esule a Parigi nella notte tra il 15 e il 16 febbraio 1926. Non aveva nemmeno venticinque anni, che avrebbe compiuto il 19 giugno di quell’anno. È sepolto nel cimitero di Père Lachaise. Prima di morire, ucciso da un attacco cardiaco successivo all’aggressione squadristica a Torino, Gobetti individuò i tratti salienti della “modernizzazione reazionaria”, descrivendola come “autobiografia di una nazione”: una micidiale miscela di populismo, antiparlamentarismo e tradizionalismo retrivo, alimentata da un nuovo ceto medio risentito ed estraneo alle istituzioni, percepite come nemiche. Fu l’ultima fiammata di intelligenza di quel giovane capace di strardinarie intuizioni. Saggista e autore di numerosi scritti culturali e politici pubblicati in Italia e all’estero, simbolo del liberalismo progressista, sensibile al riscatto delle classi lavoratrici, la sua opera fu raccolta e pubblicata postuma: Opere critiche (1926); Paradosso dello spirito russo (1926); Risorgimento senza eroi (1926).

METEO

Roma (Italia, Europa) soleggiato +30. Livorno (Italia, Europa) idem. Ness Ziona (Israele, Asia) per lo più soleggiato +28Abeokuta (Nigeria, Africa) per lo più nuvoloso +28. Gadsden (Alabama, Stati Uniti d’America) nuvoloso +28Sorong (Papua Occidentale, Indonesia, Oceania) parzialmente nuvoloso +24.

Oggi è il compleanno del Direttore Generale di Progetto Editoriale.

Auguri Francesco da tutti noi!


18 giugno   -197

La notizia del giorno.

Portogallo: a fuoco i boschi di Pedrógao.

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Secondo la polizia un fulmine caduto su un albero potrebbe aver causato il violento rogo boschivo che ha provocato almeno 61 morti e una ottantina di feriti in Portogallo nella località di Pedrogao Grande, nel distretto di Leiria, nell’ area centro occidentale del paese. Secondo il ministro dell’Interno, le fiamme si sono propagate “con molta violenza” e “in modo inspiegabile”, muovendosi su quattro fronti. Molte persone sono state costrette ad abbandonare le abitazioni nella zona. Al momento gli stessi investigatori escludono il dolo. Le vittime sono in gran parte automobilisti rimasti bloccati dalle fiamme lungo la strada che collega Figueiro dos Vinhos a Castanheira de Pera. “È difficile dire se fuggivano dall’incendio o se sono stati sorpresi dal fuoco”, ha detto il Ministro dell’Interno Jorge Gomes. Le autorità hanno inoltre riferito che due persone risultano scomparse. Molte persone sono morte carbonizzate in auto, tra le vittime ci sono molti bambini. Rodrigo, un bambino di 4 anni, è stato sorpreso dalle fiamme mentre era in auto con uno zio. Un albero in fiamme è caduto sull’auto. Il cadavere dello zio, riferisce Correio da Manha, è stato trovato nell’auto, quello del bambino all’esterno. Sul posto sono impegnati mille uomini e 300 mezzi, ma il vento e la temperatura di 35 gradi rendono difficile domare un rogo che ha quattro fronti attivi. Almeno una ventina le case distrutte in un villaggio vicino al bosco, in cui si contano 11 morti. Quattro vigili del fuoco e un bambino sono ricoverati in gravi condizioni. I due Canadair del Dipartimento dei Vigili del fuoco – cofinanziati nell’ambito del progetto europeo “EU-better use of forest fire extinguishing resources by Italy”, coordinato dal Dipartimento della Protezione civile – sono pronti dalle prime ore di questa mattina a decollare per il Portogallo nel momento in cui il Paese colpito dovesse farne richiesta. Il Governo ha proclamato tre giorni di lutto nazionale.

METEO

Roma (Italia, Europa) soleggiato +28. Livorno (Italia, Europa) soleggiato 28. Gimpo (Gyeonggi, Corea del Sud, Asia) sereno con nuvolosità sparsa +19. Butembo (Repubblica Democratica del Congo, Africa) lievi rovesci di pioggia +24. Rurrenabaque (Bolivia, Sudamerica) parzialmente nuvoloso +16. New Plymouth (Taranaki, Nuova Zelanda, Oceania) parzialmente nuvoloso +11.


17 giugno   -198

La notizia del giorno.

In mostra a Sassoferrato le opere di Salvi.

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Oggi è stata inaugurata al Palazzo degli Scalzi di Sassoferrato la mostra “La devota bellezza” del grande artista sentinate del Seicento Giovanni Battista Salvi. Le sue opere e i suoi disegni giunti in prestito dalla Collezione della Regina d’Inghilterra saranno visibili fino al 5 novembre. Sono in mostra ventuno disegni provenienti dalla Collezione Reale Britannica, mai esposti prima in Italia e gentilmente concessi dalla regina Elisabetta II; tali disegni costituiscono il nucleo centrale della mostra, che riporta le opere di Giovanni Battista Salvi (1609-1685), detto il Sassoferrato, nella sua città natale, Sassoferrato appunto, fino al 5 novembre. L’evento espositivo focalizza l’attenzione sull’opera grafica del Sassoferrato: oltre ai disegni che vengono dal castello di Windsor (grazie ad un acquisto fatto nel 1768 da Richard Dalton, bibliotecario di re Giorgio III), ci sono sette fogli di collezioni pubbliche e private e oltre trenta dipinti esposti nella sede principale di Palazzo Scalzi e in quella collegata della chiesa di Santa Chiara. Nella prima sezione della mostra, curata da Franҫois Macé de Lépinay, uno dei massimi esperti del Sassoferrato, i disegni sono affiancati da nove dipinti, permettendo al visitatore di esplorare i collegamenti tra lavoro grafico e lavoro pittorico. Nella seconda sezione, curata da Stefano Papetti, presidente del Comitato di studio della mostra, sono esposte opere provenienti dal territorio marchigiano (comprese le zone terremotate) e altre legate alla committenza romana di casa Aldobrandini. Salvi fu un pittore specializzato in soggetti religiosi, soprattutto madonne, che gli hanno dato fama di pittore dei santini, ma anche in ritratti. Fu un artista popolarissimo tra i pontefici e le famiglie nobiliari romane, amato dai Preraffaelliti e riscoperto da Federico Zeri che lo definì “il grande pittore dell’arte sacra del cattolicesimo”, che rielaborò e fece proprie le lezioni di Guido Reni e soprattutto di Raffaello, nella ricerca di un mondo ideale, pervaso di bellezza e rigore, alternativo allo sfarzo del Barocco e al crudo realismo di Caravaggio. La devota bellezza, titolo della mostra, è quella delle sue Madonne nelle versioni Mater dolorosa e Mater Amabilis e nelle scene con il Bambino, in cui domina il caratteristico “azzurro Sassoferrato”. Esposti anche i ritratti di mons. Prati e del cardinale Ottoboni, proveniente dai Musei Civici di Padova. Il professor Stefano Papetti, ha spiegato «Almeno una sua opera è presente in ogni museo del mondo, dalla Russia agli Stati Uniti … il Sassoferrato ha goduto di grande notorietà, lavorando per tante collezioni private, anche veneziane e fiorentine, e avendo come mentore e committente la principessa Olimpia Aldobrandini, ultima nipote del Papa. Potremmo dire, dunque, che il Salvi abbia pagato il fatto di essere un artista appartato, un artigiano dell’arte, legato principalmente a immagini devote, rimasto lontano dai clamori della vita romana per seguire i suoi solidi principi morali».

 METEO

Roma (Italia, Europa) sereno +30. Livorno (Italia, Europa) parzialmente nuvoloso +28. Hakodate (Hokkaidō, Giappone, Asia) sereno +12. Mopti (Mali, Africa) per lo più soleggiato +39Irvine (California, Stati Uniti d’America) per lo più soleggiato +21. Wangaratta (Victoria, Australia) per lo più nuvoloso +1.


16 giugno   -199

La notizia del giorno.

È morto Helmut Kohl.

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È morto all’età di 87 anni, nella sua casa di Ludwigshafen, l’ex cancelliere tedesco Helmut Kohl. Lo scrive la Bild online.
Cancelliere dal primo ottobre 1982 al 27 ottobre del 1998, è stato l’arteficedella caduta del Muro di Berlino e della riunificazione delle due Germanie, il 3 ottobre del 1990. Leader della Cdu, Unione Cristiano-Democratica tedesca, per 25 anni (dal 1973 al 1998), è anche considerato, insieme al presidente francese François Mitterrand, l’architetto del Trattato di Maastricht, che nel 1992 istituì l’Unione Europea. Kohl ha progettato con decisione il processo di riunificazione del 1989-1990. Controverso rimase lo scandalo delle donazioni al partito, di cui  cui perse la presidenza onoraria  nel 2000, l’anno in cui  ha ricevuto un gran numero di premi nazionali ed internazionali. Dalla fine della sua carriera politica Kohl è  stato un lobbista che ha ricoperto diverse posizioni nel mondo degli affari per il Credit Suisse e KirchMedia. Kohl è stato il fondatore di una società per la politica e la strategia di consigli. Da anni una caduta in casa l’aveva costretto su una sedia a rotelle. Accanto a lui, la seconda moglie Maike Kohl-Richter, di 34 anni più giovane. La prima moglie Hannelore, che gli ha dato due figli, era morta suicida nel 2001 per porre fine a sofferenze legate a una rara e dolorosa allergia alla luce. Nei libri di storia Kohl è entrato alla grande per la riunificazione pacifica delle due Germanie, ma anche per il superamento della Guerra Fredda, per la nascita dell’Euro (con il salvataggio della lira al suo interno) e per la realizzazione dell’integrazione europea. Grande assente alle celebrazioni per il ventennale della caduta del Muro nel 2009, Kohl ha tenuto un basso profilo facendo notizia però quando scampò miracolosamente allo tsunami del dicembre 2004 nello Sri Lanka.

Avvenimenti e Protagonisti del passato.

Geronimo, (Go-ya-thle, Colui che Sbadiglia).

“Non avrei mai dovuto arrendermi: avrei dovuto combattere fino a quando non fossi rimasto l’ultimo uomo vivo”. (Geronimo)

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Con Mangas Coloradas, Cochise e Victorio, Geronimo è stato un capo leggendario della resistenza apache. Egli nacque il 16 giugno nel 1829 tra i Bedonko, un clan dei Mimbreno, perse il padre quand’era molto giovane, si prese cura di sua madre e, all’età di soli sedici anni, fu ammesso al consiglio dei guerrieri. Più tardi sposò una Chiricahua e divenne così il capo di tale tribù. Era basso e tarchiato e aveva l’abitudine di aggrottare continuamente le sopracciglia: non era bello, ma i suoi occhi sembravano “due scaglie d’ossidiana illuminate dalle fiamme”. Due aspetti ne caratterizzano la figura: quella del condottiero che inventa e applica la tecnica della guerriglia contro un nemico, prima i messicani e poi gli statunitensi e la sua incoercibile fierezza. Dopo il massacro di Kas-ki-yeh, compiuto dalle truppe messicane che devastarono il suo accampamento, uccidendo senza pietà anche la moglie e i tre figli, giurò di dedicare la vita alla lotta contro i bianchi. Ne “La grande storia degli Indiani d’America”, di Jean Pictet, ed. Oscar Storia Mondadori, l’autore descrive il massacro e lo scontro di due civiltà: “Durante l’estate del 1858, i Mimbreno erano in Messico. Mangas aveva piantato le tende sulle colline nei dintorni del presidio di Janos, nella regione di Chihuahua, dove venivano distribuiti viveri alla tribù a patto che si mantenesse pacifica. Le donne e i bambini furono dunque lasciati al campo, con una guardia ridotta, ma, mentre gli uomini rientravano all’accampamento, ubriachi, incontrarono alcuni sventurati, in preda al terrore, che erano scampati al massacro nascondendosi tra le rocce. Essi raccontarono che i messicani erano arrivati all’improvviso e avevano sparato sul campo un fuoco continuo, al punto che le pallottole piovevano da ogni parte. Poi i soldati avevano caricato, finendo con colpi a bruciapelo chi era stato risparmiato dalle scorrerie di fucileria. Della “rancheria” non era rimasto niente, più di 100 corpi ricoprivano il terreno e 90 Apache erano stati catturati per essere venduti come schiavi. Geronimo, dopo aver perso la madre, la moglie, la bella Alopé, e i tre figli, intonò un disperato canto di morte. Geronimo giurò sulla tomba di suo padre di dare la caccia agli assassini fino a quando non sarebbero stati puniti tutti. Così, durante l’estate del 1859, quasi un anno dopo l’eccidio di Janos, i guerrieri delle tre bande Apache si riunirono, si dipinsero il volto, si strinsero intorno alla fronte le fasce di guerra e misero bene in evidenza i ciuffi da scalpare. Gli uomini portarono una coperta per la notte ma, in combattimento, non avrebbero avuto altro equipaggiamento che il perizoma e i mocassini. Mentre le donne e i bambini erano nascosti sulle montagne, sotto l’usuale protezione della guardia, 300 guerrieri, dopo aver eseguito una grandiosa danza di guerra, partirono, divisi nei tre gruppi tribali, sotto il comando rispettivamente di Mangas Colorado, di Cochise e di Juh. Erano a piedi, ma percorrevano 60 chilometri al giorno, marciando per quattordici ore e fermandosi solo tre volte. Senza essere avvistati, arrivarono in prossimità di Arispe, l’antica capitale della regione di Sonora, circondata da montagne e da canyon. Dal presidio uscirono 8 uomini che si fecero avanti per parlamentare e gli Apache li uccisero per attirare i militari fuori dalle fortificazioni. Il calcolo si rivelò giusto: la mattina seguente, dopo aver lasciato la cavalleria pronta alla carica al riparo dentro le mura, il comandante avanzò alla testa della fanteria verso i campi dove erano nascosti gli indiani. Alle spalle delle truppe procedeva un convoglio di viveri e munizioni. La giornata trascorse in scontri di poca importanza, ma quella sera gli Apache riuscirono a impadronirsi del convoglio: un successo importantissimo, visto che erano privi di polvere da sparo. I soldati si ritirarono, ma, all’alba, dell’indomani, le porte di Arispe tornarono ad aprirsi per lasciar passare l’intera armata: due compagnie di cavalleria e due di fanteria. Geronimo pensò di riconoscere tra loro gli assassini dei suoi cari e per questo i capi lo invitarono ad assumere il comando, malgrado la giovane età. Egli dispose allora i guerrieri a semicerchio, nel bosco vicino al fiume, lasciando 60 prodi a sorvegliare le retrovie nemiche. I messicani tennero la cavalleria di riserva e fecero avanzare la fanteria in due file. I soldati fermarono a 350 metri e aprirono il fuoco. Allora Geronimo lanciò la violenta carica, che spezzò le linee nemiche. Per due ore infuriò un lotta selvaggia, corpo a corpo. Geronimo era ovunque. A un certo punto, lui e altri tre guerrieri armati di semplici coltelli si ritrovarono a fronteggiare due soldati dotati di fucili. I suoi compagni caddero, ma Geronimo, che era andato a cercare una lancia, ritornò, colpì uno dei bianchi e poi pugnalò l’altro; o almeno così avrebbe raccontato in seguito egli stesso. Alla fine, sul campo di battaglia, risuonò solo il grido di guerra degli Apache: non c’erano più nemici. La maggior parte dei messicani aveva abbandonato la lotta e cercato rifugio dentro le mura della città, ma una moltitudine di cadaveri ricopriva il terreno. Le perdite dei pellerossa furono anch’esse ingenti, ma assai inferiori. Coperto di sangue, Geronimo fu nominato capo dai suoi pari e ordinò di scotennare i morti. Geronimo aveva tenuto fede al suo giuramento, ma non si era ancora saziato di vendetta.” … Fino al 1886 lottò ferocemente contro gli usurpatori conquistandosi la fama di “selvaggio assetato di sangue”. Catturato, processato e chiuso in carcere, riuscì a fuggire e a riprendere la guerriglia. La sua battaglia si concluse nell’agosto 1886 con il trattato del Canon dello scheletro che sanciva la resa degli Apache Chiricahua. Morì a Fort Sill, Oklahoma, il 17 febbraio 1909, come prigioniero di guerra. Anche se piegato dagli avvenimenti, Geronimo restò sempre spiritualmente vittorioso, ricco di dignità. Alla fine della sua storia inviò una supplica a Theodore Roosevelt, presidente degli Stati Uniti, alla cui cerimonia di insediamento era stato presente: “Grande Padre, uomini bianchi vivono nella terra che era la nostra patria. Io ti prego di dire loro di andarsene e lasciare che la mia gente possa tornarvi ad essere felice. Grande Padre, è come se le mie mani fossero legate con una corda. Il mio cuore non è più malvagio. Dirò al mio popolo di ubbidire solo al Grande Capo Bianco. Ti prego di tagliare queste corde e di rendermi la libertà”. Ma la sua supplica venne respinta. 

Mary Titton

METEO

Roma (Italia, Europa) sereno +30. Livorno (Italia, Europa) idem. Paghman (Afghanistan, Asia) sereno +23Sangmélima (Camerun, Africa) per lo più nuvoloso +26. Burnsville (Minnesota, Stati Uniti d’America) per lo più nuvoloso +20Taioha’e (Polinesia Francese, Oceania) parzialmente nuvoloso +25.


15 giugno   -200

La notizia del giorno.

Pitti Uomo 2017.

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Oggi si chiude a Firenze Pitti Uomo 2017, manifestazione in cui dal 13 al 16 giugno verranno presentate in anteprima le collezioni di abbigliamento della primavera/estate 2018. Oltre 1200 marchi, di cui più di 500 esteri, hanno allestito i loro espositori all’interno della Fiera. Ha inaugurato l’evento nel Salone dei Cinquecento di Palazzo Vecchio il sindaco di Firenze, Dario Nardella, che ha detto: “Noi che siamo chiamati temporaneamente a governare abbiamo una missione: creare un ecosistema pensato per aiutare e sostenere chi crea, chi produce, chi lavora e chi espone in questa città. Questo è il nostro primo obiettivo, che si traduce in alcune priorità come lavorare sulle infrastrutture”.
Fiori macroscopici stile Anni ’70 e edifici dalle pareti fluo accolgono i visitatori di Pitti Uomo 92. Il tema della manifestazione è infatti “Boom, Pitti Blooms”: l’energia vitale dei fiori. Macro aiuole gonfiabili, sculture abnormi, bouquet volanti invadono gli oltre 60.000 metri quadrati della Fortezza da Basso, tradizionale sede della manifestazione in cui ogni anno si fa il punto sul mercato della moda maschile.
L’inaugurazione istituzionale di Pitti Uomo si è chiusa con una spettacolare esibizione in piazza della Signoria dei paracadutisti della brigata Folgore dell’esercito: cinque parà, tra cui una donna, si sono lanciati aprendo in cielo 4 bandiere: quella del Comune di Firenze, quella con il logo Pitti, quella dell’Esercito e un maxi tricolore di ben 400 metri quadrati.

METEO

Roma (Italia, Europa) soleggiato +30. Livorno (Italia, Europa) soleggiato 28 +21. Ninh Bình (Vietnam, Asia) parzialmente nuvoloso +29Ilorin (Nigeria, Africa) parzialmente nuvoloso +32. Fort Worth (Texas, Stati Uniti d’America) per lo più soleggiato +31. Mildura (Victoria, Australia) nuvoloso +10.


14 giugno   -201

La notizia del giorno.

Londra: Gigantesco incendio a Grenfell Tower.

londra-incendio-fidanzati-579306.660x368(Gloria Trevisan e Marco Gottardi, due ragazzi italiani ancora dispersi)

Un incendio di enormi proporzioni è soppiato la notte scorsa nella Grenfell Toner, nella zona di North Kensington, non lontano da Notting Hill e ha continuato a bruciare per più di dodici ore. In soli 6 minuti, intorno alle 2:00 di notte, le fiamme hanno avvolto tutti i 24 piani dell’edificio abitati da 500 persone. Almeno 12 morti, 80 feriti, moltissimi i dispersi, tra cui due fidanzati italiani. Il papà di Marco racconta: «Siamo stati al telefono con i ragazzi fino all’ultimo istante, poi ci hanno detto che l’appartamento era invaso dal fumo e le comunicazioni si sono interrotte». Il numero delle vittime «è destinato ad aumentare», secondo quanto affermato da un funzionario di Scotland Yard, che precisa che le operazioni di ricerca proseguiranno per diversi giorni. Un bimbo lanciato nel vuoto dalla mamma è stato preso al volo da un uomo ed è salvo. “Era come l’11 settembre”. Testimoni raccontano di aver visto con i loro occhi alcuni residenti di Grenfell Tower saltare dalla finestra per sfuggire alle fiamme, il palazzone – abitato in prevalenza da famiglie di ceto popolare, non poche delle quali di origine straniera – si è ritrovato avvolto dalle fiamme fino in cima. L’edificio, che ha uno dei suoi affacci in Latimer Road, di fronte all’omonima stazione della metropolitana, fu costruito nei primi anni ’70 e completato nel 1974, di recente erano stati avviati i lavori per un’ampia risistemazione. Gli inquilini ricordano di aver protestato duramente di recente contro il rischio di incendi nel palazzo in seguito ai lavori effettuati dalla società che gestisce l’immobile per conto della proprietà pubblica e citando, tra l’altro, pericolosi difetti nell’impianto di cablaggio dell’edificio, sul sistema anti-incendio e e raccontano di piantine e istruzioni, in caso di fiamme, sbagliate.

METEO

Roma (Italia, Europa) sereno +30. Livorno (Italia, Europa) idem. Bikaner (Rajasthan, India) soleggiato +41Erfoud (Marocco, Africa) per lo più soleggiato +36. Slidell (Louisiana, Stati Uniti d’America) parzialmente nuvoloso +23Coromandel (Waikato, Nuova Zelanda, Oceania) parzialmente nuvoloso +12.


13 giugno   -202

La notizia del giorno.

Trentasei anni fa la tragedia di Vermicino.

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Un monumento tra erbacce, palazzi, villette, oggi copre il terreno dove, dopo tre giorni di terribile agonia, morì un bambino di sei anni, Alfredino Rampi: trentasei anni fa scivolò in un pozzo artesiano a Vermicino, vicino a Roma, nel quale rimase sepolto vivo. In quei tre giorni del giugno 1981, a sperare assieme a migliaia di persone c’era, al fianco della mamma Franca Rampi, anche Sandro Pertini in lacrime. Era la prima volta del dolore in diretta. ”Spero che la vicenda di mio figlio sia almeno servita ad aiutare altre vite”, spiega da sempre Franca nel suo dolore dignitoso, poi trasformatosi in coraggio e impegno con la creazione del Centro Alfredino Rampi, che le ha dato la “forza di andare avanti”. Nel centro circa 240mila bambini e ragazzi partecipano ad incontri con i professionisti della sicurezza, come vigili del fuoco, volontari della protezione civile, speleologi e poliziotti. Allora, invece, c’era inesperienza e improvvisazione. Il coraggio e la tenacia non bastarono e i tg mandarono in onda la lunga diretta della sconfitta. Maurizio Bonardo, l’allora caposquadra della centrale di Roma dei vigili del fuoco, non si è mai dato pace per ”la promessa non mantenuta”. ”L’immagine della sagoma di Alfredino ricoperta dal fango non la dimenticherò mai – spiegò nel 2011 a distanza di 30 anni dalla vicenda. – Al padre, Nando ripetevo stai tranquillo, riporterò su tuo figlio. Purtroppo non è stato così. Il momento più brutto è stato quando abbiamo dovuto lasciare quel posto. Se fosse successo oggi, invece, con le nuove tecnologie avremmo potuto agire più rapidamente”. Molti dei soccorritori in prima linea, come Tullio Bernabei, capo speleologo dei soccorsi che allora aveva solo 22 anni, hanno ricordato quella sensazione di impotenza, che ha prodotto ”senso di colpa”, un rimpianto che scava una ”ferita non rimarginabile”. ”È mancata la riflessione tra tecnici. Forse si poteva contare di più su di noi – spiega Bernabei – Per me questa vicenda è come un tabù”. Angelo Licheri, fattorino di una tipografia, ribattezzato l”Uomo Ragno’, dopo essersi proposto per i soccorsi, era riuscito a resistere 45 minuti in quelle viscere appeso a una corda e a testa in giù. Ha parlato ad Alfredino raccontandogli favole, mentre nel frattempo gli toglieva il fango dagli occhi e dalle labbra. Quando Licheri è risalito era solo e in pessime condizioni. ”Lo afferravo e scivolava via, non potevo fare nulla”, racconta Licheri, che oggi a oltre 70 anni è su una sedia a rotelle. Pompieri, speleologi, eroi improvvisati, un fattorino esile e coraggioso chiamato ‘Uomo ragno’, contorsionisti e nani pronti a calarsi in una ‘cannuccia’ larga 30 centimetri per salvare un bambino di sei anni. Tutti gli italiani, incollati alla televisione, hanno sperato fino alla fine in un esito felice della vicenda. Alfredino resterà per sempre nel cuore e nel ricordo di tutti.

METEO

Roma (Italia, Europa) soleggiato +32. Livorno (Italia, Europa) soleggiato 29. Rach Gia (Vietnam, Asia) sereno +30Abeokuta (Nigeria, Africa) pioggia +25. Maple Grove (Minnesota, Stati Uniti d’America) per lo più nuvoloso +20. Noosa (Queensland, Australia) nuvoloso +19.


12 giugno   -203

La notizia del giorno.

Elezioni comunali 2017.

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I comuni interessati alla consultazione sono 1.004. Nel dettaglio, 160 sono i comuni superiori ai 15.000 abitanti, di cui 25 comuni capoluogo di provincia (tra questi 4 comuni capoluogo di Regione: Palermo, Genova, Catanzaro e L’Aquila) e 844 i comuni inferiori ai 15.000 abitanti. Gli altri capoluoghi coinvolti sono Alessandria, Asti, Cuneo, Como, Lodi, Monza, Belluno, Padova, Verona, Gorizia, La Spezia, Parma, Piacenza, Lucca, Pistoia, Frosinone, Rieti, Lecce, Taranto, Trapani e Oristano. Sotto le attese l’affluenza che ieri ha chiamato alle urne 9,2 milioni di italiani in 1005 comuni: 60,07% in forte discesa rispetto al 66,85% rilevato nelle precedenti consultazioni. Si va al ballottaggio in quasi tutti i 21 capoluoghi di provincia e 4 capoluoghi di regione: la gran parte dei sindaci delle grandi città saranno eletti il prossimo 25 giugno, fa eccezione Palermo, dove Orlando è stato eletto sindaco al primo turno. Dai risultati emerge che il Movimento Cinque Stelle è fuori dai ballottaggi in tutte le grandi città, compresa Genova, patria di Beppe Grillo, che, su Facebook, rivendica la presenza capillare del Movimento e una crescita che sottolinea “è lenta ma c’è”. “Il M5S è stata la forza politica più presente a questa tornata elettorale. Gli altri partiti – dice Grillo – si sono camuffati, soprattutto il Pd che si è presentato in circa metà dei comuni rispetto al Movimento. I risultati sono indice di una crescita lenta, ma inesorabile … Tutti gongolano, esponendo raffinate analisi sulla morte del M5S, sul ritorno del bipolarismo, sulla fine dei Grillini. L’hanno detto dopo politiche, europee, regionali e referendum. Fate pure anche ora”. A Parma il sindaco uscente Federico Pizzarotti (Liste civiche) è vicino al 35% e se la vedrà al secondo turno con Paolo Scarpa del centrosinistra, a Lampedusa risulta sconfitta Giusi Nicolini. Il Pd si aggiudica quasi ovunque il secondo turno se in coalizione con la sinistra e il centrodestra viene premiato quando è unito, tanto da poter parlare di una rinascita dell’asse Fi-Lega a livello locale.

METEO

Roma (Italia, Europa) sole +30. Livorno (Italia, Europa) idem. Urmia (Regione dell’Azarbaijan occidentale, Iran, Asia) per lo più soleggiato +32Popenguine (Senegal, Africa) soleggiato +31Fresno (California, Stati Uniti d’America) sereno +13. St. Kilda (Victoria, Australia) sereno +7.


11 giugno   -204

La notizia del giorno.

Un po’ di sport.

Qualificazioni mondiali 2018: Italia Liechtenstein 5-0.

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Alla Dacia Arena di Udine, nella sesta sfida di qualificazione mondiale, l’Italia batte 5-0 il Liechtenstein e continua la sua marcia (5 vittorie e 1 pari) in vetta al Gruppo G con la Spagna, che ha vinto a Skopje 2-1. L’Italia affronterà le Furie Rosse il prossimo 2 settembre al Santiago Bernabeu di Madrid e, per evitare lo spareggio da secondi, dovrà vincere perché la differenza reti resta ampia: +18 la Spagna, +14 l’Italia. I goal: al 35’ Insigne servito da Spinazzola; al 52’ Belotti, servito da Insigne; al 74’ Eder su invito di Belotti; all’83’ il neo entrato Bernardeschi, servito da Chiellini e con l’aiutino di Jehle; nel primo minuto di recupero (91’), Gabbiadini timbra il 5-0 con cui si chiude il match. La vittoria nell’ultima partita della stagione è arrivata, la goleada attesa solo a metà, il ct azzurro Giampiero Ventura rimprovera ai suoi giocatori la fretta nel primo tempo, aggiungendo a Rai Sport: “Nel secondo tempo abbiamo fatto le cose come dovevamo, le occasioni sono arrivate a raffica, e i gol sono arrivati. Ecco cosa intendevo quando parlavo di pazienza: ricordiamocelo a Madrid”.

Formula 1, Gp Canada: doppietta Mercedes con Hamilton e Bottas.

Lewis Hamiton ha vinto sul circuito di Montreal, nella prova canadese del Mondiale, dominando la gara dall’inizio alla fine e imponendosi con estrema sicurezza. Al secondo posto il compagno di scuderia Bottas, terzo l’australiano Ricciardo con la Red Bull, mentre Sebastian Vettel con la Ferrari guadagna il quarto posto, al culmine di una rimonta strepitosa, dopo una falsa partenza. Settimo, invece, il finlandese Kimi Raikkonen, penalizzato da un problema nel finale di gara. Il protagonista è stato Vettel che, all’accensione del semaforo verde, è stato più lento di Hamilton, con il quale condivideva la prima fila, poi Max Verstappen gli ha toccato l’ala anteriore della Ferrari, costringendolo a un rientro immediato ai box. Vettel è ripartito dalla 18/a posizione e, da quel momento, ha dovuto affrontare una gara tutta in salita, fatta di sorpassi spericolati, ma realizzati con una determinazione magnifica. Vettel avrebbe meritato il podio, ma è arrivato quarto, frenato dalle Force India di Perez e Ocon, un pilota di cui si sentirà parlare, che oggi ha solo 20 anni, ma si comporta già come un veterano. Vettel: “È stata una giornata un po’ così, la macchina era veloce, ma gli eventi che si sono verificati in partenza hanno condizionato tutta la gara. La macchina oggi meritava un’altra posizione, sono stato invece costretto a rimontare dopo avere cambiato l’ala anteriore all’inizio. Abbiamo pagato una penalità alla sosta, è stata una sosta gratuita”. Così, ai microfoni di Sky, Sebastian Vettel ha commentato il Gp del Canada, a Montreal. Per Raikkonen, finito al settimo posto: per la Ferrari una giornata complicata.

MotoGP Montmelò, Dovizioso vince e va a – 7 da Vinales.

Una storica doppietta in sette giorni per Andrea Dovizioso e la Ducati, che dopo il Mugello trionfano anche nel Gp di Catalogna, settima prova del Mondiale. Il forlivese ha vinto in solitaria, precedendo sul traguardo di Montmelò le due Honda di Marc Marquez e Dani Pedrosa. Quarta l’altra Ducati di Jorge Lorenzo, in testa per diversi giri, davanti a Zarco, Folger e Bautista, male le Yamaha: Valentino Rossi è 8° e Maverik Vinales, leader della classifica mondiale, 10°.

METEO

Roma (Italia, Europa) sereno +30. Livorno (Italia, Europa) sereno +28. Metulla (Israele, Asia) per lo più soleggiato +26Mzuzu (Malawi, Africa) parzialmente nuvoloso +22. Porlamar (Nuova Sparta, Venezuela, Sudamerica) parzialmente nuvoloso +27Greymouth (West Coast, Nuova Zelanda, Oceania) lievi rovesci di pioggia +9.


10 giugno   -205

La notizia del giorno.

Papa Francesco in visita ufficiale al Quirinale.

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È iniziata intorno alle 11:00 la visita ufficiale di papa Francesco al Quirinale. Il Pontefice è giunto a bordo della sua Ford Focus nel cortile d’onore del Palazzo, dove è stato accolto dagli onori militari e, sceso dalla macchina, ha salutato, con una calorosa stretta di mano, il capo dello Stato che lo attendeva sulla soglia del Palazzo. Al Papa sono stati resi gli onori militari, come accade per un capo di Stato, ma da fermo, nel senso che Francesco non ha sfilato davanti alle forze armate schierate. “Francesco, Francesco” hanno intonato gli scolari delle scuole delle zone colpite dal sisma che sono venuti al Colle in occasione della visita. Mattarella e Francesco si sono ritirati nello studio alla Vetrata per il colloquio privato durato una trentina di minuti, al termine la benedizione del Papa ai tre figli e quattro nipoti del presidente. Il capo dello Stato ha donato al papa un fermaglio realizzato dal “Nobil collegio degli orafi e argentieri di Roma”, sul cui retro è predisposta la struttura per essere agganciato al piviale. Papa Bergoglio, da parte sua, ha portato un’icona di autore anonimo datata fine XVII inizio XVIII secolo. Sulla superficie dipinta in tonalità giallo chiara sono raffigurati a figura intera i due apostoli Pietro e Paolo, al centro, sopra di loro, nell’atto di benedirli, è raffigurato il Cristo a mezzobusto nel cielo blu scuro stellato. Le prime parole del papa nell’incontro privato esprimono un caloroso ringraziamento al nostro Paese: “Grazie signor presidente per ciò che state facendo, per la generosità dell’Italia nei confronti dei profughi e degli immigrati”. E Mattarella; “È un nostro dovere, santità. Speriamo che anche la comunità internazionale e quella europea se ne facciano sempre più carico, per agire insieme”. “Le nuove generazioni – ha sottolineato il papa – hanno il diritto di poter camminare verso mete importanti e alla portata del loro destino, in modo che, spinti da nobili ideali, trovino la forza e il coraggio di compiere a loro volta i sacrifici necessari per giungere al traguardo, per costruire un avvenire degno dell’uomo, nelle relazioni, nel lavoro, nella famiglia e nella società”. Nel Salone dei Corazzieri si sono tenute, invece, le dichiarazioni ufficiali con l’appello comune all’accoglienza dei profughi e il richiamo del papa a chi ha responsabilità in campo politico e amministrativo per un “paziente e umile lavoro” per il bene comune, che “cerchi di rafforzare i legami fra gente e istituzioni”. Poi, con un fuori programma, i due, fra cui si nota grande sintonia e cordialità, sono usciti ad incontrare nei giardini del Colle i ragazzi e le famiglie delle zone terremotate, che li hanno salutati con molti applausi. Bergoglio li ha rincuorati: “Coraggio, state su, bisogna salire. Come dice quella bella canzone degli alpini, l’arte della salita sta non nel non cadere, ma nel non restare caduti”.

METEO

Roma (Italia, Europa) soleggiato +30. Livorno (Italia, Europa) idem. Tsingtao (Shandong, Cina, Asia) sereno con nuvolosità sparsa  +20Hermanus (Sudafrica) lievi rovesci di pioggia +19. Royal Oak (Michigan, Stati Uniti d’America) nuvoloso +24Nuku’alofa (Oceania) sereno con nuvolosità sparsa +22.


9 giugno   -206

La notizia del giorno.

Elezioni in Gran Bretagna: risultati shock, flop May.

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Teresa May è prima, ma non ha la maggioranza assoluta: una vittoria la sua, che in realtà è una sconfitta bruciante. In queste elezioni il partito conservatore avrebbe perso 12 seggi rispetto ai 330 su cui poteva contare in precedenza, mentre i Labour ne guadagnano 31. “La Gran Bretagna adesso ha bisogno di certezze … Let’s work!” ha detto la May in una breve dichiarazione, durata poco più di cinque minuti, dopo aver incontrato alle 12.30 (le 13.30 in Italia), a Buckingham Palace, la regina Elisabetta che l’ha autorizzata a formare un nuovo esecutivo. La premier conservatrice è pronta a nominare i ministri già in giornata. L’esecutivo avrà l’appoggio degli unionisti nordirlandesi del Dup che, con i suoi 10 seggi, si è detto disposto a trattare per un governo di coalizione. Già nella notte, man mano che si profilava la perdita della maggioranza, Theresa May è riuscita a ottenere un accordo di massima con i nord irlandesi unionisti (Dup), che, secondo quanto riferiscono alcune fonti, sosterranno l’esecutivo di minoranza dall’esterno sulla base di un rapporto di fiducia: “Vogliamo che nasca un governo, abbiamo lavorato bene con May – ha spiegato una fonte del partito – e l’alternativa è inaccettabile: fin a quando Corbyn sarà il leader del laborur, noi faremo in modo che vi sia un premier Tory”. In cambio, il Dup avrebbe concessioni strategiche, come la certezza che nel negoziato su Brexit non vi sarà posto per uno status speciale che veda l’Irlanda del Nord nella Ue. James Corbyn, leader del partito laburista, attacca la May: “Ora si dimetta, siamo pronti a governare … Abbiamo cambiato la politica, in meglio … Basta austerity. Spazio a un governo che rappresenta tutti”. A Bruxelles il fatto che la May non ha ottenuto la maggioranza assoluta per il suo partito alla Camera dei Comuni è interpretato come una bocciatura della “Hard Brexit” su cui la premier aveva fatto campagna elettorale. Fonti comunitarie non escludono che il futuro governo possa “modificare il mandato negoziale” contenuto nella lettera del 29 marzo, con cui Londra ha attivato le procedure di uscita dall’Ue, per adottare una posizione più morbida sulla Brexit e permettere al Regno Unito di restare nel mercato unico o nell’unione doganale.

METEO

Roma (Italia, Europa) sereno +30. Livorno (Italia, Europa) per lo più soleggiato +30. Varanasi (Uttar Pradesh, India, Asia) foschia +34. Bahar Dar (Etiopia, Africa) parzialmente nuvoloso +22Seward (Alaska, Stati Uniti d’America) per lo più nuvoloso +22. Ngerulmud (Melekeok, Palau, Oceania) parzialmente nuvoloso +26.


8 giugno   -207

La notizia del giorno.

Vaccino contro il tumore al seno.

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Si tratta di un vaccino terapeutico con lo scopo di aumentare i tassi di guarigione del tumore mammario ad alta aggressività. Il vaccino è stato messo a punto da una piccola biotech di Taiwan, che ha coinvolto Stati Uniti, Spagna, Francia, Germania e Italia. La ricerca è stata ritenuta così interessante che gli esperti hanno deciso di intraprendere uno studio clinico di fase 3 mondiale (sperimentazione definitiva sui pazienti per valutare l’efficacia di un farmaco). Tra i coordinatori della ricerca è stato selezionato il professor Michelino De Laurentiis, direttore di Oncologia medica senologica del Pascale di Napoli. Secondo lo studio il vaccino sarà somministrato a donne colpite da tumore “triplo-negativo”, una forma che viene osservata principalmente in giovane età, subito dopo l’intervento chirurgico al seno. Nel 2018 partirà la sperimentazione avanzata della fase III a cui verranno sottoposte 350 pazienti, con l’obiettivo di fornire risultati definitivi su tale vaccino contro il tumore al seno. I risultati preliminari sono stati già presentati a Chicago nell’ambito del Congresso ASCO (American Society of Clinical Oncology) e discussi da un ristretto numero di esperti mondiali, fra cui il professor Michelino De Laurentiis della Fondazione Pascale di Napoli, che è l’unica struttura oncologica italiana a prendere parte allo studio. “Lo studio apre nuovi scenari nella cura del cancro mammario – spiega De Laurentiis – perché offre un’opzione terapeutica nuova e potenzialmente ben tollerata per neoplasie così aggressive”. Il ruolo del Pascale nello sviluppo del vaccino sarà primario a livello mondiale, visto che lo specialista ha già ottenuto il via libera a condurre ulteriori studi insieme alla sperimentazione principale per combinare il vaccino con farmaci immunoterapici di prima generazione in fase metastatica. “La disponibilità del vaccino nel nostro polo oncologico – precisa De Laurentiis – si prospetta come un’opportunità per le pazienti affette da tumore mammario per avere accesso a trattamenti ad alta innovatività. I farmaci immunoterapici attuali, così detti inibitori dei checkpoint immunologici, agiscono rimuovendo il freno immunologico che il tumore tiene premuto per evitare di essere attaccato dal sistema immunitario. Ne consegue un’attivazione generica dello stesso sistema immunitario che ha il potenziale negativo di scatenare patologie autoimmunitarie nell’organismo. Inoltre, questa risposta immunitaria, proprio perché in qualche modo generica, non è sempre efficace contro il tumore. E questo è, forse, uno dei motivi per cui l’immunoterapia ha avuto, per ora, successi limitati nelle forme tumorali meno immunogene, come il tumore della mammella. I vaccini terapeutici, invece, mirano a scatenare una risposta immunitaria altamente specifica contro il tumore, in teoria potenzialmente più efficace e con meno effetti collaterali”.

METEO

Roma (Italia, Europa) soleggiato +30. Livorno (Italia, Europa) sereno +30. Bikaner (Rajasthan, India, Asia) sereno +38Sarh (Ciad, Africa) parzialmente nuvoloso +34. Villarrica (Paraguay, Sudamerica) per lo più soleggiato +21Yandina (Queensland, Australia, Oceania) sereno +14.


7 giugno   -208

La notizia del giorno.

Bimba dimenticata in auto dalla mamma.

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Una bimba di 18 mesi, di nome Tatiana, è morta a Castelfranco di Sopra, in provincia di Arezzo, perché è rimasta cinque ore chiusa nell’auto sotto il sole, dimenticata lì dalla mamma. La donna sarebbe uscita con la bambina a bordo con l’intenzione di lasciarla all’asilo, ma poi, convinta di avere accompagnato la piccola all’asilo nido, si è diretta verso il posto di lavoro: il Comune di Castelfranco, dove è segretaria comunale. Ha parcheggiato l’auto, una Lancia Ypsilon, nella piazza davanti al Comune, al sole, e si è accorta della piccola solo quando, dopo circa sei ore, è tornata a bordo della vettura trovando la bimba ormai morta. Facendo retromarcia per uscire dal parcheggio, si è girata verso il sedile posteriore e ha visto la bimba sul seggiolino, immobile. Tatiana è rimasta bloccata nella vettura dalle 8 alle 14. Con un “urlo straziante” la madre ha dato l’allarme, alcuni passanti hanno provato ad intervenire con l’aiuto di un defibrillatore, ma la piccola sarebbe stata già in arresto cardiaco e per lei non c’è stato niente da fare. Inutile anche il soccorso del 118, che aveva immediatamente attivato l’elisoccorso Pegaso. Sul posto si sono recati i carabinieri e il sostituto procuratore di Arezzo Andrea Claudiani, che hanno ascoltato la madre, alcuni testimoni e il padre della piccola, che era figlia unica. “Non mi sono accorta di niente, non l’ho proprio vista” ha detto tra le lacrime e sotto choc la madre ai carabinieri e al pm Andrea Claudiani della procura di Arezzo. Ora rischia le accuse di omicidio colposo e abbandono di minori. Considerata una madre “attenta e premurosa” e “molto affidabile”, a marzo, aveva pubblicato su facebook il link ad un articolo di un quotidiano: “Maternità e lavoro, perché le donne non ce la fanno più”. Per i carabinieri sarebbe stato un vero e proprio “black out mentale” a causare la tragedia. Bernardo Carpiniello, presidente della Società Italiana di Psichiatria, spiega: “È molto difficile formulare ipotesi senza conoscere bene il contesto. Una cosa che si può dire è che quando si ripetono tutti i giorni i medesimi comportamenti legati a delle routine, per esempio andare al lavoro, spesso capita che durante il percorso entrano in gioco automatismi che rendono possibile guidare seguendo con il nostro pensiero contenuti mentali, preoccupazioni, fatti avvenuti, concentrandosi in noi stessi. Noi andiamo come in automatico e tutto sommato il fatto che ci ritroviamo nel luogo alla solita ora è una conferma che le cose si sono svolte senza intoppi, e in una situazione del genere può non emergere la dimenticanza. A tutti capita magari di andare in auto in qualche luogo usuale e non ricordarsi neanche come ci si è arrivati, questo perché abbiamo una memoria delle procedure altamente automatizzata”. Non è il primo caso di genitori che “cancellano” dalla loro mente la presenza dei figli in auto, magari sono convinti di averli accompagnati a scuola e poi se ne vanno tranquillamente a lavorare. I bambini sono più esposti ai colpi di calore all’interno degli abitacoli delle macchine perché la loro temperatura sale molto più velocemente di quella degli adulti.

 

METEO

Roma (Italia, Europa) soleggiato +26. Livorno (Italia, Europa) idem. Ho Chi Minh (Vietnam, Asia) sereno con nuvolosità sparsa +29Owerri (Nigeria, Africa) pioggia +26. New Braunfels (Texas, Stati Uniti d’America) per lo più nuvoloso +28Tamworth (Nuovo Galles del Sud, Australia) per lo più nuvoloso +10.


6 giugno   -209

La notizia del giorno.

Londra, il terzo terrorista è l’italiano Youssef Zaghba.

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Il terzo attentatore di Londra si chiamava Youssef Zaghba, aveva 22 anni ed era di nazionalità italiana. Il giovane terrorista del London Bridge era nato nel 1995 a Fez, in Marocco, da padre marocchino e madre italiana, convertita all’Islam e oggi 68enne. Il ventenne italo-marocchino venne fermato a marzo 2016 all’aeroporto di Bologna, città da cui stava per prendere un volo diretto a Istanbul, aveva con sé solo un piccolo zaino, il passaporto e un biglietto di sola andata: circostanze sospette, che insieme alla rotta aerea per la Turchia, ne fecero disporre il fermo per accertamenti. Gli agenti dell’aeroporto di Bologna in quel 15 marzo 2016 lo avevano notato per l’agitazione con cui si era avvicinato al checkin del volo per Istanbul e alla domanda sulle ragioni del suo viaggio, il ragazzo aveva risposto in modo diretto: “Vado a fare il terrorista” Fu contattata la madre, che risiede tutt’ora nel comune di Valsamoggia, in provincia del capoluogo emiliano. La donna, separata da marito e tornata a vivere in Italia, aveva confidato agli agenti le sue preoccupazioni: “Non lo riconosco più, mi spaventa. Traffica tutto il giorno davanti al computer, vede cose stranissime”. Su ordine della procura, gli agenti avevano subito perquisito l’abitazione, sequestrando il pc del ragazzo. È stata la madre a indicare la pista londinese, sostenendo che ormai Yussef abitava nella capitale britannica e lavorava in un ristorante pachistano: “Prima di conoscere quelle persone non si era mai comportato così”. Fu disposto dalla Procura il sequestro del passaporto, del cellulare e del pc a casa, dove fu fatta una perquisizione. Non emersero elementi particolari, se non qualche documento di carattere religioso, scaricato da siti fondamentalisti. Il giovane, che perse il volo, fu poi rilasciato. Dopo l’episodio di Bologna, Zaghba fu monitorato dall’intelligence e risulta non aver vissuto in Italia stabilmente, anzi la sua presenza fu limitata a brevi periodi per visite alla madre. Per il resto ci furono spostamenti tra il Marocco e l’Inghilterra. Dopo il fermo di Bologna dai servizi italiani fu mandato un appunto a quelli londinesi: nonostante il proscioglimento, l’Italia l’aveva comunque inserito nelle liste delle persone a rischio. Ieri gli investigatori hanno sentito la madre, che era in ansia perché non aveva notizie del figlio. La donna, italiana convertita all’Islam, 68 anni, era convinta che il giovane fosse a Londra a lavorare e non era a conoscenza di altre iniziative. Aveva un lavoro stagionale in un ristorante di Londra e continuava ad avere contatti con la madre, mentre il padre vive attualmente in patria. Ancora una volta qualcosa non ha funzionato nelle misure di prevenzione e nelle comunicazioni fra le intelligence degli stati europei.

METEO

Roma (Italia, Europa) soleggiato +28. Livorno (Italia, Europa) soleggiato 26. Esfahan (Regione di Esfahan, Iran, Asia) sereno +30Embu (Kenya, Africa) sereno con nuvolosità sparsa +22. Zipaquirá (Dipartimento di Cundinamarca, Colombia, Stati Uniti d’America) lievi rovesci di pioggia +18. Alice Springs  (Territorio del Nord, Australia) sereno +9.


5 giugno   -210

La notizia del giorno.

La capsula Dragon è arrivata alla Stazione Spaziale.

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La capsula Dragon dell’azienda privata SpaceX è arrivata alla Stazione Spaziale Internazionale con il suo carico di 2,7 tonnellate di rifornimenti e materiale scientifico. Dragon è una capsula orbitale da trasporto sviluppata dalla Space Exploration Technologies Corporation (SpaceX). Le prime missioni operative di questa capsula, che viene lanciata su un razzo vettore Falcon 9, sono di trasporto merci alla Stazione Spaziale Internazionale nell’ambito del programma della NASA Commercial Resupply Services. Il modulo cargo aveva già volato nello Spazio nel 2014 e il successo del suo riutilizzo segna un nuovo traguardo raggiunto dall’impresa aerospaziale privata americana. Gli astronauti a bordo della ISS, tra i quali anche Samantha Cristoforetti, hanno usato il braccio robotico della stazione per agganciare la capsula, facendola attraccare alle 11.54, ora italiana, mentre si trovavano a un’altitudine di 422 chilometri al di sopra del mar Mediterraneo. La Dragon resterà in orbita per circa quattro settimane, al termine delle quali rientrerà sulla Terra. Nel suo undicesimo volo come cargo, la capsula Dragon trasporta materiali importanti per una nuova serie di esperimenti di biologia da condurre a bordo della Stazione Spaziale, come quello volto a studiare gli effetti dell’esposizione prolungata alla microgravità sul cuore dei moscerini della frutta; è in programma anche la sperimentazione sui topi di una molecola anti-osteoporosi che potrebbe aiutare a ricostruire il tessuto osseo perduto e aprire la strada per nuovi farmaci contro la perdita di densità ossea. Tra i materiali a bordo di Dragon ci sono anche quelli che aiuteranno a sperimentare nuove tecnologie per i pannelli solari e strumenti al servizio dell’astronomia, per studiare le stelle molto dense, come quelle di neutroni, e per osservare la Terra.

 

METEO

Roma (Italia, Europa) soleggiato +28. Livorno (Italia, Europa) per lo più soleggiato +24. Lucknow (Uttar Pradesh, India, Asia) foschia +35. Axum (Etiopia, Africa) soleggiato +27Whittier (Alaska, Stati Uniti d’America) per lo più nuvoloso +8. Tavua (Figi, Oceania) lievi rovesci di pioggia +21.


4 giugno   -211

La notizia del giorno.

Nuovo terrore a Londra: 7 morti e 48 feriti.

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Ieri notte, a soli 4 giorni dal voto dell’8 giugno, c’è stato un attacco terroristico nel cuore di Londra: tre uomini, poco dopo le 22 (un’ora avanti in Italia), si sono lanciati a bordo di un pullmino bianco a tutta velocità (almeno 80 Km/H) sul London Bridge e hanno investito una quarantina di persone. Poi, brandendo lunghi coltelli da cucina, hanno raggiunto Borough Market e hanno accoltellato chiunque si trovasse loro davanti. La polizia li ha abbattuti otto minuti dopo aver ricevuto la prima chiamata di emergenza, in strada. I feriti, ricoverati in 5 ospedali della capitale, sono 48 e altre persone sono state medicate sul posto. Gli aggressori indossavano finte cinture esplosive per seminare il panico e sono scesi dal furgone urlando “lo facciamo per Allah”. La polizia ha confermato che gli aggressori erano tre e sono stati uccisi, anche se le indagini continuano, e ha invitato londinesi e turisti a restare “calmi e vigili” e a segnalare “persone o cose sospette” ai numeri di emergenza. Il bilancio è di 7 morti e 48 feriti. Quattro agenti di polizia sono rimasti feriti, uno in modo grave, ma non è in pericolo di vita. Sono morti anche i tre terroristi dell’attacco che avrebbero indossato finte cinture esplosive. Intanto Sky News ha mostrato le immagini in diretta di un’operazione antiterrorismo in corso a Kings Road, a Barking, a est di Londra. Secondo l’emittente britannica, l’operazione è legata agli attacchi nella capitale. L’appartamento perquisito da Scotland Yard sarebbe quello in cui viveva uno degli aggressori dell’attacco. Sempre secondo Sky News si tratta di un uomo dai tratti mediorientali, che aveva moglie e figli. La polizia sta facendo domande sul suo conto ai vicini. Gli agenti hanno fatto irruzione all’interno di un condominio e hanno portato via 12 persone. Tra queste anche 4 donne, che, stando a quanto riferito da un fotografo dell’Afp, indossavano il velo islamico. La premier britannica Theresa May dopo l’attentato di Londra ha detto: “Gli attacchi non sono collegati ma siamo di fronte a un nuovo trend: il terrorismo chiama il terrorismo e gli assalitori vengono ispirati da altri assalitori … Enough is enough, quando è troppo è troppo”. “La prima ministra è convinta che alla base delle aggressioni ci sia l’estremismo islamista e che debba essere rivista la strategia antiterrorismo contro le nuove minacce al Paese. “È necessario cercare accordi internazionali che disciplinano il cyberspazio: dobbiamo fare di tutto per limitare l’estremismo online creando spazi sicuri online”.

Torino. Finale di Champions League: panico in piazza San Carlo, più di mille feriti.

Si aggrava ancora, a Torino, il bilancio dei feriti causati dal panico tra i tifosi che assistevano alla finale Champions dal maxi schermo allestito in piazza San Carlo. L’ultimo bilancio parla di 1.527 persone che hanno avuto bisogno di cure mediche. È quanto comunica la Prefettura. Le maggiori preoccupazioni sono per tre persone in “codice rosso”, fra cui un bambino ricoverato all’ospedale infantile Regina Margherita. Una folla presa dal panico e dalla psicosi da attentato terroristico causati da “eventi in corso di accertamento” ha provocato gli incidenti in piazza San Carlo. La procura di Torino ha avviato un’indagine per fare luce sulle cause e sulle eventuali responsabilità di quanto avvenuto ieri sera in piazza San Carlo. Come ipotesi di reato è stato formulato, per adesso, il procurato allarme. Un tappeto di vetri rotti di bottiglie sono stati calpestati da migliaia di persone in fuga. Così è scattata la polemica per il fatto che nessuna ordinanza del Comune ne ha vietato la vendita delle birre.

Ciao ciao buona domenica.

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Solo poche cose, poche considerazioni.

In una tarda serata di inizio giugno e poi via via nella notte che vedeva la Juventus impegnata a Cardiff ormai ai titoli di coda, in un secondo tempo tutto da dimenticare, a Torino si è vissuto in piazza San Carlo un dramma del surreale e della paura. Non si capisce quale logica organizzativa abbia fatto si che migliaia e migliaia di persone siano state assiepate in imbuto vero e proprio, senza  il buon senso semplice della pur minima precauzione. Non con il senno di poi, ma di un elementare principio di sicurezza, sarebbe stato più opportuno dare appuntamento ai tifosi bianconeri magari allo Stadium juventino. Quasi in contemporanea l’ennesimo attentato nel cuore di Londra con morti ammazzati e feriti. Così, con la cronaca di queste notizie, ci siamo svegliati questa mattina, domenica di Pentecoste per chi è cristiano. Uscendo però (si fa per dire) dal nostro piccolo mondo europeo, più propriamente della “vecchia Europa”, già la settimana era stata costellata di altri attentati con centinaia di morti a Kabul, a Bagdad e in giro per il mondo in questo lungo viaggio nell’orrore quotidiano. Scuserà chi ci legge per questa volta l’emotività e lo sgomento a differenza del solito distacco da cronisti, ma il troppo è troppo. Solo due giorni fa si celebrava la festa della Repubblica, senza rendersi conto della enormità di questa situazione. La politica sembra estranea a qualunque qualsivoglia comprensione, ad iniziative e proposte credibili, perdendosi nel buco nero di leggi elettorali improbabili e in uno stupido tatticismo che ci chiamerà probabilmente ad un voto inutile ad ottobre, senza tener conto che la legislatura si chiuderebbe di lì a pochi mesi in primavera! Il tempo del resto passa in fretta, fa e disfa’, si ricorda poco e ci si dimentica facilmente. Lunedì scorso, tanto per dire, è caduta in combattimento sul fronte di Raqqua in Siria Ayse Deniz Karacagil, 24 anni, più conosciuta da noi come Cappuccio Rosso, grazie alle strisce di Zero Calcare. Sfuggiva a 100 anni (cento anni) di condanna del regime turco per le proteste di Gezi Park a Istambul, scegliendo di andare a difendere la libertà e la democrazia a fianco di un popolo, quello siriano, alle prese con un altro regime brutale e sanguinario. È stata uccisa da soldati dell’Isis ben sostenuti, come da noi, da montagne di petrodollari e dalla barbarie di un’ideologia votata alla morte e non al rispetto della vita, della sua inviolabilità, della sua bellezza. Cappuccio Rosso è sparita in fretta dai media, così come lo sarà già domani questa nostra domenica italiana, a.d. 2017.

METEO

Roma (Italia, Europa) soleggiato +30. Livorno (Italia, Europa) soleggiato 28. Qom (Regione di Qom, Iran, Asia) soleggiato +34Lodwar (Kenya, Africa) soleggiato +35. Haleiwa (Hawaii, Stati Uniti d’America) per lo più nuvoloso +23. Port Douglas (Queensland, Australia) parzialmente nuvoloso +20.


3 giugno   -212

La notizia del giorno.

Retromarcia di Trump sul clima: reazioni in Usa, Cina e Ue.

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Il presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, ha annunciato, nel Giardino delle rose della Casa Bianca, il ritiro degli Usa dall’accordo di Parigi, provocando nel mondo reazioni di sgomento e rabbia, ma anche la determinazione di tutti gli altri paesi a proseguire sulla linea tracciata dall’intesa del 2015. Per esprimere la loro protesta rispetto a una mossa in linea con il principio faro dell’amministrazione Trump, quello dell’“America First”, che isola ulteriormente gli Usa, governatori e sindaci hanno fatto illuminare di verde gli edifici pubblici in diverse città americane, proprio come avvenne per la Tour Eiffel il 4 novembre del 2016 per celebrare il raggiungimento dell’accordo sul clima. I governatori della California, di New York e di Washington, in particolare, si sono coalizzati per coordinare anche la protesta in altri Stati e rispondere a Trump combattendo il cambiamento climatico con azioni energiche. L’iniziativa si è presto estesa coinvolgendo altre città in tutto il mondo, dalla stessa Parigi a Barcellona, Montreal e Città del Messico. Dettaglio non secondario: per illuminare torri, ponti e palazzi sono state usate lampade a led a basso consumo. L’accordo negoziato da Barack Obama nel 2015 prevedeva per gli Usa l’impegno volontario a ridurre le emissioni inquinanti di 1,6 miliardi di tonnellate entro il 2025, l’alleanza dei governatori è determinata a continuare sulla stessa strada, anche se specifici obiettivi per ciascuno Stato non sono stati fissati. Il presidente russo, Vladimir Putin, dal forum economico di San Pietroburgo dice che Trump avrebbe potuto evitare di uscire dall’accordo, limitandosi a modificare gli obblighi, Ue e Cina, riunite a Bruxelles per il XII summit bilaterale, hanno ribadito il loro impegno, con il presidente del Consiglio europeo Jean-Claude Juncker, che ha chiarito che dall’accordo di Parigi non si torna indietro. La cancelliera tedesca Angela Merkel definisce l’intesa una pietra angolare necessaria a tutelare “il nostro creato”. Duro il Vaticano: monsignor Marcelo Sanchez Sorondo, Cancelliere della Pontificia accademia delle Scienze, ai microfoni di inBlu Radio ha definito la decisione di Trump “un disastro per l’umanità e per il pianeta”. Intanto Gary Cohn, alto consigliere economico di Trump, in un’intervista alla Cnbc afferma che il ritiro degli Stati Uniti dall’accordo di Parigi aiuterà il mercato dell’energia a rimanere competitivo, permettendo un potenziale ritorno sulla scena dell’industria Usa del carbone. Nonostante la concorrenza del gas naturale economico, ha affermato, “a un certo punto del ciclo il carbone sarà di nuovo competitivo”. “ Sono stato eletto dai cittadini di Pittsburgh, non da Parigi”, ha detto Trump, assicurando che gli Stati Uniti saranno amici dell’ambiente, ma senza danneggiare l’occupazione. Trump, impegnandosi a lavorare da subito con i democratici per l’avvio di nuove trattative sul clima, precisa che l’accordo sul clima di Parigi costerebbe agli Stati Uniti posti di lavoro che “non possiamo permetterci di perdere”.

Avvenimenti e Protagonisti del passato.

Nazim Hikmet.

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Il 3 giugno 1963 moriva a Mosca, all’età di sessantadue anni, Nazim Hikmet, uno dei più importanti poeti turchi dell’età moderna. Definito “comunista romantico” o “rivoluzionario romantico” ha composto poesie di struggente bellezza tradotte in italiano da Joyce Lussu, partigiana, politica, scrittrice, traduttrice e poetessa che ebbe anche una corrispondenza epistolare col poeta.

Così scriveva la Lussu nell’introduzione al volume di poesie da lei tradotto nel ‘72: “Non era un letterato: il letterato si forma con lo studio dei predecessori, con l’accumulazione libresca; a Hikmet questo non interessava. La sua fonte d’ispirazione non erano gli altri scrittori, ma la coscienza storica e la lotta politica; e non si rivolgeva a critici e scrittori, ma al popolo del suo paese e di tutti i paesi, anche agli analfabeti …”.

Cara Joyce,

mi domandi perché scrivo delle poesie? Sarebbe più giusto porre la domanda in altro modo. Perché e come ho cominciato a scrivere delle poesie. Cerco di ricordare. Avevo tredici anni. Abitavamo a Instanbul. Mio nonno era poeta ma ancora oggi non capisco le sue poesie. Le poesie di mio nonno erano dogmatiche, didattiche, religiose. Non le capivo ma ero il nipote di un nonno poeta. (…) Mia madre adorava Lamartine e Baudelaire, e la poesia, a casa nostra, era sugli altari.

Nazim Hikmet così scrive nell’introduzione alla raccolta di poesie tradotte dal turco da Joyce Lussu, la scrittrice italiana con la quale condivideva la strenue opposizione ad un regime. La traduzione più riuscita della Lussu è senza dubbio quella del poeta turco Nazim Hikmet, in un primo momento aderente al partito nazionalista, poi costretto a prendere la via per l’esilio a causa della mutata posizione politica; durante la guerra di indipendenza turca che portò nel 1923 alla creazione della Repubblica di Turchia, denunciò i costi dell’indipendenza quali il genocidio armeno e greco. Più volte imprigionato in Turchia a causa dell’ orientamento comunista, più volte costretto all’esilio e minacciato dal regime, terminò la sua vita in Russia, lontano dalla patria. Nella lettera a Joyce Lussu, Hikmet confessa che dopo aver aderito in un primo momento al movimento indipendentista turco, poi al comunismo, la sua poesia divenne diversa dalla precedente, impossibilitata a svincolarsi dal tema della lotta e della resistenza:  (…) Poi mi sono innamorato di varie ragazze e ho scritto per loro dei versi.; poi le questioni che riguardano la coscienza, l’onore, l’eternità mi hanno interessato e ho scritto su queste cose. Poi gli alleati occuparono Instambul, e io scrissi delle poesie contro l’Intesa  inneggiando al movimento di liberazione in Anatolia. A 18 anni passai in Anatolia, scoprii il mio popolo e le sue lotte. In Russia Hikmet ammette di aver scoperto tutta un’altra umanità che lo vincolò ancora di più alla poesia utilizzata come unico strumento di sopravvivenza, nella speranza che le sue parole un giorno avessero modo, almeno loro, di evadere dalla ingiusta prigionia. Non trovando editori in Turchia, sono state le traduzioni di Joyce Lussu a diffondere le poesie di Hikmet in cui non soltanto l’amore, ma soprattutto la malinconia, l’assenza, la lontananza, l’incompletezza, pervadono la raccolta concepita e nata  nella lontananza da casa a causa della prigionia e dalla lontananza dalla patria a causa dell’esilio. Straordinariamente assente è il rimpianto tardivo di non aver condotto la vita in altro modo, il rimorso di non aver potuto vivere gli affetti a pieno, di non aver potuto godere abbastanza di una qualche serenità. “Addormentarsi adesso/svegliarsi tra cento anni, amor mio …” “No,/non sono un disertore./Del resto, il mio secolo non mi fa paura/il mio secolo pieno di miserie e di scandali/il mio secolo coraggioso grande ed eroico./Non ho mai rimpianto d’esser venuto al mondo troppo presto/sono del ventesimo secolo e ne son fiero./Mi basta esser là dove sono, tra i nostri,/e battermi per un mondo nuovo …”/“Tra cento anni, amor mio …”/“No,/prima e malgrado tutto./Il mio secolo che muore e rinasce/il mio secolo i cui ultimi giorni saranno belli/la mia terribile notte lacerata dai gridi dell’alba/il mio secolo splenderà di sole, amor mio/come i tuoi occhi …”

“In questa notte d’autunno” di Nazim Hikmet.

In questa notte d’autunno
sono pieno delle tue parole
parole eterne come il tempo
come la materia
parole pesanti come la mano
scintillanti come le stelle.
Dalla tua testa alla tua carne
dal tuo cuore
mi sono giunte le tue parole
le tue parole cariche di te
le tue parole, madre
le tue parole, amore
le tue parole, amica.
Erano tristi, amare
erano allegre, piene di speranza
erano coraggiose, eroiche
le tue parole
erano uomini.

“Se per i buoni uffici del signor Nuri spedizioniere” di Nazim Hikmet

Se per i buoni uffici del signor Nuri spedizioniere / la mia città, la mia Istanbul mi mandasse / un cassone di cipresso, un cassone di sposa / se io l’aprissi facendo risuonare / la serratura di metallo: dccinnn … / due rotoli di tela finissima / due paia di camicie / dei fazzoletti bianchi ricamati d’argento / dei fiori di lavanda nei sacchetti di seta / e tu / e se tu uscissi da lì / ti farei sedere sull’orlo del letto / ti metterei sotto i piedi la mia pelle di lupo / con la testa chinata e le mani giunte starei davanti a te / ti guarderei, gioia, ti guarderei stupito / come sei bella, Dio mio, come sei bella / l’aria e l’acqua d’Istanbul nel tuo sorriso / la voluttà della mia città nel tuo sguardo o mia sultana,  o mia signora, se tu lo permettessi / e se il tuo schiavo Nazim Hikmet l’osasse / sarebbe come se respirasse e baciasse / Istanbul sulla tua guancia / ma stà attenta / stà attenta a non dirmi “avvicinati” / mi sembra che se la tua mano toccasse la mia / cadrei morto sul pavimento.

Mary Titton

METEO

Roma (Italia, Europa) soleggiato +30. Livorno (Italia, Europa) soleggiato 28. Karaj (Alborz Province, Iran, Asia) soleggiato +28Nanyuki (Kenya, Africa) per lo più soleggiato +21. Bucaramanga (Dipartimento di Santander, Colombia, Stati Uniti d’America) per lo più nuvoloso +26. Gold Coast (Queensland, Australia) sereno +12.


2 giugno   -213

METEO

Roma (Italia, Europa) sereno con qualche nuvola +30. Livorno (Italia, Europa) sereno +28. Agra (Uttar Pradesh, India, Asia) soleggiato +43. Matola (Mozambico, Africa) per lo più nuvoloso +28Sacramento (California, Stati Uniti d’America) sereno +13. Sarraméa (Nuova Caledonia, Oceania) sereno +17.


1 giugno   -214

La notizia del giorno.

Blue Whale: un nuovo terribile fenomeno.

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Blue Whale è la nuova sfida social che spingerebbe i ragazzi ad affrontare cinquanta prove estreme in cinquanta giorni, fino al suicidio. Sono decine le segnalazioni di casi sospetti arrivati alla Polizia postale e altrettanti i messaggi di allerta inviati su WhatsApp da parte di genitori preoccupati. È quasi una psicosi collettiva. Questo gioco della morte consisterebbe nel compiere una serie di gesti al limite, come camminare sull’orlo dei binari, da immortalare e condividere online. L’ultima prova è togliersi la vita. Si verrebbe ingaggiati tramite social network: Instagram, WhatsApp, Facebook, chat. Ad organizzare le operazioni, il “curatore”: sarebbe lui a guidare i ragazzi psicologicamente vulnerabili, prova dopo prova, dopo averli convinti di possedere informazioni che possono far male alla loro famiglia. Chi partecipa alla sfida si provocherebbe, prima di tutto, dei tagli alle braccia e pubblicherebbe post contrassegnati dall’hashtag #f57. “Blue whale” (Balena bianca) ha origine da un fenomeno naturale: le balene per diversi motivi possono spiaggiarsi sulle coste con il rischio di non essere più in grado di rientrare in acqua, finendo quindi per morire per asfissia e disidratazione. I biologi hanno riscontrato che il fenomeno riguarda spesso gruppi interi di balene, in quanto può capitare che l’intero branco smarrisca la via, oppure, nel tentativo di soccorrere un singolo esemplare in difficoltà, altri incappino poi nello stesso pericolo. Parliamo quindi di un fenomeno di massa. Il “gioco” mortale consiste nell’attuare 50 azioni (una al giorno) come preparazione alla morte, che si concretizza con il gesto ultimo di lanciarsi nel vuoto da un edificio. Queste regole quotidiane sono caratterizzate da autolesionismo (incidersi la pelle o tentare di tagliarsi le vene dei polsi con lamette) e da altre pratiche come guardare film dell’orrore per 24 ore consecutive, ascoltare una particolare musica con video psichedelici e non dormire. L’ideatore del “Blue whale” è Philip Budeikin, un giovane di 21 anni, studente di Psicologia, recluso in un carcere russo dal 2016. Il suo profilo sembra avvicinarsi molto a quello di un serial killer. Budeiken ha confessato di aver istigato almeno 17 adolescenti connazionali al suicidio per “purificare la società”. Nella sola Russia 157 ragazzini sono morti per suicidio nell’ultimo anno. Il macabro gioco si è già diffuso a macchia d’olio: dalla Russia ha raggiunto il Brasile, ma anche Francia e Inghilterra. E in Italia? La polizia postale nei giorni scorsi ha salvato una studentessa 14enne di Ravenna, che sul suo profilo Facebook aveva postato foto con lesioni su un braccio. A marzo, a Livorno, un ragazzino di 15 anni si è lanciato nel vuoto dal 26° piano del grattacielo cittadino. Un fenomeno davvero preoccupante!

Avvenimenti e Protagonisti del passato.

Oh, Marilyn.

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“Dimenticate tutto quello che sapete su questa persona”, avvertì Elia Kazan nella sua autobiografia. L’icona che ricordiamo con affetto col nome di Marilyn Monroe era in realtà la brillante creazione di una fantasia intelligente, voluttuosa, affascinata dalle celebrità e motivatissima, di nome Norma Jean Mortenson. Un puro prodotto di Hollywood il cui mito è diventato eterno con la morte di Norma Jean. “Avevo un nuovo nome, Marilyn Monroe. Dovevo nascere. E questa volta meglio della precedente”. Diversamente Norma Jean nasce il 1 giugno 1926 a Los Angeles. La madre, Gladys Monroe, non può occuparsi di lei. Martin Mortenson, il cui certificato di nascita attribuisce la paternità di Norma, con ogni probabilità non è il vero padre e se ne disinteressa. Norma viene abbandonata ed è costretta a trascorrere l’infanzia in varie famiglie affidatarie e orfanotrofi. Due settimane dopo il sedicesimo compleanno, Norma sfugge alla sua condizione di orfana sposando un amico, James Dougherty. Nel ’48 divorzia dal marito, cerca lavoro come modella e lavora come attrice a contratto per la Fox e per la Columbia. Johnny Hyde, agente di spicco all’agenzia di William Morris, guida brillantemente l’avvio della sua precoce carriera e diventa il suo amante. È Hyde che convince John Huston a ingaggiarla in “Giungla d’asfalto”, che  sarà il suo trampolino di lancio professionale. Nel ’51 la 20th Century-Fox trasforma il suo ultimo contratto di 6 mesi in uno della durata di 7 anni. Nel ’53 per protestare contro i bassi compensi e la cattiva gestione delle carriere della Fox, si ribella e viene sospesa dallo studio. Nel gennaio del ’54 sposa il giocatore di baseball Joe Di Maggio, ma divorzia l’ottobre dell’anno successivo. Il 7 gennaio del ’55 Marilyn Monroe e Milton Greene annunciano la formazione della Marilyn Monroe Productions. Ciò dà avvio a un anno di battaglia con la Fox durante il quale si tiene occupata studiando recitazione con il prestigioso insegnante Lee Strasberg. L’anno dopo la Fox accetta le condizioni della Monroe e la sua carriera subisce così una svolta decisiva. In quell’anno Marilyn interpreta la scena del bar tratta dall’Anna Christie di Eugene O’Neill all’Actors Studio di New York. Il 29 giugno ’56 sposa Arthur Miller. Due gravidanze finiscono in aborti spontanei. I ritardi con i quali si presenta alle riprese di “A qualcuno piace caldo” sono così frequenti da diventare un suo tratto caratteristico. Nel ’58 abortisce spontaneamente per la terza volta. Nel ’60 comincia ad andare in terapia dallo psichiatra Ralph Greenson. Qualche mese dopo viene assalita da una profonda crisi di nervi e nel ’61 divorzia da Miller. Nel giugno del ’62 la 20 Century Fox utilizza l’apparizione di Marilyn al gala in onore di JFK come pretesto per la risoluzione del contratto e sospende la produzione quasi ultimata del suo nuovo film, “Something’s Got Give”. Siamo al 4 agosto 1962, l’ultimo giorno di vita di Marilyn. I racconti su quest’ultimo giorno, al netto di pettegolezzi, voci, speculazioni e teorie di cospirazione, restano un mistero perché, ancora oggi, permangono irrisolti molti quesiti sulle incongruenze riscontrate sulla scena in cui venne trovato il corpo senza vita di Marilyn. La stessa autopsia, condotta dal dott. T. Noguchi, rilevò aspetti divergenti, come i segni di manipolazione sul corpo di Marilyn, rispetto alla versione ufficiale che stabilì la causa di morte del suicidio. “Marilyn Monroe si è tolta la vita o le sostanze che l’hanno uccisa le sono state iniettate da qualcuno?” (Thomas Noguchi). Il medico intervistato nel 1985, per la stesura di un libro su Marilyn, rispetto all’autopsia, rispose così: “Sono convinto che si sarebbe dovuta avviare un’inchiesta per valutare le nuove informazioni”. In realtà non sapremo mai la verità intorno ai fatti di personaggi elevati a simbolo come fu Marilyn, confezionati come tanti prodotti per la vendita da un sistema che si avvaleva del nuovo mezzo, quello dell’immagine, per condizionare il pensiero collettivo. Il padre di JFK, Joseph P. Kennedy era solito dire: “Ricordati: non conta ciò che sei, ma ciò che la gente pensa che tu sia”. Marilyn incarnò lo spirito del suo tempo, gli anni cinquanta, spensierati e innocenti e seppe cogliere l’opportunità, con tenacia, malgrado il pedaggio della richiesta sessuale in un ambiente sovrastato dal maschilismo (“L’inferno deve somigliare a Los Angeles …,” Bertolt Brecht) di dedicarsi a un lavoro, appassionante e sognante come quello di fare l’attrice (non guardava, forse, la sera, dalla finestra dell’orfanotrofio, prima di addormentarsi, le luci degli stabilimenti là in fondo e sognava che un giorno lei sarebbe stata la stella più luminosa? Così come di fatto è stato: Marilyn la si può considerare l’attrice simbolo del XX secolo, la più amata, imitata da milioni di donne, desiderata da milioni di uomini, la sua innocenza e, nel contempo, la sua sensualità incantavano. Marilyn Monroe, contrariamente a quanto comunemente la gente pensa, era un’attrice bravissima, anche nel ruolo da “oca”, era l’oca più brillante, spiritosa, divertente. Si capì subito, fin dal suo primo film “Giungla d’asfalto”, di Huston, nella particina della pupa, quanto fosse cinematografica e anche nella parte della dark lady in “Niagara”, accanto a Joseph Cotton (fu lei a proporre il movimento della mano mentre si svegliava dopo lo shock nell’aver appreso che il marito aveva ucciso l’amante) impersonava efficacemente il disagio e lo sprezzo verso un uomo che considerava un fallito. Marilyn aveva una voce bellissima e sicuramente se fosse vissuta più a lungo sarebbe diventata un’attrice superlativa. Era compassionevole. Donna Edith Sitwell parlando di Marilyn confidò: “Miss Monroe conosce il mondo, ma questa conoscenza non ha offuscato la sua grande, generosa dignità; l’oscurità del mondo non ha attenuato la sua bontà”. Il carattere era impossibile; nata sotto il segno dei gemelli con quell’infanzia tormentata, la sindrome dell’abbandono e nell’eredità genetica una vena di pazzia era dilaniata dalle contraddizioni. Nessuno poteva salvarla da se stessa, forse solo l’amore incondizionato; non certo l’intelligenza intellettuale di Miller o la gelosia di Di Maggio (che per altro l’amava moltissimo, ma che come lui stesso ammise, “Non è divertente essere sposato con una luce elettrica”). E alla fine come disse Frank A. Capell: “Finì sotto l’influenza di persone alle quali, con fanciullesca fiducia, permetteva di dirigere il corso della sua vita e che la portarono prematuramente alla tomba”. Interessante il punto di vista di Vittorio Zucconi che, in occasione dei quarant’anni dalla morte di Marilyn, così scriveva di lei e del suo tempo: … “Tutti coloro che la diressero, la conobbero, le lavorarono al fianco, da Hathaway a Clark Gable, da Cukor a Jack Lemmon, dal visagista che negli ultimi anni doveva truccarla a letto, perché al mattino impiegava ore per uscire dallo stupore dei barbiturici, hanno sempre ripetuto la stessa verità, che certamente Norma Jeane era bella, ma come dozzine, centinaia di altre stelle e starlet erano belle. Ma nessuna era bella come lei quando la sua immagine si stampava sul negativo della pellicola, “come se una radiazione sovrannaturale emanasse dalla sua persona e fosse recepita soltanto dall’obiettivo”, disse Wilder, che pure di stupende donne aveva filmato legioni. Sovrannaturale. Dunque incorporea. Dunque innocente, figlia perfetta di una decade che segnò il trionfo e poi l’apocalisse dell’età dell’innocenza, consumata nei miti del tempo. L’innocenza della politica, incarnata e poi uccisa nei Kennedy e nelle loro frasi che allora sembrarono tanto vere, la “nuova Frontiera”, “la torcia è passata nelle mani di una nuova generazione”, “non chiedete quello che l’America può fare per voi, ma quello che voi …”, prima che la storia rivelasse con quali mezzucci e con quali sordidi alleati i meravigliosi ragazzi con il ciuffo, il sorriso irlandese dentuto, le mogli tanto chic e i maglioni di lana ruvida fossero arrivati al potere. L’innocenza scientifica, esaltata dalla illusione che antibiotici e vaccini fossero avviati geometricamente a sradicare ogni malattia, mentre i motori di Von Braun spingevano l’uomo sempre più lontano, oltre i confini del sistema solare, verso le stelle. Innocenza dei diritti civili e naturali, con il volto e il sogno di Martin Luther King, profeta della giustizia senza violenza, disfatta dal Vietnam. Innocenza del peccato, soltanto alluso, intravisto, sussurrato nel plissetté della gonna di Marilyn, ma nascosto dietro un paio di mutande che oggi si trovano solo in farmacia con panciera e rinforzo anticellulite, ma che erano lo strumento essenziale e severo della seduzione inarrivabile. … Norma Jean, la ragazza che crebbe senza mai sapere chi era suo padre perché neppure la madre lo sapeva, morì il 5 agosto del 1962 perché si era dovuta concedere a molti, forse già dall’orfanotrofio e a Hollywood, nelle prime particine, nelle prime pose au poile, senza vestiti per un calendario da camionisti …  infine senza dignità davanti a un Presidente che l’ascoltò cantare in pubblico come una bambola sbronza “Happy Birthday” poco prima di morire … uccisa infine dalla corruzione di tutti”.

Mary Titton

 Non piangere bambola mia

Non piangere

Io ti tengo e ti cullo

In gran segreto fingo adesso

Di non essere tua madre che è morta …

Passeggiando

Clicchete clac

La mia bambola nella carrozzina È passata sui crepacci.

“Andremo lontanissimo”.

 (Marilyn Monroe)

METEO

Roma (Italia, Europa) sereno +28. Livorno (Italia, Europa) idem. Ahmedabad (Gujarat, India, Asia) parzialmente nuvoloso +39. Lalibela (Etiopia, Africa) per lo più nuvoloso +24Jacksonville (Florida, Stati Uniti d’America) per lo più nuvoloso +25. Nausori (Figi, Oceania) lievi rovesci di pioggia +25.


31 maggio   -215

La notizia del giorno.

Strage a Kabul: autobomba nel quartiere delle ambasciate.

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È di almeno 80 morti di e più di 350 feriti, fra i quali molte donne e bambini, il bilancio della strage di Kabul, dove un camion cisterna riempito di esplosivo è stato fatto esplodere da un kamikaze. È successo alle 8:25 in piazza Zanbaq, nel quartiere dove si trovano il palazzo presidenziale e diverse ambasciate, uno tra i più centrali e sicuri della capitale afghana. Secondo quanto riferiscono i media afghani citando fonti della sicurezza, nell’attentato sarebbero stati usati 1.500 kg di esplosivo. Un enorme boato, parecchio fumo, un’esplosione potentissima. Le ambasciate di Francia e Germania risultano danneggiate, mentre da fonti della Farnesina si apprende che tutto il personale dell’ambasciata italiana sta bene. I numerosi feriti sono stati trasportati in diversi ospedali della città, tra cui quello gestito da Emergency, che secondo il ministero della Salute locale, ha accolto almeno 150 persone. Le stesse autorità fanno sapere che il bilancio delle vittime è destinato a salire. L’ISIS ha rivendicato l’attacco. I Talebani hanno negato ogni loro responsabilità nell’attentato e il portavoce Zabihullah Mujahid ha assicurato con un Tweet che il gruppo “condanna ogni attentato che causa vittime civili.” L’attacco, che ha colpito la popolazione all’inizio del mese sacro del Ramadan, risulta essere tra i più violenti per la capitale afghana, “il peggiore dal 2001 ad oggi”, secondo quanto ha affermato Cecilia Strada, presidente di Emergency, a Rainews24. La missione Resolute Support della Nato ha spiegato che le forze di sicurezza afghane hanno impedito al veicolo di entrare nella zona di sicurezza della Green Zone, lasciando intendere che il veicolo potrebbe non essere riuscito a raggiungere il suo obiettivo predefinito.

 

METEO

Roma (Italia, Europa) parzialmente nuvoloso +26. Livorno (Italia, Europa) per lo più soleggiato +27. Kapan (Armenia, Asia) parzialmente nuvoloso +24. Mbale (Uganda, Africa) lievi rovesci di pioggia +25. Fairfax (Virginia, Stati Uniti d’America) nuvoloso +21. Invercargill (Southland, Nuova Zelanda, Oceania) parzialmente nuvoloso -1.


30 maggio   -216

La notizia del giorno.

Cronaca locale: La storica sfilata dei turchi a Potenza.

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Ieri sera a Potenza si è svolta la storica sfilata dei turchi, parata in costume d’epoca, con 1334 figuranti e 80.000 presenze secondo l’organizzazione. Prima della sfilata, come di consueto, a largo Pignatari si è tenuto il pranzo organizzato da I portatori del Santo: canti e balli in onore di san Gerardo, patrono della città lucana, festeggiato oggi, 30 maggio, giorno della traslazione delle sue spoglie. La sfilata è partita intorno alle 19:30 dallo stadio “Viviani” e si è snodata lungo le vie del centro storico fino a raggiungere la centralissima piazza Matteotti, dove, ripetendo una simbologia tipica dei riti pagani, e in particolare della tradizione dei riti arborei lucani, è stata innalzata e incendiata in onore del Santo Patrono, la cosiddetta “Iaccara”, un fascio di canne e legna lungo dodici metri, del diametro di un metro e pesante circa una tonnellata, trasportata da 20 persone lungo tutto il percorso della parata storica. Si tratta di un’antica tradizione di cui è traccia nelle cronache storiche, ripresa, dopo oltre un secolo di abbandono, da giovani volontari della città, a partire dall’edizione 2009. Sono sfilate per le vie cittadine figure del mondo contadino e rappresentanti del mondo nobiliare nei sontuosi costumi del XII, XVI e XIX sec., preceduti dagli stendardi delle antiche sei porte della città e dai musici e dagli sbandieratori in costume medievale che hanno dato prova della loro abilità suscitando gli applausi della folla degli spettatori. Non potevano mancare i turchi su splendidi cavalli arabi, con il seguito di odalische, che a tratti si esibivano nella danza del ventre, perché la vulgata cittadina fa risalire la rappresentazione allegorica del 29 maggio alla pretesa invasione di Potenza, intorno al 1100, da parte di un esercito turco, il quale avrebbe risalito il fiume Basento fino al capoluogo. I cittadini, impotenti dinanzi all’organizzazione militare degli invasori, si sarebbero rivolti così al vescovo, Gerardo La Porta, e questi, invocando una schiera di angeli guerrieri, avrebbe compiuto il miracolo di liberare la città dai suoi nemici. La rievocazione è stata oggetto negli ultimi anni di molti rimaneggiamenti e ha perso molto del suo antico aspetto, è comunque, come in moltissime altre città del nostro Paese, importante per non perdere la memoria delle tradizioni e della storia, anche quando confina con la leggenda.

METEO

Roma (Italia, Europa) soleggiato +28. Livorno (Italia, Europa) soleggiato 26. Ahwaz (Khūzestān, Iran, Asia) coperto +40Meru (Kenya, Africa) parzialmente nuvoloso +21Ipiales (Dipartimento di Nariño, Colombia, Stati Uniti d’America) per lo più nuvoloso +13. Fremantle (Australia) sereno +14.


29 maggio   -217

La notizia del giorno.

A Cannes palma d’oro al film “The Square”.

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La palma d’oro del 70° Festival di Cannes è andata al provocatorio film The square del regista svedese Ruben Östlund, un ritratto della società contemporanea attraverso il personaggio del curatore di un museo di arte moderna: mentre lui sta preparando una mostra che vorrebbe essere un invito all’altruismo e alla solidarietà, una serie di eventi surreali e imprevisti come il furto del suo cellulare, un gravissimo errore di comunicazione dei suoi collaboratori lo sprofonda in una crisi esistenziale. Miglior attore protagonista è Joaquin Phoenix con il film You were Never Really di Lynne Ramsay, il premio per la miglior interpretazione femminile è andato invece all’attrice tedesca Diane Kruger, 40 anni, che dopo 15 anni di carriera, ha finalmente girato nella sua lingua madre, conquistando così la giuria di Pedro Almodovar con il ruolo di questa madre distrutta dal dolore e poi in cerca di vendetta per la morte del marito e del figlio, vittime di una bomba neonazista nel film In the Fade di Fatih Akin. Ex ballerina ed ex modella dopo aver attraversato ogni tipo di cinema: kolossal come Troy (dove era Elena), film d’azione come Il mistero dei templari con Nicolas Cage, il cinema d’autore e le serie tv, si è finalmente misurata con un ruolo in cui ha potuto dimostrare tutte la sua bravura e per il quale si è trasformata. “Grazie moltissime alla giuria e al festival per questo premio, sono sommersa dalle emozioni … Non posso accettare questo premio senza pensare a chi è stato colpito da atti di terrorismo e lo dedico a chi riesce a trovare la forza di andare avanti”. Sofia Coppola è stata premiata come miglior regista per il film L’inganno con Nicole Kidman, remake del film di Don Siegel del ’71, che nelle mani della regista americana è diventato un “revenge movie” femminista con un cast di sole donne ad eccezione di Colin Farrell dove, oltre alle star Nicole Kidman, Kirsten Dunst e Elle Fanning, sono notevoli anche le giovani attrici che interpretano le fanciulle di un collegio femminile durante la guerra di Successione in Virginia. Il premio della giuria va al film Loveless del regista russo Andrei Zvjagincev, mentre il premio speciale è andato a Nicole Kidman, che non era presente, per cui il premio è stato ritirato da Will Smith, che prima ha tentato un’imitazione dell’attrice in falsetto e poi ha lanciato un video in cui la Kidman da Nashville ha parlato dell’esperienza di Cannes “come un sogno”. “Mi spiace non essere lì con voi ma sono con la mia famiglia”. “Bonsoir, je t’aime e a presto” sono stati il suo saluto alla platea. L’Italia che quest’anno è fuori dalla Palma d’oro, si è riscattata con Fortunata di Sergio Castellitto, che ha vinto il premio per la migliore attrice a Jasmine Trinca a Un Certain Regard, il concorso parallelo della selezione ufficiale del festival di Cannes.

 

METEO

Roma (Italia, Europa) sereno +28. Livorno (Italia, Europa) soleggiato 26. Tagbilaran (Provincia di Bohol, Filippine, Asia) per lo più nuvoloso +28. Volubilis (Marocco, Africa) per lo più soleggiato +27. St. Covington (Georgia, Stati Uniti d’America) pioggia debole +21Lae (Papua Nuova Guinea, Oceania) parzialmente nuvoloso +24.


28 maggio   -218

La notizia del giorno.

Sport: una domenica ricca di eventi.

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F1 Gp Monaco: a Monaco la Ferrari trionfa con una doppietta che mancava dal 2010, a Montecarlo addirittura dal 2001. Vettel taglia per primo il traguardo davanti al compagno di team Raikkonen. Sul podio anche la Red Bull di Ricciardo. La Mercedes di Bottas è quarta, Hamilton chiude settimo. Ora la Rossa guida le classifiche piloti e costruttori. Vettel guida il mondiale con 129 punti e la Ferrari il mondiale team con 196 punti. Ottima tenuta di gara e buona strategia di Sebastian. La Mercedes costretta a limitare i danni con Bottas quarto alle spalle di Ricciardo e Hamilton settimo.

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Roma in Champions: un gol di Perotti al 90′ assegna alla Roma il secondo posto, con annesso accesso diretto alla Champions e risolve una partita parecchio più complicata dei pronostici. La festa per l’ultima partita di Totti con la Roma diventa un thriller col lieto fine proprio negli ultimi secondi. La Roma batte il Genoa con un 3-2 da infarto. Addio tra le lacrime di Totti: “Totti è la Roma” campeggia in Curva Sud a lettere cubitali prima del fischio d’inizio. Il capitano, occhi lucidi, va sotto gli spalti e ringrazia il popolo giallo-rosso. L’emozione si taglia col coltello. L’ultima pagina è scritta. Standing ovation di un Olimpico strapieno e commozione in campo all’ingresso del capitano al nono minuto della ripresa. “Il tempo ha deciso … momento che non volevo arrivasse mai”, dice lui emozionato e con un microfono in mano rivolgendosi a 60mila persone che piangono. Così Totti lascia il club dopo 25 anni, capitano dello scudetto, 307 gol in 785 presenze, 250 in 618 gare in serie A (terzo nella classifica di tutti i tempi), 2 triplette e 45 doppiette; 41 anni a settembre, si toglie idealmente la maglia della Roma e sul serio la fascia da capitano, consegnandola al leader della squadra dei Pulcini perché la vita continua e c’è un futuro.

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100° Giro d’Italia: Tom Dumoulin ha vinto, precedendo nella classifica finale per soli 31” il colombiano Nairo Quintana e per appena 40” Vincenzo Nibali, salito sul gradino più basso del podio. Il 26enne olandese del team Sunweb ha ribaltato la classifica grazie all’ultima tappa a cronometro, di 29 km, da Monza a Milano, risalendo così in extremis dal quarto al primo posto in classifica. In un Giro sulla carta disegnato per gli scalatori vince quindi un grande passista e cronoman, che si lascia alle spalle tutti i grimpeur. Classifica finale: 1. Tom Dumoulin (Ola); 2. Nairo Quintana (Col) 31”; 3. Vincenzo Nibali 40”; 4. Thibaut Pinot (Fra) 1’17”; 5. Ilnur Zakarin (Rus) 1’56”; 6. Domenico Pozzovivo 3’11”; 7. Bauke Mollema (Ola) 3’41”; 8. Bob Jungels (Lus) 7’04”; 9. Adam Yates (Gbr) 8’10”; 10. Davide Formolo 15’17”.

 METEO

Roma (Italia, Europa) sereno +27. Livorno (Italia, Europa) idem. Kabul (Afghanistan, Asia) per lo più soleggiato +28. Somone (Senegal, Africa) parzialmente nuvoloso +32. Kapolei (Hawaii, Stati Uniti d’America) sereno +21. Scottsdale (Tasmania, Australia, Oceania) nuvoloso +6.


27 maggio   -219

La notizia del giorno.

Il vertice del G7 a Taormina.

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Si è concluso a Taormina il vertice del G7: il risultato più importante è stato l’impegno comune contro il terrorismo, come ha dichiarato il premier italiano Gentiloni, rilevando che la dichiarazione è importante perché arriva dopo gli attentati a Manchester e in Egitto e perché segnerà una traccia per il nesso tra radicalizzazione e il lavoro dei grandi server provider di Internet. “Abbiamo discusso molto su commercio internazionale e clima.” ha detto ancora Gentiloni al termine del G7. Sul clima “abbiamo preso atto che mentre 6 su 7 confermano gli impegni sull’accordo di Parigi, gli Usa sono ancora in fase di revisione della loro politica. Mi auguro che questa fase si concluda presto e bene”. Nella dichiarazione finale del G7 si legge che “gli Usa sono nel processo di revisione delle loro politiche sul cambiamento climatico e sull’accordo di Parigi e non sono nelle condizioni di unirsi agli altri partner su questo”. La gestione dei flussi migratori richiede “sforzi coordinati a livello nazionale e internazionale”, si legge ancora nel comunicato finale del G7: “pur sostenendo i diritti umani di tutti i migranti e rifugiati, riaffermiamo i diritti sovrani degli Stati, individualmente e collettivamente, a controllare i propri confini e stabilire politiche nell’interesse nazionale e per la sicurezza”. Donald Trump, parlando a Sigonella dove si è recato dopo il G7 in visita ai soldati americani di stanza nella base militare, ringrazia l’Italia e gli alleati della Nato per il contributo dato alla lotta al terrorismo: “Vinceremo”, ha detto il presidente americano. “A Roma – ha poi continuato – sono stato ispirato dalla grande bellezza, dalla basilica di San Pietro e dal colloquio con il Papa”. Intanto a Giardini Naxos sono avvenuti scontri tra manifestanti ‘No G7’ e polizia. Il corteo non si è fermato dove era prevista la conclusione del percorso ed è avanzato verso lo schieramento delle forze dell’ordine. Gli scontri sono stati provocati da una trentina di persone che indossavano magliette nere e rosse contro la volontà della maggioranza dei partecipanti, che ha anche cercato di fermare i più facinorosi. Il contatto con le forze dell’ordine è durato pochi secondi, dopodiché il gruppo che aveva tentato di sfondare si è ricompattato e ha affrontato per alcuni minuti i poliziotti per poi disperdersi. La maggioranza del corteo ha espresso contrarietà al tentativo di sfondamento: alcuni di loro sono anche stati picchiati dagli stessi che avevano provocato gli scontri. La situazione poi è tornata tranquilla e il corteo si è pian piano sciolto. “Non siamo noi gli invasori – dicono – siamo quelli che vivono e lottano ogni giorno per questa terra. Sono loro che se ne devono andare”. Al corteo, accolto da un lungo applauso, hanno partecipato diverse centinaia di persone.

METEO

Roma (Italia, Europa) soleggiato +27. Livorno (Italia, Europa) soleggiato +26. Zhengzhou (Henan, Cina, Asia) per lo più soleggiato +33Viana (Angola, Africa) parzialmente nuvoloso +29Banff (Alberta, Canada) sereno +2. Katherine (Territorio del Nord, Australia) sereno con nuvolosità sparsa +26.


26 maggio   -220

La notizia del giorno.

Addio a Laura Biagiotti.

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Si è spenta all’alba di oggi, all’ospedale Sant’Andrea di Roma, Laura Biagiotti. La stilista romana, 73 anni, mercoledì pomeriggio aveva avuto un malore con arresto cardiaco ed era stata ricoverata alle 21,30. Le manovre rianimatorie, spiegano i sanitari, avviate già prima che la paziente giungesse in ospedale e poi ripetutamente effettuate al Pronto Soccorso, avevano consentito la ripresa dell’attività cardiaca, ma il quadro clinico e gli accertamenti effettuati attestavano un grave danno cerebrale di tipo anossico ed era perciò stata ricoverata in terapia intensiva in condizioni gravissime. I medici dell’Ospedale avevano già avviato giovedì notte le procedure per l’accertamento della morte cerebrale. La figlia Lavinia, in un tweet sul suo profilo ufficiale, ha comunicato la triste notizia della morte, scegliendo un brano del Vangelo di San Giovanni: “Nella casa del padre mio vi sono molti posti. Se no, ve lo avrei detto. Io vado a preparavi un posto”. Oltre 50 anni di carriera e di successi nel campo della moda quelli della famosa stilista. Contemporaneamente agli studi universitari in archeologia cristiana, intorno agli anni ’60, Laura Biagiotti segue il lavoro della madre Delia, titolare di un atelier di alta moda in via Salaria a Roma, promuovendo attività di export in particolare con gli Stati Uniti e la Germania. Nel 1966 la sua prima collezione per Schuberth. Nel 1972 la prima personale sfilata a Firenze. Dal 1980 viveva e lavorava nella campagna romana di Guidonia, nel castello Marco Simone, dell’XI secolo, riportato all’antico splendore insieme al marito Gianni Cigna, prematuramente scomparso nell’agosto 1996, con cui aveva anche messo su una collezione di opere di Balla. Dall’unione è nata la figlia Lavinia, entrata in azienda nel 1997 e divenuta vicepresidente nel 2005. Definita dal New York Times The Queen of Cachemire, la “regina del cachemire” per l’utilizzo di quella lana preziosa in quasi tutti i suoi abiti, è stata anche la prima stilista italiana a sfilare a Pechino, alla conquista, negli anni Ottanta, di una Cina ancora tutta da scoprire e la prima a varcare con la sua moda, nel 1995, le soglie del Grande Teatro del Cremlino a Mosca, nella vecchia sede del Pcus. Legatissima alla Città Eterna, Laura Biagiotti ha anche dedicato una linea di profumi a Roma, divenendo l’emblema di una storia imprenditoriale tutta italiana, anzi romana.

Avvenimenti e Protagonisti del passato.

Preferisco il Paradiso.

583px-Farelli,_Giacomo_-_Glorification_of_St._Filippo_Neri_-_Google_Art_Project(Glorificazione di San Filippo Neri, 1624-1706 – Giacomo Farelli)

Queste le parole di san Filippo Neri, uno dei santi più bizzarri della storia della Chiesa, quando gli fu chiesto se voleva diventare cardinale. Filippo Romolo Neri, amante dei cavalli dal greco, nato a Firenze il 21 luglio 1515, morì a Roma il 26 maggio 1595, dove si trasferì giovanissimo e per sessant’anni si occupò dei ragazzi di strada, avvicinandoli alla Chiesa e alla liturgia in modo insolito e personalissimo, facendoli divertire, giocando e cantando con loro, tanto da essere chiamato il secondo apostolo di Roma. Questo sacerdote italiano, chiamato, per il suo carattere burlone, anche il santo della gioia o il giullare di Dio, fu una delle figure più popolari e amate del cinquecento. Fiorentino, figlio di Francesco Neri, notaio, e di Lucrezia da Mosciano, Filippo ricevette il battesimo nella chiesa di San Pier Gattolino, il giorno dopo la nascita, il 22 luglio 1515. Nel 1520 perse la madre e il padre si risposò con Alessandra di Michele Lensi, che si affezionò molto ai figli del marito, soprattutto a Filippo, il secondogenito, dotato di un carattere giocoso, il “Pippo buono”, che suscitava affetto in tutti. Dal padre ricevette la prima istruzione, che lasciò in lui il gusto della lettura, come risulta dall’inventario della sua biblioteca privata, costituita da un notevole numero di volumi lasciati alla Congregazione romana. Cominciò pure a frequentare, a Firenze, il convento di San Marco, un tempo sotto la direzione del Savonarola, che ammirava. Intorno ai diciotto anni, su consiglio del padre, Filippo si recò a San Germano, l’attuale Cassino, da uno zio commerciante, che si affezionò a lui e decise di lasciargli, dopo la morte, tutti i suoi averi, che il giovane rifiutò per dedicarsi a una vita più umile. Nel 1534 si recò a Roma come pellegrino, ma vi rimase come precettore dei figli del capo della Dogana, il fiorentino Galeotto Caccia, che gli offrì anche vitto e alloggio. Lo studio lo attirava – frequentava le lezioni di filosofia e di teologia dagli Agostiniani ed alla Sapienza – ma ben maggiore era l’attrazione della contemplazione, alimentata anche da fenomeni straordinari, come quello della Pentecoste del 1544, quando, nelle catacombe di san Sebastiano, durante una notte d’intensa preghiera, ricevette in forma sensibile il dono dello Spirito Santo, che gli dilatò il cuore, infiammandolo di un fuoco che arse nel petto del santo fino al termine dei suoi giorni. Questa intensissima vita contem-plativa si sposava ad un’altrettanto intensa attività di apostolato nei confronti di coloro che incontrava per le vie di Roma e al servizio presso gli Ospedali degli incurabili. Maturò, così, la chiamata alla vita sacerdotale e il 23 maggio 1551, a trentasei anni, nella chiesa di San Tommaso in Parione, fu ordinato sacerdote e divenne famoso nell’esercizio del sacramento della confessione come fonte di dialogo con i penitenti. Mentre si celebrava il Concilio di Trento e prendeva avvio la Controriforma, San Filippo “inventava” un metodo molto originale di aggregazione giovanile, che avrebbe poi dato vita all’Oratorio: radunò intorno a sé un gruppo di ragazzi di strada, avvicinandoli alle celebrazioni liturgiche e facendoli divertire, cantare e giocare, senza distinzioni tra maschi e femmine. Nacque così il primo nucleo della sua istituzione, l’Oratorio, proclamato congregazione da papa Gregorio XIII nel 1575. In tempi nei quali la pedagogia era autoritaria e spesso manesca, Neri si rivolgeva ai suoi allievi, che oggi sarebbero definiti “ragazzi di strada” con pazienza e benevolenza: “State buoni se potete!” è una delle sue espressioni più ricorrenti divenuta memorabile. Un’altra sua celebre frase è un’imprecazione di impazienza poi attenuata dall’augurio della grazia del martirio: “Te possi morì ammazzato … ppe’ la fede!”. Degno di nota è un suo miracolo particolare. Filippo Neri soleva riunire nel proprio Oratorio non solo i poveri ragazzi della strada, ma anche giovani benestanti e persino figli di principi, fra cui vi era il quattordicenne Paolo, figlio del principe Fabrizio, della famiglia dei Massimo. Il 16 marzo 1583 il ragazzo, dopo una lunga malattia, morì. Filippo, che avrebbe voluto assisterlo negli ultimi istanti, arrivò troppo tardi. Non poteva fare altro che raccogliersi in preghiera. Ma dopo qualche minuto, fra lo stupore generale, la sua voce risuonò nel brusio della camera: chiamava il ragazzo quasi volesse destarlo dal sonno. Paolo riaprì gli occhi e cominciò a confidarsi con il santo. A un certo momento Filippo gli domandò se fosse morto volentieri; e lui rispose di sì, perché avrebbe raggiunto in cielo la sorella e la madre. «E allora va’ in pace…» esclamò il sacerdote mentre il ragazzo chiudeva gli occhi « […] e che sii benedetto e prega Dio per me»; poi, come narrano le testimonianze dell’epoca, riportate nel processo di canonizzazione del santo, Paolo “subito tornò di novo a morire”. La camera del miracolo, al secondo piano del Palazzo Massimo alle Colonne, che si affaccia sull’attuale Corso Vittorio Emanuele II, venne successivamente trasformata nella cappella, visitabile ogni anno nella ricorrenza dell’avvenimento. Filippo si spense nelle prime ore del 26 maggio 1595, all’età di ottant’anni, amato dai suoi e da tutti i romani che lo definirono Apostolo di Roma, in quanto romano di adozione. Fu proclamato santo nel 1622. Nonostante le sue reliquie si trovino in molte chiese, le sue spoglie sono venerate dal 1602 nella chiesa di Santa Maria in Vallicella. La sua memoria coincide con il giorno della sua morte: il 26 maggio. Alla sua vita sono ispirati “State buoni se potete”, film del 1983 di Luigi Magni, un omonimo album del cantautore Angelo Branduardi, colonna sonora di detto film e uno sceneggiato televisivo del 2010, “Preferisco il Paradiso”, interpretato da Gigi Proietti.

METEO

Roma (Italia, Europa) sereno +26. Livorno (Italia, Europa) idem. Wuhan (Hubei, Cina, Asia) per lo più soleggiato +31Ganta (Liberia, Africa) nuvoloso +29. Saginaw (Michigan, Stati Uniti d’America) soleggiato +13. Rabaul (Papua Nuova Guinea, Oceania) parzialmente nuvoloso +26.


25 maggio   -221

La notizia del giorno.

Migranti: ennesima tragedia nel canale di Sicilia, recuperati 34 corpi.

abc_moas_le_150623_16x9_992(Chris Catrambone)

Un’imbarcazione si è ribaltata al largo del porto libico di Zuara, a circa 30 miglia dalle coste libiche. Trentaquattro i morti, annegati in mare, tra di essi anche bambini, secondo quanto testimoniato dalle ong impegnate nei soccorsi. Le operazioni sono coordinate dalla centrale operativa di Roma della Guardia Costiera: in zona stanno operando la nave Fiorillo, della stessa Guardia Costiera, un rimorchiatore e una nave di una organizzazione non governativa. “Per uno sbandamento verosimilmente causato dalle condizioni meteomarine e dallo spostamento repentino dei migranti su un fianco dell’imbarcazione – si legge nella nota -, circa 200 migranti sono caduti in mare da un barcone con circa 500 migranti a bordo. L’immediato intervento delle navi ‘Fiorillo’ della Guardia Costiera e ‘Phoenix’ del Moas ha consentito di trarre in salvo la maggior parte dei migranti caduti in acqua. Trentaquattro, invece, i corpi senza vita recuperati in mare dai soccorritori”. La Guardia Costiera fa sapere anche di circa 1800 migranti tratti in salvo nel Mediterraneo Centrale, in 10 distinte operazioni di soccorso coordinate. Il bilancio potrebbe aggravarsi, si temono numerosi dispersi. Chris Catrambone, fondatore dell’ong Moas (Migrant Offshore Aid Station), ha diffuso via Twitter una foto dei migranti caduti in mare, scattata durante le operazioni di salvataggio, accompagnata dal seguente messaggio: “Non è la scena di un film horror, ma una tragedia della vita reale che si svolge oggi.”

METEO

Roma (Italia, Europa) soleggiato +25. Livorno (Italia, Europa) soleggiato 26. Jayapura (Jayapura City, Papua, Indonesia, Asia) parzialmente nuvoloso +27. Kakamega (Kenya, Africa) lievi rovesci di pioggiao +23. Bucaramanga (Dipartimento di Santander, Colombia, Stati Uniti d’America) per lo più nuvoloso +22. Glenelg (Australia) sereno con nuvolosità sparsa +13.


24 maggio   -222

La notizia del giorno.

“L’Italia ci è piaciuta davvero tanto.”

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Così si è espresso Trump durante l’incontro con il premier italiano Paolo Gentiloni a Villa Taverna, residenza dell’ambasciatore americano, al termine dell’intensa mattinata, che ha visto il colloquio privato del presidente americano con papa Francesco e poi l’incontro con il presidente della Repubblica Sergio Mattarella. Papa Francesco, tra vari doni, ha regalato a Trump i suoi tre scritti, sulla famiglia, la gioia del Vangelo e la sua enciclica Laudato si’ sull’ambiente. Nella confezione di libri donata al Papa dal presidente Trump è anche contenuto un pezzo di granito proveniente dal Martin Luther King Memorial di Washington. La Casa Bianca ha spiegato che “il dono onora la speranza di King, la sua visione e l’ispirazione per le generazioni a venire”. “È per me un grandissimo onore essere qui”, ha detto Trump al Papa durante il colloquio privato in Vaticano. “Non dimenticherò quello che mi ha detto” ha aggiunto il presidente Usa al momento di congedarsi. Francesco, mentre regalava a Trump il medaglione con il ramo di ulivo che unisce la pietra divisa, ha spiegato: “Questo glielo regalo perché lei sia strumento di pace”. Alle 11.15 arrivo al Quirinale per una prima presa di contatto con Sergio Mattarella, con cui si è intrattenuto una quarantina di minuti. Mattarella e Trump avranno modo di rivedersi tra due giorni, a Taormina, in occasione del G7. Successivamente Trump è rientrato a Villa Taverna, dove ha incontrato il premier Paolo Gentiloni. Si tratta del secondo faccia a faccia dopo quello dello scorso 20 aprile a Washington. Al centro del colloquio, secondo quanto si apprende da fonti di Governo, il G7 di Taormina, l’impegno comune e la determinazione contro il terrorismo, all’indomani della strage di Manchester. Nel frattempo, le due signore della famiglia Trump hanno seguito due programmi diversi: Melania Trump, dopo aver concluso l’incontro in Vaticano, visita l’ospedale pediatrico Bambino Gesù, a poche centinaia di metri dal Vaticano e s’intrattiene con i piccoli degenti; Ivanka Trump è a Sant’Egidio per incontrare i responsabili della comunità e per un colloquio privato con un gruppo di donne africane strappate al traffico di esseri umani e allo sfruttamento. Trump e Melania lasciano poi Roma, per raggiungere Bruxelles, restano invece a Roma la figlia del presidente Usa, Ivanka, con il marito Jared Kushner.

Avvenimenti e Protagonisti del passato.

Il Piave mormorò: “Non passa te straniero!”

Domenica-del-Corriere-20-maggio-1915Il 24 maggio 1915 l’Italia dichiara guerra all’Austria-Ungheria, partecipando così alla prima guerra mondiale, che era scoppiata il 28 luglio del 1914 con la dichiarazione di guerra dell’Austria alla Serbia, a seguito dell’attentato di Sarajevo, in cui vennero uccisi l’arciduca Francesco Ferdinando e la moglie. Il conflitto, che poi coinvolse le maggiori potenze mondiali, vide due blocchi contrapposti: gli imperi centrali (Germania, Austria, Ungheria, Impero ottomano e Bulgaria) e le potenze alleate (Francia, Gran Bretagna, Impero russo e Italia). All’inizio del conflitto il Regno d’Italia si mantenne neutrale e parallelamente alcuni esponenti del governo iniziarono trattative diplomatiche con entrambe le forze in campo. I problemi dell’Italia di allora vertevano soprattutto sulla questione delle terre irredente e sull’influenza nell’Adriatico e nei Balcani. All’interno del paese si crearono subito due correnti, quella dei neutralisti, in larga parte cattolici, socialisti e liberali di corrente giolittiana, e quella degli interventisti, tra cui i nazionalisti, gruppo antidemocratico e controrivoluzionario, di cui fu pesonalità di spicco Gabriele D’Annunzio. Mentre divampava la polemica fra interventisti e neutralisti, il governo italiano continuò le sue trattative diplomatiche, abbandonando lo schieramento della Triplice alleanza e avvicinandosi sempre più alle potenze dell’Intesa. Il 26 aprile 1915, all’insaputa del Parlamento, stipulò il patto di Londra, con il quale s’impegnava a entrare in guerra entro un mese a fianco dell’Intesa. In cambio, una volta ottenuta la vittoria, avrebbe avuto il Trentino e l’Alto Adige (sud Tirolo), Trieste e l’Istria, la Dalmazia (esclusa la città di Fiume) e la base di Valona (Albania). Il 23 maggio 1915 l’Italia dichiarò guerra all’Austria-Ungheria, avviando le operazioni belliche a partire dal giorno seguente, il 24 maggio, quando sferrò il primo attacco contro l’Imperial regio esercito, marciando dal presidio italiano di Forte Verena dell’Altopiano di Asiago verso le frontiere orientali. All’evento è dedicata appunto la prima strofa della Canzone del Piave, che, scritta nel 1918 dal maestro Ermete Giovanni Gaeta (noto con lo pseudonimo di E.A. Mario), contribuì a ridare fiducia alle truppe italiane, al punto che il generale Armando Diaz inviò un telegramma all’autore nel quale sosteneva che aveva giovato alla riscossa nazionale più di quanto avesse potuto fare lui stesso: «La vostra leggenda del Piave al fronte è più di un generale!» La canzone nelle sue quattro strofe, che terminano tutte con la parola “straniero”, ben tratteggia i momenti salienti del sanguinoso conflitto contro le unità dell’Imperial regio esercito austro-ungarico, con combattimenti concentrati nel settore delle Dolomiti, dell’Altopiano di Asiago e soprattutto nel Carso e lungo le rive del fiume Isonzo: 1. La marcia dei soldati verso il fronte (appare come una marcia a difesa delle frontiere, mentre fu l’Italia ad attaccare l’impero asburgico 2. La ritirata di Caporetto; 3. La difesa del fronte sulle sponde del Piave; 4. L’attacco finale e la conseguente vittoria. Nella prima strofa, il fiume Piave assiste al concentramento silenzioso di truppe italiane, citando la data dell’inizio della Prima guerra mondiale per il Regio Esercito italiano. La strofa termina poi con l’ammo-nizione: “Non passa lo straniero”, riferita, appunto, agli austro-ungarici. Tuttavia, come racconta la seconda strofa, la disfatta di Caporetto dell’ottobre-novembre 1917 fece arretrare il fronte fino alle rive del fiume Piave, provocando sfollati e profughi da ogni parte. La terza strofa racconta il ritorno del nemico con il seguito delle vendette di ogni guerra e con il Piave che pronuncia il suo “no” all’avanzata dei nemici e la ostacola gonfiando il suo corso, reso rosso dal loro sangue. Benché arricchita di spunti patriottici, l’improvvisa e copiosa piena del Piave costituì davvero un ostacolo insormontabile per l’esercito austriaco, ormai privo di approvvigionamenti e del sostegno di truppe di riserva. Nell’ultima strofa s’ immagina che, una volta respinto il nemico oltre Trieste e Trento, con la vittoria tornino idealmente in vita i patrioti Guglielmo Oberdan, Nazario Sauro e Cesare Battisti, tutti uccisi dagli austriaci. Questo il celebre testo adottato provvisoriamente come inno nazionale, dopo l’armistizio dell’8 settembre 1943, poiché si pensò fosse giusto sostituire la Marcia Reale con un inno che ricordasse la vittoria dell’Italia nel primo conflitto mondiale:

II Piave mormorava

calmo a placido al passaggio

dei primi fanti, il ventiquattro maggio:

l’esercito marciava

per raggiunger la frontiera,

per far contro il nemico una barriera …

Muti passaron quella notte i fanti:

tacere bisognava, e andare avanti …

S’udiva, intanto, dalle amate sponde,

sommesso e lieve, il tripudiar dell’ onde.

Era un presagio dolce e lusinghiero.

Il Piave mormorò:

“Non passa te straniero!”

 

Ma in una notte trista si parlò di tradimento,

e il Piave udiva l’ira a lo sgomento.

Ah, quanta gente ha vista

venir giù, lasciare il tetto

per l’onta consumata a Caporetto …

Profughi ovunque dai lontani monti

venivano a gremir tutti i suoi ponti …

S’udiva, allor, dalle violate sponde

sommesso e triste il mormorio dell’ onde:

come un singhiozzo, in quell’autunno nero

il Piave mormorò:

“Ritorna lo straniero!”

 

E ritornò il nemico

per l’orgoglio e per la fame,

volea sfogare tutte le sue brame …

Vedeva il piano aprico,

di lassù, voleva ancora

sfamarsi e tripudiare come allora.

“No! – disse il Piave – No! – dissero i fanti …

Mai più il nemico faccia un passo avanti …”

Si vide il Piave rigonfiar le sponde,

e come i fanti combattevan le onde …

Rosso del sangue del nemico altero,

il Piave comandò:

“Indietro, va’, straniero!”

 

Indietreggiò il nemico

fino a Trieste, fino a Trento …

E la Vittoria sciolse le ali al vento!

Fu sacro il patto antico:

tra le schiere furon visti

risorgere Oberdan, Sauro a Battisti …

Infranse, alfin, l’italico valore

le forche e l’armi dell’ Impiccatore.

Sicure l’Alpi … Libere le sponde …

E tacque il Piave: si placaron le onde

sul patrio suolo, vinti i torvi Imperi,

la Pace non trovò

nè oppressi, nè stranieri!

METEO

Roma (Italia, Europa) soleggiato +26. Livorno (Italia, Europa) idem. Nha Trang (Provincia di Khanh Hoa, Vietnam, Asia) parzialmente nuvoloso +28. Ibadan (Nigeria, Africa) per lo più nuvoloso +31. New Braunfels (Texas, Stati Uniti d’America) nuvoloso +25Bathurst (Nuovo Galles del Sud, Australia) sereno +8.


23 maggio   -223

La notizia del giorno e approfondimento.

La meglio gioventù.

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METEO

Manchester (Regno Unito) nuvoloso +20. Livorno (Italia, Europa) soleggiato +23. Bursa (Turchia, Asia) parzialmente nuvoloso +21. Atbara (Sudan, Africa) per lo più soleggiato +40. Baracoa (Cuba, America del nord) nuvoloso +25. Invercargill (Southland, Nuova Zelanda) parzialmente nuvoloso +9.

Auguri alla nostra splendida ed elegante Mary!


22 maggio   -224

La notizia del giorno.

Morto Nicky Hayden dopo 5 giorni di coma.

Wiki_NickyIl campione di motociclismo Nicky Hayden, rimasto coinvolto mercoledì scorso in un incidente mentre si stava allenando in bicicletta nel Riminese, è morto all’ospedale Bufalini di Cesena, dove era ricoverato in rianimazione per un gravissimo politrauma e una vasta lesione cerebrale. Hayden, campione del mondo di MotoGp nel 2006, è stato travolto da un’auto mentre si allenava in bicicletta a Misano Adriatico, poco distante dal circuito che da anni ospita il gran premio di San Marino e che è intitolato alla memoria di Marco Simoncelli. Le sue condizioni erano apparse fin da subito gravissime: aveva infatti riportato numerose ferite dopo essere stato sbalzato sul cofano della vettura e avere sfondato il parabrezza. Secondo la dinamica, avvalorata da un video delle telecamere di sorveglianza di un’abitazione privata, ora in possesso dei pm, il pilota del Kentucky non si sarebbe fermato allo stop, venendo così travolto. La bici, tagliata in due, è finita spezzata a metri di distanza nell’erba, il parabrezza dell’auto è andato in frantumi. Al suo capezzale c’era la fidanzata Jackie, già in Italia con lui, dagli Stati Uniti sono arrivati il fratello Tommy e la mamma Rose, mentre il padre è rimasto in Kentucky per problemi cardiaci che gli hanno impedito di affrontare il volo. Vicino al pilota, campione del mondo MotoGp nel 2006, anche lo staff della Red Bull Honda World Superbike, team per cui corre e per il quale aveva partecipato, il 14 maggio, al gran premio di Imola.

METEO

Roma (Italia, Europa) soleggiato +24. Livorno (Italia, Europa) soleggiato +21. Xi’an (Shaanxi, Cina, Asia) sereno con nuvolosità periodica +26. Sumbe (Angola, Africa) soleggiato +28Gatineau (Québec, Canada) sereno +8. Broome (Australia Occidentale) soleggiato +29.


21 maggio   -225

La notizia del giorno.

La Juventus vince il 33° scudetto, il sesto consecutivo.

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La Juventus vince il 33° scudetto, il sesto consecutivo, battendo 3-0 il Crotone alla penultima giornata, portando a 4 punti il vantaggio sulla Roma. Dentro lo Stadium è un tripudio di cori e bandiere. Allegri sceglie la squadra titolare, risparmiando soltanto Chiellini e la partita è una specie di allenamento: sblocca Mandzukic, che anticipa Rosi e sfrutta alla perfezione il cross lungo da destra di Cuadrado. Raddoppia Dybala, il migliore, con una punizione imprendibile. Il 3-0, sette minuti prima del novantesimo, firmato da Alex Sandro, suggella la vittoria, senza contare che l’arbitro Mazzoleni non vede un rigore di Ferrari sullo stesso Dybala e che solo nel primo tempo i difensori ospiti in tre circostanze anticipano gli attaccanti di casa: Martella di piede e Ceccherini di testa neutralizzano Higuain, mentre Sampirisi – entrato al posto dell’infortunato Rosi – chiude su Mandzukic. Il Crotone prova a ripartire, ma senza mai impegnare Buffon. Massimiliano Allegri, ai microfoni di Premium Sport, ha detto: “Bisogna fare i complimenti in primis a quei giocatori che hanno vinto i sei scudetti di fila, sono loro che entrano nella storia. E alla società, che assieme alla squadra ha fatto cose straordinarie. Marotta dice che la permanenza in bianconero dipende da me? Dipende da entrambi: io sono molto contento di essere alla Juve. Ora dobbiamo focalizzarci sul giocare, e possibilmente vincere, la finale di Cardiff”. Gigi Buffon, dai microfoni di Premium Sport, poco dopo il fischio finale di Juventus-Crotone, ha dichiarato: “Abbiamo scritto delle belle pagine che entrano nel libro della storia del calcio. Vincere non è mai facile: al di là delle parole che si dicono, stare in alto è sempre sinonimo di sacrificio e abnegazione da parte di tutti. Ha poi aggiunto: “Se si vuole vincere le gare bisogna sempre avere la testa e le gambe giuste”.

 

METEO

Roma (Italia, Europa) soleggiato +24. Livorno (Italia, Europa) idem. Kupang (Kupang City, Nusa Tenggara Orientale, Indonesia, Asia) parzialmente nuvoloso +29. Kitale (Kenya, Africa) parzialmente nuvoloso +24. Zipaquirá (Dipartimento di Cundinamarca, Colombia, Stati Uniti d’America) nuvoloso +12. Gladstone (Queensland, Australia) coperto +12.


20 maggio   -226

La notizia del giorno.

Elezioni in Iran: rieletto Rohani.

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Hassan Rohani, 68 anni, leader moderato e riformista, è stato dichiarato ufficialmente eletto per la seconda volta alle presidenziali in Iran. In base ai risultati finali il presidente ha ottenuto 23,5 milioni di voti, il 57%, aggiudicandosi così la vittoria al primo turno. Con il presidente uscente si erano schierati i riformisti, i moderati, i liberali, i giovani e le donne delle città, i ricchi di Teheran del nord e i professionisti che vogliono che il paese continui ad aprirsi all’Europa e al mondo. Il suo avversario, il conservatore Ebrahim Raisi, ha invece ottenuto il 38,99%, sostenuto dalla ayatollah Alì Khamenei, dal clero conservatore, dalle Guardie della rivoluzione, dalla milizia dei Basijie e da milioni di cittadini, soprattutto poveri e diseredati che si sono lasciati convincere dai messaggi populisti di Raisi. La vittoria del leader moderato giunge al termine di una tornata elettorale che ha registrato oltre il 70% di affluenza alle urne, facendo rinviare per due volte la chiusura dei seggi. Il risultato conferma il consenso popolare all’accordo sul nucleare firmato da Rohani, che ha portato alla fine delle sanzioni. Il presidente eletto, nel suo primo discorso alla nazione trasmesso dalla televisione di Stato, ha dichiarato: “Il messaggio del nostro popolo è stato espresso chiaramente … Il nostro popolo ha dichiarato ai Paesi vicini e all’intera regione che il percorso verso la sicurezza è il rafforzamento della democrazia e non fare affidamento sui poteri stranieri”. Gli iraniani, ha concluso, “hanno detto no a tutti coloro che ci invitavano a tornare indietro al passato o a frenare la situazione attuale”. La Repubblica islamica è una teocrazia, che ha lasciato però uno spazio importante alla democrazia: ogni 4 anni gli elettori scelgono il presidente e i consigli municipali, un elemento di democrazia vera in un sistema che ha forti elementi di potere autoritario. Il compito di Rouhani adesso è quello di riavvicinare le due parti del Paese che sono state divise da una campagna elettorale molto polarizzata, soprattutto dovrà cercare di vincere le resistenze di quelle masse diseredate che ancora credono fortemente nella rivoluzione islamica.

Avvenimenti e Protagonisti del passato.

I jeans: una rivoluzione del costume.

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Il 20 maggio del 1874 rappresenta una data che ha cambiato per sempre il nostro modo di vestire: Levi Strauss e Jacob Davis ottengono il brevetto Usa per i blue jeans. Con blue jeans, o semplicemente jeans, viene indicato un pantalone con taglio a cinque tasche, confezionato in tessuto denim, un tipo di stoffa molto robusta destinata un tempo solamente ai lavoratori. I jeans hanno fatto la storia di intere genera-zioni e rappresentano l’icona dell’abbigliamento casual per eccellenza: indossati prima solo dai ragazzi e dai giovani adulti, ora vengono indossati da tutti. Nel 1853, in seguito alla scoperta dell’oro in California, Levi Strauss per vendere capi d’abbigliamento utili ai cercatori d’oro, fondò a San Francisco la Levi Strauss & Co., che è oggi, con il marchio “Levi’s” e il mitico modello “501”, l’azienda con la quota maggioritaria nella vendita dei jeans. Strauss utilizzò il denim, un tessuto resistente, pesante e di colore blu. Nel 1871 il sarto Jacob Davis aggiunse ai pantaloni in denim i rivetti in rame per rinforzare i punti maggiormente soggetti ad usura, come le tasche, particolarmente riempite dai cercatori d’oro e dai minatori e si mise in società con Levi Strauss, non disponendo dei 68 dollari necessari per la pratica di registrazione. La Levi’s poté così produrre in esclusiva i pantaloni di robusto cotone tenuti insieme, oltre che dai punti del cucito tradizionale, anche da rivetti metallici, appena brevettati, che divennero la divisa degli operai della ferrovia transamericana, dei “miners”, dei cowboy ed ebbero un immediato successo. Nel 1905 ai jeans fu aggiunta la seconda tasca posteriore. I passanti per la cintura furono applicati nel 1922, mentre nel 1926 la «zip» sostituì i tradizionali bottoni. Nel 1935 venne creato il primo jeans da donna. Nel 1937 apparve per la prima volta sulle pagine di Vogue, entrando così nella storia della moda. In Europa il jeans arriva alla fine della Guerra, insieme alle truppe armate americane vincitrici, che li usavano nel tempo libero, e poi con i turisti americani. I primi Levi’s furono commercializzati nel 1959. Negli anni cinquanta i jeans conquistano il mondo dei giovani ed entrano nelle loro case insieme ai primi idoli del cinema e del rock and roll: erano indossati color blu scuro con giacca a vento rossa, t-shirt bianca e sigaretta da James Dean in Gioventù bruciata, quelli neri Levi’s 501 button fly (cioè con i bottoni e non con la cerniera lampo) erano portati da Marlon Brando in sella ad una potente motocicletta con giubbino di pelle nera Schott NYC Perfecto 618 e maglietta bianca in Il selvaggio, film che definì il modello estetico del “bad boy; Elvis Presley e Bob Dylan li indossavano durante i loro concerti. Negli anni sessanta, dalle rivolte studentesche del 1968 in poi, i blue jeans espressero in maniera concreta il rifiuto, da parte del mondo giovanile, delle convenzioni sociali e dell’abbigliamento formale e divennero il simbolo per eccellenza dell’“antimoda” e della contestazione, nell’epoca dei cortei contro la guerra del Vietnam. Alla fine degli anni settanta, col declino della contestazione, le varie griffe si impadroniscono del jeans, quale capo di abbigliamento elegante. In questo periodo il famoso pantalone si diffonde tra i giovani di tutto il mondo e diventa il loro abbigliamento preferito, il più portato in assoluto. Con gli hippies si diffondono i jeans sfrangiati e dipinti, larghi al polpaccio e stretti in alto, “a zampa d’elefante” o al contrario larghi in alto e stretti sul polpaccio “alla cavallerizza”. A partire dagli anni ottanta qualsiasi ditta di abbigliamento produce una propria linea di jeans prêt-à-porter e sono preferiti quelli firmati come vuole la tendenza yuppie, diventando non più solo un capo per i giovani e per il tempo libero, ma un oggetto di lusso. Dall’inizio degli anni novanta sono di moda anche le versioni vintage, che danno una sensazione di jeans vecchio: le industrie hanno cercato dei metodi per ammorbidire e invecchiare il tessuto con lo scopo di rendere i pantaloni appena usciti dalla fabbrica come usati. I jeans, più sono strappati, scuciti, sdruciti, più acquistano valore estetico; più hanno un aspetto vissuto e vecchio, più hanno il fascino del capo d’abbigliamento originale di qualche decennio fa, appartenuto, magari, ai propri genitori. Oggi il jeans, è il primo capo globalizzato, uguale per tutti, è valido per tutte le classi sociali e per tutte le età, è utilizzato con la stessa disinvoltura dalle star del cinema e dello spettacolo, dal dirigente della multinazionale e dall’operaio, dal professore e dallo studente ed è diventato un capo trans-nazionale.

 METEO

Roma (Italia, Europa) soleggiato +26. Livorno (Italia, Europa) idem. Ho Chi Minh (Vietnam, Asia) parzialmente nuvoloso +31. Uyo (Nigeria, Africa) per lo più nuvoloso +28. Corpus Christi (Texas, Stati Uniti d’America) nuvoloso +26Tamworth (Nuovo Galles del Sud, Australia) sereno +15.


 19 maggio   -227

La notizia del giorno.

Vaccini: decreto del Consiglio dei ministri.

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Dopo il braccio di ferro all’interno del governo, è stato varato oggi il decreto legge che reintroduce l’obbligatorietà delle vaccinazioni per l’iscrizione a scuola. I vaccini obbligatori sono estesi a dodici per l’età che va da 0 a 6 anni: polio, difterite, tetano, epatite b, pertosse, emofilo b, meningococco b e c, morbillo, rosolia, parotite e varicella. Vaccinazioni come quella contro il morbillo e la meningite, finora solo raccomandate, diventano obbligatorie “con modalità transitorie che il decreto metterà in luce per consentire a famiglie e sistema di adeguarsi alla decisione senza traumi”, precisa il premier. I bambini da zero a sei anni non vaccinati non potranno frequentare nidi e asili. L’obbligo di vaccinarsi – ha spiegato Gentiloni in conferenza stampa – produrrà “l’impossibilità di iscriversi al sistema scolastico 0-6”. I vaccini saranno altrettanto obbligatori nelle scuole elementari. In questo caso l’iscrizione resta possibile: sono però previste sanzioni ingenti per le famiglie. Si tratta di un compromesso tra la linea promossa dalla Lorenzin, che chiedeva di estendere il divieto di iscrizione fino ai 10 anni, e quella della collega Valeria Fedeli, che propendeva invece per l’obbligatorietà delle vaccinazioni fino ai soli 6 anni e faceva osservare come la norma fosse in contrasto con il diritto all’istruzione. “L’obbligo delle vaccinazioni per l’iscrizione a scuola scatterà dal prossimo settembre per la fascia di età 0-6 anni, ma questa strada dell’obbligo riguarda l’intero arco da 0 a 16 anni anche se con modalità diverse”. In concreto, ha chiarito Lorenzin, “da 0 a 6 anni se non si rispetta l’obbligo di vaccinazione il bambino non potrà entrare a scuola”. Lorenzin ha annunciato, inoltre, che si sta valutando l’obbligo per gli operatori sanitari. Sicuramente sono fondate le preoccupazioni del premier che ha spiegato: “L’obiettivo del decreto è quello di evitare che le difficoltà che oggi ci sono si trasformino in vere emergenze. Oggi non siamo in una emergenza, altrimenti sarebbero state necessarie delle ordinanze”. Quindi sono state prese “misure che, con gradualità, consentiranno una protezione per i bambini più elevata, una maggiore sicurezza”. Andrebbero, però, tenute in considerazione anche le obiezioni di quei genitori che vorrebbero maggiori informazioni e rassicurazioni in particolare sulle modalità e sui tempi più opportuni sulla somministrazione dei vaccini.

Avvenimenti e Protagonisti del passato.

Un affettuoso omaggio a Paolo Panelli.

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Il 19 maggio del 1997 se ne andava Paolo Panelli, uno degli attori più popolari del dopoguerra. Classe 1925 fu il pioniere di un’Italia ormai scomparsa in cui, tra la fine degli anni trenta e la metà degli anni cinquanta, il teatro rivista aveva sostituito la progressiva sparizione dei vecchi generi teatrali come il varietà, il Café-chantant, l’operetta e l’avanspettacolo. Panelli, dopo essersi laureato presso l’Accademia Nazionale d’Arte Drammatica di Roma, allora diretta da Silvio D’Amico muoveva, sul palcoscenico della rivista, i suoi primi passi in linea con questo genere di spettacolo che, al contrario delle forme teatrali precedenti, non aveva la necessità di attenersi continuamente a una trama. Diversamente la rivista era un misto di prosa, musica, danza e scenette umoristiche per lo più ispirate all’attualità spicciola e ai tradizionali cliché sentimentali, uniti da un filo conduttore e dalla presenza di personaggi fissi come la soubrette. Panelli si distingue nelle riviste di Oreste Biancoli e di Garinei e Giovannini. Il suo debutto in teatro risale al ’46 e parallelamente inizia a lavorare per la radio. In televisione l’attore comico diventa uno dei più popolari protagonisti nell’Italia degli anni cinquanta e sessanta, piena di entusiasmo e di speranze, contenta di una ritrovata libertà di ridere di tutto. Panelli, brillante e originale, con sketches di sua ideazione, con i suoi personaggi-macchietta e il suo parlare con la cadenza romanesca, dalla mimica divertente e sorniona e, una professionalità d’altri tempi, rigorosa e puntuale conquista i telespettatori italiani. Nel ’59 è accanto a Delia Scala e Nino Manfredi nella conduzione di un’edizione, passata alla storia, di “Canzonissima” per la quale vinse il Microfono d’Argento. Dello stesso programma condusse anche l’edizione del ’68 insieme a Mina e a Walter Chiari. È stato ospite praticamente fisso in trasmissioni televisive e radiofoniche di successo come “Studio Uno” (con la regia di Antonello Falqui) e il programma radiofonico “Gran varietà”, nei personaggi del “tassinaro”, di “Cecconi Bruno”, ideato per lui da Castellano e Pipolo, e “Menelao Strarompi” facendosi interprete della romanità ma anche dei vizi dell’italiano medio. Insieme all’attrice brillante Bice Valori (sua compagna d’Accademia) forma una coppia amatissima dal pubblico e, con lei, fu protagonista di innumerevoli trasmissioni televisive sin dal ’52, (anno in cui i due attori si sposarono), fino alla morte di lei, nell’80. Questo evento drammatico segnò moltissimo Panelli che si chiuse in privato, per molto tempo, fino a rientrare in attività per dedicarsi quasi esclusivamente al mondo del cinema. Alla sua morte l’attore e amico Gigi Proietti gli dedicò un sonetto:


Era stonato Paolo, me ricordo;

e tutti ce ridevano, per cui

era difficile formà ‘n’accordo

quanno ner coro c’era pure lui.

Ma nun era da coro, era ‘n’solista!

E me sò sempre chiesto come fa,

e ce riesce solo chi è ‘n artista

a trasformà ‘n difetto in qualità.

Oggi lo benedico quer difetto,

che me consente, mentre n’addoloro,

de dedicaje l’urtimo sonetto.

Paolo nun ce sta più. Giuro su Dio

manca quarcuno che non sta ner coro,

e me sento stonato pure io.

Mary Titton

METEO

Roma (Italia, Europa) per lo più soleggiato +18. Livorno (Italia, Europa) sereno con nuvolosità sparsa +17. Sam Nuea (Laos, Asia) per lo più nuvoloso +19. Opuwo (Namibia, Africa) sereno +17Sparks (Nevada, Stati Uniti d’America) soleggiato +27. Uturoa (Polinesia Francese, Oceania) parzialmente nuvoloso +29.

 20 anni senza te! Aura


18 maggio   -228

La notizia del giorno.

Pompei: rubata borchia del VI sec a.C.

7599867(Torre Satriano di Lucania)

Negli Scavi di Pompei è stata rubata una borchia in bronzo risalente al VI secolo A.C., una delle 4 borchie in bronzo applicate su una riproduzione della porta di Torre Satriano, in esposizione nella mostra “Pompei e i greci”, allestita nella Palestra grande degli scavi di Pompei. Si tratta di una borchia del diametro di 7,3 cm, della seconda metà del VI-inizi del V sec a.C., proveniente dal Museo archeologico nazionale della Basilicata “Dinu Adamesteanu” di Potenza, il cui valore assicurativo è di 300 euro. Il Direttore Generale, Massimo Osanna, ha dichiarato: “La borchia era, come le altre tre, avvitata sul pannello espositivo e coperta da lastra trasparente di protezione, pertanto la rimozione del pezzo deve aver richiesto un tempo necessario a evitare i controlli. L’edificio, inoltre, è di giorno presidiato da personale Ales e di notte sottoposto a videosorveglianza, oltre ad essere dotato di sistema di allarme. Oltre al gesto che ferisce il sito di Pompei e il patrimonio culturale italiano, pur trattandosi di un pezzo di valore non inestimabile, mi colpisce anche da un punto di vista personale trattandosi di un’area nella quale avevo condotto direttamente lo scavo.” La borchia fa parte, infatti, come detto sopra, della mostra “Pompei e i Greci”, che, inaugurata lo scorso 12 aprile, espone oltre 600 reperti: ceramiche, ornamenti, armi, elementi architettonici, sculture provenienti da Pompei, Stabiae, Sorrento, Cuma, Capua, Poseidonia, Metaponto, Torre di Satriano, inoltre iscrizioni nelle lingue parlate, greco e etrusco, argenti e sculture greche riprodotte in età romana. La Direzione del Parco archeologico sta avviando tutte le indagini, anche interne, per risalire alle cause del furto. Questa mattina si sono recati sul posto i carabinieri e il reparto investigazioni scientifiche dell’Arma dei Carabinieri per effettuare i rilievi e le indagini pertinenti, oltre a visionare le immagini registrate dalle telecamere di videosorveglianza. La mostra è attualmente chiusa al pubblico per consentire le indagini e le analisi della polizia scientifica.

 

METEO

Roma (Italia, Europa) soleggiato +26. Livorno (Italia, Europa) parzialmente nuvoloso +21. Dalat (Lam Dong, Vietnam, Asia) pioggia +19Asaba (Nigeria, Africa) per lo più nuvoloso +33. McKinney (Texas, Stati Uniti d’America) nuvoloso +24Città di Coffs Harbour (Nuovo Galles del Sud, Australia) pioviggine +17.


17 maggio   -229

La notizia del giorno.

Cyberbullismo: ok della Camera all’unanimità.

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La Camera ha approvato la legge sul contrasto al cyberbullismo all’unanimità: 432 voti favorevoli ed una sola astensione. La presidente della Camera, Laura Boldrini, salutando Paolo Picchio, il padre della prima vittima del cyberbullismo, prima di indire la votazione finale sul provvedimento, ha detto: “Questa legge è un primo passo necessario. La dedichiamo a Carolina Picchio e a tutte le altre vittime del cyberbullismo”, parole sottolineate dall’applauso di tutta l’Assemblea. Il testo è legge e prevede che il minore (anche senza che il genitore lo sappia) può chiedere direttamente al gestore del sito l’oscuramento o la rimozione della “cyber aggressione”. Il testo offre la prima definizione normativa del bullismo: l’aggressione o la molestia, da parte di singoli o più persone, nei confronti di una o più vittime allo scopo di ingenerare in essi timore, ansia o isolamento ed emarginazione. Sono manifestazioni di bullismo una serie di comportamenti di diversa natura: atti vessatori, pressioni o violenze fisiche e psicologiche, istigazione all’autolesionismo e al suicidio, minacce e furti, danneggiamenti, offese e derisioni anche relative alla razza, alla lingua, alla religione, all’orientamento sessuale, all’opinione politica, all’aspetto fisico o alle condizioni personali e sociali della vittima. Il cyberbullismo è definito come fenomeno che si manifesta attraverso un atto o una serie di atti di bullismo che si realizzano attraverso la rete telefonica, la rete Internet, i social network o altre piattaforme telematiche. Lo stalking commesso per via informatica o telematica sarà punito con la reclusione da 1 a 6 anni, anche in casi di scambio di identità e invio di messaggi o divulgazione di testi o di immagini o diffusione di dati sensibili, immagini o informazioni private, carpiti con l’inganno o con minacce. In ogni scuola, poi, tra i professori sarà individuato un referente per le iniziative contro il bullismo e il cyberbullismo. Al preside spetterà informare subito le famiglie dei minori coinvolti in atti di bullismo e, se necessario, convocare tutti gli interessati per adottare misure di assistenza alla vittima e sanzioni e percorsi rieducativi per l’autore dell’atto.

 

METEO

Roma (Italia, Europa) per lo più soleggiato +25. Livorno (Italia, Europa) soleggiato +24. Nampo (Sud Pyongan, Corea del Nord, Asia) soleggiato +21. Costantina (Algeria, Africa) per lo più soleggiato +25. Henderson (Nevada, Stati Uniti d’America) sereno +29. Tavua (Figi, Oceania) sereno +22.


16 maggio   -230

La notizia del giorno.

Convegno internazionale a villa Celimontana per i 150 anni della Società Geografica Italiana.

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Oggi, martedì 16 maggio, presso la sede sociale di Palazzetto Mattei a Villa Celimontana, si è svolto l’evento più importante delle manifestazioni per i 150 anni della Società Geografica Italiana: il Convegno Internazionale, sotto l’Alto Patronato del Presidente della Repubblica, sul tema “La rete delle Società Geografiche per le nuove esplorazioni del mondo”, al quale sono intervenuti il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, e numerosi rappresentanti del mondo istituzionale, universitario, scientifico e la sindaca di Roma Virginia Raggi. Animato dalle delegazioni delle Società Geografiche sorelle, operative in tutto il Mondo, il Convegno è stata l’occasione per riconsiderare il ruolo delle Società Geografiche nell’attuale tornante storico, che è segnato dai processi di globalizzazione e di ristrutturazione complessiva degli spazi terrestri. L’intervento del Presidente Mattarella ha sottolineato come “la riflessione in atto sul rapporto tra risorse ecologiche e presenza dell’uomo rappresenti un contributo di grande valore della scienza geografica, così come, su un altro versante, l’attivazione di strumenti di dialogo quali i protocolli con Ambasciatori dei Paesi accreditati presso la Repubblica. La complessità e il ruolo di una materia come la Geografia avevano sollecitato, non a caso, l’impegno di Immanuel Kant: la riteneva propedeutica alla conoscenza del mondo e fattore decisivo nella identificazione di elementi già carichi di significati filosofici, come hanno osservato numerosi studiosi. La Geografia – conoscenza, riproduzione, raffigurazione della terra – propone, nelle sue ricche specialità, saperi plurimi.” In un altro passaggio del suo intervento Mattarella ha aggiunto: “Ebbene, la Geografia è – come è stato detto – anche strumento fondamentale per “fare la Pace”: vivere insieme in diversità condivise, costruire insieme ordinamenti e identità. Né più né meno di quanto avvenuto con la costruzione delle Nazioni e degli Stati contemporanei. Fu Strabone, storico e geografo – la cui sete di conoscenza geografica lo condusse a risalire il Nilo – ad avere unito, nelle sue opere magistrali, la descrizione delle realtà territoriali e i risultati del rapporto tra spazi e relazioni umane. Proprio seguendo quell’insegnamento, oggi, i valori di libertà e democrazia, di pace, giustizia e cooperazione, possono avvalersi della conoscenza geografica per un nuovo percorso di progresso dell’umanità”. Il Capo dello Stato ha poi visitato, con accanto il presidente Bencardino, la mostra “Geografie di una storia – 150 anni della Società Geografica Italiana” illustrata dalla curatrice Margherita Azzari. Progetto Editoriale, la nostra casa editrice, che è legata da un rapporto ormai ultra ventennale di vicinanza, di collaborazione e di lavoro comune con la SGI, ha partecipato stamane con gioia e soddisfazione all’evento celebrativo di questa mirabile istituzione, patrimonio unico della storia d’Italia fin dalla sua lontana fondazione nel 1867.

 

METEO

Roma (Italia, Europa) soleggiato +27. Livorno (Italia, Europa) idem. Yeosu (Jeolla Meridionale, Corea del Sud, Asia) parzialmente nuvoloso +17. Bunia (Repubblica Democratica del Congo, Africa) sereno +24. Chulumani (Bolivia, Sudamerica) pioggia +23. Distretto di Rotorua (Baia di Plenty, Nuova Zelanda, Oceania) pioggia +13.


15 maggio   -231

La notizia del giorno.

Si chiama Alba l’orango albino trovato nel Borneo.

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L’orango albino, trovato il 29 aprile scorso in pessime condizioni nel villaggio di Tanggirang a Kapuas Hulu, nel Kalimantan centrale, avrà un nome grazie a una campagna globale lanciata dalla BOS Foundation attraverso i social. Il nome, scelto attraverso l’hashtag #albinoorangutan e le mail arrivate alla BOSF, è Alba in latino, “bianco”, che significa anche, simbolicamente, l’inizio di un nuovo giorno per questa specie a rischio. L’orango albino di 5 anni era stato trovato denutrito, depresso e afflitto dai parassiti in un villaggio del Borneo. Alimentata solo con zucchero di canna nei primi giorni di ricovero in quarantena nel centro di reinserimento della BOSF, Alba ha cominciato poi ad accettare altri tipi di cibo come frutta e anche latte riprendendo in pochi giorni 4 Kg e mezzo di peso. Inizia ora per lo staff della BOSF il percorso per decidere la futura collocazione di Alba. “Non possiamo semplicemente prendere Alba e piazzarla in una foresta o in un’area protetta senza prima aver esaminato tutte le possibilità.” Dice Jamartin Sihite, membro della Fondazione, preoccupato delle scarse informazioni relative alla condizione genetica del primate.

 

METEO

Roma (Italia, Europa) per lo più soleggiato +26. Livorno (Italia, Europa) soleggiato +23. Chagang (Corea del Nord, Asia) parzialmente nuvoloso +9. Algeri (Algeria, Africa) parzialmente nuvoloso +22. Primm (Nevada, Stati Uniti d’America) nuvoloso +9. Levuka (Figi, Oceania) parzialmente nuvoloso +28.


14 maggio   -232

La notizia del giorno.

70 anni fa nasceva il Piccolo Teatro di Milano.

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Il Piccolo Teatro di Milano oggi compie 70 anni. Tante le iniziative per celebrare questa ricorrenza all’insegna de “La ricerca della bellezza”, che dà il titolo alla mostra fotografica in via Dante con cinquanta gigantografie di spettacoli storici dal 1947 ad oggi, a una videoinstallazione e a un libro. La mostra si snoda lungo via Dante, da Cairoli a Cordusio, entrando poi nel Chiostro Nina Vinchi, dove sono esposte grandi immagini del pubblico del Piccolo, per concludersi in RovelloDue – Piccolo|Spazio|Politecnico, dove viene tracciato, in collaborazione con il Politecnico di Milano, un percorso trasversale all’interno della storia del teatro. Il volume fotografico “La ricerca della bellezza” raccoglie spettacoli e interpreti visti da Giulio Giorello in collaborazione con gli Archivi del Piccolo. Tutte le mostre saranno aperte al pubblico fino al 30 giugno. All’imbrunire, sempre fino al 30 giugno, le facciate del Grassi e dello Strehler (Nuovo Piccolo) si illumineranno con 500 immagini di 70 anni di storia del Piccolo. Ferruccio Soleri, a 87 anni, torna in scena con il celebre “Arlecchino servitore di due padroni”. Primo teatro stabile italiano, il Piccolo Teatro di Milano (Teatro d’Europa per decreto ministeriale del 1991) fu fondato il 14 maggio 1947 da Giorgio Strehler, Paolo Grassi e sua moglie Nina Vinchi Grassi, l’inaugurazione avvenne lo stesso giorno con “L’albergo dei poveri” di Maksim Gor’kij. Il teatro consta attualmente di tre sale: la Sala Grassi (sede storica di via Rovello), il Teatro Studio Melato (spazio sperimentale che ospita anche la scuola di teatro), il Teatro Strehler (sede principale, inaugurata nel 1998). Dopo la morte di Giorgio Strehler, la direzione è stata affidata a Sergio Escobar. Direttore artistico era fino alla sua scomparsa il regista Luca Ronconi. Il Piccolo si proponeva, fin dall’inizio, di essere un teatro d’arte per tutti con un repertorio “misto”: internazionale, ma allo stesso tempo legato alle proprie tradizioni. Il Nuovo Piccolo Teatro fortemente voluto da Strehler, progettato da Marco Zanuso e Pietro Crescini, fu inaugurato nel 1998 con la messa in scena del “Così fan tutte” di Mozart, curata dal regista triestino morto l’anno precedente. La sede di via Rovello ha subito un restauro di tipo conservativo, che ha reso più confortevole e funzionale la sala (488 posti) e il palcoscenico. Nel progetto iniziale non era compreso il restauro del chiostro ma, dopo la scoperta di affreschi del Quattrocento riconducibili a Bramante e forse anche a Leonardo, è stato deciso di recuperare anche questo spazio. I lavori di restauro sono terminati nel dicembre del 2009.

 

METEO

Roma (Italia, Europa) per lo più soleggiato +22. Livorno (Italia, Europa) idem. Gaziantep, (Turchia, Asia) per lo più soleggiato +28. Giuba (Sudan del Sud, Africa) per lo più nuvoloso +31. Santa Clara (Cuba, America del nord) per lo più nuvoloso +24. Hastings (Hawke’s Bay, Nuova Zelanda) parzialmente nuvoloso +6.

Mandi Graziano! R e M.


13 maggio   -233

La notizia del giorno.

Attacco hacker: 99 Paesi colpiti.

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Pirati informatici all’attacco in tutto il mondo: dalle prime ore del pomeriggio, sullo schermo di un gran numero di computer in Gran Bretagna, Spagna, Portogallo, Cina, Stati Uniti, Russia, Vietnam, Taiwan, e anche Italia è apparso un messaggio con cui si comunica che il pc è stato preso “in ostaggio”, con un virus. La polizia europea lo ha definito un “attacco senza precedenti” e il G7 è sceso subito in campo per lanciare un messaggio ai Governi affinché condividano informazioni per combattere le minacce crescenti dei cyberterroristi. A 24 ore dal lancio di Wannacry, il malware che ha infettato migliaia di computer di quasi cento Paesi in tutto il mondo, si contano i danni che vanno dalle ferrovie tedesche alla Renault che ha fermato gli stabilimenti in Francia, dal sistema sanitario britannico, dove è andato in tilt un ospedale su cinque, all’Università di Milano Bicocca. Il Centro europeo di cybercriminalità parla di “indagine internazionale complessa per identificare i responsabili”. Il Telegraph punta il dito contro Shadow Brokers: gruppo legato a Mosca, rubò il virus agli 007 americani, forse come rappresaglia per il bombardamento ordinato da Trump contro la base siriana. Sale a 99 il numero dei paesi colpiti dall’attacco pirata informatico e tra essi ci sono anche la Russia e la Cina: è quanto riferisce la BBC online, sottolineando come tra i siti più colpiti ci sia quello del sistema nazionale britannico della Sanità. La società di sicurezza informatica Avast parla di circa 75 mila casi di siti infestati in tutto il mondo da ‘WannaCry’, come è stata chiamata l’azione di pirateria informatica senza precedenti.

METEO

Roma (Italia, Europa) sereno +24 Livorno (Italia, Europa) idem. Pyongyang (Corea del Nord, Asia) sereno con nuvolosità sparsa +15. Mombasa (Kenya, Africa) parzialmente nuvoloso +27. Branson (Missouri, Stati Uniti d’America) nuvoloso +16. Colonia (Yap, Stati Federati di Micronesia, Oceania) per lo più nuvoloso +28.


12 maggio   -234

La notizia del giorno.

Roma: esplode un ordigno azionato da un timer in via Marmorata all’Aventino.

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Intorno alle 10:00 di questa mattina è esploso un ordigno rudimentale, attivato con un timer, posto in una scatola di plastica con dentro due bottiglie con liquido infiammabile, tipo benzina. Il pacco è stato messo tra un’auto e un furgoncino delle poste, nel parcheggio dell’ufficio postale. Ci sono state due esplosioni da quell’unico ordigno. La zona, subito dopo la deflagrazione, è stata messa in sicurezza dalle Volanti della Polizia di Stato, in attesa degli artificieri che, giunti poco dopo, hanno effettuato la bonifica. L’esplosione non ha causato feriti, solo danni alle auto. Delle indagini si stanno occupando gli investigatori della Digos. Secondo Massimo Improta, funzionario della polizia di Stato, non ci sono al momento rivendicazioni per l’esplosione. Un episodio analogo è avvenuto una settimana fa sempre nei pressi di un ufficio postale ma – ha spiegato Improta – non ci sono al momento collegamenti tra i due fatti. Secondo gli inquirenti si è trattato di un atto dimostrativo La procura indaga per atto di terrorismo. La pista anarchica è presa in considerazione per il tipo di ordigno usato e l’obiettivo scelto, le Poste, già in passato oggetto di azioni analoghe. Proprio per questo motivo alle Poste di via Marmorata, una delle sedi più grandi, simboliche e storiche, è sempre in servizio un nucleo artificieri della polizia di Stato. Giulia, barista in un chiosco a poche decine di metri dal parcheggio delle Poste di via Marmorata, racconta: “Due botti e poi le fiamme alte. Abbiamo sentito una prima esplosione, poi dopo 2-3 secondi un’altra più forte. Abbiamo visto subito le fiamme alte e il fumo nero, c’è stata paura e abbiamo subito capito che non era stato un incidente”.

Avvenimenti e Protagonisti del passato.

L’assassinio di Giorgiana Masi.

Persone depongono fiori sul luogo dove e' stata uccisa Giorgiana Masi, Roma 13 maggio 1977. La ragazza venne uccisa da un colpo d'arma da fuoco durante una manifestazione di piazza. ANSA(Deposizione di fiori sul luogo dell’omicidio)

Quaranta anni fa, il 12 maggio del 1977, Giorgiana Masi, una studentessa diciannovenne del liceo Pasteur, rimase uccisa, a Roma, durante una manifestazione di piazza. Nel tardo pomeriggio di quel giovedì si trovava, in compagnia del fidanzato ventunenne Gianfranco Papini, nel centro storico della capitale, dove erano scoppiati violenti scontri tra dimostranti e forze dell’ordine, in seguito ad una manifestazione pacifica del Partito Radicale, a cui si erano però uniti membri della sinistra extraparlamentare e in particolare dell’Autonomia Operaia, questi ultimi armati, per protestare contro la diminuzione degli spazi di espressione politica e il clima repressivo nei loro confronti. Era la metà degli anni Settanta: le università erano state occupate, la protesta degli studenti era diventata una contestazione politica contro il governo Andreotti, le radio libere, come Radio Alice da Bologna, cominciarono a raccontare le lotte dei “ragazzi del ’77″; in molte città, a partire dalla Sicilia, ci furono manifestazioni e violenti scontri con la polizia. Il 21 aprile a Roma ci fu una sparatoria tra manifestanti di Autonomia Operaia e i poliziotti che finì con l’uccisione dell’allievo sottufficiale Settimio Passamonti. Il giorno dopo l’allora ministro dell’Interno Francesco Cossiga comunicò in Parlamento di aver deciso, con il sostegno anche del Partito Comunista Italiano, di vietare tutte le manifestazioni pubbliche a Roma fino al 31 maggio. Il Partito Radicale decise di non rispettare quelle disposizioni e di organizzare una manifestazione in piazza Navona per il 12 maggio, per raccogliere le firme su 8 referendum e per festeggiare il terzo anniversario della vittoria sul divorzio nel precedente referendum. La manifestazione costituiva anche una reazione alla decisione del Ministro dell’Interno Francesco Cossiga di vietare nel Lazio, quale misura preventiva contro il terrorismo, tutte le manifestazioni politiche, eccettuate quelle indette dai partiti dell’arco costituzionale. Nonostante Cossiga gli avesse chiesto di non effettuare il sit in, motivando la sua richiesta con l’alto rischio di scontri con la polizia, Pannella rimase fermo nella sua decisione. Nel libro “Cronaca di una strage” dei Radicali, sull’omicidio di Giorgiana Masi, Adelaide Aglietta, storica dirigente del PR, spiegò che Marco Pannella aveva pubblicato tramite l’agenzia di stampa ANSA e poi letto al telefono a Cossiga il testo di un comunicato con cui le organizzazioni promotrici della manifestazione (oltre ai Radicali, anche il Comitato per i referendum e Lotta continua) avevano rinunciato a ogni caratterizzazione politica della manifestazione, senza comizi e senza interventi politici. Alla manifestazione erano presenti circa 5.000 agenti delle forze dell’ordine in assetto antisommossa, coadiuvati da agenti in borghese, armati infiltrati tra i dimostranti, il cui coordinamento operativo era stato messo a punto nel corso di una riunione al Viminale il precedente 3 maggio. Nella giornata scoppiarono diversi incidenti, con il lancio di bombe incendiarie e colpi d’arma da fuoco. Intorno alle 19:00, alcuni parlamentari mediarono con le forze dell’ordine, per consentire ai manifestanti di lasciare la zona dirigendosi verso Trastevere. Il consenso fu in realtà apparente: da quel momento gli incidenti si fecero più gravi. Durante l’evacuazione, fumogeni e colpi di pistola vennero esplosi da Ponte Garibaldi. La situazione si fece confusa, i manifestanti iniziarono a fuggire. Il primo a essere ferito fu l’allievo sottufficiale dei Carabinieri Francesco Ruggeri. Alle ore 19,55 la Masi e il fidanzato erano in piazza Giuseppe Gioacchino Belli, quando un proiettile calibro 22 colpì Giorgiana all’addome. Subito soccorsa, fu trasportata in ospedale, dove fu constatato il decesso. Alcuni presenti videro la studentessa cadere a terra “come fosse inciampata” e venire caricata su un’auto per essere trasportata all’ospedale. Il bilancio finale della giornata vide la morte della Masi e il ferimento di altre otto persone, fra cui una donna – Elena Ascione – ferita a una coscia – e l’allievo sottufficiale dei carabinieri Francesco Ruggeri o Ruggero, a seconda delle fonti, ferito a un polso. Non si è mai saputo chi sparò il proiettile che le fu fatale. L’inchiesta sull’uccisione di Giorgiana Masi e sul ferimento di Elena Ascione e del carabiniere Francesco Ruggeri (o Ruggero) fu chiusa il 9 maggio 1981 dal giudice istruttore Claudio D’Angelo, su conforme richiesta del Pubblico Ministero, con la dichiarazione di impossibilità di procedere poiché rimasti ignoti i responsabili del reato. In un estratto della sentenza, il giudice scrisse: «[…] È netta sensazione dello scrivente che mistificatori, provocatori e sciacalli (estranei sia alle forze dell’ordine sia alle consolidate tradizioni del Partito Radicale, che della non-violenza ha sempre fatto il proprio nobile emblema), dopo aver provocato i tutori dell’ordine ferendo il sottufficiale Francesco Ruggero, attesero il momento in cui gli stessi decisero di sbaraccare le costituite barricate e disperdere i dimostranti, per affondare i vili e insensati colpi mortali, sparando indiscriminatamente contro i dimostranti e i tutori dell’ordine.» Le ipotesi accreditate, seppur mai verificate, rimasero due: “il fuoco amico”, come sostenne l’allora Ministro dell’Interno Francesco Cossiga, addossandone la responsabilità a frange di Autonomi, o le forze dell’ordine in borghese, che fecero fuoco con una pistola non d’ordinanza, mai individuata, secondo l’avvocato di parte civile, la sinistra e i radicali. Dopo quarant’anni di mezze verità, processi finiti in un nulla di fatto, tesi ferocemente contrapposte, un libro del giornalista di Repubblica Concetto Vecchio “Giorgiana Masi. Indagine su un mistero italiano” prova a scavare sulla morte di una ragazzina colpita alle spalle su Ponte Garibaldi e ancora senza responsabili. Una giovane vita spezzata “come un fiore reciso dall’aratro”.

METEO

Roma (Italia, Europa) parzialmente nuvoloso +22. Livorno (Italia, Europa) parzialmente nuvoloso +23. Udaipur (Rajasthan, India, Asia) sereno con nuvolosità sparsa +35. Mongomo (Guinea Equatoriale, Africa) parzialmente nuvoloso +29. Jacksonville (Florida, Stati Uniti d’America) per lo più soleggiato +29. Ngerulmud (Melekeok, Palau, Oceania) nuvoloso +27.


11 maggio   -235

La notizia del giorno.

A Roma il Festival delle scienze.

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Si apre oggi, 11 maggio, a Roma, il National Geographic Festival delle Scienze: quattro giorni di appuntamenti dedicati al tema del cambiamento. “A prima vista – spiegano gli organizzatori – tutta la scienza è cambiamento: nella continua ricerca di risposte ai problemi del presente e nell’instancabile produzione di scoperte, invenzioni e innovazioni che mutano le nostre abitudini di vita. Ma la scienza ha anche un ruolo fondamentale nell’aiutare l’uomo a fronteggiare il cambiamento, a cominciare dalle trasformazioni che stanno caratterizzando – con toni drammatici – la nostra epoca: la crisi economica, la rivoluzione digitale che mette sotto pressione il mondo dell’occupazione, il riscaldamento climatico e le tante criticità ambientali.”. Futuro del clima, globalizzazione, nuove tecnologie e sfide economiche sono, infatti, i temi protagonisti del Festival, che quest’anno è organizzato con il supporto di due enti pubblici di ricerca come l’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare (Infn) e l’Agenzia Spaziale Italiana (Asi), la collaborazione di Istituto Nazionale di Astrofisica (Inaf), l’università La Sapienza di Roma e il sostegno di Enel e Nissan. Oltre 250 gli eventi in programma tra laboratori, conferenze, spettacoli, mostre e presentazioni di libri. Il 13 maggio Patty Smith sarà la protagonista dell’evento dedicato a musica e scienza, mentre Geoffrey West, dell’università di Santa Fe, inaugurerà il Festival parlando dell’evoluzione di città e aziende. Di fronte alla vastità e al fascino di un simile tema, il Festival adotterà una versione potenziata della sua formula abituale: l’Auditorium Parco della Musica ospiterà un mix di incontri, dialoghi, conferenze, laboratori e spettacoli. Protagonista sarà la grande ricerca scientifica italiana e internazionale in un confronto con filosofi, psicologi, linguisti, giornalisti, artisti. Tra i tanti appuntamenti interessanti, l’anteprima di Genius, la Serie TV su Albert Einstein co-prodotta e diretta dal premio Oscar Ron Howard, che aprirà il Festival la sera del 10 maggio; le lectio magistralis di Chloé Cipolletta, primatologa italiana, che dirige i progetti di ricerca di National Geographic in Africa e di Federico Fanti, paleontologo esperto di dinosauri che terrà anche un laboratorio per le scuole; la mostra fotografica intitolata Il pianeta fragile a cura di National Geographic Magazine. Chiuderà il festival un incontro con Patti Smith intervistata da Marco Cattaneo, direttore di National Geographic Magazine sul tema di come arte e scienza possano collaborare per salvare il pianeta terra.

Avvenimenti e Protagonisti del passato.

Marco Ferreri: sferzare i costumi con l’immagine.

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“… Anche se c’è chi pensa che il sonoro sia stato la conquista forse più importante del cinema, io sono convinto invece che l’immagine esprime e libera a sua volta, nello spettatore, delle sensazioni. Ecco quel che mi interessa. Certo l’immagine, attualmente, è catturata asservita al potere … Ciò non toglie che l’immagine possa essere usata diversamente. Sto pensando molto a queste cose. Prima non ci pensavo troppo, sono un veterinario che ha cominciato a fare del cinema, così, non ho nessuna formazione umanistica, facevo le cose come mi venivano d’istinto. Ma adesso … mi interessa soprattutto questo discorso sull’immagine: anche gli psicoanalisti studiano le immagini ma a loro interessa interpretarle. L’interpretazione io la lascio allo spettatore. Mi interessano le sensazioni che l’immagine provoca, liberare delle sensazioni … I critici, in generale, hanno sempre parlato bene dei miei film, ma si parla del soggetto, degli attori, si racconta il soggetto. L’analisi dell’immagine, di questi processi dell’immagine, non viene mai fatta”. Così si esprimeva Marco Ferreri in un’intervista del 1976 a “Cinema e Cinema” e proseguiva “Non bisogna confondere l’attualità dei fatti con il significato politico di un film, ho molti dubbi sul carattere rivoluzionario” di un cinema politico che mostra i fatti secondo gli schemi usuali del racconto, con certi attori, ecc. Si risolve, ancora una volta, in una imposizione”. Il regista Marco Ferreri anche sceneggiatore, produttore cinematografico e scenografo ci rimanda, di primo acchito, a “La grande abbuffata”, del 1973, forse il suo film più famoso insieme a “Dilliger è morto”, del 1969. Ma ci sono anche “Una storia moderna: l’ape regina” (1963), interpretato da Marina Vlady, “La cagna” (1972), con Marcello Mastroianni e Catherine Deneuve, “Storie di ordinaria follia” (1981), tratto dal romanzo di Charles Bukowski con Ben Gazzarra e Ornella Muti e molti altri ancora. Oggi, in occasione dell’anniversario della sua nascita lo ricordiamo come uno degli autori fondamentali e significativi di quel periodo storico del cinema italiano ricco di approfondimenti, indagini speculative, analisi politiche, definito “colto”, cerebrale, realizzato in maniera “intellettuale”, così come amava contraddistinguersi la generazione di allora. Ferreri ha lavorato con gli esponenti più rappresentativi di quel periodo a partire da Carlo Lizzani, Dino Risi, Michelangelo Antonioni, Federico Fellini, Francesco Maselli, Cesare Zavattini, Alberto Lattuada, in Spagna con Rafael Azcona; con gli attori protagonisti dei suoi film, come Marcello Mastroianni, Michel Piccoli, Ugo Tognazzi, Philippe Noiret oltre a quelli già citati e numerosi altri ancora. Tornando all’immagine Ferreri, nei suoi film e, in particolare, ne “La grande abbuffata” usa  la fisicità e il suo disfacimento come soggetto per una feroce critica alla società dei consumi e del benessere, condannata, secondo l’autore, all’autodistruzione inevitabile. I bisogni e gli istinti primordiali, filtrati e normalizzati nel loro raggiungimento, divengono “noiosi” e hanno bisogno di continue unicità per essere graditi. La ricerca della difficoltà fine a se stessa comporta l’abbandono dell’utilità e sfocia inevitabilmente nella depressione e nel senso di inutilità. L’unica salvezza è rappresentata dal genere femminile, legato alla vita per missione biologica. A proposito del film Ferreri ribadiva “Basta con i sentimenti, voglio fare un film fisiologico!”. Ai sentimenti ormai deperiti e scomparsi nel mondo occidentale in favore della materialità del pensiero, del possesso e del denaro egli sostituisce la fisiologia pura e semplice, il cibo e il sesso egualmente ingeriti in quantità da infarto. I candidati volontari al suicidio per eccesso di abbondanza, (non si vive forse nella società dei consumi?) e perché non si dovrebbe schiattare per troppo consumare? sono quattro signori tra i quaranta e i cinquanta, due francesi e due italiani, indicati coi nomi degli attori che li impersonano, i quali si danno convegno nella villa d’uno di essi con le provviste del caso; quarti di bue, forme di formaggio e tutto il resto, per una crapula dei sensi fisici portati al parossismo. A seconda delle opinioni il film venne definito di volta in volta: “Il film più ideologico di Ferreri” (Adelio Ferrero), “un monumento all’edonismo” (Luis Buñuel), “specchio delle verità come eccesso” (Maurizio Grande). Pier Paolo Pasolini dedicò all’opera un’ampia recensione apparsa sulla rivista Cinema Nuovo, nella quale definì il film: “corpi colti in una sintesi di gesti abitudinari e quotidiani che nel momento in cui li caratterizzano li tolgono per sempre alla nostra comprensione, fissandoli nella ontologicità allucinatoria dell’esistenza corporea”. Non è un caso che il film a posteriori sia stato accostato proprio a “Salò o le 120 giornate di Sodoma” dello stesso Pasolini; anche se in forma meno cruenta, nella pellicola di Ferreri si riscontrano influenze dell’opera di de Sade. Come in Pasolini e nel romanzo sadiano prima di lui, i quattro convitati nella villa parigina incarnano delle figure tipiche metaforiche, in questo caso raffiguranti un potere e tre prodotti dell’ideologia borghese: la giustizia (Philippe), l’arte e lo spettacolo (Michel), la cucina, il cibo (Ugo), l’amore galante e l’avventura (Marcello). Ed è proprio questo sistema ideologico che viene pesantemente preso di mira dal regista, grottescamente schernito, nel tentativo di eliminarlo, assieme alle scorie vitali, con un vivere ridotto alle funzioni elementari: mangiare, digerire, dormire, bere, copulare, orinare, defecare. Il film riscosse un succeso di pubblico immediato ed enorme. Per la sgradevolezza e la forza eversiva delle tematiche trattate, “Cahiers du cinéma”, l’influente rivista francese di cinema, inserì il film in una sorta di ideale “trilogia della degradazione” insieme a “Ultimo tango a Parigi” (1972) e a “La maman et la putain” (1973).

Mary Titton

METEO

Roma (Italia, Europa) parzialmente nuvoloso +24. Livorno (Italia, Europa) parzialmente nuvoloso +21. Krong Poi Pet (Cambogia, Asia) per lo più nuvoloso +26. Abydos (Qesm Al Wahat Al Khargah, Egitto, Africa) per lo più soleggiato +33. New Braunfels (Texas, Stati Uniti d’America) soleggiato +25Ba (Figi, Oceania) parzialmente nuvoloso +24.


10 maggio   -236

La notizia del giorno.

A Roma camper in fiamme: morte tre sorelle.

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Intorno alle 3:00 della scorsa notte in viale della Primavera, in zona Centocelle, si è sviluppato un incendio in cui hanno perso la vita tre sorelle rom che vivevano in un camper. Le vittime sono una ragazza di 20 anni e due bambine di 8 e 4 anni. Genitori e fratelli delle vittime sono riusciti a scappare dal rogo. Il camper si trovava nel parcheggio di un centro commerciale e all’interno viveva una famiglia di nomadi composta dai genitori e 11 figli. Le fiamme hanno avvolto completamente il veicolo. La Procura di Roma ha aperto un fascicolo in cui si procede per i reati di omicidio volontario e di incendio doloso. L’ipotesi del dolo sarebbe avvalorata da tracce di liquido infiammabile riscontrate all’esterno del camper. Gli investigatori hanno al vaglio un video delle telecamere di sorveglianza presenti nel parcheggio del centro commerciale adiacente il luogo della tragedia e non escludono alcuna pista, dalla vendetta maturata in ambienti rom a un gesto razziale. Inoltre le vittime avrebbero subito minacce, anche recenti, e di questo avrebbero parlato con gli inquirenti. Chi indaga cerca ora, per arrivare al movente dell’omicidio, di capire di che tipo di minacce si sia trattato: se in ambito familiare o a sfondo xenofobo. La sindaca di Roma, Virginia Raggi, si è recata sul luogo del rogo. “Esprimiamo cordoglio – ha detto – perché quando ci sono delle vittime si rimane in silenzio.”

 

METEO

Roma (Italia, Europa) parzialmente nuvoloso +20. Livorno (Italia, Europa) per lo più soleggiato +20. Ban Houayxay (Laos, Asia) sereno +24. Walvisbaai (Namibia, Africa) sereno +19. Elko (Nevada, Stati Uniti d’America) soleggiato +17. Ua Pou (Polinesia Francese, Oceania) parzialmente nuvoloso +23.


9 maggio   -237

La notizia del giorno.

Omicidio di Marta Russo: venti anni dopo la sorella Tiziana ha scritto un libro.

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La mattina del 9 maggio del 1997, alle 11,42, Marta Russo, 22 anni, studentessa di Giurisprudenza ed ex campionessa juniores di scherma, viene colpita da un proiettile alla nuca mentre cammina con un’amica in un vialetto all’interno dell’Università La Sapienza, a Roma. Il colpo entra da sotto l’orecchio sinistro e le condizioni della ragazza appaiono subito molto gravi. I testimoni raccontano che nessuno si è avvi-cinato a Marta prima dello sparo: il colpo è partito da lontano. Molti studenti – come riporta uno dei primi lanci dell’agenzia Ansa di quel giorno – «dicono di aver sentito una sorta di “tonfo sordo” che farebbe pensare che sia stato utilizzato un silenziatore». L’amica di Marta Russo, Iolanda Ricci, dirà di aver pensato inizialmente a un malore. Buio fitto sul movente. Per il delitto sono stati poi condannati il ricercatore Salvatore Ferraro (favoreggiamento) e l’assistente Giovanni Scattone (omicidio colposo): sarebbe stato lui a impugnare la pistola da cui partì il colpo fatale. Un proiettile calibro 22, una giovane vita spezzata senza un perché, due colpevoli che non hanno mai smesso di professarsi innocenti, la difficoltà a individuare un movente, sospeso tra lo sparo accidentale, lo scambio di persona e la teorizzazione del “delitto perfetto” sono solo alcuni degli elementi che, venti anni dopo, ancora oggi, fanno del “delitto della Sapienza” uno dei casi più controversi della storia della cronaca nera nazionale. Venti anni dopo la sorella della studentessa, Tiziana, ha scritto un libro, in cui “parla direttamente a sua sorella raccontandole la sua uccisione, ricercando la sua vicinanza attraverso i loro ricordi di infanzia e adolescenza, chiudendo con tutto ciò che è stato realizzato in questi venti anni dall’Associazione che porta il suo nome”. “Con questo primo scritto e il successivo Tiziana Russo – viene precisato dall’Associazione stessa – rompe il proprio silenzio per opporsi a chi, in tutti questi anni, ha portato avanti la tesi degli innocentisti che in modo spregiudicato continuano a difendere due pregiudicati condannati in ben cinque gradi di giudizio”. Con questi due scritti Tiziana Russo “vuole mostrare un punto di vista su sua sorella Marta che nessuno, tranne lei, può offrire, restituendole così tutta l’umanità che nel corso degli anni le è stata tolta dal suo ruolo di icona e falso mistero criminale”.

METEO

Roma (Italia, Europa) sereno +20. Livorno (Italia, Europa) idem. Harbin (Heilongjiang, Cina, Asia) nuvoloso +10. Uyo (Niger, Africa) pioggia +25. Palo Alto (California, Stati Uniti d’America) nuvoloso +16. Waitangi (Northland, Nuova Zelanda, Oceania) nuvoloso +19.


8 maggio   -238

La notizia del giorno.

Mattarella a Buenos Aires incontra le madri di Plaza de Mayo.

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La visita del presidente della Repubblica italiana in Argentina è cominciata con un omaggio alle famiglie delle migliaia e migliaia di vittime della brutalità del regime militare che ha retto con il pugno di ferro l’Argentina dal 1976 al 1983. Sotto una pioggia battente il capo dello Stato ha visitato il memoriale che testimonia le atrocità compiute dai militari dal 1976 al 1983, che rimangono una ferita aperta. Accompagnato dalle responsabili del “Parco de la memoria” che si affaccia sul Rio de la Plata, Mattarella ha percorso lentamente e sotto una pioggia battente il muro dove sono scritti i nomi di 9 mila desaparecidos. Il presidente ha ascoltato le spiegazioni sul luogo e alcuni dei casi degli scomparsi. Alla fine del percorso ha incontrato le Madri dell’associazione, tra cui Vera Jarach, madre di una ragazza “desaparecida”, e Angela ‘Lita’ Boitano, mamma di due figli scomparsi. Sia Vera sia Lita hanno ricordato i “desaparecidos”, puntando non alla storia o alle proprie tragedie, ma ad una vicenda di questi giorni che ha riportato al centro dell’attenzione del paese il dramma degli scomparsi. In una sentenza definita “del 2×1”, la Corte Suprema ha stabilito che i militari accusati di delitti contro i diritti umani, che si trovano in carcere, possono contare i giorni di prigionia in modo doppio ai fini della loro condanna definitiva. Per Vera, ‘Lita’ e tanti altre “madres” e “nonne” della Plaza de Mayo la sentenza è molto grave, in quanto potrebbe spianare la strada all’immunità di decine e decine di militari colpevoli di aver violato i diritti umani. “Abbiamo riferito questo punto che per noi è molto serio, per questo l’abbiamo raccontato al presidente, che ci ha ascoltato” e che, ha precisato Boitano, “ha un viso che ci ha trasmesso serenità.” Mattarella le ha incoraggiate dicendo: “Dovete avere fiducia perchè la forza della verità non si ferma.” Poi ha gettato con loro fiori bianchi nel Rio de la Plata, dove vennero fatti sparire migliaia di oppositori.

 

METEO

Roma (Italia, Europa) sereno la mattina pioggia la sera +20. Livorno (Italia, Europa) parzialmente nuvoloso +18. Haiphong (Vietnam, Asia) sereno con nuvolosità sparsa+26. Mopti (Mali, Africa) per lo più soleggiato +43. Faribault (Minnesota, Stati Uniti d’America) parzialmente nuvoloso +18. Glenelg (Australia) sereno +8.


7 maggio   -239

La notizia del giorno.

Elezioni Francia: Macron è il nuovo presidente.

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Emmanuel Macron ha vinto il ballottaggio nelle elezioni presidenziali francesi con il 66,06% delle preferenze, contro il 33,94% della sfidante Marine Le Pen. Questi i dati definitivi pubblicati sul sito ufficiale del Ministero dell’Interno francese: il neopresidente francese ha ottenuto 20.703.631 voti, mentre la leader del Front National si è fermata a 10.637.183. Macron, 39 anni, è il presidente più giovane della Repubblica dopo Napoleone e arriva all’Eliseo senza partiti, in sella alla sua creatura En Marche! dopo aver rottamato in pochi mesi un sistema che sembrava immutabile, quello dell’alternanza destra gollista-gauche socialista. Macron in tarda serata è arrivato sulla piazza del Louvre, nel cuore di Parigi, per parlare ai militanti che lo attendevano per festeggiare il suo trionfo nel voto presidenziale. Ad accoglierlo le note dell’inno alla gioia, la nona sinfonia di Beethoven, che è anche l’inno europeo. Queste le prime parole di Emmanuel Macron all’arrivo al Louvre, davanti ad un’enorme folla: “Stasera la Francia ha vinto. Chi diceva non è possibile non conosce la Francia.” Ha poi detto: “Voglio esprimere un pensiero per Marine Le Pen, non fischiate, hanno espresso, una rabbia e una collera, va ascoltata …”, aggiungendo: “Farò di tutto affinché nei prossimi anni non ci sia nessun motivo per votare per gli estremi. La Francia e il mondo si aspettano da noi la difesa dello spirito dei Lumi, ovunque. Vi servirò in nome del nostro motto: Libertà, Eguaglianza, Fraternità, vi servirò sulla base della fiducia che mi avete attribuito, vi servirò con amore, viva la Repubblica, viva la Francia”, Poco prima delle 23:00, la nuova première Dame, Brigitte Macron, è salita sul palco della piazza del Louvre per salutare i militanti che l’hanno accolta con un applauso, Emmanuel Macron l’ha presa per mano e hanno cantato insieme alla gente la Marsigliese. Poi sono stati raggiunti dai tre figli con i 7 nipoti e gli amici.

METEO

Roma (Italia, Europa) parzialmente nuvoloso +20. Livorno (Italia, Europa) per lo più soleggiato +20. Attapeu (Laos, Asia) nuvoloso +26. Outjo (Namibia, Africa) per lo più soleggiato +26Henderson (Nevada, Stati Uniti d’America) soleggiato +19. Tumara (Polinesia Francese, Oceania) sereno con nuvolosità sparsa +23.


6 maggio   -240

La notizia del giorno.

6.500 geni diversi fra uomini e donne.

genetica

Identificati 6.500 geni diversi tra uomini e donne: controllano vari aspetti che vanno dai muscoli alla peluria, dall’accumulo di grasso alla produzione di latte e potrebbero spiegare molte differenze tra i due sessi dalla suscettibilità ad alcune malattie alla risposta ai farmaci. Questi risultati sono dovuti allo studio pubblicato sulla rivista BMC Medicine dall’istituto Weizmann di Israele, che ha analizzato i geni “accesi”, ossia espressi, nei vari organi e tessuti del corpo umano di quasi 550 adulti di entrambi i sessi, portando alla realizzazione della prima mappa delle differenze genetiche tra uomini e donne. I coordinatori della ricerca, Shmuel Pietrokovski e Moran Gershoni, hanno usato questa banca dati e hanno identificato 6.500 geni che sono “accesi” in modo diverso tra maschi e femmine in almeno un tessuto dell’organismo. Oltre ai geni legati a caratteristiche specifiche del sesso, come la peluria o la produzione di latte, ne sono stati individuati altri, come alcuni geni “accesi” solo nel ventricolo sinistro del cuore della donna, tra i quali uno in particolare, legato all’uso del calcio, che tende a spegnersi con l’avanzare dell’età, probabilmente aumentando il rischio di malattie cardiovascolari e osteoporosi dopo la menopausa;un altro gene è stato trovato prevalentemente nel cervello delle donne e potrebbe proteggere i neuroni dal Parkinson. I ricercatori hanno scoperto che la selezione naturale è stata più indulgente con le mutazioni sesso-specifiche contenute in questi geni, soprattutto quelle legate al genere maschile, favorendone di fatto la diffusione. Di qui l’ipotesi che uomini e donne non abbiano seguito lo stesso cammino evolutivo, bensì due percorsi separati e interconnessi fra loro: l’evoluzione umana sarebbe dunque da rileggere come una co-evoluzione.

 

METEO

Roma (Italia, Europa) per lo più soleggiato +18. Livorno (Italia, Europa) idem. San Fernando (Provincia di Pampanga, Filippine, Asia) per lo più nuvoloso +29Meknes (Marocco, Africa) per lo più nuvoloso +28. Naperville (Illinois, Stati Uniti d’America) nuvoloso +7Alotau, (Papua Nuova Guinea, Oceania) parzialmente nuvoloso +23.


5 maggio   -241

La notizia del giorno.

Fiamme in un deposito di rifiuti a sud di Roma.

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Un’altissima colonna di fumo nero e denso in pochi minuti ha trasformato il paesaggio della frazione Cinque Poderi di Pomezia, comune a sud di Roma, rendendo buia la zona, mentre nelle campagne intorno splendeva il sole. Un odore acre e forte bruciava narici ed occhi. Infatti, intorno alle 8:00 è divampato un incendio nello stabilimento di stoccaggio e smaltimento di rifiuti industriali Eco X al km.33 della via Pontina Vecchia, accompagnato da un grande boato e da una serie di esplosioni. Con il passare delle ore ben 21 comuni sono stati coinvolti dalla nuvola nera: nel pomeriggio la sindaca Raggi ha invitato, su indicazione della Asl, a tenere le finestre chiuse di abitazioni, uffici ed ospedali. Per lo più sono coinvolti comuni dei Castelli romani, non la Capitale, né tantomeno la via Pontina, arteria che collega Roma al litorale del Circeo. Il sindaco di Pomezia Fabio Fucci (M5s) ha invitato gli abitanti a lavare accuratamente frutta e verdura, ha chiuso le scuole ed evacuato le abitazioni nel raggio di 100 metri dall’incendio. Il bar che si trova a poca distanza dallo stabilimento andato a fuoco ha apposto sulla serranda un piccolo cartello con su scritto: “bar chiuso causa nube tossica”. Non ci sono stati intossicati, ma il rischio adesso è il problema ambientale, soprattutto, perché intorno a Pomezia sono tantissimi i campi coltivati. La procura di Velletri ha aperto un’inchiesta sul rogo divampato nel deposito di plastica a Pomezia e procede per incendio colposo. Il procuratore Francesco Prete ha affidato gli accertamenti al sostituto Luigi Paoletti ed il primo atto è stato quello di affidare all’Arpa l’incarico di monitorare l’aria, il suolo, il sottosuolo oltre alle falde acquifere. Gli esiti di questi primi interventi sono previsti nel giro di un paio di giorni e lo stesso tempo sarà necessario per domare i focolai dell’incendio.

Avvenimenti e Protagonisti del passato.

“E sparve e i dì nell’ozio …”

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Il 5 maggio 1821, alle ore 17:49, nell’isola di Sant’Elena, dove era stato esiliato dopo la definitiva sconfitta di Waterloo, moriva Napoleone Bonaparte, imperatore dei Francesi e re d’Italia, genio militare senza pari e grande legislatore in un momento di trapasso da un’epoca storica a un’altra profondamente segnata dagli sconvolgimenti della Rivoluzione francese. Le sue ultime parole furono Francia, esercito – capo dell’esercito – Giuseppina. Riportiamo qui uno scritto facente parte degli di Studi Napoleonici volto a far luce sul tempo trascorso a Sant’Elena da Napoleone, sulla cui morte cominciarono subito a diffondersi ipotesi alternative, frutto, in generale, di teorie del complotto, che, pur accreditate, non smentiscono la veridicità della causa della morte per tumore allo stomaco: Sant’Elena, “fabbrica” della leggenda napoleonica. Durante il suo esilio a Sant’Elena, Napoleone Bonaparte consacrò tempo ed energie a controbattere e a confutare la “leggenda nera”, costruita ad arte dai suoi avversari. Questa “leggenda nera” presentava spesso numerose mistificazioni ed esagerazioni; lo scopo era denigrare l’Imperatore dei Francesi, ormai sconfitto ma comunque temuto, presentandolo come un tiranno privo di senno, avido di potere e assetato di sangue. A Sant’Elena Napoleone, condannato alla lontananza dalla scena politica europea, lottò per confutare quella rappresentazione e divenne così l’artefice della propria leggenda. Al suo seguito, nell’esilio, vi erano i generali Gourgaud, Bertrand, Montholon, il ciambellano Las Cases, i medici Warden, O’Meara, Antommarchi. Con costoro, ascoltatori compiacenti, egli iniziò l’opera di demolizione della “leggenda nera”, presentandosi come genuino erede dei valori del 1789, come strenuo difensore di un patriottismo altrimenti languente, infine come geniale statista. Una prima spassionata difesa dell’Imperatore venne data alle stampe nel 1817, a Londra e a Bruxelles: venne attribuita inizialmente a Napoleone stesso, ma in proposito non mancano numerosi dubbi. D’altronde, secondo il cameriere Marchand, fu proprio Bonaparte a notare come, in quell’opera, generalmente apprezzabile, vi fosse una notevole confusione di date. È stato persino ipotizzato che autore di quel testo, intitolato Manoscritto di Sant’Elena, fosse il maresciallo Marmont. Comunque il Manoscritto andò presto a ruba, dimostrando quanto vivo fosse l’interesse, quanto forte fosse la curiosità nei confronti di Napoleone; con ciò iniziò un vero e proprio profluvio di pubblicazioni sull’argomento. Uno dei medici, William Warden, pubblicò le Lettere di Sant’Elena dove descrisse le proprie conversazioni avute con Napoleone; alle numerose inesattezze contenute in questo testo rispose Napoleone in persona, con delle lettere anonime, intitolate Lettere dal Capo di Buona Speranza, confutazione al dottor Warden. Possiamo dire che queste costituiscano una sorta di “assaggio” della leggenda che Bonaparte andava tessendo e che si sarebbe, nei successivi anni, consolidata. Seguirono poi un’opera, uscita nel 1821 a firma M.C., e intitolata Napoleone, nascita, educazione, carriera militare, governo, caduta, esilio e morte; quasi contemporaneamente, nel 1822, vedevano la luce le memorie del dottor Barry Edward O’Meara intitolate Napoleone in esilio, una voce da Sant’Elena. Questi, accusato di aver simpatizzato col prigioniero, era stato richiamato in patria nel 1818. E infine citiamo la fatica di Emmanuel de Las Cases, opera destinata ad avere uno strepitoso successo: il Memoriale di Sant’Elena, che fu scritto raccogliendo e trascrivendo le parole di Napoleone. Possiamo dire che in questo testo è contenuta l’eredità napoleonica, cioè il messaggio che l’Imperatore dei francesi voleva lasciare al mondo e alla posterità. Ma l’interesse di quest’opera, forse, risiede nella una molteplicità di aneddoti che fornisce sulla vita quotidiana di Bonaparte, racconti che permettono di entrare nella vita privata dell’uomo che aveva terrorizzato l’Europa intera. Tradotto in sette lingue, il Memoriale diede la notorietà a Las Cases. Come ha scritto lo storico Jacques Godechot, questo fu il primo dei «Vangeli di Sant’Elena»: molti altri ne seguirono. Dal Memoriale di Sant’Elena nella pagina di apertura il ritratto politico di Napoleone dettato da lui, Sant’Elena 1° maggio 1816:

“In pochissime parole, questa è la mia storia … Invano, gli storici inglesi taglieranno, sopprimeranno, mutileranno, sarà per loro molto difficile farmi scomparire totalmente. E uno storico francese dovrà pure occuparsi dell’Impero! Dovrà pure, se avrà un po’ di coraggio, restituirmi qualcosa, darmi la mia parte! Il suo compito sarà facile, poichè i fatti parlano, poichè i fatti brillano come il sole. Io richiusi l’abisso anarchico, e districai il caos: ripulii la Rivoluzione nobilitai i popoli e consolidai i re. Eccitai tutte le emulazioni, premiai tutti i meriti, ed allargai i limiti della gloria. Tutto questo, è pure qualcosa! E poi, per quali fatti mi si potrebbe accusare, senza che uno storico potesse difendermi? Forse per le mie intenzioni? Ma non mancano ragioni per assolvermi. Forse per il mio dispotismo? Ma si potrà sempre dimostrare che la dittatura era assolutamente necessaria. Si dirà che ridussi la libertà? Ma uno storico potrà dimostrare che la licenza, l’anarchia, i grandi disordini erano ancora alle porte. Sarò accusato di aver troppo amato la guerra? Ma lo storico spiegherà ch’essa fu soltanto opera fortuita delle circostanze, e che furono i nostri nemici che ad essa condussero gradatamente. Mi si rimprovererà, infine, la mia ambizione? Ah, certo, lo storico me ne troverà molta; ma della più grande e della più alta che, forse, sia mai esistita: quella di stabilire, di consacrare finalmente l’impero della ragione, ed il completo esercizio, l’intero godimento delle facoltà umana. E qui lo storico si troverà forse ridotto a dover rimpiangere che una simile ambizione non sia stata compiuta, soddisfatta! … In pochissime parole … questa è la mia storia!”

“Tutti nascono anonimi come me, in una anonima Ajaccio, in un’anonima isola, in un anonimo 15 agosto, di un anonimo 1769, da due anonimi Carlo e Letizia Ramolino; solo dopo diventano qualcuno; e se prima di ogni altra cosa sono capaci di non deludere se stessi, anche la volontà divina si manifesta sull’uomo …” Come scrive Alessandro Manzoni nella famosa ode a lui dedicata: “Fu vera gloria? Ai posteri/l’ardua sentenza …”

METEO

Roma (Italia, Europa) parzialmente nuvoloso +18. Livorno (Italia, Europa) parzialmente nuvoloso +17. Masdar (Abu Dhabi – Emirati Arabi Uniti, Asia) Sereno con nuvolosità sparsa +32. Merca (Somalia, Africa) per lo più nuvoloso +28. Pasto (Dipartimento di Nariño, Colombia, Sud America) per lo più nuvoloso +16Strahan (Tasmania, Australia) nuvoloso +12.


4 maggio   -242

La notizia del giorno.

L’ultimo scatto prima di morire.

U.S Army combat camera photographer Spc. Hilda Clayton took this photo July 2, 2013 that was released by the U.S. Army, that shows an Afghan soldier engulfed in flame as a mortar tube explodes during an Afghan National Army live-fire training exercise in Laghman Province, Afghanistan. The accident killed Clayton and four Afghan National Army soldiers. (Spc. Hilda Clayton/U.S. Army via AP)(Spc. Hilda Clayton/U.S. Army via AP)

Hilda Clayton ha perso la vita nel luglio 2013 in Afghanistan, dove seguiva la brigata americana, realizzando il suo sogno di diventare una fotografa di guerra. Quel drammatico giorno sono morti in cinque: insieme a Hilda e al suo collega hanno perso la vita tre soldati americani. L’esercito statunitense ha pubblicato l’ultima foto scattata dalla soldatessa fotografa americana di 22 anni, prima di essere uccisa insieme ad altri 4 militari dell’esercito afghano, dall’esplosione accidentale di un mortaio durante un’esercitazione in Afghanistan. L’incidente risale al 2 luglio del 2013, nella provincia di Laghman, ma le foto sono state pubblicate soltanto adesso, con il consenso della famiglia della soldatessa, dalla rivista Military Review, che ha scritto: “La morte di Clayton simboleggia come anche le donne in zone di guerra siano esposte a situazioni di pericolo come gli uomini”. La sua compagnia, la Forty Meade di Maryland, conosciuta con la sigla “Combat Camera” (persone addestrate a scattare foto e video in qualsiasi ambiente per documentare le operazioni di combattimento), le ha dedicato il Best Combat Camera, premio annuale per la migliore fotografia di combattimento.

 

METEO

Roma (Italia, Europa) parzialmente nuvoloso +20. Livorno (Italia, Europa) per lo più soleggiato +20. Thakhek (Laos, Asia) nuvoloso +27. Paarl (Sudafrica) lievi rovesci di pioggia +19Sparks (Nevada, Stati Uniti d’America) parzialmente nuvoloso +18. Paea (Polinesia Francese, Oceania) sereno con nuvolosità sparsa +24.

Auguri Aura!


3 maggio   -243

La notizia del giorno.

Sospetti su alcune ong e ombra della mafia sul denaro per l’accoglienza dei migranti.

Migranti(Immagine da Civiltà del Mare. La grande Storia della Marineria Italiana. Progetto Editoriale)

Il pm Carmelo Zuccaro, in audizione davanti alla Commissione Difesa del Senato, dopo che nei giorni scorsi aveva rilasciato dichiarazioni alla stampa che non avevano mancato di scatenare reazioni, poiché sosteneva l’esistenza di sospetti contatti tra i trafficanti di uomini e alcune persone legate alle Ong, ha confermato punto per punto quanto detto in precedenza: “Contatti radio” e “comunicazioni” tra trafficanti e appartenenti ad alcune ong sono “dati che vengono da Frontex e dalla Marina militare, in particolare i dispositivi impegnati nella missione Eunavformed … ci risulta anche da internet, perché in rete ci sono i dati della posizione delle ong. Il focus della nostra azione non sono le ong bensì i trafficanti”. Ha poi citato Save the Children e Medici senza frontiere tra quelle ong che “hanno dimostrato in maniera inequivocabile che operano per solidarietà”, ma ha pure precisato che nelle ong ci sono persone che hanno “profili di dubbia rilevanza, non collimanti con quelli dei filantropi”, cosa che “giustifica indagini in tal senso.” Poi avanza una serie di proposte volte a mettere gli inquirenti in grado di fare il loro lavoro in modo efficace: “Siamo in una fase in cui non riusciamo più a svolgere l’attività investigativa: non riusciamo a intercettare i facilitatori e ad intercettare i satellitari e ad avere quegli elementi probatori necessari. Chiedo di essere messo nelle condizioni di poter indagare su queste organizzazioni di trafficanti, è uno sforzo che vale la pena. Sono forti e in grado di impedire la formazione di un governo ufficiale nello Stato libico.” Il procuratore di Catania ritiene che, a fronte dell’evolversi delle nuove modalità adottate dai trafficanti, gli investigatori non siano più in grado di effettuare indagini ad ampio respiro sulle organizzazioni di trafficanti, “anche a tutela degli stessi migranti”. Per questo chiede al governo alcuni nuovi strumenti di indagine: intercettazioni, innanzitutto, delle chiamate di soccorso, ma anche delle conversazioni telefoniche e telematiche di tutte le unità navali che si trovano nelle vicinanze di un evento di ricerca e soccorso, comprese le navi umanitarie. Il magistrato chiede anche la presenza di polizia giudiziaria a bordo delle navi delle ong e l’obbligo per le stesse di battere bandiera del paese in cui ha sede la ong. Zuccaro insiste inoltre sulla necessità di indagini sull’origine delle capacità finanziaria delle ong. Il procuratore ha pure segnalato che “le organizzazioni mafiose appetiscono alle ingenti quantità di denaro che vengono erogate per l’accoglienza dei migranti in Italia.”

 

METEO

Roma (Italia, Europa) per lo più soleggiato +18. Livorno (Italia, Europa) idem. Tuguegarao (Provincia di Cagayan, Filippine, Asia) lievi rovesci di pioggia +27. Rissani (Marocco, Africa) per lo più soleggiato +34. Joliet (Illinois, Stati Uniti d’America) parzialmente nuvoloso +9. Kavieng (Papua Nuova Guinea, Oceania) per lo più soleggiato +28.


2 maggio   -244

La notizia del giorno.

È morto Valentino Parlato, fondatore del Manifesto.

Valentino_Parlato_1983

“Comunista per tutta la vita – si legge sul sito del manifesto – ha militato nel Pci fino alla radiazione, lavorato a Rinascita, fondato e difeso il Manifesto in tutta la sua lunga storia. Per ora ci fermiamo qui, abbracciando forte la sua splendida famiglia e tutti i compagni che, come noi, l’hanno conosciuto e gli hanno voluto bene”. Quando lasciò la direzione per l’ultima volta scrisse alla Rangeri: “La crisi non è solo di soldi, ma anche di soldati e di linea. Dopo più di quarant’anni sono fuori di questo manifesto che è stata tanta parte della mia vita”. Nato il 7 febbraio 1931 a Tripoli, in Libia, dove il padre lavorava come funzionario del fisco, Valentino Parlato venne espulso dal Protettorato inglese nel ’51. Raccontò così quegli anni lontani: “Ero studente in Legge: se fossi sfuggito a questa prima ondata sarei diventato un avvocato tripolino e quando Gheddafi m’avrebbe cacciato, nel 1979, insieme a tutti gli altri, mi sarei ritrovato in Italia, a quasi cinquant’anni, senz’arte né parte. Sarei finito a fare l’avvocaticchio per una compagnia d’assicurazione ad Agrigento, a Catania. Un incubo. L’ho veramente scampata bella”. Il 24 novembre 1969 Valentino Parlato viene licenziato da Rinascita, e insieme a Natoli, Rossanda, Pintor, è radiato dal Pci. A 38 anni lascia il Pci e Rinascita, dove era giornalista economico, per fondare con Luigi Pintor, Aldo Natoli, Luciana Castellina e Ninetta Zandegiacomi il Manifesto, di cui è stato direttore, spesso anzi condirettore, secondo l’abitudine del Manifesto, molte volte tra il 1975 e il 2010 e che ha lasciato nel 2012. Il primo numero costa 50 lire e vende 30mila copie. Enrico Berlinguer prova a mediare con Rossanda, nel tentativo di evitare la rottura definitiva, ma il 4 settembre, dopo l’invasione della Cecoslovacchia da parte dell’Unione sovietica, la rivista esce con l’articolo “Praga è sola”: un duro affondo contro il Pci per non aver condannato l’intervento sovietico, un pezzo non firmato, scritto da Luigi Pintor. È il divorzio immediato, come Parlato raccontò nel libro-intervista: “La rivoluzione non russa”, a cura di Giancarlo Greco. Il manifesto diventa quotidiano il 28 aprile 1971, e pur nella forte connotazione politica, doveva essere “un giornale, un giornale, un giornale”, come disse Pintor, parafrasando la celebre frase di Gertrude Stein “una rosa è una rosa è una rosa”. Il primo numero vende 22mila copie. La sede è in via Tomacelli, al quinto piano di uno stabile dell’Ina, dove rimarrà fino al 2007. Magri stipendi per tutti, rotazione delle mansioni, un redattore deve occuparsi delle spedizioni. Nel ’78, per finanziare l’acquisto della tipografia a Milano, tutti rinunciarono allo stipendio per tre mesi. Non fosse stato per lui, per la sua incessante ricerca di finanziamenti, a tutti i livelli – perfino dal Psi di Craxi una volta ottenne un prestito di 60 milioni di lire, poi restituito – il quotidiano, un pezzo di storia della nostra editoria, probabilmente non sarebbe sopravvissuto. Di origini siciliane, fumatore accanito, nelle foto che lo ritraggono nella redazione del Manifesto è sempre circondato da una nuvola di fumo, ha raccontato se stesso nel documentario “Vita e avventure del Signor di Bric à Bra’”, scritto e diretto dal figlio Matteo insieme a Marina Catucci e Roberto Salinas. Ha curato l’edizione di opere di Adam Smith, Lenin, Antonio Gramsci e Mu’ammar Gheddafi. Nel suo ultimo colloquio con Repubblica nel novembre scorso, disse: “Siamo in una fase di passaggio, le forze di produzione sono cambiate ma non sappiamo come analizzarle; il lavoro umano è diventato meno importante di una volta; servirebbe una rielaborazione del pensiero, ma la sinistra ragiona come se il passato fosse ancora presente. È in crisi la speranza, mio nipote ha 9 anni e so già che avrà meno possibilità di quelli della mia generazione. Non si può non essere pessimisti.”

 METEO

Roma (Italia, Europa) soleggiato +20. Livorno (Italia, Europa) parzialmente nuvoloso +17. Zibo (Shandong, Cina, Asia) pioggia  +18. Chisimaio (Somalia, Africa) per lo più nuvoloso +25. Villa de Leyva (Dipartimento di Boyacá, Colombia, Sud America) lievi rovesci di pioggia +19Ulverstone (Tasmania, Australia) sereno +8.


1 maggio   -245

Avvenimenti e Protagonisti del passato.

“Citizen Kane”, nella versione italiana “Quarto potere” di Orson Welles.

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Lo sfolgorante film d’esordio del venticinquenne Orson Welles, un capolavoro che ha rivoluzionato la storia del cinema per le sue innovazioni stilistiche e narrative, uscì nelle sale il 1° maggio 1941 e fu subito giudicato un’opera d’arte. Malgrado la critica fosse pronta a stroncare la presunzione giovanile del regista dovette riconoscerne la genialità; il film avrebbe inaugurato gli anni ’40 in modo magistrale e lanciato inesorabilmente l’America verso la modernità. “Quarto potere” (Citizen Kane) scritto, diretto, prodotto e interpretato da Orson Welles è liberamente ispirato alla biografia del magnate dell’industria del legno e dell’editoria William Randolph Hearst che boicottò con perseveranza la pellicola da comprometterne, in parte, il successo commerciale. Louella Parsons, la regina dei pettegolezzi, carismatica giornalista alle dipendenze del grande editore aveva orchestrato una campagna stampa violentissima: “si diceva che il film raccontasse impudicamente la vita di un magnate della stampa sorprendentemente simile a una celebre personalità degli Stati Uniti”. Fu candidato a nove premi Oscar ma infine Welles ne ricevette uno soltanto: quello, condiviso con Herman J. Mankiewicz per la miglior sceneggiatura originale. Il pubblico, invece, lo accolse trionfalmente. “A causa della guerra, il film uscì quando il potere di Welles era ormai in rovina: in Francia, nel 1946 dove fu stroncato da Jean-Paul Sartre, ma colpì André Bazin e una manciata di giovanissimi spettatori, che pochi anni dopo lo avrebbero osannato nei “Cahiers du cinéma”, prima di diventare protagonisti della Nouvelle vague; in Italia, nel 1948”. Il film “narra dunque la vita del magnate della stampa Charles Foster Kane, interpretato dallo stesso Welles, incapace di amare se non “solo alle sue condizioni”, con la conseguenza che egli fa il vuoto attorno a sé e rimane solo all’interno della sua gigantesca residenza (Xanadu, nella versione italiana Candalù), dove muore abbandonato da tutti. Welles, servendosi di una sequenza di flahback (sei, compreso il cinegiornale con cui inizia il film), mostra i frammenti della vita del magnate, quasi fossero i pezzi di un gigantesco puzzle (rompicapo che metaforicamente appare più volte nel film). Allo spettatore è lasciato il compito di ricomporre, in tutta la sua complessità, la sua personalità. Ma si tratta di uno sforzo vano, poiché i frammenti della vita di Kane non permettono di comprenderne l’intima essenza, se non a chi fu testimone dell’unico fatto, di fondamentale importanza, che determinò il trauma di Kane: l’allontanamento dai genitori, fortemente voluto dalla madre allo scopo di affidarlo alla tutela di un uomo d’affari, incaricato di amministrare la sua smisurata eredità. Kane, giovanissimo erede di una colossale fortuna, venne così strappato al suo mondo d’infanzia. Da adulto concepirà l’amore come possesso, non come dono, e ciò lo condurrà inesorabilmente alla disperazione e all’isolamento. Nella trama, il vecchio magnate dell’editoria si trova nel castello di Candalù ed è in punto di morte. Tenendo in mano una palla di vetro, dice come ultima parola “Rosabella” (Rosebud). Il direttore di un cinegiornale, che trasmetterà la storia di Kene, incarica il giornalista Jerry Thompson di scoprire il significato di “Rosabella”. Il giornalista si reca inizialmente dalla seconda moglie di Kane, Susan Kane, ora alcolizzata e proprietaria di un nightclub, che però si rifiuta di parlargli. Si reca poi nell’ufficio del defunto banchiere Walter Parks Thatcher: leggendo le sue memorie, scopre che l’infanzia di Kane iniziò in povertà in Colorado. Nel 1871, dopo aver scoperto di possedere una miniera d’oro, sua madre Mary lo affidò a Thatcher per istruirlo. Il piccolo Kane, che stava giocando con uno slittino nella neve, protestò e scagliò lo slittino contro il banchiere. Ottenuto il controllo delle sue finanze a 25 anni, Kane entrò nel mondo del giornalismo e rilevò il New York Inquirer, concentrandosi sulla stampa scandalistica, in particolare contro Thatcher. Thompson intervista Bernstein, il braccio destro di Kane. Questi ricorda che Kane, ormai uomo di successo, manipolò l’opinione pubblica sulla guerra ispano-americana e sposò Emily Norton, nipote di un Presidente degli Stati Uniti. Thompson intervista poi l’ex migliore amico di Kane, Leland, in una casa di riposo. Egli ricorda che il matrimonio di Kane e Emily andò deteriorandosi negli anni e che Kane intraprese una relazione con la cantante Susan, mentre era candidato governatore di New York. Sia la moglie che il suo avversario politico scoprirono la relazione e il conseguente scandalo pubblico pose fine alla sua carriera politica. Kane sposò Susan e la costrinse ad intraprendere un’umiliante carriera lirica, per cui lei non aveva né il talento né l’ambizione. Susan decide di acconsentire all’intervista con Thompson e ricorda che Kane le permise di abbandonare l’opera per il suo tentato suicidio. Dopo anni di isolamento e di oppressione a Candalù, Susan lasciò Kane. Il suo maggiordomo, Raymond, racconta che dopo la sua partenza, Kane iniziò a sfasciare la sua camera. Si fermò improvvisamente quando notò una palla di vetro e disse “Rosabella”. A Candalù, i beni di Kane vengono catalogati e quelli ritenuti inutili eliminati. Thompson conclude di aver fallito e che dunque il significato di “Rosabella” resterà un mistero. Il finale del film, tuttavia, rivela allo spettatore che “Rosabella” è il marchio dello slittino con cui Kane da piccolo stava giocando quando fu costretto a lasciare la sua casa in Colorado. Creduto un oggetto inutile, lo slittino viene bruciato in una fornace”. Il film, insuperato nel racconto del rapporto tra individuo e sistema capitalistico, mette in evidenza le ambiguità del sogno americano. Numerosi critici (tra cui Paolo Bertetto) hanno ipotizzato che, dietro la vicenda dell’uomo Kane, ci sia una intenzione metaforizzante: il magnate che ha iniziato la sua fortuna grazie all’oro di una miniera per poi franare nell’impossibilità di amare a seguito della sua caduta nelle spire degli interessi economici rappresenterebbe l’America e la sua “caduta”, dovuta proprio ad un surplus di risorse accumulate (crisi del ’29), dalla condizione di grazia di “giovane nazione”. Viene inoltre messo in evidenza l’impatto persuasivo, sull’opinione pubblica, dei mezzi di comunicazione e il loro potere condizionante (Orson Welles dimostrò, sapientemente, l’autorità derivante dai mass-media in una nota trasmissione radiofonica in cui annunciava l’invasione degli extraterrestri sulla terra suscitando letteralmente il panico fra gli ascoltatori. “Dire che “Quarto potere” è un film che maggiormente influenzò i registi a venire è insufficiente”, così commenta Altiero Scicchitano nell’Enciclopedia del cinema “Sarebbe più esatto affermare che è inammissibile che un cineasta possa debuttare senza averlo visto almeno una volta. In meno di due ore, Welles sconvolge la struttura narrativa, i tempi del racconto, le tecniche di ripresa e il montaggio. La storia inizia con la morte del protagonista e procede a ritroso in modo frammentario, alla ricerca del significato dell’ultima parola pronunciata da Kane: “Rosebud”, un pretesto per raccontare settant’anni di storia americana attraverso un personaggio emblematico e contradditorio, di cui nulla viene nascosto, in un incrociarsi di opinioni, aneddoti, falsi cinegiornali e dicerie che percorrono (e spesso ripercorrono, modificando l’angolazione) tutti i lati possibili di Kane, grazie a una macchina da presa tanto indiscreta quanto onnipotente, capace di sfidare le leggi spazio-temporali. Si è parlato molto dei numerosi prodigi tecnici del film: dell’uso di obiettivi ideati per l’occasione dal direttore della fotografia Gregg Toland, che deformano la prospettiva esaltando una profondità di campo dove ogni dettaglio è ugualmente a fuoco in lunghi piani sequenza; dei soffitti costruiti nei teatri di posa e valorizzati da audaci angolazioni dal basso, miranti a restituire la megalomania di Kane e insieme a “schiacciarla”; di una colonna sonora ricchissima, memore delle sperimentazioni radiofoniche di Wells e splendidamente accompagnata dalle musiche di Bernard Hermann. Gli storici hanno ormai provato ampiamente che ognuno di questi aspetti, preso singolarmente, aveva conosciuto precedenti. La vera violazione delle regole cinematografiche allora vigenti sembra nascondersi nell’insieme del film, e più particolarmente nel palese protagonismo della macchina da presa, entità divina mossa da un’ambizione smisurata (e consapevole del proprio inevitabile scacco): raccontare la vita di un uomo. Nelle ultime immagini, Welles svelerà, per il solo spettatore e per un attimo appena, la verità, prima che le fiamme di un gigantesco forno la divorino e forse il celebre finale (secondo molti attribuibile a Mankiewicz) è l’unica caduta “psicologica” del film. Ma in fondo, persino quest’informazione riservata non era che un tassello sconnesso del puzzle: che Rosebud fosse lo slittino d’infanzia del magnate non è determinante. Chi fosse, realmente, Charles Foster Kane non lo sapremo mai. Forse nulla, come suggerisce il fumo nero sprigionato dal forno nell’ultima immagine”.

Mary Titton   

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Roma (Italia, Europa) parzialmente nuvoloso +18. Livorno (Italia, Europa) parzialmente nuvoloso +17. Ping Yao (Jinzhong, Shanxi, Cina, Asia) parzialmente nuvoloso +19Nelspruit (Sudafrica) parzialmente nuvoloso +22. Lansing (Michigan, Stati Uniti d’America) nuvoloso +6. Nuku’alofa (Tonga, Oceania) per lo più nuvoloso +24.


30 aprile   -246

La notizia del giorno.

Primarie Pd: vince Renzi.

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Il popolo dem ha votato oggi per le primarie del partito nella sfida a tre fra l’ex premier Renzi, il guardasigilli Orlando e il governatore della Puglia Emiliano. Quasi due milioni al voto, Renzi vince nettamente e dichiara: “Al fianco del governo: nuovo inizio, niente rivincite”. L’ex premier incassa una larga maggioranza, oltre il 70 per cento. Nei dati ancora parziali e non ufficiali, Orlando è intorno al 20%, Emiliano al 7%. L’ex premier esalta la “giornata speciale”, ringrazia gli avversari, poi accenna anche ad un’autocritica “Ho imparato – dice – che questo non è un partito personale. Quando centinaia di migliaia di persone votano, come si fa a dire che questo è il partito di una persona?”. “Inizia una storia totalmente nuova – spiega il segretario del Pd dopo aver rivendicato la sua azione di governo – il 30 aprile, nel giorno dell’anniversario della morte di Pio La Torre, inizia una nuova partita rivolta al futuro, non la rivincita di quella vecchia”. “Vogliamo fare una grande coalizione con i cittadini – spiega – non con partiti che alla fine non rappresentano nemmeno se stessi. Abbiamo il compito storico di non lasciare l’Italia nella palude”. Caos e accuse di brogli al sud. Accuse reciproche di brogli, seggi chiusi per irregolarità, con l’annullamento di tutti i voti espressi e intervento delle forze dell’ordine. Mentre a Napoli, a vigilare sulla regolarità del voto il Pd nazionale ha inviato il deputato Ernesto Carbone, dalla Sicilia alla Puglia, passando per la Calabria, i rappresentanti delle mozioni dei tre candidati non si sono risparmiati accuse di irregolarità, violazioni delle norme e brogli. Accuse che alla fine hanno portato la Commissione nazionale per il congresso a chiudere tre seggi: a Cariati (Cosenza), Nardò (Lecce) e Gela (Caltanissetta) e ad annullare i voti già espressi.

Avvenimenti e Protagonisti del passato.

Le Madri di Plaza del Mayo.

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Il 30 aprile del 1977, in Argentina avviene, di fronte alla Casa Rosada, il palazzo presidenziale, la prima marcia della Madri di Plaza del Mayo, unitesi per avere informazioni sui figli scomparsi, i tristemente famosi desaparecidos. Le donne organizzano manifestazioni pacifiche, tutte con lo stesso scopo: fare luce sulla scomparsa dei loro figli. Un fazzoletto bianco annodato sulla testa è il loro simbolo di protesta, che in origine era costituito dal primo pannolino di tela utilizzato per i loro figli neonati. Il loro nome trae origine dalla celebre piazza di Buenos Aires, Plaza de Mayo, dove queste donne coraggiose si riunirono per la prima volta, ritrovandosi da allora, ogni giovedì pomeriggio, nella piazza e percorrendola in senso circolare, per circa mezz’ora. I figli delle madri di Plaza de Mayo sono stati tutti arrestati e tenuti illegalmente prigionieri dagli agenti della polizia argentina in centri clandestini di detenzione durante il periodo passato alla storia come la guerra sporca, così chiamata per i metodi illegali utilizzati dalla giunta militare; poi, dopo essere stati torturati, venivano assassinati e fatti sparire nella più assoluta segretezza. Si ritiene che, tra il 1976 e il 1983, in Argentina, sotto il regime della Giunta militare, siano scomparsi fino a 30.000 dissidenti. Le modalità di sequestro e di sparizione delle vittime della repressione fu ideata per perseguire due obiettivi: il primo fu quello di evitare quanto verificatosi nel Cile di Pinochet, dove le immagini della prigionia dei dissidenti nello stadio di Santiago del Cile avevano fatto il giro del mondo, sollevando l’indignazione e l’interessamento delle associazioni per la difesa dei diritti umani; l’assoluta segretezza degli arresti viceversa garantì per lungo tempo al regime militare argentino una sorta di “invisibilità” agli occhi del mondo, infatti, dovettero passare almeno 4 o 5 anni dall’inizio della dittatura prima che all’estero si iniziasse ad avere una percezione esatta di quanto stesse accadendo in Argentina. Il secondo obiettivo era quello di terrorizzare la popolazione attraverso la mancata diffusione di notizie in merito alla sorte degli arrestati, limitando in questo modo fortemente non solo ogni possibile dissenso al regime, ma anche la semplice richiesta di notizie da parte dei parenti. Gli arresti avvenivano molto spesso con modalità da “rapimenti”: squadre non ufficiali di militari arrivavano con una Ford Falcon verde scuro senza targa, la cui sola vista suscitava terrore, e piombavano nelle case in piena notte, sequestrando a volte intere famiglie. Nel 1986 l’associazione della Madri di Plaza del Mayo si divise in Asociación Madres de Plaza de Mayo e in Madres de Plaza de Mayo-Línea Fundadora, in seguito a forti divergenze sorte all’interno dell’organismo circa l’opportunità di accettare le riparazioni economiche per la perdita dei loro figli offerte dall’allora presidente radicale Raúl Alfonsín. Alcune madri, che allora si trovavano in condizioni economiche critiche a causa della perdita dei loro familiari e della crisi economica che stava colpendo l’Argentina, decisero di accettare le riparazioni, non rinunciando comunque a combattere per la verità e la giustizia. Queste madri, capeggiate da Hebe de Bonafini, decisero di abbandonare l’organizzazione originaria, che da allora in poi prese il nome di Madres de Plaza de Mayo – Línea Fundadora, e di fondare l’Asociación Madres de Plaza de Mayo, che intraprese un cammino fortemente politicizzato ed ideologico, basato su temi ed obiettivi del marxismo e del peronismo sociale degli anni ’40, rivolse l’attenzione ai diritti degli indigeni e delle popolazioni oppresse e appoggiò le lotte condotte dai neozapatisti del Subcomandante Marcos, dal presidente venezuelano Hugo Chávez e da Fidel Castro. Le Madres de Plaza de Mayo-Línea Fundadora sostengono, invece, che non ci sia futuro senza memoria e che l’attività del presente, se vuole proiettarsi nel futuro, deve mantenere comunque una relazione con il passato, affinché le aberrazioni compiute non si ripetano. Il loro lavoro si sviluppa sostanzialmente attraverso gli incontri tenuti nelle scuole e la partecipazione ai progetti di recupero archeologico ed antropologico dei luoghi della repressione. Di questo gruppo fa parte anche Estela Carlotto, fondatrice delle Nonne di Plaza de Mayo, un’associazione nata nel 1977, che si inserisce nello stesso contesto delle Madri, ma con un diverso obiettivo: identificare i tanti bambini nati durante gli anni della dittatura, che ancora neonati furono sottratti con la forza alle loro famiglie naturali e “dati in adozione” alle famiglie di gerarchi o amici del regime. Per identificare le nonne materne dei piccoli orfani, i cui genitori risultavano tra gli “scomparsi”, si è ricorso, a partire dagli anni 2000, a test del DNA e più in particolare all’analisi dei polimorfismi del mtDNA (DNA mitocondriale), che, trasmettendosi esclusivamente per via materna, permette di riconoscere gli individui e le loro madri. Sebbene fino ai primi anni del XXI secolo queste madri si siano volutamente tenute lontane dalla politica ufficiale argentina, diffidando profondamente di ogni politico che salisse al governo, negli ultimi anni si è verificato un cambiamento di rotta in seguito alla politica fortemente incentrata sulla difesa dei diritti umani adottata dal presidente Néstor Kirchner, in carica del 2003 al 2007. A gennaio del 2005 è stato riesumato ed identificato grazie a un test del DNA il corpo di Leonie Duquet, una suora di nazionalità francese che supportava il movimento della madri di Plaza de Mayo, scatenando le ire della comunità internazionale contro il regime dittatoriale. I resti di Azucena Villaflor e di altre due fondatrici dell’associazione sono stati riesumati e le loro ceneri sono state sepolte da Madres de Plaza de Mayo-Linea Fundadora ai piedi della Piramide di Maggio nella Plaza de Mayo l’8 dicembre 2005. Documenti segreti del governo degli Stati Uniti, declassificati nel 2002, provano che il governo statunitense era a conoscenza già dal 1978 che i cadaveri di Azucena Villaflor, Esther Ballestrino, María Ponce e sorella Léonie Duquet erano stati ritrovati nelle spiagge bonaerensi, ma questa informazione fu mantenuta segreta e non fu mai comunicata al governo democratico argentino. I militari hanno ammesso l’arresto e la scomparsa di circa 9.000 persone, ma le madri di Plaza de Mayo affermano che questa stima è di gran lunga inferiore al vero numero: 30.000 persone scomparse. Dopo la caduta del regime militare, una commissione parlamentare nazionale argentina ha ricostruito la sparizione di circa 11.000 persone.

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Roma (Italia, Europa) coperto +16. Livorno (Italia, Europa) idem. Tsingtao (Shandong, Cina, Asia) sereno con nuvolosità sparsa +16. Merca (Somalia, Africa) per lo più nuvoloso +29. Barranquilla (Dipartimento dell’Atlantico, Colombia, Sud America) banchi di nebbia +28Strahan (Tasmania, Australia) nuvoloso +11.


29 aprile   -247

La notizia del giorno.

La visita di papa Francesco in Egitto.

Papa-Francesco-Egitto(Immagine di Secondopiano News)

Dopo l’intensa giornata di ieri, in cui hanno prevalso le dimensioni istituzionali, interreligiose ed ecumeniche, con gli incontri col presidente egiziano Al-Sisi, il discorso all’Università Al-Azhar e la visita al patriarca copto ortodosso Tawadros II, oggi papa Francesco conclude la sua visita in Egitto dedicandosi interamente, sempre al Cairo, all’aspetto pastorale con la messa del Pontefice nello stadio dell’Aeronautica, a cui hanno partecipato in 30mila, tra cui anche molti musulmani e greco-ortodossi. Una visita storica, quella del Pontefice, in un momento in cui altissime sono le tensioni per il terrore di matrice religiosa, che Francesco, alla presenza anche di altri leader e patriarchi come quello di Costantinopoli Bartolomeo, propone di combattere alla radice. In un mondo dove divampano sempre nuove minacce di guerra, la denuncia del Papa è anche contro chi si fa “provocatore di conflitti”, contro gli “incendiari”, i “banditori di distruzione”. Parlando prima del Papa, il grande imam Al-Tayyeb chiede un minuto di silenzio per le vittime degli attentati, l’ultimo quello duplice della Domenica delle Palme con oltre 40 morti alle chiese copte di Tanta e Alessandria e afferma che “l’Islam non è un religione del terrorismo”, come non lo sono il cristianesimo e l’ebraismo. Oltre ad andare al colloquio col presidente della Repubblica Abdel Fattah Al-Sisi, parlando alle autorità egiziane il Papa invita al rispetto dei “diritti inalienabili dell’uomo” e ancora una volta a “ripudiare ogni ideologia del male, della violenza e ogni interpretazione estremista che pretende di annullare l’altro e di annientare le diversità manipolando e oltraggiando il Sacro Nome di Dio. E per l’Egitto, “ferito”, vede comunque la capacità di “rafforzare e consolidare la pace regionale” in tutto il Medio Oriente. Nell’incontro col patriarca copto ortodosso Tawadros II, che lo saluta come “uno dei simboli della pace in un mondo tormentato dai conflitti e dalle guerre” e che ricorda il precedente di 800 anni fa di San Francesco che incontra il sultano, prima di firmare insieme una dichiarazione congiunta ricorda infine l’“ecumenismo del sangue”, l’unione sancita tra cristiani dal “sangue innocente di fedeli inermi”. Resta intanto l’incertezza in merito all’incontro di ieri mattina avvenuto fra lo stesso Pontefice e il presidente egiziano Al-Sisi. Secondo alcune fonti egiziane, infatti, il Papa avrebbe accennato al presidente di Giulio Regeni, il ricercatore italiano trovato morto in Egitto. Ma al momento conferme da parte della Santa Sede non ve ne sono. Ancora ieri, infatti, il portavoce vaticano Greg Burke aveva risposto semplicemente ricordando che “l’incontro fra il Papa e Al-Sisi è stato strettamente privato”. Parole che comunque non hanno del tutto smentito una notizia che invece alcuni media egiziani sono più propensi a confermare.

 

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Roma (Italia, Europa) per lo più soleggiato +18. Livorno (Italia, Europa) idem. Kunming (Yunnan, Cina, Asia) sereno con nuvolosità sparsa +18. Afgoye (Somalia, Africa) per lo più nuvoloso +29. Moengo (Suriname, Sud America) nuvoloso +29Strahan (Tasmania, Australia) nuvoloso +10.


28 aprile   -248

La notizia del giorno.

Gli ottant’anni di Cinecittà.

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Il 28 aprile del 1937 Mussolini inaugurava gli studi di via Tuscolana. Da allora, fra alterne vicende, crisi profonde e grandi successi Cinecittà ha scritto la storia del cinema italiano e internazionale. Gli Studios di Roma rappresentano un punto di riferimento per un mercato ampio e diversificato: cinema, fiction, show tv, spot, videoclip. La storia degli stabilimenti di Cinecittà ha le sue radici nella passione di Luigi Freddi, direttore generale della cinematografia fascista dal 1934. Quando Luigi Freddi cominciò a coltivare l’idea degli Studios nazionali, il regime fascista aveva già messo a punto da tempo la macchina del consenso mediatico con la propaganda di regime dei cinegiornali Luce. Il fascismo non chiedeva a registi e sceneggiatori la stessa celebrazione del regime propria del cinema tedesco, ma chiede al cinema di intrattenere, divertire, suscitare emozioni e orgoglio nazionale. La società “Cinecittà” vide la luce già nel 1935, utilizzando gli stabilimenti della Cines, che al cinema aveva dato il primo kolossal “Quo Vadis?”, 1913, il primo film sonoro “La canzone dell’amore”, 1930 e un’intensa produzione di documentari in linea con il fascismo. Gli stabilimenti della Cines, però, bruciarono nel 1935, probabilmente per un atto doloso, e la Direzione Generale per la Cinematografia di Freddi decise di intervenire impegnando capitali pubblici a fianco dei privati per una nuova e più moderna “cittadella del cinema”, proprio di fronte all’appena nato Centro Sperimentale di Cinematografia. Tre anni dopo Cinecittà era interamente pubblica e per il fascismo divenne la fucina dei talenti. Le storie degli Studi riempiono interi volumi: dalla stagione dei telefoni bianchi, al neorealismo con Rossellini e De Sica, ai rastrellamenti nazisti che, nella Roma occupata, fanno dei teatri di posa dei veri campi di concentramento. La rinascita post bellica si deve certamente ai capitali americani arrivati in Italia con il Piano Marshall, ma anche alla rinomata eccellenza di carpentieri, scenografi, costumisti, tecnici che l’Italia è in grado di offrire. Le grandi produzioni targate Cinecittà come il nuovo “Quo Vadis?” con Robert Taylor (1951), “Ben Hur” con Charlton Heston (1959), “Cleopatra” con Liz Taylor (1963) ebbero soprattutto il pregio di risvegliare un cinema tutto italiano, realizzato in economia e traboccante di idee. È la Cinecittà di Fellini in “Roma”, di Ettore Scola in “C’eravamo tanto amati”, fino a un lento declino che diventa vera crisi nel cuore degli anni ’80, una stagione mestamente ricordata da Fellini in “Ginger e Fred”. Ancora oggi Cinecittà trasmette l’idea di una “grande incompiuta”, fin dal suo portale che riecheggia le linee dell’architettura razionalista e futurista, ma sembra appoggiato sul nulla.

Avvenimenti e Protagonisti del passato.

L’ammutinamento del Bounty.

00072702(Marlon Brando – Gli ammutinati del Bounty,  1962)

L’ammutinamento del Bounty, avvenuto il 28 aprile del 1789 è il più famoso atto di sedizione nella storia della marina del Regno Unito. Il viaggio del  vascello mercantile, armato con 4 cannoni che salpò da Spithead il 23 dicembre 1787, con l’intenzione di raggiungere Tahiti doppiando Capo Horn sembra l’incipit di un racconto tratto da quella serie di romanzi che va sotto il nome di “Viaggi straordinari” di  Jules Verne:  romanzi geografico-scientifici in cui l’immaginazione, non essendo del tutto “arbitraria”, possiede la facoltà di eccitare la fantasia del lettore; il pericolo reale sempre in agguato, lo spirito d’avventura esaltato dei pionieri, nell’ansia di intraprendere nuove esperienze, una narrazione raccontata in una forma divertente e pittoresca. L’avventurosa impresa del Bounty, i tumultuosi comportamenti della ciurma e gli avvenimenti correlati non potevano perciò passare inosservati allo scrittore francese che da essi trasse un racconto “I ribelli del Bounty”. I fatti dello storico ammutinamento hanno ispirato, inoltre, numerose trasposizioni cinematografiche. Tra queste la più celebre è “Gli ammutinati del Bounty” del 1962, con Marlon Brando. In occasione della data di ricorrenza riportiamo un articolo tratto dal Post che ne ripercorre la vicenda.

Oggi nella piccola isola di Norfolk, una trentina di chilometri quadrati a millecinquecento chilometri dall’Australia, si festeggia il Bounty Day, la ricorrenza del giorno in cui i discendenti degli ammutinati della nave Bounty si trasferirono a Norfolk dall’ancor più piccola isola di Pitcairn. La storia dell’ammutinamento capeggiato da Christian Fletcher e dell’incredibile navigazione del capitano Bligh è stata raccontata in tre film diversi (con Clark Gable, Marlon Brando e Mel Gibson, tutti nella parte del capo degli ammutinati). Si conosce meno quello che accadde dopo: le storie, a volte agghiaccianti, degli ammutinati e dei loro discendenti, tra omicidi e scandali legati alla pedofilia.

L’ammutinamento del Bounty
Il Bounty era una nave mercantile acquisita dalla marina militare inglese per una missione botanica: doveva attraversare il globo per raggiungere Tahiti, prelevare alcuni esemplari di albero del pane e trasportarli nei Caraibi. Per comandare la missione venne scelto il capitano Bligh, un ufficiale al suo primo comando. All’epoca Bligh aveva già 45 anni – un’età piuttosto avanzata per un primo comando, che di solito, agli ufficiali più brillanti, capitava molto prima in carriera. Il Bounty partì da Spithead in Inghilterra nel dicembre del 1787. Il viaggio fino a Tahiti durò un anno e comprese un intero mese di tentativi infruttuosi di doppiare Capo Horn, sulla punta del Sudamerica. Il maltempo impedì al Bounty di passare nel Pacifico, e quindi Bligh fu costretto a scegliere la rotta più lunga, passando dal Capo di Buona Speranza (all’estremità meridionale del continente africano). Il ritardo accumulato costrinse la nave a restare ferma a Tahiti per cinque mesi, aspettando che gli alberi del pane arrivassero a una maturazione sufficiente per permetterne il trasporto. Quei cinque mesi, probabilmente, furono la causa dell’ammutinamento. L’equipaggio si trasferì a terra e visse insieme agli indigeni tahitiani – all’epoca a Tahiti non c’era un insediamento europeo. Stando al giornale di bordo, in quei cinque mesi di sosta l’equipaggiò si divertì parecchio. I 44 marinai avevano passato un intero anno, stretti l’uno contro l’altro, a bordo di una nave lunga appena una trentina di metri ed esposti per intere settimane al freddo e alle tempeste di Capo Horn. Gli abitanti di Tahiti si rivelarono sorprendentemente ospitali, tanto che il medico di bordo cominciò a preoccuparsi per la diffusione di malattie veneree tra i marinai. Da questo punto in poi, la ricostruzione degli storici diventa piuttosto divergente. Secondo il racconto popolare, immortalato nei vari film di Hollywood, Bligh per recuperare il ritardo accumulato raddoppiò il rigore e la disciplina a bordo. Già durante il viaggio di andata Bligh era stato un comandante piuttosto duro, ma una volta partiti da Tahiti Bligh punì e umiliò così tanto i suoi marinai da portarli all’ammutinamento. In realtà, stando al giornale di bordo, Bligh non era peggiore della media dei capitani di nave della Royal Navy dell’epoca. Anzi, era persino più tenero – non che oggi la chiameremmo tenerezza. Le fonti storiche sono più o meno concordi nel dire che Bligh non fosse un comandante proprio piacevole, ma nemmeno abbastanza duro da giustificare un ammutinamento, cioè il reato più grave che un marinaio potesse commettere: garantiva una caccia spietata da parte della Royal Navy, che non lesinava sforzi per catturare gli ammutinati, e una condanna a morte per impiccagione. Secondo questa ricostruzione – in qualche modo giustificata dagli eventi successivi – più che dalla dura disciplina di Bligh, l’ammutinamento fu giustificato dal desiderio di alcuni marinai, capeggiati da Christian Fletcher, di tornare a Tahiti dalle tahitiane: quasi tutti dopo l’ammutinamento si sposarono con una di loro. L’equipaggio, in fondo, era costituto da marinai inesperti che dopo un lungo viaggio erano stati sottoposti a un lungo periodo, diciamo, di mollezze. Quale che fosse il motivo, il 28 aprile del 1789 circa 16 marinai, guidati da Fletcher, si impossessarono delle armi di bordo, fecero irruzione nella cabina del capitano e lo fecero prigioniero. Il resto dell’equipaggio non era nemmeno stato informato dell’ammutinamento, ma quando vide Bligh legato e minacciato da Fletcher con una baionetta, non oppose alcuna resistenza.

Il viaggio di Bligh
Bligh venne costretto a imbarcarsi su una scialuppa lunga appena 7 metri insieme ad altri 16 marinai, tra cui anche il chirurgo di bordo. Gli ammutinati lasciarono a Bligh un sestante e un orologio da tasca, per permettergli di calcolare la longitudine e quindi riuscire a navigare, e provviste sufficienti per qualche settimana. Non c’erano insediamenti facili da raggiungere, così Bligh fu costretto a condurre la scialuppa in un lungo viaggio per cercare di raggiungere un porto sicuro. Nel corso del viaggio Bligh e gli altri 16 marinai soffrirono la sete e la fame, dovettero lottare contro il mare agitato e vennero inseguiti dai cannibali. Dopo 47 giorni di viaggio e più di seimila chilometri, Bligh riuscì a condurre la scialuppa dall’isoletta di Tofua, nel mezzo del Pacifico, per più di seimila chilometri fino all’isola di Timor, in Indonesia. Da lì tornò in Inghilterra, dove denunciò l’ammutinamento.

Pitcairn e Norfolk oggi
Abbandonato Bligh, Fletcher diresse il Bounty verso Tahiti per fare rifornimento e imbarcare provviste e, soprattutto, le donne con cui i marinai avevano stabilito una relazione nei cinque mesi di sosta forzata nell’isola. Fletcher e gli altri non potevano rimanere a Tahiti: l’isola si trovava sulle rotte della marina britannica e non potevano correre il rischio di venire scoperti. Sedici uomini vennero sbarcati: si trattava di marinai che non avevano partecipato all’ammutinamento oppure che avevano deciso di correre il rischio di farsi catturare dalla marina pur di restare a Tahiti. Fletcher riprese il mare con otto marinai a bordo, sei uomini tahitiani, 18 donne e un bambino. Nella loro ricerca di un posto sicuro dove nascondersi scartarono diverse isole fino a che non si imbatterono in Pitcairn, una piccola isola disabitata la cui posizione era stata registrata in maniera errata sulle carte geografiche. Fletcher fece sbarcare il suo equipaggio ed incendiò la nave. L’isola aveva abbastanza cibo ed acqua dolce per tutto il piccolo equipaggio e sembrava il luogo ideale dove cominciare una nuova esistenza, ma la vita degli ammutinati fu caratterizzata per molti anni successivi da omicidi e violenze. Fletcher fu probabilmente uno dei primi ammutinati a morire, ucciso durante una ribellione dei maschi tahitiani. Nella stessa ribellione morirono altri quattro ammutinati, mentre tutti e sei i tahitiani furono uccisi per rappresaglia dagli altri tre ammutinati oppure dalle vedove dei marinai uccisi. I sopravvissuti si presero le mogli dei loro compagni morti. Alla rivolta seguì qualche anno di pace, fino a quando uno degli ammutinati riuscì a distillare una bevanda alcolica dalle piante dell’isola. I sopravvissuti, spesso ubriachi, cominciarono ad essere sempre più violenti, anche nei confronti delle loro mogli, che a loro volta si rivoltarono. Nel frattempo l’isola si popolava di decine di bambini. Gli ammutinati intanto, sempre per questioni di alcol o di donne, continuarono ad uccidersi tra di loro, fino a che rimase vivo soltanto uno di loro, John Adams. A quel punto la popolazione dell’isola contava un uomo, 8 donne e diverse decine di bambini. In pochi anni, su 15 maschi originariamente sbarcati a Pitcairn, soltanto due erano morti per cause naturali. L’isola venne riscoperta nel 1808 da una nave americana di passaggio e la notizia del rifugio trovato dagli ammutinati del Bounty si diffuse nel mondo. Nel 1825 Adams ricevette il perdono reale e morì quattro anni dopo. La sua tomba è l’unica ancora identificabile tra tutte quelle degli ammutinati del Bounty. Nel 1856 a Pitcairn abitavano 194 persone, tutti discendenti dei 9 marianai sbarcati dal Bounty. Quell’anno il governo britannico decise di trasferirli visto che l’isola non sembrava più in grado di mantenerli. La destinazione che venne scelta fu l’isola di Norfolk, un’ex colonia penale, dove i discendenti degli ammutinati arrivano l’8 giugno 1856, la data che da allora viene celebrata nel Bounty Day. Oggi Norfolk appartiene all’Australia, ha circa duemila abitanti, di cui più o meno la metà sono diretti discendenti degli ammutinati del Bounty. Nell’Ottocento alcune famiglie ritornarono da Norfolk a Pitcairn – che invece appartiene al Regno Unito – dove ora vivono 50 persone, a loro volta tutte discendenti degli ammutinati. Il Bounty Day a Pitcairn si festeggia il 23 gennaio, il giorno in cui venne bruciato il Bounty. Sia a Norfolk che a Pitcairn si parla uno strano miscuglio di tahitiano e inglese settecentesco, infarcito di parole del gergo marinaresco. La religione più diffusa è l’Avventismo del settimo giorno, un movimento religioso protestante, importato da alcuni missionari alla fine dell’Ottocento. Nel 2003 è nato il primo bambino che appartiene alla nona generazione degli ammutinati del Bounty. Sia Pitcairn che Norfolk negli ultimi anni hanno avuto una storia travagliata che ha in qualche modo ricordato il passato burrascoso degli ammutinati. A Norfolk una donna australiana è stata uccisa nel 2002, il primo omicidio sull’isola dal 1893. Nel 2004 venne ucciso il governatore dell’isola. In entrambi i casi i colpevoli vennero trovati con molta fatica, secondo alcuni a causa della lealtà che lega i discendenti degli ammutinati e che ha reso difficili le indagini. A Pitcairn, nel 2004, una commissione mista di giudici inglesi e australiani, ha condannato sei uomini – poco meno di metà dei maschi adulti dell’isola – per pedofilia e violenza sessuale. Nei mesi precedenti una ventina di donne avevano denunciato una lunga serie di abusi sessuali anche nei confronti di numerosi bambini. Secondo la sentenza l’isolamento di Pitcairn, che non ha una pista di atterraggio e può essere raggiunta soltanto in nave o con un idrovolante, ha permesso lo sviluppo nell’isola di una tolleranza per la promiscuità sessuale anche nei confronti dei più giovani. I sei condannati hanno passato 4 anni in una prigione sull’isola e sono stati rilasciati nel 2010. Il 29 ottobre 2012 la replica del Bounty, costruita per il film del 1962 (quello con Marlon Brando) e stata affondata dall’uragano Sandy. La Guardia costiera riuscì a salvare tutti i membri dell’equipaggio, tranne due. Oltre che nell’Ammutinamento del Bounty, la nave era comparsa anche nel film Pirati dei Caraibi. 

Mary Titton

METEO

Roma (Italia, Europa) coperto +16. Livorno (Italia, Europa) idem. Tagbilaran (Provincia di Bohol, Filippine, Asia) parzialmente nuvoloso +28. Volubilis (Marocco, Africa) parzialmente nuvoloso +31. Sidell (Illinois, Stati Uniti d’America) parzialmente nuvoloso +11Popondetta (Papua Nuova Guinea, Oceania) parzialmente nuvoloso +23.


27 aprile   -249

METEO

Roma (Italia, Europa) sereno +18. Livorno (Italia, Europa) per lo più soleggiato +18. Cecerleg (Mongolia, Asia) per lo più nuvoloso +4. Oyem (Gabon, Africa) lievi rovesci di pioggia +26. Frisco (Texas, Stati Uniti d’America) soleggiato +21. Salelologa (Samoa, Oceania) parzialmente nuvoloso +29.


26 aprile   -250

La notizia del giorno.

Morto il regista Jonathan Demme, premio Oscar per il film “Il silenzio degli innocenti.”

751f8dbbff(Jodie Foster e Anthony Hopkins in una scena del film)

È morto oggi, 26 aprile, all’età di 73 anni, a New York, il regista Jonathan Demme. Si era ammalato di cancro all’esofago nel 2010 e dopo le cure era tornato in pubblico nel 2015 sia come presidente di Giuria alla Mostra del cinema di Venezia nella sezione Orizzonti sia come regista con il film rock “Dove eravamo rimasti” con Meryl Streep. Nato il 22 febbraio 1944, nella contea di New York, da un’attrice e da un albergatore, trascorse l’infanzia a New York e intorno ai 15 anni di età si trasferì con la famiglia a Miami. Appena trentenne, dirige il film “Femmine in gabbia” (1974), che non ottiene un gran successo e il regista torna dietro la macchina da presa a 35 anni con il thriller “Il segno degli Hannan” (1979) che vince il “New York Film”, e con la commedia “Una volta ho incontrato un miliardario” (1980). Raccoglie favorevoli consensi dalla critica e dal pubblico con “Qualcosa di travolgente” (1986), interpretato da Melanie Griffith e Jeff Daniels, e con “Una vedova allegra … ma non troppo” (1988), interpretato da Michelle Pfeiffer e Matthew Modine. Nel 1992 vince il Premio Oscar per la miglior regia per “Il silenzio degli innocenti”, con protagonisti Anthony Hopkins e Jodie Foster (cui Demme avrebbe tuttavia preferito Meg Ryan), già premiato l’anno precedente anche al Festival di Berlino con l’Orso d’Argento e il DGA Award. L’anno successivo è quello dello straordinario successo di “Philadelphia”, il film che racconta la storia dell’avvocato gay Tom Hanks, malato di Aids che fa causa al suo studio legale per essere stato licenziato. Lo affiancherà un collega, interpretato da Denzel Washington, che dovrà superare i suoi pregiudizi per aiutarlo in questa battaglia. Il film regalò il primo Oscar a Tom Hanks e un secondo a Bruce Springsteen per il brano commovente “Streets of Philadelphia”. “Ogni film deve avere il più possibile azione, umorismo, un po’ di sesso e una buona dose di impegno sociale possibilmente orientato a sinistra” diceva Demme se gli si chiedeva qual era la formula per un buon film.

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Roma (Italia, Europa) nuvoloso e ventoso +18. Livorno (Italia, Europa) per lo più nuvoloso +16. Shenzhen (Guangdong, Cina, Asia) per lo più nuvoloso +21. Borama (Somalia, Africa) parzialmente nuvoloso +30. Maceió (Jardim da Saúde – Alagoas, Brasile, Sud America) per lo più soleggiato +28Wangaratta (Victoria, Australia) sereno +9.


25 aprile   -251

La notizia del giorno.

A Potenza studenti protagonisti del 25 aprile.

A Potenza sono stati i ragazzi i protagonisti delle celebrazioni per il 72° anniversario della Liberazione: alla manifestazione, organizzata dalla prefettura nel Parco di Montereale, hanno infatti partecipato gli alunni della classe elementare V^A dell’Istituto comprensivo Busciolano del capoluogo lucano e i rappresentanti della Consulta degli Studenti che hanno letto passi riferiti al periodo storico della Liberazione. Le celebrazioni ufficiali sono cominciate con la deposizione di una corona di alloro al Monumento ai Caduti. A loro, alle nuove generazioni, è stato rivolto il pensiero del prefetto di Potenza, Giovanna Cagliostro: “Il senso di questa celebrazione – ha sottolineato nel suo intervento – deve essere quello di proseguire nell’impegno da parte di tutti, istituzioni, cittadini, studenti, ognuno nel proprio ambito lavorativo, familiare, scolastico, affinché il cammino verso un futuro migliore poggi sui valori della libertà e della democrazia, quella stessa democrazia che molti ci invidiano e che è purtroppo ancora oggi negata dalle dittature”. Il sindaco di Potenza, Dario De Luca, ha invece lanciato un chiaro messaggio alle istituzioni: “Non è sufficiente rendere onore al sacrificio di tante donne e uomini, che hanno combattuto per la libertà, con le parole nel corso di questa ricorrenza, ma è doveroso farlo con i nostri comportamenti quotidiani”. Il sindaco, rivolgendosi ai giovani e agli adulti, ha detto: “Non si può tacere e rassegnarsi dinanzi al degrado che sta coinvolgendo le nostre istituzioni pubbliche, la corruzione dilagante, la dissipazione di denaro pubblico, la degenerazione di larghi strati della burocrazia, sempre più caratterizzata da incompetenza e incapacità, fino al punto di costituire essa stessa un freno allo sviluppo del Paese. Non dobbiamo tacere dinanzi a questi fenomeni, ma anzi dobbiamo indignarci e reagire e pretendere un’inversione di rotta, proprio per rendere onore a chi ci ha garantito la libertà.”

Avvenimenti e Protagonisti del passato.

Il 25 aprile 1945

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il Comitato di Liberazione Nazionale Alta Italia (CLNAI), il cui comando aveva sede a Milano ed era presieduto da Luigi Longo, Emilio Sereni, Sandro Pertini e Leo Valiani, proclamò l’insurrezione in tutti i territori ancora occupati dai nazifascisti, indicando a tutte le forze partigiane attive nel Nord Italia, facenti parte del Corpo Volontari della Libertà, di attaccare i presidi fascisti e tedeschi imponendo la resa, prima dell’arrivo delle truppe alleate; parallelamente il CLNAI emanò in prima persona dei decreti legislativi, assumendo il potere «in nome del popolo italiano e quale delegato del Governo Italiano», stabilendo tra le altre cose la condanna a morte per tutti i gerarchi fascisti, incluso Benito Mussolini, che sarebbe stato raggiunto e fucilato tre giorni dopo. «Arrendersi o perire!» fu la parola d’ordine intimata dai partigiani quel giorno e in quelli immediatamente successivi. Entro il 1º maggio tutta l’Italia settentrionale fu liberata: Bologna il 21 aprile, Genova il 23 aprile e Venezia il 28 aprile. Il termine effettivo della guerra sul territorio italiano, con la resa definitiva delle forze nazifasciste all’esercito alleato, si ebbe solo il 3 maggio, come stabilito formalmente dai rappresentanti delle forze in campo durante la cosiddetta resa di Caserta firmata il 29 aprile 1945: tali date segnano anche la fine del ventennio fascista. Su proposta del presidente del Consiglio Alcide De Gasperi, il principe Umberto II, allora luogotenente del Regno d’Italia, il 22 aprile 1946 emanò un decreto legislativo luogotenenziale, “Disposizioni in materia di ricorrenze festive” che recitava: «A celebrazione della totale liberazione del territorio italiano, il 25 aprile 1946 è dichiarato festa nazionale.» La ricorrenza venne celebrata anche negli anni successivi, ma solo il 27 maggio 1949, con la legge 260 è stata istituzionalizzata stabilmente quale festa nazionale. Da allora, annualmente, in tutte le città italiane – specialmente in quelle decorate al valor militare per la guerra di liberazione – vengono organizzate manifestazioni pubbliche in memoria dell’evento. La Liberazione mise così fine a venti anni di dittatura fascista e a cinque anni di guerra; la data del 25 aprile simbolicamente rappresenta il culmine della fase militare della Resistenza e l’avvio effettivo di una fase di governo da parte dei suoi rappresentanti, che porterà prima al referendum del 2 giugno 1946 per la scelta fra monarchia e repubblica – consultazione nella quale per la prima volta furono chiamate alle urne per un voto politico le donne – e poi alla nascita della Repubblica Italiana, fino alla stesura definitiva della Costituzione. A seguire una carrelata di foto dell’epoca della lotta partigiana:

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24 aprile   -252

La notizia del giorno.

Elezioni in Francia: Macron e Le Pen al ballottaggio.

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Tra due settimane sarà tra Emmanuel Macron e Marine Le Pen il ballottaggio per la scelta del nuovo presidente francese. Le previsioni della vigilia, dunque, sono state rispettate: Emmanuel Macron scavalca Marine Le Pen nei voti reali. Il ministero dell’Interno francese comunica che il candidato indipendente è al 23,75%, la leader del Front National al 21,53%. A seguire il candidato del centrodestra Francois Fillon al 19,9%, poi quello di sinistra Jean-Luc Melenchon al 19,6%, il socialista Hamon al 6,3% e Dupont-Aignant al 6,3%. Il ballottaggio è lo specchio del nuovo mondo: da una parte l’ex banchiere Emmanuel Macron (23,8 per cento con 8 milioni e 273mila voti), uno che ha deciso di fondare il movimento En Marche! per correre alle elezioni da solo, dall’altra Marine Le Pen (21,6 per cento con 7 milioni e 515mila preferenze), la leader dell’estremista e tanto rivendicato anti-sistema Front National. Il primo ha eliminato i socialisti, di cui tra le altre cose è un prodotto, al grido di “non sono né di destra né di sinistra”; la seconda ha cancellato i Repubblicani, gli ex gaullisti. Resiste Jean-Luc Mélenchon (19,5, 6 milioni 805mila voti): un altro ex socialista che ha giocato la sua partita fuori da tutti i campi tradizionali e trascinando la sua sinistra a 19 per cento, un record. Fuori – per la prima volta i gaullisti di François Fillon (19,9 e 6 milioni e 930mila voti), demoliti e umiliati i socialisti di Benoit Hamon (6,3 e solo 2 milioni e 207mila voti). Hanno perso i partiti tradizionali, le loro strutture chiuse e farraginose, la loro lentezza nel modificare approccio e modificarsi. Il campanello d’allarme è stato il disgusto verso la politica e la richiesta di cambiamento dell’elettorato durante la presidenza di François Hollande: il disagio l’hanno sentito tutti, hanno saputo rispondere solo quelli che si sono presentati come “nuovi” prima di tutti gli altri. Macron è l’emblema di questo cambiamento. A lui che è stato ministro dell’Economia con Hollande, i socialisti avevano fatto capire che avrebbe dovuto mettersi in fila prima di candidarsi come presidente “perché troppo giovane”. Si è inventato un Movimento, che si pone come obiettivo quello di prendere voti a destra e a sinistra. Non è stato tanto importante l’essere effettivamente fuori dalle parti, ma il saper dimostrare che con lui non ci sarebbe più stata la vecchia guardia. Marine Le Pen è figlia dell’ex candidato del Front National e appartiene a una della famiglie più ricche della Francia, dal 2004 siede a Bruxelles come eurodeputata. Più establishment di così si muore, ma per gli elettori non ha importato. Ha saputo presentarsi come quella che, fuori da qualsiasi regola o compromesso, è pronta ad andare contro il sistema: quindi contro ogni richiesta dell’Ue e pronta ad andare fino in fondo, che sia l’uscita dalla Nato o quella dall’Euro. Marine riesce nell’impresa che fu possibile solo al padre: arrivare al secondo turno delle elezioni presidenziali rompendo il tabù. Nonostante gli annunci non è contenta: avrebbe voluto arrivarci come trascinatrice e invece le tocca inseguire, in una battaglia che appare già persa. Infatti secondo un sondaggio Ipsos/sopra Steria realizzato per France Info, al ballottaggio Emmanuel Macron otterrebbe il 62% delle preferenze contro il 38% di Marine Le Pen.

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Roma (Italia, Europa) soleggiato +18. Livorno (Italia, Europa) parzialmente nuvoloso +19. chongqing (Cina, Asia) pioggia debole  +20Welkom (Sudafrica) soleggiato +22. Flint (Michigan, Stati Uniti d’America) soleggiato +16. Majuro (Oceania) nuvoloso +27.


23 aprile   -253

La notizia del giorno.

Spari contro Kuki Gallmann, ferita in modo grave.

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La scrittrice italiana naturalizzata keniota, Kuki Gallmann, è stata ferita a colpi di arma da fuoco nel suo ranch, a circa 300 chilometri da Nairobi, presumibilmente da un gruppo di pastori che hanno invaso la tenuta in cerca di pascoli per salvare i loro animali dalla siccità. È stata colpita allo stomaco mentre stava pattugliando il ranch nella sua riserva, la Laikipia Nature Conservancy, insieme all’autista. Secondo quanto riferisce un amico di famiglia, mentre era sul veicolo, è stata costretta a fermarsi per la presenza di un albero a terra lungo il percorso. A quel punto gli assalitori le hanno sparato, ma la Gallmann è stata salvata dall’intervento dei ranger del Servizio fauna selvatica del Kenya, che si sono scontrati con gli aggressori. Trasportata in elicottero all’ospedale di Nanyuki dove ha ricevuto le prime cure, è stata trasferita in un altro ospedale a Nairobi per essere operata. Amici di famiglia in contatto con la figlia Sveva, hanno fatto sapere che la scrittrice è in grado di parlare. Kuki Gallmann, figlia dello scrittore trevigiano Cino Boccazzi, vive in Kenya dal 1972, quando si trasferì con il secondo marito Paolo e il figlio Emanuele, morti rispettivamente nel 1980 per un incidente d’auto e nel 1983 per il morso di un serpente. Cinque mesi dopo la morte del marito diede alla luce la sua seconda figlia, Sveva. Nonostante i gravi lutti, decise di rimanere in Africa. Conosciuta nel mondo per la sua battaglia contro il contrabbando delle zanne d’avorio degli elefanti, nella regione della Laikipia è proprietaria di una riserva di circa 360 km quadrati, in cui ospita e protegge esemplari rari della fauna e flora africana, come il rinoceronte nero. Inoltre, organizza per la popolazione locale progetti di comunità, istruzione, arti e sport. Nella sua tenuta si riuniscono scienziati e botanici, etnologi e zoologi, veterinari ed erboristi, con l’obiettivo di conservare intatte le bellezze di quei luoghi, che si estendono dal monte Kenya all’orlo della grande Rift Valley. Ma anche gli indigeni hanno la possibilità di ritrovare le loro abilità creative tradizionali, dalla lavorazione della pelle alla medicina delle erbe. Già un mese fa una struttura turistica all’interno della sua riserva era stata data alle fiamme, senza che ci fossero vittime. La situazione in Kenya è molto tesa a causa della siccità che ha colpito la regione. I pastori nell’ultimo periodo si sono resi protagonisti di diversi atti violenti e hanno invaso terreni privati per poter sfamare il proprio bestiame. Il rancher britannico e organizzatore di safari Tristan Voorspuy è stato ucciso all’ inizio di marzo mentre controllava i suoi alloggi a Laikipia. La Bbc però ipotizza che dietro alle ripetute aggressioni dei pastori ci possano essere delle ragioni politiche: il giornalista Alastair Leithead il mese scorso ha provato a indagare sulle motivazioni delle proteste, ma è stato costretto a fuggire a colpi d’arma da fuoco.

METEO

Roma (Italia, Europa) sereno +12. Livorno (Italia, Europa) idem. Tsingtao (Shandong, Cina, Asia) sereno con nuvolosità sparsa +14. Chisimaio (Somalia, Africa) poco nuvoloso +29 Brownsweg (Suriname, Sud America) pioggia+27Deloraine (Tasmania, Australia) nuvoloso +12.


22 aprile   -254

La notizia del giorno.

Radiato dall’ordine di Treviso il primo medico anti-vaccini.

Poster_for_vaccination_against_smallpox(Manifesto degli anni ’60 della Campagna che sosteneva la vaccinazione contro il vaiolo negli Stati Uniti)

L’ordine dei medici di Treviso ha radiato un suo iscritto, il ministro della Salute e il presidente dell’Istituto superiore di Sanità esultano parlando della “prima radiazione di un medico anti vaccini”, mentre i suoi legali protestano contro una condanna che definiscono dettata da “massimo arbitrio e irragionevolezza”. A quattro giorni dalla contestatissima puntata di Report, il tema vaccini infiamma nuovamente la cronaca italiana: questa volta coinvolge un medico, il dottor Roberto Gava, radiato dal suo ordine e accusato dalle alte sfere della sanità italiana di essere contrario alle vaccinazioni. L’accusa è rigettata dai suoi avvocati, Silvio Riondato e Giorgio Piccolotto, che, in un post sul profilo Facebook del medico, contestano aspramente la sanzione decisa dall’ordine: “è stato condannato soltanto per le sue idee, idee ben fondate sull’esigenza di personalizzazione di ogni vaccinazione per prevenire i gravi pericoli e i vari danni da vaccino ai singoli pazienti, contro la vaccinazione indiscriminata di massa. In mancanza della motivazione che ritarda rispetto alla divulgata notizia sulla sanzione della radiazione inflitta al dottor Roberto Gava dall’Ordine dei medici di Treviso, la Difesa del dottor Gava nota che la radiazione è conforme alle attese fin dalle primissime fasi del procedimento, perché già allora il Presidente dell’Ordine Luigino Guarini ha comunicato a più persone che il procedimento contro Gava sarebbe stato un ‘processo a Galileo Galilei’, il quale com’è noto è stato ingiustamente e pesantemente condannato, come ora capita al dottor Gava”. Laureato in Medicina e Chirurgia all’Università di Padova, specializzato in Cardiologia, Farmacologia Clinica e Tossicologia Medica, e poi studioso di Agopuntura Cinese, Omeopatia Classica, Bioetica e Ipnosi Medica, Gava è autore di testi di Farmacologia e numerose pubblicazioni scientifiche. “Da una ventina d’anni sto cercando di studiare gli approcci medici non convenzionali rivedendoli anche alla luce delle attuali conoscenze scientifiche, essendomi convinto che il medico deve aprirsi a molte tecniche terapeutiche scegliendo di volta in volta per il suo paziente quella più appropriata”, scrive nella sua biografia.

Avvenimenti e Protagonisti del passato.

Rita Levi-Montalcini.

Rita_997-710_resize(Immagine dal Corriere della sera)

“Affrontare la vita con totale disinteresse alla propria persona e con la massima attenzione verso il mondo che ci circonda, sia quello inanimato che quello dei viventi. Questo, ritengo, è stato il mio unico merito”. (Rita Levi-Montalcini). Invece i meriti della professoressa sono stati parecchi, a giudicare dai numerosi riconoscimenti che la neurologa, senatrice, ha ricevuto lungo la sua lunga esistenza, incluso il più alto, il Premio Nobel assegnatole nel 1986 “per le sue scoperte e l’individuazione di fattori di crescita cellulare”. La scienziata, nata a Torino il 22 aprile 1909, apparteneva a una famiglia ebraico-sefardita di cultura raffinata ma tradizionalista, dominata dalla figura del padre, tanto affettuoso quanto autoritario. La sua volontà esigeva dalle tre figlie incondizionata obbedienza dovendo sottostare a una rigida educazione vittoriana che non crei conflitti tra il loro ruolo di future mogli e madri e le esigenze di una possibile carriera professionale. Sebbene i rapporti con il padre risentissero di una certa difficoltà di comunicazione, differentemente dalla gemella Paola, Rita ereditò da questo, il quale la chiamava affettuosamente “sensitiva”, la dedizione al lavoro e la serietà, nonché una concezione prettamente laica della vita, che la portò fin dall’infanzia a dichiararsi pubblicamente “una libera pensatrice”, suscitando grande stupore tra i suoi compagni, i quali mai avevano udito una simile espressione. La difficoltà di essere donna la portò a scontrarsi con il padre circa la volontà di intraprendere gli studi alla Facoltà di Medicina. I tempi vittoriani relegavano, infatti, le ambizioni di una donna esclusivamente al mondo familiare, e il destino di Rita Levi-Montalcini sembrava essere segnato. La determinazione le consentì di ribellarsi al dogmatismo e al bigottismo sociale, infondendole il coraggio di ribellarsi al padre. Rita ha sempre affermato di sentirsi una donna libera rivendicando il diritto di scegliere in autonomia la propria strada. Ha rinunciato per scelta a un marito e a una famiglia per dedicarsi interamente alla scienza, la sua vera vocazione. Riguardo alla propria esperienza di donna nell’ambito scientifico, ha descritto i rapporti coi collaboratori e studiosi sempre amichevoli e paritari, sostenendo che le donne costituiscono al pari degli uomini un immenso serbatoio di potenzialità, sebbene ancora lontane dal raggiungimento di una piena parità sociale. “L’umanità è fatta di uomini e donne e deve essere rappresentata da entrambi i sessi” e “Le capacità mentali dell’uomo e della donna sono le stesse: abbiamo uguali possibilità e differente approccio” affermava con ferrea determinazione. Rita superò a pieni voti gli esami che le permisero di accedere al “solenne anfiteatro dell’Istituto anatomico della facoltà di medicina” dell’Università di Torino. Si laureò a pieni voti sotto la guida dell’istologo Giuseppe Levi, convinto antifascista e coraggioso oppositore del regime di Mussolini, con gli amici e colleghi Salvador Luria e Renato Dulbecco, durante la sessione estiva del 1936. Agli albori dell’annunciata e temuta seconda guerra mondiale, nemmeno giornali e riviste sino ad allora politicamente neutrali, come “la Stampa”, mostrarono pietà per gli ebrei e tutti coloro definiti semiti. Il 14 luglio del 1938 uscì su tutti i quotidiani il manifesto firmato da dieci scienziati italiani, nel quale si dichiarava che gli ebrei non appartenevano alla “razza italiana”; tra questi spiccavano nomi noti: il fisiologo Sabato Visco e l’endocrinologo Nicola Pende. Questo spirito antisemita diffusosi tra la popolazione la convinse ad accettare la proposta di proseguire le ricerche di neurologia presso l’Università di Bruxelles, offertale dal professor Laruelle: era l’inizio di un lungo viaggio che avrebbe portato la ricercatrice a viaggiare continuamente. Per sottrarsi alla persecuzione razziale dovette nascondersi, insieme ad alcuni membri della sua famiglia, presso conoscenti ed amici e, in un’occasione, scampò miracolosamente alla cattura dei nazisti  grazie all’intervento di una domestica che l’avvisò per tempo. Nel 1947 il biologo Viktor Hamburger, al quale si era ispirata per molti suoi lavori, la invitò a St. Louis, a prendere la cattedra di docente del corso di neurobiologia al Dipartimento di zoologia della Washington University. Certa di rimanere negli Stati Uniti solo pochi mesi, quella che doveva essere una breve permanenza si rivelò poi una scelta trentennale. Negli USA rimase fino al 1977, dove realizzò gli esperimenti fondamentali che la condussero, nel ’51-’52, durante la sperimentazione di un trapianto di tumore di topo sul sistema nervoso dell’embrione di un pulcino, alla scoperta del fattore di crescita nervoso, una proteina che gioca un ruolo essenziale nella crescita e differenziazione delle cellule nervose sensoriali e simpatiche. Questa scoperta “andava contro l’ipotesi dominante nel mondo scientifico che il sistema nervoso fosse statico e rigidamente programmato dai geni”. Dal 1989 al 1995 lavorò presso l’Istituto di neurobiologia del CNR con la qualifica di “superesperto”, concentrandosi sullo spettro di azione dell’NGF (il fattore di crescita delle cellule nervose). Qui ha lavorato spesso con i giovani ai quali indicava di “non concentrare l’attenzione solo su se stessi ma di partecipare ai problemi sociali e fare proposte volte al miglioramento del mondo attuale”. Alla base di questa volontà di confronto con i giovani vi era una profonda fiducia nelle capacità innovative dell’uomo descrivendone anche i limiti: “Oggi, rispetto a ieri, i giovani usufruiscono di una straordinaria ampiezza di informazioni; il prezzo è l’effetto ipnotico esercitato dagli schermi televisivi che li disabituano a ragionare (oltre a derubarli del tempo da dedicare allo studio, allo sport e ai giochi che stimolano la loro capacità creativa). Creano per loro una realtà definita che inibisce la loro capacità di “inventare il mondo” e distrugge il fascino dell’ignoto”. Dal 1993 al 1998 presiedette l’Istituto dell’ Enciclopedia Italiana, istituzione che è riuscita a rilanciare in quegli anni. Nel 1999 è stata nominata ambasciatrice dell’Organizzazione per l’Alimentazione e l’Agricoltura (FAO) per contribuire ad una campagna contro la fame nel mondo. È stata membro delle  maggiori accademie scientifiche internazionali. Ha collaborato con l’Istituto Europeo di Ricerca sul Cervello (Fondazione EBRI), da lei fondato nel 2001 e presso il quale ha proseguito, fino a poco tempo prima di morire, all’età di 103 anni, la sua attività di ricerca, affiancata da un costante impegno in campo sociale e politico e sostanziata dalla profonda riflessione etica che ne ha animato l’intero percorso di vita. In occasione del compimento dei cento anni ebbe modo di dichiarare: “Il corpo faccia quello che vuole. Io non sono il corpo: io sono la mente”. Rita Levi-Montalcini ha scritto numerosi libri tra cui la sua autobiografia “Elogio dell’imperfezione”, pubblicato nel 1987, nella quale, inoltre, descrive in modo suggestivo e appassionante lo spirito di avventura di fronte all’indagine scientifica della ricerca: “La giungla che mi si presentava davanti in quel momento era più affascinante di una foresta vergine: si trattava del sistema nervoso con i suoi miliardi di cellule aggregate in popolazioni le une differenti dalle altre e rinserrate nel viluppo apparentemente inestricabile dei circuiti nervosi che si intersecano in tutte le direzioni nell’asse cerebro-spinale. Si aggiungeva, al piacere che pregustavo, quello di attuare il progetto nelle condizioni proibitive create attorno a noi dalle leggi razziali. Se Cajal, con il suo passo da gigante e il suo eccezionale intuito, aveva osato addentrarsi in quella giungla, perché non avventurarmi a mia volta nella strada aperta da lui?”.  
Mary Titton

METEO

Roma (Italia, Europa) sereno +11. Livorno (Italia, Europa) sereno con nuvolosità sparsa +13. Urmia (Regione dell’Azarbaijan occidentale, Iran, Asia) Sereno con nuvolosità sparsa +14. Sumbe (Angola, Africa) Sereno con nuvolosità sparsa +25. Chesapeake (Virginia, Stati Uniti d’America) nuvoloso +13. Hawke’ Bay (Nuova Zelanda, Oceania) coperto +5.


21 aprile   -255

La notizia del giorno.

Oggi ricorre il natale di Roma.

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Roma festeggia il suo 2770° natale con iniziative che si protrarranno fino a domenica. Quattro giorni di eventi che coinvolgeranno la Capitale dal 20 al 23 aprile e che prevedono un regalo speciale per la giornata del 21 aprile: l’accesso gratuito per tutti, residenti e non, ai Musei Civici della città e alle aree archeologiche di pertinenza di Roma Capitale ad esclusione del Planetario, dello spazio espositivo dell’Ara Pacis e del nuovo spazio espositivo del Museo di Roma. Un ricco programma di eventi che è iniziato giovedì 20 aprile con la lettura dei sonetti di Belli, dalle 16:00 alle 19:00, nella Sala della Protomoteca a cura della Sovrintendenza Capitolina: un omaggio che la città fa al suo massimo poeta. Per questo a leggere i sonetti sono stati convocati cittadini romani, italiani e europei, visto che oggi Belli è dopo Dante, il poeta italiano più tradotto al mondo. Il cuore delle celebrazioni è oggi venerdì 21 aprile: la giornata si è aperta alle 9:00 in Campidoglio, nella Sala della Protomoteca, con il seminario internazionale di studi storici “Da Roma alla terza Roma” sul tema “Le città dell’Impero da Roma a Costantinopoli a Mosca. Fondazione e organizzazione, capitale e province”. E’una festa che coinvolge l’intera città: alle 12:00 in piazza del Campidoglio ci sarà il concerto della Banda Musicale del Corpo della Polizia Locale di Roma Capitale in divisa storica che farà da contrappunto a una serie di concerti delle bande dei corpi militari che avranno luogo in diversi municipi della città. Una celebrazione importante anche per il mondo dell’arte, alle 16:00 nella Sala degli Arazzi del Palazzo dei Conservatori dei Musei Capitolini sarà inaugurata la mostra “Gli autografi michelangioleschi ritrovati: La Cleopatra e il Sacrificio d’Isacco”, in questa occasione sarà presentata al pubblico la recente scoperta di un autografo michelangiolesco effettuata durante un’operazione di restauro: sul verso di un disegno custodito a Casa Buonarroti a Firenze è comparso infatti un inedito schizzo del maestro raffigurante un Sacrificio di Isacco, che sarà a fianco de La Cleopatra, altro pregevole disegno attribuibile al maestro riscoperto pochi anni fa in analoghe circostanze. Ai due disegni saranno affiancate a confronto opere delle collezioni capitoline. Il 21 aprile riapre pure i battenti il Roseto comunale che con le sue 1.100 varietà di rose botaniche, antiche e moderne, provenienti da tutto il mondo, è pronto a stupire romani e turisti. La riapertura del Roseto di Roma sarà dunque l’occasione per ammirare una delle più prestigiose collezioni botaniche della Capitale in un luogo suggestivo e romantico. Per il Natale di Roma spazio anche alla musica della tradizione: a Ponte Milvio il concerto Roma canta Roma che porterà tra i banchi del mercato rionale, per l’occasione eccezionalmente aperti in notturna, gli stornelli romani. Imperdibile l’appuntamento al Colosseo che sarà teatro di un concerto straordinario: The Choir of Sidney Sussex College dell’Università di Cambridge si esibisce a partire dalle ore 10:00 di mattina all’ interno dell’Anfiteatro Flavio. Il complesso vocale, fondato nel XVI secolo, è specializzato nell’esecuzione della musica rinascimentale, di cui offrirà un corposo programma ai visitatori del Colosseo, per un concerto che è incluso nel costo del biglietto. Domenica 23 aprile, a conclusione delle celebrazioni, dalle 11:00 il Gruppo Storico romano partirà in corteo dal Circo Massimo passando per i Fori Imperiali fino a chiudere con la deposizione di una corona di alloro sotto la statua dell’Imperatore.

Avvenimenti e Protagonisti del passato.

La fondazione di Roma tra mito e storia.

Romolo_e_remo(Faustolo trova Romolo e Remo allattati dalla lupa, Peter Paul Rubens 1616)

La data della fondazione di Roma è stata fissata al 21 aprile dell’anno 753 a.C. dallo storico latino Varrone, sulla base dei calcoli effettuati dall’astrologo Lucio Taruzio. Altre leggende, basate su altri calcoli, indicano date diverse. I Romani avevano elaborato un complesso racconto mitologico sulle origini della città e dello stato, che ci è giunto con le opere storiche di Tito Livio, Dionigi di Alicarnasso, Plutarco e attraverso le opere poetiche di Virgilio e Ovidio, quasi tutti vissuti nell’età augustea. In quest’epoca le leggende, riprese da testi più antichi, vengono rimaneggiate e fuse in un racconto unitario, nel quale il passato viene interpretato in funzione delle vicende del presente. Infatti soprattutto Virgilio e Tito Livio attraverso le loro opere si propongono di celebrare il principato di Ottaviano e la pax augustea, facendo risalire l’origine della gens Iulia ad Ascanio, figlio di Enea, chiamato anche Iulo dai Latini. In particolare Virgilio nell’“Eneide” ricollega la fondazione della città alla vicenda dell’eroe troiano figlio di Venere, fuggito da Troia in fiamme, presa con l’inganno dagli Achei, con il vecchio padre Anchise sulle spalle e il figlioletto Asanio per mano, mentre la moglie Creusa veniva risucchiata dalle ombre dell’Ade. I primi sei libri del famoso poema epico raaccontano, infatti, le peregrinazioni di Enea, che, per l’ira di Giunone, dopo il naufragio della flotta, è costretto ad approdare a Cartagine dove, accolto dalla regina della città, Didone, se ne innamora e rimane per un anno a regnare al suo fianco. Poi, però, per ordine del Fato e di Giove, l’eroe deve ripartire per adempiere la sua missione, portare i Penati di Troia nel Lazio, abbandonando Ellissa, che, sentendosi ingannata e tradita, lancia, prima di suicidarsi, la famosa invettiva, a cui Virgilio ricollega le future guerre puniche e la discesa di Annibale in Italia: “Allora voi, o Tirii, tormentate con l’odio la sua stirpe e tutta/la razza futura, e mandate questi doni alle nostre/ceneri. Non ci sia né amore né patto tra i popoli./Sorga un vendicatore dalle nostre ossa/a perseguitare i coloni dardani col ferro e col fuoco./Ora, in seguito o in qualunque momento si presenteranno le forze./Io auguro che le coste siano contrarie alle coste,/le onde ai flutti: combattano loro stessi e i nipoti”. Dopo varie peregrinazioni nel Mediterraneo e la discesa nell’Ade, dove l’ombra di Anchise gli indica i suoi futuri discendenti, i gloriosi protagonisti della storia di Roma, Enea approda nel Lazio nel territorio di Laurento. Si narra che una volta conosciuta la figlia del re, Lavinia, i due giovani si innamorassero perdutamente l’uno dell’altra, sebbene Lavinia fosse stata già promessa in sposa a Turno, re dei Rutuli. Latino si convinse ad assecondare i desideri della giovane figlia ed a permetterle di sposare l’eroe giunto da Troia, pur sapendo che prima o poi avrebbe dovuto affrontare Turno, il quale non aveva accettato che lo straniero venuto da lontano gli fosse preferito. Gli altri sei libri dell’“Eneide” raccontano, dunque, la guerra con Turno, re dei Rutuli, che non portò nessuna delle due parti a rallegrarsi. I Rutuli furono vinti e Latino, re alleato di Enea, fu ucciso. Il conflitto vide il tiranno etrusco Mezenzio e la maggior parte delle popolazioni italiche correre in appoggio di Turno, mentre Enea ottenne l’alleanza dei Liguri, di alcune popolazioni greche provenienti da Argo e stanziate nella città di Pallante sul Palatino, regno dell’arcade Evandro e di suo figlio Pallante, nonché degli Etruschi ostili a Mezenzio. Qui Virgilio inserisce l’episodio dei troiani Eurialo e Niso che, uscendo nottetempo dal campo per andare incontro ad Enea, fecero irruzione in quello dei nemici, che giacevano addormentati, e vi fecero una strage di giovani guerrieri, poi scoperti vennero uccisi entrambi, legati in morte come lo erano stati in vita; né manca il compianto per i giovani di entrambe le parti morti nella guerra, tra cui Pallante caduto come “il fiore reciso dall’aratro”, nel duello contro Turno, che riuscì a spogliarlo della cintura. Ferito Turno, Enea fu tentato di risparmiarlo, ma alla vista della cintura di Pallante non esitò ad ucciderlo, mettendo così fine alla guerra. Enea poté finalmente sposare Lavinia e fondare la città di Lavinio (l’odierna Pratica di Mare). Trent’anni dopo la fondazione di Lavinio, il figlio di Enea, Ascanio, fonda una nuova città: Alba Longa, sulla quale regnarono i suoi discendenti per numerose generazioni, dal XII all’VIII secolo a.C., come racconta Tito Livio. Molto tempo dopo il figlio e legittimo erede del re Proca di Alba Longa, Numitore, viene spodestato dal fratello Amulio, che costringe sua nipote Rea Silvia, figlia di Numitore, a diventare vestale e a fare quindi voto di castità per impedirle di generare un possibile pretendente al trono. Il dio Marte però s’innamora della fanciulla e la rende madre di due gemelli, Romolo e Remo. Il re Amulio, informato della nascita, ordina l’assassinio dei gemelli per annegamento, ma il servo incaricato non trova il coraggio di compiere tale misfatto e li abbandona sulla riva del fiume Tevere. Rea Silvia non subirà la pena di morte riservata alle vestali che infrangevano il voto di castità in quanto di stirpe reale, ma verrà messa in isolamento dal re. La cesta nella quale i gemelli erano stati adagiati si arenerà presso la palude del Velabro, tra Palatino e Campidoglio, nei pressi di quello che sarà poi il foro romano, alle pendici di una cresta del Palatino, il Germalus, sotto un fico, il fico ruminale o romulare, nei pressi di una grotta detta Lupercale. Qui i due bimbi vengono trovati e allattati da una lupa che aveva perso i cuccioli ed era stata attirata dal pianto dei gemelli (secondo alcuni la lupa era forse una prostituta, all’epoca le prostitute erano chiamate anche lupae, donde l’italiano lupanare), e protetti da un picchio, entrambi animali sacri ad Ares. In quei luoghi portava al pascolo il gregge il pastore Faustolo, porcaro di Amulio, che trova i gemelli e insieme con la moglie Acca Larenzia (secondo alcuni detta lupa dagli altri pastori, forse in quanto dedita alla prostituzione) e li cresce come suoi figli. Una volta adulti, conosciuta la propria origine, Romolo e Remo fanno ritorno ad Alba Longa, uccidono Amulio e rimettono sul trono il nonno Numitore; non volendo poi abitare ad Alba Longa senza potervi regnare finché era in vita il nonno materno, ottengono il permesso di andare a fondare una nuova città nel luogo dove erano cresciuti. Romolo vuole chiamarla Roma ed edificarla sul Palatino, mentre Remo la vuole chiamare Remora e fondarla sull’Aventino. È lo stesso Livio che riferisce le due più accreditate versioni dei fatti: «Siccome erano gemelli e il rispetto per la primogenitura non poteva funzionare come criterio elettivo, toccava agli dei che proteggevano quei luoghi indicare, interrogati mediante aruspici, chi avrebbe dato il nome alla città e chi vi avrebbe regnato. Per interpretare i segni augurali, Romolo scelse il Palatino e Remo l’Aventino. Il primo presagio, sei avvoltoi, si dice toccò a Remo. Dal momento che a Romolo ne erano apparsi dodici quando ormai il presagio era stato annunciato, i rispettivi gruppi avevano proclamato re entrambi. Gli uni sostenevano di aver diritto al potere in base alla priorità nel tempo, gli altri in base al numero degli uccelli visti. Ne nacque una discussione e dallo scontro a parole si passò al sangue: Remo, colpito nella mischia, cadde a terra. È più nota la versione secondo la quale Remo, per prendere in giro il fratello, avrebbe scavalcato le mura appena erette [più probabilmente il pomerium, il solco sacro] e quindi Romolo, al colmo dell’ira, l’avrebbe ucciso aggiungendo queste parole di sfida: «Così, d’ora in poi, possa morire chiunque osi scavalcare le mie mura». In questo modo Romolo s’impossessò del potere e la città prese il nome del suo fondatore. » (Livio, I, 7 – traduzione di G. Reverdito). La versione di Plutarco è simile a quella di Livio, con l’eccezione che Romolo potrebbe non aver avvistato alcun avvoltoio. La città, di forma quadrata, fu quindi fondata sul Palatino, nella sesta Olimpiade, e Romolo divenne il primo Re di Roma. I moderni studi archeologici, che si basano su queste e su altre fonti scritte, nonché sugli oggetti e sui resti di costruzioni rinvenuti in vari momenti negli scavi, tentano di ricostruire la realtà storica che sta dietro il racconto mitico, nel quale man mano si sono andati riconoscendo elementi di verità. Secondo la storiografia moderna, Roma non fu fondata con un atto volontario, invece nacque, come altri centri coevi dell’Italia centrale, dalla progressiva riunione di nuclei abitati sparsi, fenomeno detto sinecismo.

METEO

Roma (Italia, Europa) soleggiato +18. Livorno (Italia, Europa) idem. Tel Aviv (Israele, Asia) sereno con nuvolosità sparsa +23. Jos (Nigeria, Africa) sereno con nuvolosità sparsa +24. Mobile (Alabama, Stati Uniti d’America) per lo più soleggiato +22. Rabaul (Papua Nuova Guinea, Oceania) parzialmente nuvoloso +27.


20 aprile   -256

La notizia del giorno.

Torna la paura terrorismo a Parigi: l’Isis rivendica l’attacco.

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Ieri sera, a Parigi sugli Champs-Elysees, nei pressi del grande magazzino “Marks & Spencer”, di fronte alla brasserie Fouquet’s, un uomo ha sparato uccidendo un poliziotto e ferendone altri due, prima di venire abbattuto. Ferita anche una passante, è una donna di nazionalità tedesca, non è una turista, ma vive in Francia da diversi anni: è quanto scrive BFM-TV aggiungendo che la donna è stata “ferita al piede, deve essere operata”. “Tutte le piste conducono al terrorismo”, aveva detto a caldo il presidente francese Francois Hollande, parlando in diretta tv, e la conferma è arrivata poi da Site, con la rivendicazione dell’Isis, che scioglie anche il giallo sul presunto secondo attentatore: “Era solo uno”, scrive Site. Ma c’è un giallo su un secondo terrorista in fuga: l’agenzia Belga scrive che la polizia ha emesso un avviso di ricerca per un secondo sospetto implicato nell’attentato: sarebbe arrivato nella capitale francese in treno dal Belgio, ma non ci sono conferme ufficiali. Malgrado la prudenza del governo nelle prime dichiarazioni, tutto – a partire dall’arma utilizzata, una sorta di marchio di fabbrica del terrore in Europa – sembra propendere per un gesto programmato e organizzato. L’uomo che ha sparato contro gli agenti è morto, freddato da altri agenti. La sparatoria è avvenuta mentre andava in onda l’ultimo confronto fra i candidati alle presidenziali in vista del voto di domenica. Marine Le Pen del Front National ed il gollista Francois Fillon hanno cancellato gli impegni elettorali per la giornata di domani. In tutto il Paese le misure di prevenzione anti-terrorismo sono state potenziate proprio in vista della scadenza elettorale. “Mi rivolgo ai cittadini: sono protetti, devono esserlo e lo saranno”, ha continuato il presidente. Hollande ha convocato un consiglio Difesa per domattina alle otto all’Eliseo e, rivolgendosi alla nazione, ha ribadito il “sostegno totale” alle forze dell’ordine impegnate sul campo.

 

METEO

Roma (Italia, Europa) sereno +21. Livorno (Italia, Europa) soleggiato +18. Baghlan (Afghanistan, Asia) parzialmente nuvoloso +7. Kribi (Camerun, Africa) per lo più nuvoloso +26. Eden Prairie (Minnesota, Stati Uniti d’America) soleggiato +21. Vaitape (Polinesia Francese, Oceania) parzialmente nuvoloso +30.


19 aprile   -257

La notizia del giorno.

Mobilitazione della stampa a favore del reporter Gabriele Del Grande.

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Non si sblocca la vicenda del fermo in Turchia di Gabriele Del Grande, il documentarista e giornalista italiano fermato 8 giorni fa durante un controllo di polizia al confine con la Siria, “in una zona del paese in cui non è consentito l’accesso”. Secondo alcune fonti diplomatiche, al momento non c’è ancora una data certa per il suo rimpatrio, che dovrebbe avvenire con un provvedimento di espulsione, dopo il completamento delle relative procedure giudiziarie. Il reporter resta sotto sorveglianza in una “guest house” nella provincia sudorientale di Hatay. Quella di oggi è stata una giornata tra mobilitazioni e mosse istituzionali. Mentre al Senato gli amici di Gabriele lanciavano un appello al governo, la protesta che il Ministero aveva inviato al centro di detenzione amministrativa dove il regista è rinchiuso dal 9 aprile in isolamento era stata respinta: “Il vice console italiano ad Ankara e il legale turco di Gabriele Del Grande sono andati nel carcere dov’è detenuto il giornalista italiano, ma le autorità turche hanno impedito loro di vederlo”, aveva denunciato il presidente della Commissione per i Diritti umani del Senato Luigi Manconi. “Ho ribadito la nostra ferma richiesta per il rilascio immediato di Gabriele Del Grande”, ha poi detto il ministro Alfano, aggiungendo di aver ricevuto il “massimo impegno” dal governo turco sul fatto che “le procedure verranno concluse al più presto”. L’Usigrai lancia un appello alla Rai: da ora fino al giorno della liberazione di Del Grande, il Servizio Pubblico dedichi a questa storia le copertine dei propri telegiornali e giornali radio. La Federazione nazionale della stampa italiana raccoglie l’invito alla mobilitazione, arrivato direttamente dal carcere turco, di Gabriele Del Grande, che da questa sera ha deciso di iniziare uno sciopero della fame. Gabriele Del Grande, 35 anni, è reporter e documentarista. Nel 2014, insieme ad Antonio Augugliaro e Khaled Soliman Al Nassiry, ha realizzato il documentario “Io sto con la sposa” che racconta la vera storia di cinque profughi palestinesi e siriani, sbarcati a Lampedusa, che per arrivare in Svezia mettono in scena un finto matrimonio.

 

METEO

Roma (Italia, Europa) soleggiato +13. Livorno (Italia, Europa) idem. Alaverdi (Armenia, Asia) soleggiato +17. Jinja (Uganda, Africa) lievi rovesci di pioggia +24. Alexandria (Virginia, Stati Uniti d’America) nuvoloso +14Hawke’s Bay (Nuova Zelanda, Oceania) sereno con nuvolosità sparsa +11.


18 aprile   -258

La notizia del giorno.

A sorpresa è tornato l’inverno.

meteo

“Sarà un vero e proprio colpo di coda dell’inverno quello che attende l’Italia nei prossimi giorni per via di una massa d’aria fredda che dilagherà da nord verso sud – dice il meteorologo di 3bmeteo.com Francesco Nucera – L’aria fredda dopo aver attraversato gran parte dell’Europa centro settentrionale sta per riversarsi sul Mediterraneo determinando un ribaltone meteo”. Acquazzoni sparsi, neve sotto i 1000 metri. L’apice di questa parentesi invernale sarà raggiunta tra mercoledì e giovedì. Le precipitazioni non saranno organizzate e si avranno perlopiù acquazzoni a carattere sparso sulle regioni adriatiche ed il Sud peninsulare. Altrove invece il tempo sarà più soleggiato, seppur con nuvole di passaggio. Un po’ di neve tornerà sulla dorsale centro meridionale anche sotto i 1000 metri. Il brusco calo termico interesserà da oggi le regioni di Nordest, poi il Centro-nord e tra giovedì e venerdì anche il sud. La temperatura scenderà fino a 6-8 gradi sotto le medie stagionali e in alcuni casi le minime saranno vicino allo zero. I venti freddi settentrionali saranno in sensibile rinforzo e tornerà qualche fiocco di neve in montagna, in particolare sulle Alpi orientali e sull’Appennino centrale, sotto i mille metri. Precipitazioni intermittenti più probabili tra bassa Campania, alta Calabria, Basilicata e Puglia meridionale e tra Marche meridionali, Abruzzo, Molise e zone interne del Lazio. Prevista neve sull’Appennino intorno ai 1.000-1.200 metri. Deboli nevicate intermittenti nel nord dell’Alto Adige, a tratti fino al fondovalle. Temperature in diminuzione nelle regioni di Nordovest, in quasi tutte quelle peninsulari e in Sardegna. Nel fine settimana, invece, secondo gli esperti di Meteo.it, sarà probabile un miglioramento con tempo più stabile e temperature in rialzo, sebbene ancora leggermente al di sotto delle medie stagionali.

 

METEO

Roma (Italia, Europa) nuvoloso +14. Livorno (Italia, Europa) parzialmente nuvoloso +15. Xiaogan (Hubei, Cina, Asia) foschia +23. Likoma (Malawi, Africa) pioggia +29. Tyler (Texas, Stati Uniti d’America) nuvoloso +20Papara (Polinesia Francese, Oceania) per lo più nuvoloso+24.


Il DayByDay riprenderà martedì 18 aprile.

Vi auguriamo una serena Pasqua!

Rafael_-_ressureicaocristo01(Raffaello Sanzio, Resurrezione di Cristo, 1501-1502)


14 aprile   -262

La notizia del giorno.

Il grido di Francesco al Colosseo: Vergogna!

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“Vergogna per tutte le immagini di devastazione, di distruzione e di naufragio che sono diventate ordinarie nella nostra vita. Vergogna per il sangue innocente che quotidianamente viene versato di donne, di bambini, di immigrati e di persone perseguitate per il colore della loro pelle, oppure per la loro appartenenza etnica e sociale, e per la loro fede in te … Vergogna per il nostro silenzio dinanzi alle ingiustizie, per le nostre mani pigre nel dare e avide nello strappare e nel conquistare. Per la nostra voce squillante nel difendere i nostri interessi e timida nel parlare di quelli altrui. Per i nostri piedi veloci sulla via del male e paralizzati su quella del bene.” Queste le parole di papa Francesco al termine della Via Crucis al Colosseo, a cui hanno partecipato decine di migliaia di fedeli, tra imponenti misure di sicurezza. I testi delle meditazioni e delle preghiere proposte per quest’anno per le stazioni della Via Crucis sono stati preparati dalla biblista francese Anne-Marie Pelletier. Nel rito della Via Crucis al Colosseo, a portare la croce nelle 14 stazioni, sono stati prelati, laici, religiosi, famiglie di vari Paesi. Tra i portatori della croce sono stati una famiglia romana, un disabile in carrozzina con i suoi assistenti Unitalsi, due studentesse (una polacca e una italiana), due altri laici da Rimini, poi esponenti di paesi che il Papa visiterà nelle prossime settimane o mesi: tre suore dall’India; due suore e due laici dall’Africa (Burkina Faso e Repubblica Democratica del Congo); una famiglia dall’Egitto, due laici dal Portogallo; una famiglia dalla Colombia, quindi due coniugi francesi, due laici dalla Cina e due frati francescani, uno argentino e uno israeliano, della Custodia di Terra Santa.

 

METEO

Roma (Italia, Europa) sereno +18. Livorno (Italia, Europa) per lo più soleggiato +19. Hovd (Mongolia, Asia) per lo più nuvoloso +7. Bitam (Gabon, Africa) per lo più nuvoloso +28Waco (Texas, Stati Uniti d’America) parzialmente nuvoloso +21. Si’umu (Samoa, Oceania) per lo più nuvoloso +25.


13 aprile   -263

La notizia del giorno.

Afghanistan: gli Usa sganciano la “madre di tutte le bombe”.

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Gli Stati Uniti hanno sganciato, per la prima volta, alle 17,32, la più potente bomba non nucleare, con l’obiettivo di colpire un sistema di tunnel dell’Isis in Afghanistan, nel distretto di Achin, provincia di Nangarhar, molto vicino al confine con il Pakistan. Si tratta di un’area montagnosa e scarsamente popolata, dove l’Isis cerca di allestire da tempo una sua roccaforte. I media internazionali riportano testimonianze di afgani che, in un paese in guerra da decenni, parlano di una cosa “mai vista”, una fiammata accecante seguita da qualcosa di molto simile a un terremoto. La bomba Moab “Massive ordnance air blast” pesa quasi 10 tonnellate e ha la forza di distruggere tutto nel raggio di centinaia di metri. Il portavoce della Casa Bianca Sean Spicer ha confermato in apertura del briefing quotidiano che gli Stati Uniti hanno colpito l’Afghanistan sganciando una bomba mirata a colpire “tunnel e grotte usate dai miliziani dell’Isis”, precisando che nell’azione “sono state prese tutte le precauzioni per evitare vittime civili e danni collaterali”, rimandando poi al Pentagono per ulteriori dettagli. A Washington il presidente Donald Trump ha espresso tutta la sua soddisfazione con i giornalisti: “Un’altra missione di successo, sono molto orgoglioso dei nostri militari”. Anche per la superbomba, i militari hanno la sua “totale autorizzazione”. Alla domanda se la bomba, oltre a colpire l’Isis, rappresenti anche un avvertimento alla Corea del Nord se Pyongyang prosegue la sua corsa ad armarsi col nucleare, Trump ha risposto che “non fa differenza. La Corea del Nord è un problema di cui ci occuperemo”. Quanto sta accadendo nel panorama internazionale con la corsa al nucleare della Corea del Nord e la tensione tra Trump e Putin per la Siria di Assad tiene il mondo con il fiato sospeso.

Avvenimenti e Protagonisti del passato.

Leonardo: Ultima cena, tanti misteri?

Cenacolo(Riproduzione Artistica Artigianale dopo il restauro, realizzata da Progetto Editoriale Editions)

L’Ultima Cena (460×880 cm) è un dipinto parietale a tempera grassa su intonaco di Leonardo da Vinci, databile al 1494-1499 e conservato nell’ex-refettorio rinascimentale del convento adiacente al santuario di Santa Maria delle Grazie a Milano. Si tratta della più famosa rappresentazione dell’Ultima Cena, rievocata nella liturgia cattolica il giovedì santo, che quest’anno, 2017, cade oggi 13 aprile. Il capolavoro commissionato a Leonardo da Ludovico il Moro, a causa della singolare tecnica sperimentale utilizzata dall’artista, incompatibile con l’umidità dell’ambiente, versa da secoli in un cattivo stato di conservazione ed è stato oggetto di uno dei più lunghi e capillari restauri, realizzato con le tecniche più all’avanguardia e durato dal 1978 al 1999. Nel lavoro di ripulitura ci si è resi conto che il Cenacolo era stato in parte spalmato di cera per essere predisposto al distacco, per fortuna mai eseguito. L’impiastro di colle, resine, polvere, solventi e vernici, sovrapposte nei secoli in maniera disomogenea, hanno peggiorato notevolmente le condizioni, già di per sé molto delicate, della pellicola pittorica, fino a renderla irreparabilmente compromessa. Solo una meticolosa e rigorosa opera di restauro, sostenuta da rilievi ed esami tecnologici approfonditi, ha permesso di restituire all’umanità uno dei capolavori della storia dell’arte più travagliati e di documentare le tracce autografe nel dipinto, mettendo anche in luce tutti gli aspetti della tecnica usata. Una volta eliminate le ridipinture e ritrovata l’opera originale di Leonardo, i restauratori si sono posti il problema di come riempire le zone mancanti, che, in un primo tempo erano state riempite semplicemente con un colore neutro, e le hanno riportate ai colori originali, basati sui frammenti ritrovati e anche sulle copie d’epoca del Cenacolo. Tra le tante scoperte insperate, si è trovato il buco di un chiodo piantato nella testa del Cristo: qui Leonardo aveva appeso i fili per disegnare l’andamento di tutta la prospettiva. Si sono riscoperti anche i piedi degli apostoli sotto il tavolo, ma non quelli del Cristo: questa parte fu infatti distrutta nel XVII secolo dall’apertura di una porta che serviva ai frati per collegare il refettorio con la cucina. Tra i particolari più deteriorati e irrecuperabili si segnala la parte inferiore del viso di Giovanni dove, come scrive la restauratrice Pinin Brambilla, le narici e la bocca erano ormai “ridotte a piccoli tratti scuri”. Pure il soffitto della scatola prospettica che vediamo oggi non è l’originale dipinto da Leonardo, ma frutto di un totale rifacimento settecentesco che, sempre secondo la restauratrice, “non rispetta il sapore e il ritmo leonardeschi”. Dell’originale rimane solo una sottile fascia a destra, che evidenzia come i cassettoni in origine fossero più larghi, profondi e caratterizzati da modanature con sottili fasce rosse e lacunari dal fondo blu-azzurro. Attraverso elementari espedienti prospettici (la quadratura del pavimento, il soffitto a cassettoni, gli arazzi appesi alle pareti, le tre finestre del fondo e la posizione della tavola) Leonardo ha creato l’effetto di sfondamento della parete su cui si trova il dipinto, tale da mostrarlo come un ambiente nell’ambiente del refettorio stesso, una sorta di trompe l’oeil. Secondo uno studio recente, il paesaggio che si intravede dalle finestre potrebbe essere un luogo ben preciso del territorio dell’alto Lario. Il dipinto si basa sul Vangelo di Giovanni 13,21, nel quale Gesù annuncia che verrà tradito da uno dei suoi apostoli, e sulla tradizione dei cenacoli di Firenze, ma Leonardo, come già aveva fatto con l’Adorazione dei Magi, rinnova l’iconografia alla ricerca del significato più intimo dell’episodio religioso. Leonardo infatti studiò i “moti dell’animo” degli apostoli sorpresi e sconcertati all’annuncio dell’imminente tradimento di uno di loro. Dentro la stanza, rischiarata da tre finestre sul retro e con l’illuminazione frontale da sinistra che corrispondeva all’antica finestra reale del refettorio, Leonardo pose in primo piano la lunga tavola della cena, con al centro la figura isolata di Cristo, dalla forma pressoché piramidale per le braccia distese. Egli ha il capo reclinato, gli occhi socchiusi e la bocca appena aperta, come se avesse appena finito di pronunciare la fatidica frase: «In verità io vi dico: uno di voi mi tradirà» Mt 26,20. Col suo gesto di quieta rassegnazione, Gesù costituisce l’asse centrale della scena compositiva, ogni particolare è curato con estrema precisione e le pietanze e le stoviglie presenti sulla tavola concorrono a bilanciare la composizione. Attorno a Cristo gli apostoli sono disposti in quattro gruppi di tre, diversi, ma equilibrati simmetricamente. L’effetto che ne deriva è quello di successive ondate che si propagano a partire dalla figura del Cristo, come un’eco delle sue parole che si allontana generando stati d’animo più forti ed espressivi negli apostoli vicini, più moderati e increduli in quelli alle estremità. Sopra l’Ultima Cena si trovano, oltre una cornice baccellata all’antica, cinque lunette, in larga parte autografe, che contengono imprese degli Sforza entro ghirlande di frutta, fiori e foglie, e iscrizioni su sfondo rosso; in particolare nella lunetta centrale, di dimensione maggiore di quelle laterali e in uno stato di conservazione buono, si trova quello che si ritiene essere il drago simbolo della famiglia nobiliare, il famoso Biscione, ma, secondo Mario Taddei, il curatore del progetto, sulla base del disegno preparatorio, si potrebbe invece interpretare come un serpente che striscia verso l’alto, un serpente che si trova sospeso esattamente sopra la testa di Gesù. Innumerevoli sono gli studi e, soprattutto ai nostri giorni, le interpretazioni dell’opera, con la ricerca di simboli nascosti nel dipinto o lo studio delle pietre preziose, 8, come lo smeraldo sulla veste del Cristo, che la prof. Elisabetta Sangalli in uno studio inedito rimanda alla simbologia biblica. Una delle interpretazioni che ha fatto più scalpore in anni recenti è quella che lo scrittore Dan Brown dà nel suo popolare romanzo giallo “Il codice da Vinci”: il discepolo alla destra di Gesù Cristo sarebbe da interpretare come una donna, con cui Leonardo avrebbe voluto rappresentare Maria Maddalena, come sposa di Gesù, manca il calice citato nel Nuovo Testamento, la mano di Pietro sarebbe posata sul collo della presunta donna e infine c’è un braccio con la mano che impugna un coltello e non apparterrebbe ad alcun soggetto ritratto nel quadro. Questa lettura del dipinto è confutabile attraverso un’attenta analisi dell’opera, basata sull’episodio dell’Ultima cena narrato nel vangelo di Giovanni: l’aspetto di Giovanni fa parte dell’iconografia dell’epoca, riscontrabile in tutte le ultime cene dipinte da altri artisti tra il XV e il XVI secolo, in cui si rappresentava l’apostolo più giovane (il “prediletto” secondo lo stesso quarto vangelo) come un adolescente dai capelli lunghi e dai lineamenti delicati, in particolare ricordiamo che nella Legenda Aurea di Jacopo da Varazze Giovanni viene descritto come un “giovane vergine” il cui nome “significa che in lui fu la grazia: in lui infatti ci fu la grazia della castità del suo stato virginale”; il calice col vino non è menzionato nel vangelo di Giovanni, nel quale non è neppure narrata l’istituzione dell’Eucaristia; il coltello è impugnato da Pietro, così come in innumerevoli altri dipinti rinascimentali di Domenico Ghirlandaio, Luca Signorelli, il Perugino, Andrea del Castagno, Jacopo Bassano, Jaume Huguet, Giovanni Canavesio, in diretto rapporto con la scena successiva, in cui l’apostolo taglierà l’orecchio a Malco, il servo del sommo Sacerdote (Gv 18,10), in questo caso Pietro tiene il braccio piegato dietro la schiena, col polso appoggiato all’anca, posa riscontrabile in tutte le copie dell’Ultima cena e in uno schizzo dello stesso Leonardo; la mano di Pietro posata sulla spalla di Giovanni è il gesto narrato nello stesso quarto vangelo, in cui si legge che Pietro fa un cenno all’apostolo più giovane e gli chiede chi possa essere il traditore (Gv 13,24). Anche la mancanza delle aureole, che a certi scrittori di mistero è parsa sospetta, in realtà non ha nessuna valenza eretica. Tanti altri artisti prima di Leonardo, soprattutto di area nord-europea, avevano omesso le aureole nelle loro opere di soggetto sacro. Un esempio famoso è l’Ultima Cena dell’olandese Dieric Bouts, dipinta attorno al 1465. Tra gli artisti italiani che spesso hanno tralasciato le aureole possiamo citare Giovanni Bellini e Antonello da Messina.

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Roma (Italia, Europa) sereno +18. Livorno (Italia, Europa) idem. Vanadzor (Armenia, Asia) nuvoloso +14. Mbarara (Uganda, Africa) pioggia +17. Manassas (Virginia, Stati Uniti d’America) nuvoloso +9Hastings (Nuova Zelanda, Oceania) sereno +17.


12 aprile   -264

La notizia del giorno.

Dortmund: L’attacco al bus opera del terrorismo.

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Gli inquirenti tedeschi affermano che l’attacco a Dortmund contro l’autobus del Borussia ha una “motivazione terroristica”, anche se, come ha sottolineato la procura federale tedesca, “il motivo esatto resta incerto.” La portavoce della procura federale tedesca, Frauke Köhler, ha reso noto che è stata arrestata una persona. Nel mirino degli inquirenti ci sono due sospetti, appartenenti ad ambienti islamici, i cui appartamenti sono stati perquisiti. Secondo i quotidiani Express e Koelner Stadt-Anzeiger l’uomo arrestato è un 25enne iracheno di Wuppertal, mentre il secondo uomo sospettato è un 28enne tedesco di Froendenberg, una città a una ventina di chilometri da Dortmund. Entrambi appartengono agli ambienti islamici del Nordreno-Vestfalia, la regione di Dortmund, e sono accusati di essere vicini allo Stato islamico. Ieri tre bombe erano esplose davanti al bus del Borussia Dortmund mentre la squadra si dirigeva verso lo stadio per la partita di Champions League contro il Monaco. Gli ordigni erano nascosti in una siepe e contenevano delle punte metalliche, una di queste si è conficcata nel poggiatesta di uno dei sedili del bus. Sempre la portavoce della procura federale tedesca, Frauke Koehler, ha detto: “Per questo possiamo dire per fortuna che non è successo nulla di più grave”. Gli ordigni avevano una capacità esplosiva di oltre 100 metri. Proseguono le analisi per chiarire il tipo di innesco e di esplosivo utilizzati. Le tre esplosioni che si sono verificate ieri sera a Dortmund vicino all’autobus della squadra del Borussia sono state azionate a distanza in modo simultaneo. Lo scrive la Bild, secondo la quale gli ordigni sono stati depositati al di fuori dell’area coperta dalle telecamere del vicino hotel in cui alloggiava la squadra. Questi dettagli, nota il giornale, fanno pensare a un’azione molto professionale e ben pianificata. Gli inquirenti sarebbero alla ricerca di un’auto con targa belga. A causa delle esplosioni, che hanno rotto i vetri e danneggiato l’autobus, è rimasto ferito il difensore 26enne del Borussia Dortmund, Marc Bartra, che colpito da schegge di vetro, ha tagli ad un braccio ed è stato operato al polso. La partita è stata rinviata ad oggi alle 18,45 e i giocatori del Borussia scenderanno in campo con la maglia di Bartra.

“Non è importante se un’opera sia buona o cattiva. Anzi non esiste questa distinzione. Non esiste l’immoralità dell’opera”, Gillo Dorfles.

UTF-8Gillo-Dorfles-a€“-Due-simbionti-a€“-2008-900x789(Due simbionti, 2008)

Il mondo dell’arte deve moltissimo ad Angelo, meglio noto come Gillo Dorfles, conosciuto come una delle personalità più attente, colte e sofisticate della cultura del Novecento fino ad imporsi, per presenza e vivacità intellettuale, ancora oggi, all’età di 107 anni. Gillo Dorfles, laureato in Medicina e Psichiatria, nato a Trieste il 12 aprile 1910, è stato professore di Estetica presso le università di Milano, Trieste e Cagliari, e Visiting Professor presso alcune università americane. Nel 1948 è stato tra i fondatori insieme ad Atanasio Soldati, Galliano Mazzon, Gianni Monnet e Bruno Munari, del MAC (Movimento per L’Arte Concreta). È lo stesso Dorfles a proporre la definizione di Arte concreta “come arte  in contrapposizione alla diffusa voga dell’astrazione in quanto è basata soltanto sulla realizzazione e sull’oggettivazione delle intuizioni degli artisti. Un’arte lontana da ogni significato simbolico, da ogni astrazione formale, mirante a cogliere solo quei ritmi, quelle cadenze, quegli accordi, di cui è ricco il mondo dei colori”. Diffuso in tutta Italia e all’estero, il MAC si fonderà con il Groupe Espace di Parigi, e dal 1953 prenderà il nome di gruppo Mac/Espace, impegnato principalmente nell’arte applicata al design industriale, settore in cui il Concretismo si tradurrà nella ricerca di funzionalità e utilità. Critico d’arte, Dorfles è autore di numerose monografie su artisti di varie epoche (Bosh, Durer, Feininger, Wols, Scialoja) e a sua volta artista. A partire dal 1934, in seguito alla conoscenza dell’antroposofia di Rudolf Steiner, grazie alla partecipazione a un ciclo di conferenze a Dornach, orienta la sua arte pittorica verso il misticismo, avvicinandosi più ai temi dell’area mitteleuropea che a quelli propri della pittura italiana. Per tutti gli anni cinquanta prende parte a numerose mostre del MAC, in Italia e all’estero: espone i suoi dipinti alla Libreria Salto di Milano nel 1949 e nel 1950 e in numerose collettive, tra le quali la mostra del 1951 alla Galleria Bompiani di Milano, l’esposizione itinerante in Cile e Argentina nel 1952 e la grande mostra “Esperimenti di sintesi delle arti”, svoltasi nel 1955 nella Galleria del Fiore di Milano. Ha inoltre pubblicato due volumi dedicati all’architettura “Barocco nell’architettura moderna” e “L’architettura moderna” e un famoso saggio sul disegno industriale, “Il disegno industriale e la sua estetica”. Ha contribuito sensibilmente allo sviluppo dell’estetica italiana del dopoguerra, a partire dal “Discorso tecnico delle arti”, cui hanno fatto seguito, tra gli altri, “Il divenire delle arti”, “Nuovi riti, nuovi miti”, “Le oscillazioni del gusto”, “Artificio e natura”, “La moda della moda” e nel 2007, per Costa e Nolan è uscita la nuova edizione “La (nuova) moda della moda”, senza dimenticare il bellissimo “L’intervallo perduto”. Con le sue pubblicazioni (nell’ultimo mezzo secolo ha dato alle stampe oltre trenta volumi spaziando dalla pubblicità al disegno industriale, dalla moda alla fotografia), non ha approfondito soltanto tematiche strettamente artistiche, ma ha curiosamente indagato e approfondito diversi aspetti della società contemporanea. Nelle sue indagini sull’arte contemporanea, Dorfles si è sovente soffermato ad analizzare l’aspetto socio-antropologico dei fenomeni estetici e culturali, facendo ricorso anche agli strumenti della linguistica. La sua vasta bibliografia registra numerose ristampe e i suoi libri sono tradotti in una decina di lingue. Nel 2010 l’editore Castelvecchi ha riproposto il saggio critico “Irritazioni: Un’analisi del costume contemporaneo” e Comunicarte Edizioni ha pubblicato “99+1 risposte”, un’intervista “lunga un secolo” in occasione del suo centesimo compleanno, in cui Dorfles ripercorre la sua vita e alcuni incontri d’eccezione: da Italo Svevo a Andy Warhol, da Leo Castelli a Leonor Fini. Nella sua lunga ed eclettica vita ha conosciuto i massimi esponenti dell’arte contemporanea stringendo con molti una profonda amicizia, come ad esempio quella con Lucio Fontana; ha incontrato le figure più prestigiose del mondo della cultura e numerosi sono gli aneddoti e le storie che potrebbe raccontare anche se, il professore, come lui stesso ha più volte ripetuto, non ama parlare della sua vita privata al passato, ritenendo che essa in realtà non sia molto interessante (?), gli interessa di più il presente e il futuro. Inoltre recentemente ha commentato: “Vivere troppo a lungo mi pare una cattiva idea. Mi rifiuto di avere tutti questi anni, ma sono obbligato a tenerli”. E allora non diremo come si usa nel giorno del compleanno cento di questi giorni, ma grazie per la sua straordinaria operosità e poliedrica curiosità culturale anche se lui dice che vorrà essere certamente ricordato solo per la sua pittura.

Mary Titton

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Roma (Italia, Europa) sereno +20. Livorno (Italia, Europa) idem. Benxi (Liaoning, Cina, Asia) sereno +14. Belet Uen (Somalia, Africa) sereno +38. Lelydorp (Suriname, Sud America) per lo più soleggiato +24Devonport (Tasmania, Australia) sereno +10.


11 aprile   -265

La notizia del giorno.

Mattarella a Mosca incontra Putin.

rischio_biologico_NMentre i ministri degli Esteri del G7 riuniti a Lucca concordano sulla necessità di una soluzione politica sulla Siria che deve necessariamente coinvolgere anche Mosca, il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, è andato al Cremlino per ribadire quella linea del dialogo con i partner russi perseguita dall’Italia dal 2015. L’intento dell’Italia è di proseguire nella sua opera diplomatica a largo spettro, convinta che si debba puntare sul dialogo e sul negoziato. Sergio Mattarella, in visita ufficiale a Mosca su invito del presidente Vladimir Putin, è il primo presidente occidentale ad avere colloqui con Putin dopo l’attentato di San Pietroburgo e l’attacco missilistico americano in Siria. “Serve sempre una maggiore collaborazione e coordinamento contro il terrorismo. Insieme si può contrastare con più efficacia il terrorismo”, ha detto il presidente della Repubblica Sergio Mattarella incontrando il presidente russo al Cremlino. Putin ha detto di sperare che le relazioni bilaterali fra Italia e Russia, che non sono “al loro massimo”, possano svilupparsi. “Speriamo – ha auspicato – che tutte le difficoltà e le incomprensioni verranno superate e noi otterremo una collaborazione positiva”. A Putin Mattarella ha chiesto d’intervenire contro l’uso di armi chimiche in Siria: “L’uso di armi chimiche è inaccettabile: auspichiamo che Mosca possa esercitare tutta la sua influenza. L’Italia comunque è per il principio dell’accertamento delle responsabilità ed è pronta a fare la sua parte sia nel quadro Europeo che in seno al Consiglio di Sicurezza dell’Onu”. Putin ha riproposto le critiche al bombardamento americano sulla base aerea siriana: “Prima accertare i fatti e poi prendere le decisioni giuste”, ha chiesto quindi alle Nazioni Unite l’avvio di un’inchiesta sull’impiego di armi chimiche a Idlib. Ma, avverte Putin, “abbiamo informazioni da diverse fonti che provocazioni del genere si stanno preparando anche nella periferia sud di Damasco, cioè l’uso di sostanze chimiche per poi addossare la colpa al governo” di Assad. Per Putin, inoltre, l’attacco con armi chimiche attribuito ad Assad ricorda gli eventi del 2003, quando l’Iraq di Saddam fu attaccato sulla base di un possesso di armi di distruzione di massa mai provato. Per Putin, “la distruzione del Paese e la conseguente nascita dello Stato Islamico. È tutto già visto”.

Avvenimenti e Protagonisti del passato.

Era l’11 aprile del 1961.

Dylan

“Gerde’s Folk City, nel cuore del Greenwich Village, era né più né meno che l’altare dove veniva celebrato ogni sera il rito del folk revival. Un piccolo palco, il locale fumoso, e Mike Porco, il gestore, che sovrintendeva alle esibizioni. Mike quella sera decise di dare spazio a un esordiente, gli serviva qualcuno per aprire il concerto di John Lee Hooker, già leggenda del blues. Lo sconosciuto ragazzo del Minnesota prese la sua chitarra acustica e, curvo sul microfono, iniziò a cantare”. Nessuno dei presenti sospettava che quel ragazzo esile dalla voce gracchiante era destinato a diventare, di lì a qualche anno, un mito della musica. Robert Allen Zimmerman proveniva dalla Lituania. La sua famiglia, di umili origini, si era trasferita negli Stati Uniti, nella cittadina di Duluth, in Minnesota, per sfuggire alla persecuzione antisemita. Come quasi tutti i ragazzi a quel tempo, Robert si appassiona alla musica rock di Little Richard ed Elvis Presly ma è soprattutto la musica folk che sente più aderente al suo essere, la forma musicale più affine all’espressione poetica e spirituale come lui stesso rivelerà più tardi: “Le canzoni popolari sono colme di disperazione, di tristezza, di trionfo, di fede nel sovrannaturale, tutti sentimenti molto più profondi”. Il suo idolo è Woody Guthrie, il grande padre del folk, che nel 1961 era ricoverato, in pessime condizioni e in totale povertà, in un ospedale a New York e che Robert vuole incontrare. Dylan aveva divorato le pagine di “Bound for Glory”, l’autobiografia giovanile di Guthrie, aveva imparato tutte le sue canzoni ed iniziato a imitarlo. Inoltre a New York c’era il Greenwich Village, uno dei quartieri simbolo della cultura bohémien americana, centro delle avanguardie culturali, il posto ideale per gli artisti emergenti, dove il diciannovenne Robert fa il suo debutto, era l’11 aprile del 1961. L’anno seguente Robert Zimmerman cambia nome, in tribunale, in Robert Dylan in omaggio al grande poeta gallese Dylan Thomas e pubblica il primo album con lo pseudonimo che lo accompagnerà per tutta la carriera: Bob Dylan. Il resto è storia. Dylan sarà il portavoce nella battaglia dei diritti civili, del rifiuto della guerra, la sua musica influenzerà generazioni di giovani e colleghi, toccando tutti gli strati della società, dal costume a un nuovo modo di esprimersi, richiamando l’attenzione sulle dimensioni dell’essere, alla rivendicazione dei valori umani da difendere, in prima istanza, contro ogni forma di violenza e di potere. Pace, Amore, Libertà sono le parole chiave di quella generazione che, solo per una stagione, ha fatto intravvedere al mondo che la vita potrebbe essere migliore se vissuta nel rispetto degli altri e in libertà. La celebre Blowin’ in the Wind diventerà il manifesto ideologico del sentimento che prevaleva in quegli anni, gli anni “beati”, caduti sotto il fuoco della forza dominante del potere politico, che tutto vuole tranne la libertà per gli altri perchè vuole dominare incontrastato. Se non fosse stato per la droga, che ha falciato migliaia di ragazzi ed era distribuita con la connivenza del governo (a Woodstock erano le stesse forze dell’ordine che la passavano gratuitamente tra i giovani), molti grandi artisti avrebbero continuato a produrre arte, a immettere nel mondo forze positive, creative, vitali. 70 milioni di copie vendute in mezzo secolo di carriera di musica popolare inglese, scozzese, irlandese e anche country e rock: questa è l’accoglienza da parte della gente di tutto il mondo per l’arte di Bob Dylan. Il “cantautore più grande di tutti i tempi”, come lo ha celebrato nel 2015 la rivista Rolling Stone, ha irradiato bellezza nel mondo e … infine è arrivato anche il Nobel.

Mary Titton

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Roma (Italia, Europa) soleggiato +20. Livorno (Italia, Europa) idem. Be’er Sheva (Israele, Asia) parzialmente nuvoloso +27Kaduna (Nigeria, Africa) per lo più nuvoloso +36. Gulf Shores (Alabama, Stati Uniti d’America) per lo più soleggiato +22Lae (Papua Nuova Guinea, Oceania) per lo più nuvoloso +26.


10 aprile   -266

La notizia del giorno.

Scoperta nel cervello l’area del perdono.

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È stata identificata l’area del cervello che ci fa perdonare gli altri, la scoperta è dovuta alla ricerca italiana pubblicata sulla rivista Scientific Reports e condotta dalla Scuola Internazionale Superiore di Studi Avanzati (Sissa) di Trieste e dall’Università Trieste. Dalla ricerca è emerso che ci sarebbe una specifica area del cervello, il cosiddetto solco temporale superiore anteriore sinistro, maggiore è la quantità di materia grigia in quella regione, maggiore è la nostra capacità di comprensione per chi commette errori. L’esperimento che ha permesso di individuarla è stato condotto presso la Sissa da Giorgia Silani, ora nell’Università di Vienna. Utilizzando una tecnica non invasiva come la Risonanza magnetica, i ricercatori hanno analizzato l’attività cerebrale di 50 volontari mentre rispondevano a un questionario esprimendo dei giudizi morali su storie i cui protagonisti erano colpevoli di errori gravi ma involontari. “Quello che abbiamo scoperto – ha detto Patil, primo autore della ricerca presso la Sissa e attualmente ad Harvard, – è che il volume della materia grigia presente nel solco temporale superiore anteriore sinistro sembra avere un’influenza sul giudizio espresso dagli individui”. In particolare, quanto più l’area è sviluppata, tanto più le persone sono portate a essere indulgenti con colui che ha causato il danno. L’area era già nota per essere implicata nella capacità di rappresentare lo stato mentale degli altri e la capacità di perdono sarebbe dovuta ad una maggiore capacità di “immedesimazione” nel protagonista e quindi nella non intenzionalità dell’atto.

 

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Roma (Italia, Europa) sereno +18. Livorno (Italia, Europa) per lo più soleggiato +18. Alaverdi (Armenia, Asia) sereno +6. Lugazi (Uganda, Africa) parzialmente nuvoloso +24. Roanoke (Virginia, Stati Uniti d’America) nuvoloso +20. Picton (Nuova Zelanda, Oceania) per lo più nuvoloso +13.


9 aprile   -267

La notizia del giorno.

Domenica delle Palme: bomba in chiesa copta a nord del Cairo.

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Oggi, nel giorno della domenica delle Palme, in Egitto ci sono state due esplosioni in due chiese, una a Tanta, al nord del Cairo, l’altra ad Alessandria: la bomba nella chiesa copta di Tanta ha causato 25 morti e 71 feriti. Una fonte della sicurezza egiziana ha detto che l’attacco è stato provocato da un ordigno scoppiato all’interno della chiesa di Mar Girgis, dove al momento dell’esplosione c’erano circa 2.000 persone. Sul posto sono arrivate squadre esperte di esplosivi per assicurarsi che non vi siano altri ordigni. Secondo la Tv di stato è possibile che l’ordigno sia stato fatto esplodere a distanza. La polizia ha arrestato due persone sospettate di essere coinvolte nell’attentato di Tanta: lo rivelano l’emittente Al Arabya e la Tv di Stato egiziana. L’altra esplosione, avvenuta davanti alla chiesa di San Marco ad Alessandria, ha causato, stando a un nuovo bilancio, 11 morti e 35 feriti. Il comandante delle forze di sicurezza è stato ucciso tentando di fermare il kamikaze davanti alla chiesa. Secondo quanto ha detto alla Mena una fonte della sicurezza, gli agenti che erano di fronte alla Chiesa di San Marco si sono insospettiti per il comportamento di un uomo sul sagrato, quando si sono avvicinati per fermarlo l’uomo si è fatto esplodere uccidendo l’ufficiale e ferendo numerosi altri agenti. Il bilancio complessivo è di oltre trenta morti, più di cento i feriti. L’Isis ha rivendicato gli attacchi. Al Cristo crocifisso il Papa all’Angelus ha affidato le vittime dell’attentato compiuto al Cairo: “al mio fratello papa Tawadros II e a tutta la nazione egiziana – ha detto – esprimo il mio profondo cordoglio, sono vicino ai familiari e alla comunità, il Signore converta i cuori delle persone che seminano terrore, violenza e morte, e anche il cuore di quelli che fanno e trafficano le armi”. Subito prima il Papa aveva affidato al “Cristo crocifisso” le vittime dell’attentato di Stoccolma.

 

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Roma (Italia, Europa) sereno +20. Livorno (Italia, Europa) idem. Guiyang, Guizhou (Cina, Asia) sereno con nuvolosità sparsa +20. Dosso (Niger, Africa) soleggiato +41. Fresno (California, Stati Uniti d’America) nuvoloso +10Distretto di Fresno (Nuova Zelanda, Oceania) nuvoloso +9.


8 aprile   -268

La notizia del giorno.

Camion sulla folla a Stoccolma: arrestato un uzbeko.

Ieri, venerdì 7 aprile, intorno alle 15:00 (le 14 in Italia), a Stoccolma, si è scatenato il terrore, quando un camion è piombato a tutta velocità tra i passanti nella zona dello shopping pedonale del centro, facendo una strage. L’autocarro che consegna la birra ha colpito a caso, ha falciato i pedoni, ha ucciso e ferito fino a quando non è andato a schiantarsi contro l’ingresso del negozio di un centro commerciale, rimanendo incastrato. L’uomo arrestato nell’ambito delle indagini sull’attentato è sospettato di essere stato alla guida del camion con cui è stato realizzato l’attacco: lo ha detto questa mattina il portavoce della polizia della capitale, Lars Bystrom, secondo quanto riporta il quotidiano britannico The Guardian. “La persona in questione è stata arrestata in qualità di colpevole … in questo caso il guidatore”, ha detto il portavoce, che non ha confermato il secondo arresto di cui oggi parlano i media locali. Il procuratore svedese ha affermato che l’uomo sospettato è un 39enne, che, nato in Uzbekistan, aveva pubblicato in passato su Facebook materiale di propaganda dell’Isis e messo un “mi piace” a una foto del massacro della maratona di Boston dell’aprile 2013. “Non parlava mai di politica né di religione, ma solo di come guadagnare di più per mandare i soldi alla famiglia”, racconta un conoscente. Il sospettato, infatti, è padre di quattro figli e lavora in un’azienda di costruzioni. Anche l’identità dell’attentatore resta per ora sconosciuta: circola solo la fotografia di un uomo con indosso un giaccone verde, una felpa grigia con cappuccio e scarpe da ginnastica. “La Svezia è stata attaccata, si è trattato di un atto terroristico”, ha dichiarato il premier Stefan Lofven, mentre i soccorritori cominciavano il tragico conteggio delle vittime: quattro i morti secondo la polizia, cinque secondo la televisione locale, almeno 15 i feriti, ma le autorità a tarda sera si dicevano ancora “non in grado” di fornire un bilancio definitivo.

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Roma (Italia, Europa) sereno +21. Livorno (Italia, Europa) soleggiato +18. Termez (Afghanistan, Asia) parzialmente nuvoloso +20. Bertoua (Camerun, Africa) per lo più nuvoloso +28. Winona (Minnesota, Stati Uniti d’America) nuvoloso +18. Rimatara (Polinesia Francese, Oceania) parzialmente nuvoloso +28.


7 aprile   -269

La notizia del giorno.

Missili USA sulla Siria.

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Poco dopo le 20.40, ora di New York, quando nel Mediterraneo era notte (le 2.40 in Italia), gli Stati Uniti hanno lanciato un attacco, con 59 missili Tomahawk, partiti da navi Usa nel Mediterraneo, contro la base militare siriana di Shayrat, nella provincia di Hom; è la reazione americana ai raid con armi chimiche del 4 aprile scorso sulla zona di Idlib, che hanno causato la morte di almeno 86 persone tra cui 30 bambini. I missili, lanciati da due navi americane presenti nel Mediterraneo avrebbero colpito piste, velivoli e zone di rifornimento. Secondo l’esercito le vittime militari sono 6. L’agenzia di Stato Sana parla anche di 9 civili, tra cui 4 bambini. Prima di colpire, riferiscono fonti del Pentagono ai media Usa, i russi sono stati avvertiti, così come confermato dal portavoce del Cremlino Dmitri Peskov. “Ci sono russi alla base e abbiamo adottato precauzioni straordinarie per non colpire l’area in cui si trovano”, spiega da Washington il portavoce Jeff Davis. Poco dopo la notizia del bombardamento, da Mar-a-Lago, residenza in Florida, dove si trova per il vertice con l’omologo cinese Xi Jin Ping, Trump spiega la decisione: “Martedì il dittatore della Siria, Bashar al-Assad, ha lanciato un terribile attacco con armi chimiche contro civili innocenti, uccidendo uomini, donne e bambini. Per molti di loro è stata una morte lenta e dolorosa. Anche bambini piccoli e bellissimi sono stati crudelmente uccisi in questo barbaro attacco. Nessun bambino dovrebbe mai soffrire tale orrore”. Durissima la reazione della Russia. Il rappresentante russo al Palazzo di vetro ha accusato gli Stati Uniti di aver commesso una “flagrante violazione della legalità internazionale” bombardando la base aerea siriana di Shayrat. L’attacco porterà “danni considerevoli” alle relazioni tra Russia e Stati Uniti, si legge nella nota del Cremlino. L’attacco “viola la legge internazionale. Washington ha compiuto un atto di aggressione contro uno Stato sovrano”, ha detto il presidente russo Vladimir Putin, citato dal portavoce del Cremlino Dmitri Peskov, secondo i media russi. Mosca ha chiesto la convocazione straordinaria del Consiglio di sicurezza dell’Onu per discutere la situazione. Il ministero della Difesa russo ha annunciato ufficialmente al Pentagono la chiusura della linea diretta per prevenire incidenti tra gli aerei militari in Siria a partire dalla mezzanotte di domani: lo fa sapere il portavoce del ministero russo, generale Igor Konashenkov.

Avvenimenti e Protagonisti del passato.

Billie Holiday.

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“La mamma e il babbo erano ancora due ragazzi quando si sposarono. Lui aveva diciotto anni, lei sedici, io tre. La mamma lavorava come cameriera da una famiglia di bianchi, e quando i padroni si accorsero che era incinta la buttarono fuori sui due piedi. Anche la famiglia del babbo si prese un mezzo accidente, per via di quella storia. Era gente della buona società, e lì dove stavano di casa, nell’East Baltimore, nessuno aveva mai sentito parlare di faccende del genere. I ragazzi erano però tutti e due poveri, e da poveri si cresce su alla svelta. È proprio un miracolo che mia madre non sia finita alla pubblica assistenza e io all’orfanotrofio. Ma Sadie Fagan mi volle bene fin da quando io non ero per lei che un mucchio di calci nelle costole, mentre lei strofinava pavimenti. Andò all’ospedale e si mise d’accordo con la direttrice. Le disse che per pagare l’assistenza per sé e per me era disposta a pulire per terra, per un certo periodo e che avrebbe fatto la serva anche alle altre bagasce che andavano lì a partorire. Così fece. Quel mercoledì 7 aprile 1915, quando io nacqui a Baltimora, la mamma aveva tredici anni.” Queste frasi sono l’incipit del libro autobiografico “La signora canta il Blues” del 1956 di Billie Holiday. Billie ebbe dunque un’infanzia travagliata e dolorosa. Trascorse i primi anni a Baltimora, trattata duramente dalla cugina della madre alla quale quest’ultima l’aveva affidata mentre lavorava come domestica a New York. Subì uno stupro a dieci anni e in seguito dovette evitare diversi altri tentativi di violenza. Ancora bambina, raggiunse la madre a New York e cominciò a procurarsi da vivere prostituendosi in un bordello clandestino di Harlem. Guadagnava qualche soldo in più lavando gli ingressi delle case del quartiere; non si faceva pagare solo dalla tenutaria del bordello, che in cambio le lasciava ascoltare i dischi di Bessie Smith e Louis Armstrong sul fonografo del salotto. Quando la polizia scoprì il bordello, Billie fu arrestata e condannata a quattro mesi di carcere. Rimessa in libertà, per evitare di tornare a prostituirsi cercò lavoro come ballerina in un locale notturno. Non sapeva ballare ma fu assunta immediatamente quando la sentirono cantare e a quindici anni iniziò la carriera di cantante nei club di Harlem. Nel ’33 fu notata dal produttore J. Hammond, che le organizzò alcune sedute in sala d’incisione: “Si imponeva per la sua voce intensamente drammatica, per la capacità di “volare” sul tempo e per l’emozione che sapeva trasmettere anche su testi banali”. Nel 1936 cominciò a incidere col proprio nome e successivamente lavorò con grandi nomi del Jazz come Count Basie, Artie Shaw e Lester Young, al quale fu legata da un intenso rapporto di amicizia e per il quale coniò il soprannome “Prez”, Presidente; mentre egli inventò per lei “Lady Day”. Billie Holiday, con l’aiuto e il supporto di Artie Shaw, fu tra le prime cantanti nere ad esibirsi assieme a musicisti bianchi. Nei locali dove cantava, Holiday doveva usare l’ingresso riservato ai neri, e rimanere chiusa in camerino fino all’entrata in scena. Una volta sul palcoscenico, si trasformava in Lady Day; portava sempre una gardenia tra i capelli, che divenne il suo segno distintivo. Da Luciano Federighi: “Quando Billie cominciò a frequentare da vedette il palcoscenico della Carnegie Hall, intorno alla metà degli anni quaranta, la sua arte aveva raggiunto un prezioso equilibrio di profondità e visibilità. Dischi di eccezionale forza emotiva e malinconica suggestione carnale come Lover Man, Don’t Explain o Good Morning Heartache (e prima ancora Strange Fruit, quest’ultima canzone fu negli anni quaranta l’inno della protesta per i diritti civili, e Gloomy Sunday, con i loro distinti echi funebri, così insoliti sullo scenario della musica popolare Usa), se non le permettevano di confrontarsi con Ella Fitzgerald o Louis Jordan sul piano del puro fascino commerciale, le assicuravano una risonanza che andava oltre i confini del Jazz, collocandola nell’aristocrazia delle grandi voci americane riconosciute per la loro originalità stilistica. Con i suoi limiti, le sue modeste proporzioni riscattate da una sottile dinamica timbrica, da una personalissima tensione ritmica e modulatoria, la sua voce “meravigliosamente umana” (come l’ha definita una sua epigona, Sheila Jordan) più di ogni altra sembrava poter toccare qualunque emozione, proiettarla con immediatezza e sincerità, trasmettere a chi ascolta (in un rapporto più individuale che ritualistico) il senso profondo di un’esperienza. Interprete dall’inquieto e fremente lirismo, atipica creatura musicale afroamericana (non c’era gospel nelle sue radici) calata nella più autentica poesia jazzistica e capace di conciliare, con limpida e tuttavia istintiva naturalezza, swing e colloquialità di fraseggio, immaginazione musicale e intimità di comunicativa, Lady Day rappresentava il modello a cui guardava allora un’intera generazione di talenti vocali emergenti, da Anita O’Day a Peggy Lee, da Frank Sinatra (suo coetaneo, ma maturato molto più lentamente) a Carmen Mc Rae, da Dinah Washington a Sarah Vaughan. Riflesso di questa popolarità, di questo carisma, le apparizioni alla Carnigie Hall segnarono momenti particolarmente significativi della sua carriera: l’inizio della collaborazione con Norman Granz in seno al Jazz At The Philarmonic, l’incontro con Louis Amstrong e gli All Stars per annunciare l’uscita del film “New Orleans (la sua agrodolce avventura Hollywoodiana), i concerti di benvenuto al ritorno dal purgatorio di Alderson, nella primavera del 1948, quando per ben due volte il nome di Billie (con l’aggiunta, certo, della morbosa seduzione che esercitavano le sue disavventure con la giustizia) richiamò un pubblico record. Otto anni più tardi, il 10 novembre del 1956, la Carnegie Hall tornò a ospitarla per una serata che celebrava la pubblicazione di Lady Sings The Blues, il titolo pensato dall’editore, Doubleday, in luogo dell’originario Bitter Crop (“amaro raccolto”, dal testo di Strange Fruit) che Billie Holiday avrebbe preferito … Come sempre o quasi, da quando Granz produceva le sue registrazioni, Lady Day era in nobile e stimolante compagnia Jazzistica: guidata da Carl Drinkard al piano, la ritmica comprendeva Kenny Burrell, Carson Smith e Chico Hamilton, mentre i tenori Coleman Hawkins e Al Cohn, il clarinetto di Tony Scott, le trombe di Roy Eldridge e Buck Clayton (suo partner nell’orchestra di Count Basie, vent’anni prima, e protagonista di tante sue classiche incisioni Columbia) creavano una fluida cornice polifonica e policromatica intorno alla sua voce … Tormentosa come tutte le sue vicende sentimentali, la relazione con il “suo uomo” Louis McKay, un tipico hustler, in equilibrio tra sincerità e gretto interesse, venne ufficializzata nel marzo del 1957 con un frettoloso matrimonio in Messico che si sgretolò tempestosamente da lì a breve. Amicizie spesso mal scelte, la guida sciagurata di E.W. Zaidinis, avvocato di pochi scrupoli e minor competenza, imposti come suo manager e confidente, rapporti professionali sempre più difficoltosi, le continue umiliazioni e vessazioni subite da parte della legge, e naturalmente la distruttiva ossessione per alcol e stupefacenti, resero l’autunno di Lady Day arduo e lacerante. Morì il 17 luglio nel 1959. In “The Day Lady Died”, il poeta Frank O’Hara ha rievocato in versi lo sgomento provato nello scorgere il volto di lei sulla prima pagina, di un quotidiano: “e sto sudando copiosamente, ormai, pensando a / quella volta al FIVE SPOT che ero appoggiato alla porta del cesso / mentre lei sussurrava una canzone attraverso la tastiera / a Mal Waldron, e tutti quanti, io compreso, trattenemmo il respiro”, una sensazione di dolore e meraviglia che continua oggi a perpetuarsi attraverso l’ascolto dei dischi in struggente chiaroscuro del tramonto di Lady Day.

Mary Titton

 Strange Fruit

“Gli alberi del sud hanno un frutto strano,

sangue sulle foglie e nelle radici,

un corpo nero penzola nella brezza del sud,

un frutto strano che pende dai pioppi …”

METEO

Roma (Italia, Europa) sereno +18. Livorno (Italia, Europa) sereno +19. Ta Khmau (Cambogia, Asia) sereno con nuvolosità periodica +27Essaouira (Marocco, Africa) per lo più soleggiato +21. Sanibel (Florida, Stati Uniti d’America) soleggiato +21. Ngerulmud (Melekeok, Palau Oceania) per lo più nuvoloso +26.

Ciao papà, un grosso bacio da R. M.


6 aprile   -270

La notizia del giorno.

Terremoto dell’Aquila: 8 anni dopo.

223312501-633c3351-f870-4674-8cf6-72e2335d4c35(Foto AGI)

A otto anni dal terremoto che, alle 3:32 del 6 aprile 2009, sconvolse un vasto territorio, seminando distruzione e dolore e causando la morte di 309 persone e il ferimento di oltre 1.500, L’Aquila ha ricordato le vittime del sisma con una fiaccolata a cui hanno partecipato migliaia di persone, sono arrivati anche abitanti di Amatrice e Arquata. Il sindaco del capoluogo abruzzese, ormai al termine del mandato che lo ha visto per dieci anni alla guida della città, fa un bilancio dicendo: “Non avrei mai scommesso, alla vigilia del terremoto, di riuscire a fare quello che ho fatto, mi sono trovato spesso in solitudine, a dover assumere responsabilità pesanti e fare scelte difficili. Ma ora L’Aquila è la città più sicura d’Italia e tra le più sicure d’Europa. Anche l’economia sta ripartendo. Lascio il mio posto con serenità e al mio successore auguro di nutrire la stessa passione politica che ho avuto io e che mi ha spinto a non mollare mai.” La ricostruzione privata, quella cioè degli appalti affidati direttamente dai cittadini, è a buon punto, segna il passo quella pubblica, mentre i segnali di ripresa economica e sociale sono ancora insufficienti. Tra i casi che fanno discutere due “grandi incompiute”: palazzo Margherita, sede del comune dell’Aquila, che ha da anni il finanziamento con una gara espletata da tempo, ma con i lavori mai iniziati, e la frazione di Paganica, la più popolosa, dove sono partiti appena 16 cantieri con il centro storico nel quale le macerie la fanno ancora da padrone. Una ricostruzione fatta di luci ed ombre: “Lascio in eredità un progetto di città esaltante. Anche se provo un dolore estremo nel non veder realizzate le scuole, o il masterplan di piazza d’Armi, o a vedere ancora i binari della mai realizzata metropolitana di superficie”, spiega il sindaco che non risparmia critiche: “Come si fa ad affrontare gli ultimi terremoti senza fare tesoro dei precedenti? Se fossero venuti a vedere all’Aquila come sono state fatte le cose …” Il sindaco del sisma poi aggiunge: “Se per quanto riguarda la ricostruzione, il problema più difficile da superare è la lunghezza dell’assegnazione degli appalti e il fatto che la corruzione non è punita con la certezza della pena (basterebbe una sola norma che punisse con certezza chi è colto con le mani in pasta), per quanto riguarda la prevenzione, nessuno fa mai riferimento a uno strumento importantissimo: il fascicolo di fabbricato. Con quello forse la tragedia di Rigopiano si sarebbe potuta evitare”.

Avvenimenti e Protagonisti del passato.

L’arte riformatrice di un grande genio.

480px-Adam_Eva,_Durer,_1504(Adamo ed Eva, 1504 – incisione)

Albrecht Dürer, (21 maggio 1471 – 6 aprile 1528) è il più alto rappresentante dell’arte e della cultura del Rinascimento del Nord. Pittore, incisore, si rivela potentemente nel predominio dell’espressione grafica, nel disegno, che va dalla composizione allo studio dal vero, al paesaggio, al ritratto. Grazie ai suoi studi scientifici e ai suoi viaggi, ha messo in contatto il Nord e il Sud dell’Europa. Nel libro “La storia dell’arte raccontata da E. H. Gombrich”, celeberrimo testo per orientarsi nel mondo dell’arte, è di particolare interesse percorrere insieme all’autore, una delle personalità di maggior rilievo della critica d’arte mondiale, alcuni passaggi significativi nell’evoluzione artistica del grande artista tedesco. “Le grandi conquiste dei maestri italiani del Rinascimento fecero una profonda impressione sui popoli d’Oltralpe. Chiunque s’interessasse alla rinascita della cultura si volgeva all’Italia, dove si andavano riscoprendo la sapienza e i tesori dell’antichità classica. C’erano tre tangibili conquiste dei maestri italiani alle quali essi miravano: la scoperta della prospettiva scientifica, la conoscenza dell’anatomia (che permetteva la riproduzione perfetta del corpo) e infine la conoscenza delle forme architettoniche classiche che parevano, a quell’epoca, la massima espressione di ogni dignità e bellezza. Un vero artista si sarebbe sforzato di capire fino in fondo i nuovi principi per l’avvenire dell’arte, Albrecht Dürer. Si considerava un riformatore e un rinnovatore dell’arte nazionale, rifletteva su ciò che faceva e sul perché lo faceva, teneva nota delle sue ricerche e scriveva libri utili alla sua generazione. Dürer, era figlio di un orafo di fama, venuto dall’Ungheria a stabilirsi nella florida città di Norimberga. Fin da ragazzo mostrò una straordinaria disposizione al disegno e venne messo come apprendista nella bottega del maestro Michael Wolgemut di Norimberga, la più importante bottega di pale d’altare e xilografie. Finito il tirocinio, seguì il costume di tutti i giovani artisti medievali, e viaggiò per ampliare le sue vedute e per cercare un posto dove stabilirsi. Da tempo desiderava visitare la bottega del maggior acquafortista del tempo, Martin Schongauer, ma arrivato a Colmar, trovò che il maestro era morto qualche mese prima. Si recò quindi a Basilea, in Svizzera, allora centro di cultura e di editoria, dove eseguì incisioni in legno per libri. Proseguì poi per l’Italia settentrionale, attraversò le Alpi, eseguì acquerelli di caratteristici aspetti alpini, e studiò le opere del Mantegna. Tornato a Norimberga per sposarsi e aprire una bottega propria, era ormai padrone di tutte le raffinatezze che un artista nordico poteva sperare di acquisire nel Sud. Dette ben presto prova di possedere ben più di una semplice conoscenza tecnica della sua difficile arte e di essere dotato di quella profondità di sentimento e vivacità di fantasia che da sole lo fanno un grande artista. Una delle sue prime opere importanti fu una serie di grandi xilografie per l’Apocalisse di San Giovanni … Per rappresentare questo grande avvenimento, Dürer scartò tutte le pose tradizionali a cui erano successivamente ricorsi i pittori per rendere in modo elegante la lotta di un eroe contro un nemico mortale. Il san Michele di Dürer non si mette in posa. È mortalmente serio, usa entrambe le mani per conficcare, con uno sforzo sovraumano, la lancia nella gola del dragone, e il gesto possente domina tutta la scena. Attorno a lui ci sono stuoli di altri angeli guerrieri, arcieri e schermitori in lotta con i mostri diabolici, il cui aspetto fantastico sfida qualsiasi descrizione. Sotto questo celeste campo di battaglia si stende un paesaggio tranquillo e sereno, segnato dalla firma famosa di Dürer”. (In origine il suo cognome era Ajtos, che in ungherese significa porta, venne cambiato nella sua traduzione tedesca, Turer che, a sua volta, negli anni, venne mutato in Dürer. Una porta aperta compare nel blasone di famiglia e lo stesso monogramma di Dürer, con il quale l’artista ha siglato gran parte delle sue opere, conferisce alla lettera A di Albrecht l’aspetto di una porta stilizzata). “Ma benchè si fosse rivelato maestro del fantastico e del visionario, vero erede degli artisti gotici ai quali dobbiamo i portici delle grandi cattedrali, Dürer non si accontentò di questa conquista. I suoi studi e i suoi schizzi mostrano che si abbandonò pure alla contemplazione della bellezza naturale e ne diede una copia paziente e fedele quanto nessun altro artista dal giorno in cui Jan van Eyck aveva mostrato ai pittori del Nord che loro compito era di rispecchiare la natura. Alcuni di questi studi di Dürer sono diventati famosi, ad esempio il suo acquerello di una zolla erbosa. Pare che Dürer non tendesse tanto a raggiungere la perfetta padronanza dell’imitazione della natura come fine a se stessa, quanto a migliorare la verosomiglianza e la persuasività della sua visione degli episodi sacri che doveva illustrare nelle pitture, incisioni e xilografie. Nella sua Natività del 1504 (del tempo, cioè, in cui Michelangelo stupì i fiorentini con la rivelazione della sua conoscenza del corpo umano), Dürer riprese il tema che Schongauer aveva rappresentato nella sua mirabile incisione. La fattoria con i suoi umili ospiti crea una tale atmosfera di idilliaca pace che ci invita a meditare il miracolo della notte di Natale con lo stesso stato d’animo devotamente pensoso che ispirò l’incisione. Dürer pare abbia sommato e perfezionato tutte le possibilità aperte dall’arte gotica, dopo che questa aveva puntato verso l’imitazione della natura. Ma al tempo stesso la sua mente era occupata a studiare le nuove mete cui tendevano gli artisti italiani … L’arte gotica aveva pressoché escluso la rappresentazione del corpo umano, e veniva ora in primo piano nell’interesse generale: la rappresentazione del corpo umano nel pieno di quella bellezza ideale che aveva conferito l’arte classica. Qui Dürer doveva presto scoprire che ogni mera imitazione della natura, per diligente e devota che fosse nell’esecuzione, non sarebbe mai bastata a creare l’elusiva bellezza propria delle opere d’arte meridionali. Messo di fronte a questo dilemma, Raffaello si era richiamato a una “certa idea” di bellezza che aveva in mente, l’idea che aveva assimilato negli anni dedicati allo studio della scultura classica e dei bei modelli. Per Dürer non era un problema semplice: non solo aveva minore ampiezza culturale, ma mancava di una ferma tradizione o di un istinto infallibile che lo guidassero … Dürer non si lasciò scoraggiare dalle difficoltà. È commovente osservare Dürer intento a sperimentare le varie regole della proporzione, vederlo deformare deliberatamente le proporzioni della struttura umana in corpi troppo allungati o troppo larghi, alla ricerca del giusto equilibrio e della giusta armonia. Uno dei primi risultati di questi studi, che l’avrebbero impegnato tutta la vita, fu l’incisione di Adamo ed Eva, in cui egli incarnò tutte le sue nuove idee sulla bellezza e l’armonia, e che orgogliosamente firmò per esteso, in latino: “Albertus Dürer Noricus faciebat 1504”. Se ci lasciamo tranquillamente guidare da lui nel paradiso terrestre dove il topo riposa tranquillo accanto al gatto, dove il cervo, la mucca, il coniglio e il pappagallo non temono l’approccio del passo umano, se affondiamo lo sguardo nel folto del bosco dove cresce l’albero della scienza e il serpente porge a Eva il frutto fatale, mentre Adamo tende la mano per riceverlo, se osserviamo infine con quale accuratzza Dürer rilevi il chiaro contorno dei corpi dolcemente modellati che si stagliano sull’ombra densa della foresta dagli alberi rugosi, ecco che questo primo serio tentativo di trapiantare nel Nord gli ideali del Sud ci riempie di ammirazione”. In seguito, la sua intensa e crescente attività artistica, sia nel campo della pittura che in quello dell’arte incisoria, produrrà numerosissimi capolavori e, la sua notorietà aumenterà la richiesta di ritratti proveniente da una committenza prevalentemente borghese e dell’alta aristocrazia. Rientrerà a Norimberga nel 1521 e, ormai ammalato, inizia a dedicarsi con maggior intensità ai suoi studi teorici pubblicando libri di matematica, sull’arte di fortificare le cittadelle, i castelli e i borghi e, infine, i Quattro libri che trattano delle proporzioni umane, opera che uscirà postuma.

Mary Titton

METEO

Roma (Italia, Europa) sereno +18. Livorno (Italia, Europa) idem. Urmia (Regione dell’Azarbaijan occidentale, Iran, Asia) parzialmente nuvoloso +11Catumbela (Angola, Africa) parzialmente nuvoloso +29. Alexandria (Virginia, Stati Uniti d’America) nuvoloso +10Rangiora (Nuova Zelanda, Oceania) nuvoloso +11.


5 aprile   -271

La notizia del giorno.

Una goccia di sangue fossile intrappolata nell’ambra.

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Una goccia di sangue fossile, che apparteneva a un mammifero, probabilmente a una scimmia. È rimasta per 20 o 30 milioni di anni in una zecca e si è perfettamente conservata. È descritta sul Journal of Medical Entomology, insieme all’unico fossile finora noto di una zecca, la Babesia microti, che ancora oggi infetta le cellule del sangue di molti animali e dell’uomo. Due piccoli fori nel corpo della zecca hanno suggerito che molto probabilmente il parassita, che aveva succhiato sangue a sazietà dal corpo di una scimmia, sia stato ferito dalla punta delle dita di un’altra scimmia che spulciava la sua compagna. Gettata via, la zecca è finita nella linfa di un ramo, che si è poi fossilizzata in ambra. A ricostruire questa storia, a decine di milioni di anni di distanza, sono stati i ricercatori dell’Università dell’Oregon, coordinati da George Poinar, esperto internazionale di forme di vita animali e vegetali imprigionate nell’ambra. Le gocce di sangue fossili “sono assolutamente sorprendenti per i loro dettagli – ha osservato Poinar – e la loro scoperta ha permesso anche di conoscere gli unici fossili di Babesia finora noti”. Sulla base delle conoscenze attuali sulle zecche simili a quelle trovate nell’ambra, i sintomi provocati dalle punture di quei parassiti ricordano quelli della malaria. Il ricercatore ha poi aggiunto: “Le forme di vita che troviamo nell’ambra possono rivelare davvero molto sulla storia e l’evoluzione di malattie che ci troviamo ad affrontare ancora oggi”.

Avvenimenti e Protagonisti del passato.

5 aprile 1992: l’inferno di Sarajevo.

Sarajevo

Il 5 aprile 1992 inizia l’assedio di Sarajevo, il più lungo assedio della storia moderna, durato ben quattro anni, dal 5 aprile 1992 al 29 febbraio 1996. Sarajevo, città ponte tra Occidente e Oriente, era allora composta dal 49% di musulmani, dal 30% di serbi e dal 7% di croati; un terzo dei matrimoni era costituito da coppie miste; c’era anche una comunità ebraica e c’era una minoranza Rom, l’11% si dichiarava jugoslavo. L’episodio va inquadrato nella guerra di Bosnia, che vide le forze bosniache schierate contro l’Armata popolare jugoslava (Jna), in seguito alla dichiarazione di indipendenza dalla Jugoslavia da parte della Bosnia, contrastata anche dalle forze servo-bosniache (Vrs), che volevano smantellare il nuovo stato indipendente e costituire la Repubblica serba di Bosnia-Erzegovina. Tutto comincia dal disfacimento della Jugoslavia, dopo la morte di Tito, una frammentazione che porta a nazionalismi esasperati e violenti, fino a una vera e propria guerra che coglie di sorpresa sia l’Onu che l’Europa. Sul ponte di Vrbanja, vicino al centro della città, i serbo-bosniaci uccidono due donne: Suada Dilberović, una studentessa di medicina, e Olga Sučić. Sono le prime vittime dell’assedio. L’Armata Popolare, guidata dal generale Kukanjac, per difendere i serbi locali, stringe in una morsa la città, presa d’assedio e bombardata dalle alture circostanti. Tutte le vie d’accesso vengono bloccate. Il progetto di Milosevic è quello di una “Grande Serbia”. Sarajevo diventa una città ghetto, con il centro storico e i quartieri residenziali di Dobrinja e Butmir nelle mani dei musulmani, il sobborgo di Ilidza, strategico per gli impianti di gas, acqua e luce, occupato dai serbo-bosniaci. Nella seconda metà del 1992 e nella prima metà del 1993 l’assedio raggiunse il suo apice per la violenza dei combattimenti. Furono commesse gravi atrocità, con l’artiglieria che continuava a colpire i difensori. Gran parte delle principali posizioni militari e le riserve di armi all’interno della città erano sotto il controllo dei serbi, che impedivano i rifornimenti ai difensori. I serbi erano ovunque in città e il grido Pazite, Snajper! (“attenzione, cecchino!”) divenne molto comune. Alcuni quartieri della città, come Novo Sarajevo, furono conquistati dagli attaccanti, per aiutare la popolazione assediata, l’aeroporto di Sarajevo fu aperto agli aerei delle Nazioni Unite alla fine di giugno del 1992. La sopravvivenza della città da allora dipese in larga parte proprio dai rifornimenti ONU. A Sarajevo, il 1º giugno 1993, 15 persone rimasero uccise e 80 ferite durante una partita di calcio. Il 12 giugno dello stesso anno 12 persone furono uccise mentre facevano la fila per l’acqua. La più grande di queste stragi fu, il 5 febbraio 1994, un attacco al mercato della città, passato alla storia come il massacro di Markale, in cui morirono 68 civili e ci furono 200 feriti. Tra gli edifici danneggiati ci furono la Biblioteca nazionale, che bruciò insieme a migliaia di testi storici, e il palazzo della Presidenza. Furono distrutti anche i manoscritti dell’Istituto Orientale, unici al mondo. Da Sarajevo cominciarono ad arrivare le immagini drammatiche delle stragi, un orrore che raggiunse il culmine in due episodi che convinsero gli Stati Uniti e la comunità internazionale della necessità di far finire quella guerra di tutti contro tutti: la strage di Markale, il mercato di Sarajevo, nel febbraio 1994 e, soprattutto, il massacro di Srebrenica tra l’11 e il 18 luglio 1995, con ottomila mussulmani uccisi dalle truppe serbo-bosniache del generale Mladic e centinaia di donne stuprate. In una città di 526mila abitanti, le vittime furono oltre 12mila, 5mila i bambini, i feriti più di 50mila, di cui l’85 % civili; 250mila il bilancio totale delle vittime in Bosnia, migliaia i profughi. I rapporti indicano una media di circa 329 bombardamenti al giorno durante l’assedio, con un massimo di 3.777 bombe sganciate il 22 luglio 1993. Gli incendi causati dai proiettili danneggiarono seriamente i palazzi della città, compresi gli edifici civili e le strutture sanitarie, le sedi delle comunicazioni e dello ONU. Il 3 ottobre, durante un’azione dimostrativa sul ponte di Vrbanja da parte di cinque pacifisti dei Beati Costruttori di pace, per “rompere simbolicamente l’assedio”, viene ucciso Moreno Gabriele Locatelli, prima vittima italiana. La versione ufficiale parla di spari di un cecchino serbo. Emergono dichiarazioni contraddittorie, rapporti che non si trovano, non viene fatta l’autopsia sul corpo. Un regista italiano, Giancarlo Bocchi, nei film inchiesta “Morte di un pacifista” uscito venti anni fa, e nel recente “Il ponte di Sarajevo”, ricostruisce una diversa realtà dei fatti: lo sparo proviene dalla postazione della brigata di Caco, dai bosniaci. Attraverso il caso Locatelli racconta alcuni aspetti “nascosti” dell’assedio di Sarajevo. C’è anche il tentativo di manipolare l’informazione e di far passare l’assedio per un “accerchiamento” della città. Nel dicembre dello stesso anno, 500 pacifisti manifestano nella città, tra di loro gli attivisti dei Beati Costruttori di pace. Per i serbi è la prova che l’assedio non c’è, si può entrare ed uscire liberamente. Intanto la comunità internazionale decide di considerare il conflitto una guerra civile e non interviene se non attraverso i discussi aiuti umanitari dell’Onu e dell’Unprofor, di stanza a Sarajevo. Un tunnel, completato nel 1993 dai bosniaci, consente di far passare armi e munizioni, ma anche cibo e medicine. Diventa una via di fuga per la popolazione. Infine, dopo mesi di tentennamenti, negli Stati Uniti Clinton, per salvaguardare l’immagine degli Usa, decide di intervenire contro gli assedianti, sia attraverso gli aerei della Nato, sia rafforzando le truppe di terra dei croati e dei bosniaci. La pace viene firmata nel novembre del 1995 con gli accordi di Dayton, ma solo nel febbraio del 1996 il governo bosniaco dichiara la fine dell’assedio. Prima dell’assedio, la città si trovava in un periodo di grande crescita e sviluppo ed aveva ospitato anche le Olimpiadi invernali nel 1984. La città era stata un modello di integrazione multietnica, ma l’assedio spinse le popolazioni a drammatiche divisioni. Dopo gli anni novanta, caratterizzati dalla negazione del ruolo serbo nelle guerre jugoslave, dal 2000 si è cominciato a coinvolgere bosniaci e croati nelle atrocità commesse, come quella di Srebrenica. Per quanto riguarda Sarajevo viene contestato il fatto che dal 1992 al 1995 150.000 serbi subirono operazioni di pulizia etnica e diverse migliaia furono uccisi. Nel 2004 gran parte dei danni agli edifici erano già stati riparati; i progetti per nuove costruzioni hanno fatto diventare Sarajevo la città con il maggiore tasso di espansione dell’ex Jugoslavia, oggi è la capitale e la più grande città della giovane Repubblica di Bosnia ed Erzegovina.

 METEO

Roma (Italia, Europa) parzialmente nuvoloso +18. Livorno (Italia, Europa) idem. Semej (Kazakistan, Asia) sereno con nuvolosità sparsa -9. Sebha (Libia, Africa) soleggiato +26Fort Worth (Texas, Stati Uniti d’America) per lo più soleggiato +18. Mackay (Queensland, Australia) lievi rovesci di pioggia +21.


4 aprile   -272

La notizia del giorno.

Siria: strage di bambini in raid con uso di gas nervino.

Secondo l’Osservatorio nazionale per i diritti umani (Ondus), sono almeno 58 i morti, tra cui 11 bambini, per un raid aereo, con il sospetto uso di gas tossici avvenuto in Siria. Le vittime per gli attivisti sono già almeno cento, oltre 400 i feriti, alcuni dei quali in gravi condizioni, questa notizia è riportata anche dal sito della tv araba Al-Arabiya che cita la Direzione sanitaria di Idlib. Stamani il sito di notizie vicino all’opposizione ‘Shaam’ aveva parlato di bombe al cloro, ma per la Direzione sanitaria si tratterebbe invece di gas sarin, entrambi vietati a livello internazionale. Sono state bombardate anche alcune strutture sanitarie in zona, come viene riferito dall’agenzia di stampa Dpa. L’attacco è avvenuto a Khan Sheikhun, nella provincia nord-occidentale di Idlib, in mano ad insorti e qaedisti dell’organizzazione Fatah al Sham (ex Fronte al Nusra). Successivamente un ospedale da campo dove venivano curate le vittime dell’attacco è stato colpito in un altro raid. Il capo del servizio di difesa civile dell’opposizione a Khan Seikhun, citato dall’agenzia Ap, ha detto che la struttura è stata “presa di mira dopo l’attacco”. Il responsabile, Abu Hamdu, ha precisato che l’ospedale da campo è stato distrutto e cinque ambulanze sono state danneggiate. Non è chiaro se ci siano state vittime. Immagini sconvolgenti mostrano file di cadaveri a terra e gli ospedali con i bimbi terrorizzati, spaesati, alcuni in fin di vita, con il volto coperto dalle maschere di ossigeno, anche un padre, disperato, che con gli occhi segnati dal pianto, tiene in braccio il corpo rigido della sua bambina. Il ministro degli Esteri della Francia, Jean-Marc Ayrault, ha chiesto un incontro di emergenza del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite. “Un nuovo e particolarmente grave attacco chimico è avvenuto questa mattina nella provincia di Idlib. Le prime informazioni suggeriscono un grande numero di vittime, anche bambini. Condanno questo atto disgustoso”, ha detto il ministro sottolineando che queste azioni gravi “minacciano la sicurezza internazionale”. L’Alto rappresentante Ue per gli Affari esteri e la Politica di sicurezza, Federica Mogherini, ha accusato il regime di Bashar al-Assad.

METEO

Roma (Italia, Europa) soleggiato +21. Livorno (Italia, Europa) parzialmente nuvoloso +21. Sa Pa (Provincia di Lao Cai, Vietnam, Asia) parzialmente nuvoloso +13. Jos (Nigeria, Africa) parzialmente nuvoloso +34. New Braunfels (Texas, Stati Uniti d’America) per lo più soleggiato +13Broken Hill (Nuovo Galles del Sud, Australia) per lo più nuvoloso +17.


3 aprile   -273

La notizia del giorno.

San Pietroburgo: bomba nella metro, almeno 14 morti.

attentato

Un attentato “terrificante” ha sconvolto San Pietroburgo, antica capitale degli zar e città natale di Vladimir Putin, proprio nel giorno in cui il presidente russo era in zona per l’incontro con il collega bielorusso Alexander Lukashenko. L’allarme è scattato intorno alle due e quaranta ora locale (l’una e quaranta in Italia), dopo una violenta deflagrazione in un convoglio che correva in galleria, tra due diverse stazioni, Tekhnologicheskiy Institut e Sennaya Ploshchad. Un vagone della linea blu della metropolitana è stato sventrato dalla deflagrazione, causando, secondo il governo, almeno 11 morti e 45 feriti, 13 dei quali gravi. Il bilancio delle vittime – che i media locali fanno salire a 14 – è provvisorio ed è destinato a salire nelle prossime ore. Un secondo ordigno, mascherato da estintore, è stato rinvenuto in una terza stazione, la Ploshchad Vosstaniya, ed è stato disinnescato dagli artificieri: si trattava di una bomba ben più potente – un chilo di tritolo – di quella usata nel vagone della metropolitana, ma di fattura simile, in quanto piena di “corpi lesivi” (biglie e chiodi mozzati) usati per potenziare l’esplosione. “Il conducente ha preso la decisione giusta, quella di non fermare il treno, ma portarlo alla stazione successiva, il che ha consentito di iniziare prontamente l’evacuazione e fornire assistenza ai feriti. Ciò ha contribuito a prevenire un numero di vittime più pesante” ha spiegato un portavoce della polizia. Un testimone dell’agenzia Reuters ha contato otto ambulanze nei pressi della stazione della metropolitana Sennaya Ploshchad, che è stata chiusa. Tutta la zona è stata blindata e sorvolata da elicotteri. Il governatore di San Pietroburgo, Georgy Poltavchenko, ha lanciato un pubblico appello: “A voi cittadini di San Pietroburgo e agli ospiti della nostra città chiedo di essere vigili, attenti e prudenti e di comportarsi in maniera responsabile”. A compiere l’attentato sarebbe stato un kamikaze russo di origine kirghisa di 22 anni. Il procuratore generale non ha dubbi: “Si è trattato di terrorismo anche se la matrice è da individuare”. Negli anni passati la Russia è stata bersaglio di attacchi da parte di militanti ceceni e almeno 38 persone persero la vita nel 2010, quando due donne kamikaze si fecero esplodere nella metropolitana di Mosca. Nel 2004 oltre 330 persone, metà delle quali bambini, morirono nel massacro di Beslan. Nel 2002 la polizia fece irruzione in un teatro di Mosca per porre fine a una presa di ostaggi e il bilancio finale fu di 120 morti. Putin, allora primo ministro, nel 1999 lanciò una campagna contro il governo separatista nella regione meridionale di Cecenia e da presidente ha proseguito con la linea dura per porre fine alla ribellione.

METEO

Roma (Italia, Europa) sereno +15. Livorno (Italia, Europa) idem. Tsingtao (Shandong, Cina, Asia) sereno con nuvolosità sparsa +13. Maradi (Niger, Africa) soleggiato +37. Riverside (California, Stati Uniti d’America) nuvoloso +13Distretto di Rotorua (Nuova Zelanda, Oceania) pioggia +13.


 2 aprile   -274

La notizia del giorno.

Valanga di fango a Mocoa in Colombia: oltre 200 morti.

Nella notte tra venerdì e sabato una valanga di acqua, fango e detriti ha colpito la cittadina di Mocoa in Colombia, al confine con Ecuador e Perù. I morti sono più di 200, 400 i feriti, che saranno trasportati con aerei nelle città vicine, 200 i dispersi e i numeri sono destinati a salire, c’è un allarme per la mancanza di sangue negli ospedali. Per la mancanza di corrente elettrica, a Mocoa, i soccorritori hanno sospeso le ricerche dei dispersi, hanno assicurato che proseguiranno alle prime luci dell’alba della domenica mattina locale. I corpi di circa 200 persone trovate morte sono stati composti in una camera mortuaria temporanea, dove tre squadre di medici legali stanno lavorando per identificare rapidamente le vittime. Le frane su Mocoa, una città di 36 mila abitanti, sono state provocate dall’enorme quantità di pioggia caduta in poche ore (130 millimetri, un terzo della quantità media mensile) e dallo straripamento di tre fiumi, il Mocoa, il Mulato e il Sancoyaco. La colata di pietre e fango ha invaso e distrutto le case, spazzato via i veicoli e due ponti. Il quotidiano locale Caracol Radio scrive che “la situazione nella città di Mocoa, colpita da una valanga di fango dopo lo straripamento di tre fiumi è devastante.” Il governatore della regione colpita dal maltempo, Sorrel Aroca, ha detto che 17 quartieri sono sepolti dal fango. Il sindaco di Mocoa, capoluogo del dipartimento di Putumayo, ha aggiunto che la sua città è “totalmente isolata”, senza elettricità e acqua. Secondo l’agenzia meteorologica locale marzo è stato il mese più piovoso dal 2011. Putumayo è al confine tra l’Ecuador ed il Perù. E proprio in quest’ultimo Paese dall’inizio dell’anno almeno 90 persone hanno perso la vita per le forti piogge, che anche in questo caso hanno causato valanghe ed inondazioni. La Farnesina è in contatto con le autorità colombiane per verificare l’eventuale presenza di italiani a Mocoa e per prestare ogni possibile assistenza ai loro familiari. Fonti locali riferiscono oggi la presenza di stranieri, tra i quali anche italiani, tra gli ospiti di un ostello sulla strada colpita dalla massa di fango e detriti.

Avvenimenti e Protagonisti del passato.

GIOVANNI PAOLO II: “Non abbiate paura …”

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Il 2 aprile 2005 moriva Karol Józef Wojtyła, nato a Wadowice, città a 50 km da Cracovia, il 18 maggio 1920, da Karol Wojtyła e da Emilia Kaczorowska, che morì nel 1929, quando Karol aveva appena nove anni; suo fratello maggiore Edmund, medico, morì nel 1932 per aver contratto la scarlattina e suo padre, sottufficiale dell’esercito, nel 1941. A nove anni Karol ricevette la Prima Comunione e a diciotto la Cresima. Terminati gli studi nella scuola superiore Marcin Wadowita di Wadowice, nel 1938 si iscrisse alla Università Jagellónica di Cracovia. Quando, nel 1939, le forze di occupazione naziste chiusero l’Università, il giovane Karol lavorò (1940-1944) in una cava ed in seguito nella fabbrica chimica Solvay per evitare la deportazione in Germania. Dal 1942 frequentò i corsi di formazione del seminario clandestino di Cracovia, diretto dal Cardinale Sapieha e fu uno dei promotori del Teatro Rapsodico, anch’esso clandestino, per il quale scrisse i testi e recitò come primo attore con successo. Questo periodo di occupazione della Polonia e di persecuzioni lo segnerà indelebilmente. Finita la guerra, continuò gli studi nel seminario di Cracovia, riaperto, e alla Facoltà di Teologia dell’Università Jagellónica fino alla sua ordinazione sacerdotale, avvenuta a Cracovia il 1 novembre 1946. Fu poi inviato dal Cardinale Sapieha a Roma, dove conseguì il Dottorato in Teologia (1948), con una tesi su San Giovanni della Croce. Nel 1948 ritornò in Polonia e fu coadiutore prima nella parrocchia di Niegowić, vicino a Cracovia e poi in quella di San Floriano, fu cappellano degli universitari fino al 1951. Vescovo ausiliare di Cracovia dal 1958, fu nominato da Paolo VI arcivescovo nel 1964 e poi cardinale nel 1967; partecipò, quindi, al Concilio Vaticano II, contribuendo alla stesura della Gaudium et Spes. Nel 1978 prese parte al conclave in cui fu eletto Albino Luciani, il patriarca di Venezia, che divenne papa col nome di Giovanni Paolo I e morì il 28 settembre 1978, dopo solo 33 giorni di pontificato; così nell’ottobre 1978 Wojtyła partecipò ad un secondo conclave, in cui il 16 ottobre 1978 fu eletto papa e prese il nome di Giovanni Paolo II, in ricordo del suo predecessore. Sull’onda del processo di rinnovamento avviato dal Concilio Vaticano II fece a meno del cerimoniale tradizionale, decise, pertanto, di non usare il pluralis maiestatis e optò per una semplice messa d’inaugurazione del ministero petrino, nella cui omelia già si delinea la forza del suo messaggio e l’incoraggia-mento all’’uomo, ad ogni uomo:” … Non abbiate paura! Aprite, anzi, spalancate le porte a Cristo! Alla sua salvatrice potestà aprite i confini degli stati, i sistemi economici come quelli politici, i vasti campi di cultura, di civiltà, di sviluppo. Non abbiate paura! …” Il suo pontificato è stato caratterizzato da un’intensa attività pastorale: ha compiuto 104 viaggi apostolici nel mondo, 146 visite pastorali in Italia e come Vescovo di Roma si è recato in 317 delle attuali 332 parrocchie romane. Ha operato per migliorare le relazioni con le altre religioni, in particolare con gli anglicani e gli ortodossi. Nei confronti degli ebrei ha riconosciuto ufficialmente lo Stato di Israele ed ha chiesto perdono per le mancanze e i peccati dei cristiani verso i fratelli maggiori, pregando, nel 2000, a Gerusalemme presso il Muro del pianto e visitando, primo pontefice romano, il 13 aprile 1986, la sinagoga di Roma. Giovanni Paolo II ha anche intrapreso una vigorosa azione politica e diplomatica contro il comunismo, favorendo il crollo dei sistemi del socialismo reale e ha condannato il capitalismo sfrenato e il consumismo, considerati antitetici alla giustizia sociale e lesivi della dignità dell’uomo. Tra i suoi documenti principali si annoverano 14 Encicliche, 15 Esortazioni, 11 Costituzioni e 45 Lettere apostoliche. Ha scritto anche dei libri tra cui: Varcare la soglia della speranza (ottobre 1994); Dono e mistero: nel cinquantesimo anniversario del mio sacerdozio (novembre 1996); Alzatevi, andiamo! (maggio 2004). Il 15 agosto 1997 con la lettera apostolica Laetamur Magnopere ha promulgato il Catechismo della Chiesa cattolica, diversamente accolto nei vari ambienti cattolici. Nel suo Magistero si oppose all’aborto e all’eutanasia, ribadendo con forza il principio della dignità dell’uomo e il diritto alla vita, confermò pure il celibato dei preti. Alcuni lo hanno criticato, dicendo che avrebbe bloccato gli sforzi progressisti del Vaticano II, attestandosi su posizioni conservatrici, ma i suoi pronunciamenti sulla cancellazione del debito dei paesi poveri, contro la pena capitale, la mafia e la guerra sono stati del tutto innovativi. In particolare, il 27 ottobre 1986 convocò ad Assisi la prima Giornata mondiale di preghiera per la pace, a cui presero parte i rappresentanti di tutte le grandi religioni mondiali e condannò decisamente la guerra in occasione delle invasioni americane in Iraq del 1990 e del 2003. Nel 1983 indisse il Giubileo Straordinario della Redenzione e nel 1985 istituì le Giornate Mondiali della Gioventù, per costruire un ponte con le nuove generazioni. Evento epocale è da considerarsi il Giubileo del 2000, che col suo carattere ecumenico ha coinvolto non solo i cattolici, ma il mondo intero; significativo, pure, il 12 marzo 2000, è stato il mea culpa per gli errori della Chiesa nel corso della storia. Il 13 maggio 1981 subì un attentato quasi mortale da parte di Mehmet Ali Ağca, un killer professionista turco, che, durante l’udienza generale in piazza San Pietro, gli sparò due colpi di pistola colpendolo all’addome. Wojtyła fu soccorso e sopravvisse. Due anni dopo volle incontrare in prigione il suo attentatore per dargli il suo perdono. Il movente e i mandanti dell’attentato non sono stati mai del tutto chiariti. Dopo oltre quindici anni sul seggio papale, la sua salute cominciò a declinare. Nel 1992 gli fu tolto un tumore benigno al colon, inoltre si ammalò di Parkinson. I primi sintomi apparvero nel 1991 con un lieve tremore della mano sinistra, rendendo nel tempo sempre più difficoltosi i movimenti e la pronuncia delle parole. Duramente provato nel fisico, costretto a utilizzare prima una pedana mobile e poi una sedia a rotelle, incoraggiato dall’affetto delle folle, con cui c’era un dialogo costante anche attraverso i gesti, fu determinato a esercitare il suo ministero fino alla morte. Mercoledì 30 marzo 2005 il Papa apparve per l’ultima volta alla finestra e tentò inutilmente di parlare. Morì il 2 aprile 2005 (la notte prima della Festa della Divina Misericordia da lui istituita il 30 aprile 2000), alle ore 21,37, all’età di 84 anni. L’annuncio della morte venne dato dal portavoce vaticano Joaquín Navarro-Valls. Amen sarebbe stata l’ultima parola da lui pronunciata. Da quella sera e fino al giorno delle esequie, più di tre milioni di pellegrini confluirono a Roma per rendere omaggio alla salma del Papa, i funerali furono celebrati dal cardinale Joseph Ratzinger sei giorni dopo, venerdì 8 aprile, in piazza San Pietro con la partecipazione di un altissimo numero di capi di stato e di governo e dei rappresentanti di tutte le religioni, al grido Santo subito levatosi più volte da una folla immensa silenziosa e commossa. Il 1º maggio 2011 è stato proclamato beato da Benedetto XVI e Il 27 aprile 2014 è stato canonizzato da papa Francesco insieme con Giovanni XXIII. Il suo pontificato è durato 26 anni, 5 mesi e 17 giorni ed è stato il terzo più lungo della storia (dopo quello di Pio IX e quello di San Pietro). La sua memoria ricorre il 22 ottobre.

METEO

Roma (Italia, Europa) pioggia +13. Livorno (Italia, Europa) nuvoloso +14. Jinan (Shandong, Cina, Asia) sereno con nuvolosità sparsa +15. Kiffa (Mauritania, Africa) soleggiato +39. Maldonado (Uruguay, America del Sud) pioggia +24. Wagga Wagga (Nuovo Galles del Sud, Australia) sereno +11.


1 aprile   -275

La notizia del giorno.

È morto il poeta russo Evgenij Evtušenko.

evgenij-aleksandrovic48d-evtuc5a1enkoEvgenij Evtušenko, “è morto circondato dai suoi cari, in modo sereno, nel sonno, per un arresto cardiaco”, come ha detto la moglie Maria Novikova. Secondo i media russi ha chiesto di essere sepolto a Peredelkino, “il villaggio degli scrittori”, vicino Mosca, non lontano dalla tomba del grande Boris Pasternak. Candidato al premio Nobel nel 1963, oltre che come poeta Evtušenko era noto anche come romanziere e drammaturgo. Evtušenko era nato nel 1933 in Siberia, nel villaggio di Zimà (“inverno” in lingua russa), ma dal 1991 viveva negli Usa, dove insegnava letteratura all’università di Tulsa. Considerato uno dei poeti più significativi dell’Urss post-stalinista, aveva esordito giovanissimo (“Gli esploratori dell’avvenire”, 1952) e con il passare del tempo aveva scritto liriche ispirate alla storia recente del suo paese e all’attualità, unendo nelle sue opere la rivendicazione della libertà d’espressione e la denuncia del perdurare dello stalinismo ben oltre la scomparsa del dittatore (“Gli eredi di Stalin”, 1962), scagliandosi spesso contro burocrati e carrieristi (“Anche gli altri”, 1962). Nel 1968, quando i carri armati sovietici invasero la Cecoslovacchia, Evtušenko condannò fermamente la mossa di Mosca e scrisse questi versi, suggerendoli come proprio epitaffio: “Uno scrittore russo/ stritolato dai tank russi a Praga”. La poesia che lo rese famoso nel mondo fu però “Babi Yar”, dedicata all’eccidio di decine di migliaia di ebrei, da parte dei nazisti nel 1941 vicino Kiev: “Tutti gli antisemiti – scrisse – devono adesso odiarmi come un ebreo”. Il suo slancio ideale verso un mondo più giusto lo portò ad appoggiare la rivoluzione cubana, e conobbe sia Fidel Castro sia Che Guevara. A quest’ultimo dedicò anche una poesia in spagnolo: “La chiave del comandante”, scritta dopo aver visitato il villaggio boliviano di La Higuera, dove fu ucciso Ernesto Che Guevara. “Non la chiamo poesia politica – disse in un’intervista parlando della sua opera – la chiamo poesia dei diritti dell’uomo. La poesia che difende la coscienza umana come il valore spirituale più alto”.

 

METEO

Roma (Italia, Europa) sereno +15. Livorno (Italia, Europa) parzialmente nuvoloso +15. Salavan (Laos, Asia) per lo più nuvoloso +23. Kano (Nigeria, Africa) soleggiato +37. Maracaibo (Zulia, Venezuela, America del Sud) parzialmente nuvoloso +32. Burnie (Tasmania, Australia) per lo più nuvoloso +9.


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