31 marzo -276
La notizia del giorno.
È morto Gilbert Baker, l’inventore della bandiera arcobaleno.
È morto oggi nel sonno, all’età di 65 anni, nella sua casa di New York Gilbert Baker, l’artista di San Francisco che creò la bandiera con i colori dell’arcobaleno. Baker era nato il 2 giugno 1951 a Chanute, Kansas ed era cresciuto a Parsons, Kansas, dove la nonna possedeva un negozio di abbigliamento femminile. Il padre era un giudice e sua madre era un’insegnante. Baker ha servito nell’ Esercito degli Stati Uniti dal 1970 al 1972. Baker aveva imparato a cucire da solo all’età di 20 anni e subito aveva cominciato la sua militanza nei primi movimenti lgbt a San Francisco. Nel 1978 disegnò una bandiera con otto colori per la giornata degli omosessuali, evento che ha poi ispirato i Gay pride. I colori della bandiera si sono ridotti prima a sette e poi agli attuali sei per praticità e risparmio economico. Ognuno di essi rappresenta un diverso aspetto dell’umanità. L’artista disse che voleva trasmettere l’idea della diversità e dell’inclusione, utilizzando “qualcosa dalla natura per rappresentare che la nostra sessualità è un diritto umano”. Nel 2015, il Museum of Modern Art di New York ha acquistato la bandiera per la sua collezione di design, definendola una “potente pietra miliare”. Per distinguere la “bandiera gay” da quella della Pace bisogna far caso al numero dei colori, che sono sette per la bandiera della Pace e sei per quella gay (manca l’azzurro), poi i colori caldi sono posti in alto nella bandiera gay, in basso in quella della Pace.
METEO
Roma (Italia, Europa) sereno +20. Livorno (Italia, Europa) idem. Sheberghan (Afghanistan, Asia) parzialmente nuvoloso +16. Kribi (Camerun, Africa) per lo più nuvoloso +27. Brainerd (Minnesota, Stati Uniti d’America) nuvoloso +15. Uturoa (Polinesia Francese, Oceania) parzialmente nuvoloso +29.
30 marzo -277
La notizia del giorno.
Trump e i dazi sui prodotti Ue, anche italiani.
Secondo il Wall Street Journal, alla Casa Bianca si sta lavorando all’ipotesi di introdurre dazi che penalizzino le importazioni e favoriscano la produzione interna, all’insegna dell’America First. Nel mirino di Washington In Europa sono Francia, Italia e Germania, con alcune eccellenze del “made in Italy”, che rischiano di avere nel prossimo futuro vita difficile Oltreoceano: possibili bersagli sono la Vespa della Piaggio, un simbolo fin degli anni della Dolce Vita e l’acqua minerale San Pellegrino, di proprietà della Nestlé. Ad essere minacciati sono anche i costruttori di moto svedesi ed austriaci, i produttori di formaggi francesi, come il Roquefort, quelli di acqua minerale come la Perrier, che appartiene al gruppo Nestlè, e poi ancora quelli di foie gras, di cioccolata, mostarda, paprika. Si salva Londra che, un po’ per la Brexit, un po’ per la “special relation” con gli Usa, non rientra nella stretta, che invece mira a colpire prodotti-simbolo dei Paesi Ue con l’obiettivo di fare pressioni su Bruxelles. Alla base di tutto c’è, infatti, un contenzioso che da anni crea tensioni in seno al Wto: lo stop della Ue all’importazione di carni di manzo Usa prodotte con bovini trattati con gli ormoni, usati per aumentare la produzione e non considerati illegali da Washington, in base alle proprie leggi. L’organizzazione del commercio mondiale (Wto) diede torto agli europei e ragione agli americani, dichiarando illegale quel divieto almeno nella sua formulazione e applicazione troppo estensiva. Nel 2009 Washington e Bruxelles raggiunsero un compromesso che in teoria doveva porre fine alle ostilità: il divieto europeo sarebbe stato applicato in modo più selettivo e mirato, in modo da ammettere, negli scaffali dei supermercati Ue, carne di manzo proveniente da allevamenti che non somministrano ormoni. L’accusa di Washington è che quell’accordo non viene rispettato dagli europei, in quanto l’importazione in UE di manzo made in Usa rimane bassa, l’Europa assorbe meno della metà di quanto comprano il Canada o il Messico.
Avvenimenti e Protagonisti del passato.
Vincent van Gogh: bellezza e pazzia.
Vincent Willem van Gogh nasce il 30 marzo 1853 a Groot Zundert, nel Brabante olandese. Abbandonati gli studi giovanili, nel 1868 viene assunto come impiegato dalla compagnia Goupil, che opera nel mercato dell’arte contemporanea. Lavora dapprima alla succursale dell’Aja, poi è trasferito a Londra, in seguito a una delusione amorosa, e a Parigi, ma nell’aprile del 1876 viene licenziato. Fa dapprima il commesso in una libreria di Dordrecht, poi tenta di seguire la carriera paterna come predicatore in Belgio, con esiti disastrosi. Nell’ottobre del 1880 si reca a Bruxelles e si iscrive all’Accademia di Belle Arti. Nel 1886 raggiunge a Parigi il fratello Theo, che dirige una galleria d’arte a Montmartre: si iscrive nell’atelier di Fernand Cormon e conosce i pittori impressionisti, che influenzano notevolmente la sua arte. Stringe amicizia con Paul Gauguin che si unisce a lui quando decide di andare a dipingere ad Arles. Sono due mesi intensi, in cui i due artisti dipingono gran parte dei loro capolavori: purtroppo le diversità di carattere sono troppo marcate e i rapporti tra i due artisti diventano sempre più tesi, fino a sfociare in una lite, in seguito alla quale Van Gogh si mutila il lobo dell’orecchio sinistro. Questo è un segnale dei seri disturbi mentali che lo opprimono e che lo fanno più volte internare in case di cura per malattie mentali, tra cui quelle di Saint-Paul-de-Manson e di Auvers-sur-Oise, dove viene affidato alle cure del dottor Paul Gachet. Il 27 luglio 1890 l’artista si spara un colpo di pistola al petto: muore due giorni dopo. Uno dei suoi quadri “Natura morta con girasoli”, del 1889, è stato venduto a Londra, ad un’asta di Christie’s, per ventidue milioni e mezzo di sterline; è il prezzo più alto mai pagato per un dipinto. Van Gogh fin da bambino amava i fiori. Così, quando ad Arles si avvicina a una pittura luminosa e solare, vuole rendere omaggio ai girasoli, i fiori per eccellenza. Nel dipinto la luce non arriva dall’esterno, ma sembra sprigionata dall’interno stesso dei fiori, in modo da amplificarne la potenza cromatica. L’artista ha usato una sola tinta, il giallo, con pochi tocchi di verde, e l’ha sviluppata in tutte le sue possibili sfumature, esattamente come un musicista rielabora un tema musicale. Van Gogh ama così tanto i girasoli, che quando Gauguin vuole realizzare il suo ritratto, lo raffigura proprio mentre li sta dipingendo. Spera di fargli cosa gradita, ma al contrario questo fatto è causa di uno dei molti litigi: Van Gogh si offende, convinto che l’amico abbia voluto umiliarlo e dargli una lezione sul modo migliore di dipingere quei fiori a lui cari. È scontato ribadire l’eccezionale forza espressiva che emerge dai quadri di Van Gogh, basti pensare, ad esempio, a “La camera da letto” del 1888. Osservandolo si viene via via colti da una sensazione di vertigine, come risucchiati in un luogo che appartiene all’interiorità del pittore e che lui trasferisce, attraverso la collocazione nello spazio “fuori squadra” dei pochi ed essenziali oggetti che arredano la stanza. La camera, che l’artista ha affittato durante il suo soggiorno ad Arles, in Place Lamartine, all’entrata della città, in realtà è un appartamento di due stanze con due studi (uno per sé, l’altro per Gauguin) in cui paga un affitto di quindici franchi al mese. Gauguin è giunto ad Arles, dopo numerosi inviti e grazie alla paziente mediazione di Theo, il 22 ottobre 1888. Il suo arrivo cambia le abitudini di vita dell’amico: Gauguin è infatti più attento all’ordine e alla pulizia, si occupa della gestione delle finanze e della casa, riesce a disciplinare l’autentico caos in cui Vincent vive e a porre un freno al ritmo forsennato che sta fiaccando il suo già debole stato di salute. Nel 1889, durante il ricovero nell’ospedale psichiatrico, Van Gogh eseguirà due repliche di quest’opera. La suggestione dei suoi quadri è potente, ne “Le Tambourin” del 1887 è persino ammaliante. In questo dipinto van Gogh ritrae Agostina Segatori all’interno del caffè Le Tambourin, uno dei cabaret di Montmartre che egli frequenta abitualmente. La fanciulla è sola, con lo sguardo malinconicamente perso nel vuoto e le braccia conserte, quasi a voler manifestare la sua rassegnata accettazione della vita che il destino le ha riservato. La sigaretta dimenticata tra le dita e il boccale di birra non fanno certo pensare alle liete compagnie in festa celebrate da Renoir: molti dettagli come il parasole abbandonato sulla sedia, rivelano l’aspetto triste e sconsolato dei locali notturni. Questa atmosfera di angosciata solitudine è sottolineata dalla scelta di usare una luce opaca e tinte fredde, ravvivate unicamente dalla fascia rossa del tavolino, le cui gambe quasi si confondono con la gonna della ragazza, e dal suo bizzarro e grottesco copricapo.
Mary Titton
METEO
Roma (Italia, Europa) soleggiato +23. Livorno (Italia, Europa) soleggiato +18. Harbin (Heilongjiang, Cina, Asia) sereno +1. Soubré (Costa d’Avorio, Africa) per lo più nuvoloso +34. New Braunfels (Texas, Stati Uniti d’America) soleggiato +13. Papara (Polinesia Francese, Oceania) nuvoloso +23.
29 marzo -278
La notizia del giorno.
Brexit: è iniziata l’uscita della Gran Bretagna dalla Ue.
La Gran Bretagna si avvia a lasciare l’Ue: l’ambasciatore britannico all’Ue, Tim Barrow, ha consegnato nelle mani del presidente del Consiglio Europeo, Donald Tusk, la lettera di notifica dell’articolo 50 del Trattato di Lisbona, firmata da Theresa May, che segna l’inizio dell’iter formale di separazione del Regno Unito da Bruxelles, a 44 anni dal suo ingresso nell’allora Comunità economica europea. La premier Theresa May ha detto: “È un momento storico, non si torna indietro” e ha aggiunto: “Ho scelto di credere nella Gran Bretagna”, definendo il passo “storico” e indicandolo come “un’opportunità” per il Regno: l’opportunità di essere “più forte, più equo e più unito”. Obiettivo: essere un grande Paese “globale”. “La Gran Bretagna – ha detto ancora – intende garantire al più presto possibile i diritti dei cittadini Ue”. Nella dichiarazione ufficiale dei 27, “i leader sottolineano che agiremo all’unisono e che cominceremo i negoziati concentrandoci su tutti gli elementi chiave per avere un’uscita ordinata”. La premier conservatrice, rispondendo alla domanda di un deputato laburista durante il dibattito fiume alla Camera dei Comuni sull’avvio dell’iter di divorzio dall’Ue, ha ammesso che “una certa dose di incertezza per il business” in Gran Bretagna è “inevitabile” durante la fase negoziale di transizione verso la Brexit. Quello che possiamo fare è tuttavia dare chiarezza” sugli obiettivi e sui vari passaggi del percorso”. Ieri il parlamento scozzese ha votato in maggioranza a favore della richiesta di un referendum bis sulla secessione da Londra in risposta alla Brexit. La proposta era stata presentata dalla first minister e leader indipendentista dell’Snp, Nicola Sturgeon. “Non apriremo i negoziati sulla proposta della Scozia”: è stata la risposta della premier britannica, tramite un suo portavoce.
METEO
Roma (Italia, Europa) soleggiato +20. Livorno (Italia, Europa) soleggiato +16. Nazareth (Israele, Asia) coperto +20. Benin City (Nigeria, Africa) per lo più nuvoloso +33. Dothan (Alabama, Stati Uniti d’America) sereno +13. Alotau (Papua Nuova Guinea, Oceania) pioggia +26.
28 marzo -279
La notizia del giorno.
Alla 61esima edizione dei David di Donatello trionfa “La Pazza Gioia”.
Il film di Paolo Virzì ha conquistato cinque statuette: miglior regista, miglior attrice Valeria Bruni Tedeschi, miglior film, miglior attore Stefano Accorsi, miglior attori non protagonisti Mastandrea e Truppo. Molti riconoscimenti sono andati anche ai due sfidanti, “Indivisibili” di Edoardo De Angelis (storia di due gemelle siamesi nella Castelvolturno di oggi) e “Veloce come il vento” di Matteo Rovere (ambientato nel mondo delle corse), entrambi vincitori di sei statuette. Riconoscimenti ad Enzo Avitabile per le musiche di “Indivisibili”. Virzì ha dichiarato scherzando: “Dottore le assicuro che ho preso le goccine e dopo prenderò anche le pasticchine per andare a dormire, ma è stato importante incontrare tutte le persone che vivono nei centri di salute mentale che mi hanno ispirato e fatto pensare. Il cinema italiano ha abbattuto il confine tra tragedia e commedia e io qui mi sento a casa”. Tra i momenti emozionanti della cerimonia una speciale performance musicale firmata Manuel Agnelli, il leader degli Afterhours, che ha dato vita ad una versione molto suggestiva di “Across The Universe” dei Beatles con omaggi a molti dei nomi del cinema che ci hanno lasciato quest’anno, da Pasquale Squitieri alla firma di Repubblica Maria Pia Fusco. Grande commozione anche quando sullo schermo sono passate le immagini di Anna Marchesini, Gian Luigi Rondi, Corrado Farina, Dario Fo, la giornalista Maria Pia Fusco, Pasquale Squitieri, Tomas Milian e Giorgio Capitani. Come da tradizione, i candidati erano stati tutti ospiti in mattinata del Presidente della Repubblica, dove Roberto Benigni (premiato alla carriera) ha tenuto un suo show che ha replicato durante la cerimonia: introdotto da un balletto sulla musica di “La vita è bella” con un gioco di ombre e luci che richiamava le icone del suo cinema da Il piccolo diavolo alle sue performance dantesche fino allo straordinario momento di Sofia Loren che urla “Roberto!”, comincia: “Questo è un premio bellissimo, vi ringrazio è la seconda volta nella stessa giornata che ci incontriamo, nemmeno il Papa ieri a San Siro ha avuto tanti applausi, addirittura mi viene da dire una Messa, vi benedico anzi Dio vi benedica”.
Avvenimenti e Protagonisti del passato.
Sergej Vasil’evic Rachmaninov, l’ultimo dei romantici.
“Il 15 marzo 1919 Paul Resenfifd scriveva sul “New Repubblic”, riferendosi a uno dei più grandi compositori e pianisti russi di sempre, Sergej Rachmaninov: “Ci fu un tempo in cui queste opere avevano ragione di essere. Questo tempo è passato. Oggi Rachmaninov ci appare come un amabile e molto affascinante fantasma”.
“Che cosa rende Rachmaninov un artista fuori del suo tempo un romantico del Novecento, un fantasma?” si chiede il prof. Pier Paolo Bellini, laureato in lettere, in D.A.M.S. Musica e diplomato in Composizione, Ricercatore confermato in Sociologia dei Processi Culturali presso la facoltà di Scienze Umane e Sociali dell’Università del Molise, in una sua biografia del famoso musicista tratta dal sito di Marco Voli e che qui di seguito riportiamo: “Esistono due ordini di ragioni (di carattere ideologico le prime, di carattere estetico le seconde), ragioni che cercheremo di focalizzare approfondendo i vari aspetti dell’esperienza umana dell’artista. Rachmaninov nasce nel 1873 e fin da piccolo viene attratto dalla musica attraverso l’esperienza del padre, pianista dilettante; è però la madre a sostenerlo e a incoraggiarne i primi studi regolari, che culminano con l’assegnazione di una borsa di studio presso il Conservatorio di San Pietroburgo. La naturale pigrizia del giovane viene immediatamente corretta dai ritmi educativi rigorosi del prestigioso Conservatorio di Mosca, le lezioni cominciavano alle sei di mattina. Diplomatosi brillantemente, comincia la professione di compositore e si sposa nel 1902 con Natalija Satina che gli darà due figli. I problemi umani e professionali cominciano per lui all’indomani della rivoluzione d’Ottobre: inizialmente Rachmaninov si illude di trovare una buona accoglienza per la sua attività e arriva a donare l’incasso di un suo concerto alla rivoluzione: “l’artista libero Sergej Rachmaninov dona al libero esercito l’onorario del suo primo concerto in un paese libero”. Ben presto questa illusoria libertà mostra il suo volto violento: nel Natale dello stesso 1917, attraverso la Scandinavia, Rachmaninov si imbarca per l’America. La decisione, che segnerà un vero e proprio trauma nell’animo di Rachmaninov nasceva da un giudizio che solo molto più tardi l’artista renderà pubblico attraverso una lettera al “New York Times”: “In nessun periodo, in nessun paese è mai esistito un governo che si sia reso responsabile di tante crudeltà, assassini di massa e crimini d’ogni genere quanti ne sono stati perpetrati dai Bolscevichi (12 gennaio 1931)”. Immediatamente il Conservatorio di Mosca, e in seguito tutte le istituzioni musicali russe proibirono lo studio e l’esecuzione delle Opere di Rachmaninov. Nel nuovo continente l’artista incontrò non poche difficoltà: innanzitutto l’attività di compositore non gli avrebbe permesso di mantenere la famiglia. Dovette così, a quarantaquattro anni, “inventarsi” una nuova professione, più redditizia: si rimise a studiare il piano per tanto tempo tralasciato, con tale decisione da divenire nel giro di pochi mesi uno tra i pianisti più virtuosi del nostro secolo, sicuramente il più ricercato dalle maggiori istituzioni musicali mondiali. In quel periodo “doveva fare tanti e tali viaggi, per esempio a Cuba e in Canada, che decise di noleggiare il vagone di un treno che attrezzò con un pianoforte verticale e con i suoi oggetti personali creandosi cosi una piccola casa viaggiante e risolvendo il problema di fare e disfare continuamente bagagli (G. Norris, Rachmaninov)”. Il successo raggiunto e la serenità economica assicurata non basteranno certo a rimarginare la ferita nell’animo dell’artista: ne è segno il continuo invio di pacchi di generi di prima necessità e di soldi verso la Russia, per i musicisti in difficoltà, per gli studenti, pacchi accompagnati spesso da lettere di questo tono: “Da un russo ai russi un aiuto nella misura delle mie forze, per la lotta contro i nemici. Voglio credere e credo nella vostra vittoria”. Ma nemmeno questo, nemmeno i concerti americani in favore delle vittime della guerra in Russia poterono ridargli ciò che la Rivoluzione gli aveva tolto: “Può essere l’agitazione o lo stress, legato all’agitazione dei concerti, o il fatto che il genere di musica che mi interessa descrivere non sembra più accettabile al giorno d’oggi … La vera ragione non è forse nessuna di queste. Perché lasciando la Russia io ho lasciato dietro di me lo stimolo a comporre. E partendo dal mio paese ho perduto me stesso. In questo esilio, lontano dalle mie radici e dalle mie tradizioni, io non trovo più lo stimolo a esprimermi (1934, intervista a “Monthly Record”)”. L’esperienza umana di Rachmaninov è piena di elementi contraddittori, decifrabili addirittura attraverso alcune sue caratteristiche fisiche: un “cipiglio alto due metri” (come lo definiva Stravinskij) dalle larghe spalle, ma magrissimo, così alto che quando sedeva al pianoforte, dopo essersi avvicinato strascicando i piedi, doveva in certo qual modo disporre le lunghe gambe sotto il piano in modo da non pestare i pedali dello strumento. Eppure, dietro un aspetto tanto austero, si celava il potere di suscitare una grandissima e generale emozione non appena cominciava a suonare. Allo stesso modo quell’uomo, esteriormente freddo, si lasciava trascinare in ragazzate quando era in compagnia o assumeva atteggiamenti improvvisamente stravaganti. Non ci si deve stupire allora di trovare in lui i segni della genialità confusi e mescolati con quelli di un perenne spirito infantile. Aveva per esempio una memoria musicale prodigiosa: si poteva iniziare a parlare di qualsiasi opera per pianoforte sinfonica, lirica, classica o di qualche autore contemporaneo, ma se Rachmaninov l’aveva ascoltata, e soprattutto se gli era piaciuta, allora la suonava come se l’avesse studiata a memoria, come se l’opera fosse sua. Nello stesso tempo amava tutti i giochini piccoli come le matite colorate o la macchina puntatrice, si esaltava per le conquiste della tecnologia come quando un amico gli aveva regalato un aspirapolvere e lui, a tutti quelli che gli facevano visita, mostrava le ottime qualità dello strano marchingegno e si divertiva come un bambino. Da questa indole nacque la sua precoce passione per le auto e per la guida; già nel 1912 aveva comprato una bellissima Mercedes blu scuro con la quale destava lo stupore dei concittadini. Da un tale temperamento non poteva che nascere un atteggiamento unico e personale nei confronti della musica e della tradizione, un atteggiamento che inizialmente venne ritenuto una stravaganza come racconta un suo giovane amico: “Amava molto le canzoni di chiesa e la musica ecclesiastica e molto spesso anche d’inverno si alzava alle sette del mattino, e se ne andava nel monastero Andronikov, dove restata in piedi nella penombra, nella grandissima chiesa, per tutta la Messa e ascoltava i vecchi e austeri canti liturgici che erano eseguiti dai monaci. Spesso succedeva che proprio nelle sere in cui era stato al monastero se ne andava ad un concerto sinfonico, poi a cenare al ristorante, dove stava seduto a tavola fino a notte fonda, ascoltando con grande piacere delle canzoni tzigane. Senza queste contrastanti impressioni, senza queste emozioni non poteva vivere”. Questo suo originale rapporto con la tradizione musicale divenne nel tempo una matura concezione estetica in netto contrasto con le avanguardie che in quegli anni nascevano. Le sue affermazioni diventano nel tempo sempre più esplicite e decise nell’opporsi alla cultura ufficiale dell’occidente, nel periodo tra le due guerre. “Non sono un compositore che produce opere su formule e teorie preconcette. La musica, secondo me, dev’essere l’espressione delle complessa personalità del compositore. La musica deve esprimere il paese di nascita del compositore, i suoi amori, la sua religiosità, i libri che l’hanno influenzato, le pitture che ama. Dev’essere la somma totale delle sue esperienze. La musica nasce solo dal cuore e si rivolge al cuore. È amore. Sorella della musica è la poesia, e madre la sofferenza”. E il cuore di Rachmaninov è un cuore ferito: “La mia salute declina – questo non ti stupirà se ti ricordi che la mia insoddisfazione cronica mi ha sempre impedito di sentirmi bene”. Un’epoca in cui si incominciava a teorizzare la ricercata estraneità dell’autore, e quindi dell’uomo dalla sua opera, riproporre il cuore come sorgente e recettore del messaggio artistico non poteva che decretare la messa nell’angolo del compositore russo. “Oggi il cuore sta per diventare un organo atrofizzato; non lo si usa più. Ben presto sarà diventato una semplice curiosità”. Da questa profezia, che negli anni successivi si è progressivamente realizzata, egli derivava il fulcro di una coraggiosa concezione estetica. “Lo scopo della musica è creare la bellezza; oggi i nuovi talenti lavorano più con la testa che con il cuore e sono incapaci di entusiasmo”. Di qui nascono le sue scelte stilistiche, in primo luogo la riaffermazione del primato della melodia, della cantabilità: “La melodia è la musica, è la base di tutta la musica … non scrivere che quello che canta in te”. Di qui derivano le scelte dei maestri: “Chopin! Ho compreso la sua grandezza dall’età di diciannove anni; non ho mai smesso poi di ammirarlo. Egli è oggi più moderno di tanti moderni … resta ai miei occhi uno dei più autentici giganti”. Di qui il suo rapporto con la tradizione: “Io sono un compositore russo, il mio paese ha fortemente influenzato il mio temperamento, ma io non mi sforzo di scrivere musica russa più di ogni altro genere di musica”. Di qui, infine, la sua scelta di isolamento: “Esistono tre categorie di compositori. Quelli che compongono della musica leggera, cioè della musica per il mercato; quelli che compongono della musica al gusto del giorno, cioè della musica moderna; infine quelli che compongono della musica “seria”, “molto seria”, alla categoria dei quali noi abbiamo, voi come me, l’onore di appartenere. Gli editori accettano sempre di pubblicare la musica dei compositori delle prime due categorie perché rappresentano una mercanzia che si vende facilmente! Ma esitano molto di più a pubblicare quella dei compositori dell’ultima categoria. Le due prime forme di musica si indirizzano al portafoglio. L’ultima molto di più al cuore”. È possibile ora azzardare una parola sintetica della poetica di Rachmaninov; una sorgente di ispirazione riscontrabile dietro ogni nota che ci ha lasciato: la nostalgia per l’origine, come confessa in una lettera ad un amico: “C’è tuttavia un fardello che sempre si troverà sulle mie spalle, più pesante di ogni altro, e che era sconosciuto a me nella giovinezza. Questo fardello è il fatto di non avere patria. Io ho dovuto lasciare la terra dove sono nato, dove ho passato la mia giovinezza, dove ho lottato e sofferto tutte te sofferenze che un giovane può sopportare e dove finalmente ho raggiunto l’iniziale successo. L’intero mondo mi è aperto, il successo mi aspetta in ogni luogo. Solo un posto è chiuso per me: la mia stessa patria, la Russia”. Nel 1897 la vena creativa di Rachmaninov che aveva già prodotto numerose partiture di valore ebbe un brusco arresto. Caduto in una grave crisi depressiva (aggravata, pare, dal nefasto esito della Sinfonia n.1 e dalla temporanea predilizione per la vodka), vi uscì con una serie di sedute psicoanalitiche e terapie ipnotiche di cui fu sempre grato al dottor Nicolai Dahl. Tra le altre prescrizioni, Dahl consigliò al musicista di concentrarsi sulla composizione di una partitura per pianoforte e orchestra (la prima esperienza del genere, il Concerto in fa diesis minore op. 1° risaliva agli anni di Conservatorio). Dedicato a lui è il 2° secondo Concerto in do minore op.18, composto tra il 1901 e il 1902, dopo quasi quattro anni di silenzio artistico. L’autore-pianista lo tenne a battesimo a Mosca, il 27 ottobre sotto la direzione di Aleksandr Ziloti. Il 2° Concerto, che lo stesso Rachmaninov suonò in pubblico oltre centocinquanta volte, a cominciare dalla tournée francese del 1907, è il più popolare biglietto da visita dell’invenzione sontuosa e del gusto postciaikovskiano d’autore. Il successo che lo accompagna tuttora è universale e la bellezza che diffonde è imponente: “Conquista con prepotenza l’avvio (Maestoso) affidato al progressivo gioco di ampi accordi fatti rimbalzare su un Fa grave in crescendo, su cui plana il primo grande tema orchestrale affidato agli archi. L’Adagio sostenuto, in realtà il primo movimento composto è una testimonianza plateale della vena lirica d’autore. La tinta appassionata romanza, intonata dal piano forte ma replicata in una scaltra ricreazione concertante dai soli dell’orchestra e dai rabbocchi tematici degli archi ( il tutto calato in una semplice struttura liederidstica tripartita), è diventata come un passaporto per l’eternità della musica di Rachmaninov”. Il grande musicista morì il 28 marzo 1943 sulla collina di Beverly Hills, in California, mentre il mondo viveva in pieno la tragedia della Seconda guerra mondiale.
Mary Titton
METEO
Roma (Italia, Europa) soleggiato +20. Livorno (Italia, Europa) soleggiato +18. Pol-e Khomri (Afghanistan, Asia) parzialmente nuvoloso +27. Bamenda (Camerun, Africa) per lo più nuvoloso +32. Maple Grove (Minnesota, Stati Uniti d’America) parzialmente nuvoloso +4. Faa’a (Polinesia Francese, Oceania) temporale +23.
27 marzo -280
La notizia del giorno.
Di nuovo agli Uffizi l’Adorazione dei Magi di Leonardo.
Da oggi può essere di nuovo ammirata al primo piano degli Uffizi, in una mostra appositamente dedicatale, l’Adorazione dei Magi di Leonardo, opera realizzata fra il 1481 e il 1482 per i monaci di San Donato a Scopeto. Il dipinto ha subito un restauro lungo oltre cinque anni, nei laboratori dell’Opificio delle pietre dure, eseguito da un team di cinque restauratori, sotto la supervisione di Cecilia Frosinini e del responsabile dell’ente di tutela Marco Ciatti. Un restauro fuori dell’ordinario che, oltre ad aver risolto alcuni problemi conservativi, ha consentito di recuperare tonalità cromatiche inaspettate e la piena leggibilità dell’opera, ricchissima di dettagli affascinanti: l’azzurrino del cielo, il candore dei volti dei vari personaggi e i colori naturali dell’albero dietro la Vergine. Insieme alla tavola di Leonardo è esposta in un ambiente adiacente anche la versione dell’Adorazione eseguita da Filippino Lippi, commissionata all’artista pratese dai monaci di san Donato, una volta certi dell’inadempienza di Leonardo il quale, dopo aver iniziato la tavola, nel 1482 partì per Milano lasciandola incompleta. Il restauro ha svelato come il dipinto possa essere stato la tavola preparatoria di elementi chiave contenuti in altri capolavori di Leonardo, come la perduta “Battaglia di Anghiari”, il “San Girolamo”, oggi ai musei Vaticani e persino la “Vergine delle Rocce”. Ne è convinto Ciatti, supervisore generale dell’intervento di restauro, che ha spiegato: “Grazie al lavoro che abbiamo condotto sono emersi dettagli e particolari prima impercettibili, che ci hanno consentito di comprendere molto di più delle tecniche di lavoro di Leonardo. Una delle scoperte più importanti che abbiamo potuto fare, oltre al fatto che Leonardo ha effettuato gli studi di prospettiva direttamente sull’opera con incisioni impercettibili e non su carte, è stata il fatto che in questo dipinto, che porta la data del 1481, abbia effettuato sperimentazioni che poi ritroviamo, in forma più compiuta, in altri suoi capolavori: la zuffa di cavalieri che appare sullo sfondo ricorda molto di quanto sappiamo della “Battaglia di Anghiari”; vicino alla Vergine collocata al centro troviamo la testa di un vecchio che fa pensare senz’altro ad una sorta di studio del suo “San Girolamo”; anche i riflessi d’acqua, visibili, con un po’ di attenzione sotto i piedi di Maria, evocano l’effetto visivo che comparirà, con maggiore forza nella “Vergine delle Rocce”. Come disse Vasari, Leonardo era avanti di almeno 40 anni rispetto ai contemporanei nell’evoluzione della pittura. “Al termine della mostra, a settembre, – ha annunciato il direttore Schmidt, – l’opera sarà spostata nella nuova sala di Leonardo, al secondo piano, insieme agli altri tesori leonardeschi degli Uffizi, il Battesimo di Cristo e l’Annunciazione.
METEO
Roma (Italia, Europa) sereno +17. Livorno (Italia, Europa) sereno con nuvolosità sparsa +16. Babol (Mazandaran, Iran, Asia) parzialmente nuvoloso +13. Caxito (Angola, Africa) parzialmente nuvoloso +33. Leesburg (Virginia, Stati Uniti d’America) lievi rovesci di pioggia +16. Blenheim (Nuova Zelanda, Oceania) per lo più nuvoloso +13.
26 marzo -281
La notizia del giorno.
F1: la Ferrari di Sebastian Vettel vince a Melbourne.
La “Rossa” guidata da Sebastian Vettel ha vinto il Gran Premio d’Australia, prima gara di Formula Uno della stagione 2017. Sul circuito semi-cittadino dell’Albert Park di Melbourne, il pilota tedesco della casa di Maranello ha preceduto le Mercedes di Lewis Hamilton e Valtteri Bottas, l’altra Rossa guidata da Kimi Raikkonen è arrivata quarta. Dopo un anno e mezzo, la Ferrari torna sul podio più alto, non accadeva dalla notte dal 20 settembre 2015, quando sul circuito di Singapore Sebastian Vettel vinse la sua terza gara al volante della Rossa. Oggi, a sorpresa, la SF70H, guidata sempre da Vettel, alla prima uscita, ha stravinto a Melbourne. Il presidente della Ferrari Sergio Marchionne esulta per il ritorno alla vittoria della Rossa: “Era ora. Sono contento per la squadra e i nostri tifosi che non ci hanno mai abbandonato. Era da circa un anno e mezzo che aspettavamo questa vittoria. È stata un’emozione sentire nuovamente suonare l’inno italiano. Sebastian ha fatto una grande gara, e sono sicuro che Kimi sarà presto lì a lottare con il compagno. Ed è naturalmente un successo da condividere con tutta la squadra, sia in pista sia a Maranello, perché solo il lavoro di gruppo permette di raggiungere traguardi importanti. Adesso però la cosa fondamentale è ricordarci che questo non è il punto di arrivo ma solo il primo passo di un lungo cammino che deve vederci tutti impegnati a migliorare ogni giorno”.
METEO
Roma (Italia, Europa) sereno +12. Livorno (Italia, Europa) soleggiato +15. Pakse (Laos, Asia) sereno con nuvolosità sparsa +27. San (Mali, Africa) per lo più soleggiato +43. Frisco (Texas, Stati Uniti d’America) nuvoloso +17. Fremantle (Australia, Oceania) sereno +17.
25 marzo -282
La notizia del giorno.
Bagno di folla per il papa a Milano.
Il 25 marzo è il giorno della visita di papa Francesco a Milano e nelle terre ambrosiane, evento che secondo le previsioni degli organizzatori attirerà circa un milione di persone. La lunga giornata di papa Francesco nella diocesi di Milano è iniziata con la sosta alle Case Bianche, poi c’è stato l’incontro con il clero all’interno del Duomo e la recita dell’Angelus sul sagrato esterno, poi la visita alla Casa Circondariale di San Vittore, dove ha salutato personalmente ogni singolo detenuto e alle 12.30 ha pranzato con 100 detenuti nel terzo raggio della Casa Circondariale. Prima di trasferirsi in auto al Parco di Monza, per la celebrazione della messa, il papa ha deciso di sostituire l’abituale momento di riposo pomeridiano in vescovado con una siesta all’interno del penitenziario, nella stanza del cappellano. È la prima volta che un papa entra nel carcere di San Vittore, costruito nel 1879, seguendo la pedagogia del tempo che voleva le carceri come luogo di sorveglianza e di rieducazione attraverso la punizione. C’è chi rimane solo una settimana e chi fino a due anni. Poi la messa al parco di Monza con la partecipazione di 700 mila persone: ingenti le misure di sicurezza, ma Milano e Monza non sono città blindate: Il papa arriva infatti per una giornata di festa, vuole stare vicino alla gente e sono centinaia di migliaia i fedeli pronti ad accoglierlo. La lunga giornata è terminata con il saluto allo stadio San Siro, dove ai ragazzi pronti per la cresima o ai già cresimati ha rivolto un appello forte contro la violenza: “Per favore, state attenti al bullismo. C’è qualcuno che prendete in giro perché è grasso, magro, per questo o per l’altro? E vi piace farli vergognare e anche picchiarli per questo? Questo si chiama bullismo. Per il sacramento della cresima, promettete al Signore di non farlo mai e di non permettere mai che si faccia nella vostra scuola o nel vostro quartiere? Mi promettete di non prendere mai in giro un compagno?” Dagli spalti un boato: “Sì!”, ma Francesco invita i bambini ad alzare ulteriormente la voce.
Avvenimenti e Protagonisti del passato.
60 anni fa la costituzione dell’Unione europea.
Il 25 marzo 1957 sono stati firmati i cosiddetti “Trattati di Roma”: il Trattato che istituisce la Comunità economica europea (TCEE) e il Trattato che istituisce la Comunità europea dell’energia atomica (TCEEA). I Trattati di Roma rappresentano il momento costitutivo della Comunità europea. Il nome del Trattato è stato successivamente cambiato in “Trattato che istituisce la Comunità europea” (TCE), dopo l’entrata in vigore del trattato di Maastricht, e poi in “Trattato sul funzionamento dell’Unione europea” (TFUE), all’entrata in vigore del trattato di Lisbona. Contro l’idea di Beyen, che caldeggiava un’integrazione economica generale, appoggiata solo da Francia e Belgio, nel corso della Conferenza di Messina, tenutasi, dall’1 al 3 giugno 1955, nella casa di Gaetano Martino, all’epoca Ministro degli Affari Esteri, venne deciso che si sarebbero create le due istituzioni sopra citate e si arrivò a una sorta di compromesso, dal momento che non si era trovato l’accordo su un più energico rilancio dell’europeismo. La caratteri-stica del rilancio europeo risiedeva nel fatto che l’iniziativa proveniva non da un input americano, ma esclusivamente dall’Europa grazie all’impegno di personalità, quali Jean Monnet, Gaetano Martino, Paul-Henri Spaak. L’iniziativa di Jean Monnet prese le mosse dall’esempio della CECA, l’unica comunità sopranazionale allora esistente: egli intendeva estendere i compiti della Comunità europea del carbone e dell’acciaio ad altri settori, quali i trasporti e le fonti di energia tradizionali e creare una nuova comunità sopranazionale per l’energia nucleare. Il progetto di Monnet venne ben accolto dai partner europei, tranne dalla Gran Bretagna, il cui Governo di Anthony Eden non desiderava farsi inglobare in un sistema integrato europeo, per non perdere la speciale relazione con gli Stati Uniti. La partenza del progetto di Monnet dovette essere rimandata a dopo la caduta del Governo francese di Mendès France, che ormai era screditato presso l’opinione pubblica europeista. Un ruolo fondamentale venne giocato da Beyen, Ministro degli Esteri olandese, che propugnava una vera integrazione economica generale. Jean Monnet, Paul-Henri Spaak e Jan Willem Beyen predisposero un memorandum nel quale l’idea di integrazione economica veniva approfondita. La Commissione Spaak venne incaricata di stendere un rapporto sul seguito da dare ai contenuti della Conferenza di Messina. Nonostante il boicottaggio britannico, i negoziati procedettero senza troppi impedimenti e portarono all’istituzione dell’EURATOM, che sembrava trovare consensi anche negli Stati Uniti, che ritenevano che lo sfruttamento dell’energia nucleare avrebbe potuto mantenere in costante crescita il mercato europeo, dopo la fine del boom legato al petrolio e al gas, come la crisi di Suez aveva evidenziato. L’altro organismo istituto fu la CEE, che avrebbe dovuto promuovere, mediante la formazione del mercato comune e l’armonizzazione delle legislazioni economiche nazionali, una crescita stabile e duratura del continente europeo. L’unione doganale avrebbe costituito la pre-condizione per l’integrazione economica generale. La prima fase sarebbe durata 12 anni e si sarebbe articolata in 3 tappe, al cui termine i Governi avrebbero fatto il punto della situazione per valutare la fattibilità del passaggio alla fase successiva. L’attuazione del Trattato venne demandata ad una Commissione, composta da 9 membri (due per i Paesi principali e uno per i più piccoli), ma sprovvista di potere deliberativo proprio, lasciato al Consiglio dei ministri. Un’assemblea di 142 membri, nominati dai Parlamenti nazionali e la Corte di Giustizia completavano il primo sistema comunitario. I Trattati furono sottoscritti dai rappresentanti dei sei paesi fondatori: Italia, Francia, Germania, Belgio, Paesi Bassi, Lussemburgo. La cerimonia si tenne in Campidoglio, nella sala degli Orazi e Curiazi del Palazzo dei Conservatori, la stessa dove il 29 ottobre 2004 i rappresentanti dei 25 Paesi membri dell’Unione europea hanno firmato la Costituzione per l’Europa. I Trattati di Roma prevedevano l’istituzione dell’Assemblea parlamentare europea, composta da 142 deputati nominati dai parlamenti dei sei paesi membri della Comunità: la sessione costitutiva della stessa, avente a quel tempo solo funzioni consultive, si tenne a Strasburgo il 19 marzo 1958, sotto la presidenza di Robert Schuman; soltanto nel 1962 l’Assemblea assunse il nome di Parlamento europeo e, solo nel 1979, si svolsero le prime votazioni a suffragio universale diretto per l’elezione dei suoi membri. Il Trattato istitutivo della Comunità economica europea è ancora la base legale di molte decisioni prese dall’Unione europea, pur avendo subito notevoli modifiche in seguito all’entrata in vigore, il 1º dicembre 2009, del trattato di Lisbona che ha previsto, tra l’altro, di cambiarne il nome in “Trattato sul funzionamento dell’Unione europea”. Il mercato comune è basato su quattro libertà fondamentali: libera circolazione delle persone, dei servizi, delle merci e dei capitali.
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24 marzo -283
La notizia del giorno.
Roma blindata alla vigilia delle celebrazioni dei Trattati del 25 marzo 1957.
(Firma ufficiale dei Trattati di Roma, sala degli Orazi e Curiazi del Palazzo dei Conservatori in Campidoglio a Roma)
Dopo l’attentato di Londra di mercoledì 22 marzo, sale a Roma l’allerta sicurezza in vista delle celebrazioni per i 60 anni della firma dei Trattati di Roma, che nel 1957 diedero vita al primo nucleo della Comunità economica europea. Sono già arrivati in città 40 capi di Stato e di governo, per questo sono state prese misure straordinarie ed è stato innalzato ulteriormente il livello di attenzione e sono stati rafforzati i controlli nei luoghi affollati. Gli agenti in campo domani saranno 5.000, sono state predisposte due zone blindate, denominate in omaggio alla bandiera Ue “blu” e “green”: la blu è quella intorno al Campidoglio, dove il traffico veicolare e pedonale sarà interdetto dalle 00.30 del 25 fino al pomeriggio. Potranno accedere solo residenti e lavoratori dopo aver passato un controllo di polizia; la green è quella intorno al Quirinale, dove il transito veicolare sarà vietato dalle 7.30 fino al primo pomeriggio; nelle due aree blindate sono stati rimossi anche i cassonetti. Chiuse per tutta la giornata le fermate della metropolitana Colosseo, Barberini e Spagna e chiuso lo spazio aereo su Roma. La preoccupazione è alta, perché ci saranno quattro cortei, due la mattina e due il pomeriggio e c’è il timore che soprattutto nel corteo di “Eurostop” possano esserci infiltrazioni dei black bloc e l’imprevedibile azione di un ‘lupo solitario’, di un jihadista che può seminare il terrore semplicemente alla guida di un’auto, come si è visto ieri a Londra. C’è poi un monitoraggio stretto sui foreign fighters (poco più di cento quelli che hanno avuto a che fare con l’Italia, ma pochissimi tornati dai teatri di guerra) e sugli ambienti a rischio, dalle carceri ai luoghi di ritrovo degli islamici, al web, in modo da cogliere per tempo processi di radicalizzazione: cambiamenti nell’aspetto esteriore, barba lunga, vestiti più tradizionali.
Avvenimenti e Protagonisti del passato.
“Una gran signora del giornalismo italiano”.
Lietta Tornabuoni è stata una delle più importanti figure del giornalismo italiano. Era nata a Pisa il 24 marzo 1931 da un’antica famiglia aristocratica. Si era sposata giovanissima e trasferita a Roma, dove aveva intrapreso appena diciottenne la carriera giornalistica, che è stato sempre il suo vero grande amore. Cominciò la professione nel 1949 a “Noi Donne”, il settimanale dell’Udi, passando nel 1956 a “Novella” poi a “L’Espresso”, all’“Europeo” e nel 1970 alla “Stampa”, dove è rimasta tutta la vita (se si eccettua una breve parentesi al Corriere della Sera). Elisabetta (Lietta) Tornabuoni era una donna colta con un’intelligenza acuta e sensibile; era nota soprattutto per le sue recensioni asciutte e puntuali che coglievano sempre il senso profondo dei film e restano indimenticabili i suoi ritratti dei grandi del cinema. Ha alternato l’attività di critico cinematografico con quella di cronista, facendosi portavoce dei fatti nazionali e internazionali più importanti degli ultimi cinquant’anni: dall’attentato terroristico alla squadra israeliana alle Olimpiadi di Monaco nel ’72 fino al sequestro e omicidio di Aldo Moro, fatti che raccontava con meticolosa attenzione per i dettagli e la sintesi fulminante del giudizio. Tra i suoi libri “Sorelle d’Italia: l’immagine della donna dal ’68 al ’78” (con Stefano Reggiani), 1977, “Era cinecittà: vita, morte e miracoli di una fabbrica di film” (con Oreste del Buono, 1979), “Album di famiglia della Tv: 30 anni di televisione” (con Oreste del Buono, 1981) e le annuali pubblicazioni “Al cinema”, che raccolgono le sue recensioni. Pochi giorni prima di morire, nella sua ultima recensione di un film, aveva scritto “una pellicola che affronta l’argomento rimosso per eccellenza della nostra epoca, la morte”. All’indomani della sua morte, avvenuta l’11 gennaio 2011, Natalia Aspesi ricorda l’amica con un bellissimo articolo: “Addio a Lietta Tornabuoni, la signora del cinema”, pubblicato sul quotidiano “la Repubblica” e qui tratto da: “ricerca.repubblica.it”. Per motivi di spazio viene riportata solo una parte: “Lietta Tornabuoni ed io eravamo una strana coppia; amiche, colleghe, sorelle: abitando in città diverse, ci trovavamo solo in occasioni professionali, per esempio ai Festival, da quello canoro di Sanremo nei suoi anni gloriosi, ai cinefestival di Cannes e di Venezia. Inseparabili, scansate, forse temute, certamente prese in giro dagli altri colleghi, ci divertivamo moltissimo: a vedere film, incontrare divi, parlarne tra noi. Come due adolescenti, ridevamo di tutto, il lavoro, insieme, era puro divertimento, anche se scrivevamo per giornali diversi, o forse proprio per quello. Quando ci siamo conosciute, io ero una tipica giornalista donna, disordinata e poco affidabile, della terribile categoria definita di costume; Lietta era già una grande giornalista, anzi, come si diceva allora per esaltarne la bravura, un grande giornalista; generosa come raramente sono i colleghi, apriva i suoi quadernini, che erano sempre quelli cinesi neri con gli angoli rossi, e mi passava preziose informazioni, numeri di telefono segreti. Fu lei che rimproverandomi l’eccesso di leggerezza, mi insegnò che il giornalismo è una cosa seria, anche se mi occupavo di Claudio Villa o degli amori della Callas, dovevo essere precisa, rigorosa: controllando ogni nome, ogni notizia, circondandomi di dizionari, intervistando più persone possibile, leggendo libri: soprattutto restando lontana dai fatti e dalle persone, imparziale, e pensando solo ai lettori. … Quando muore un grande giornalista, lo si ricorda come una persona che al lavoro ha dedicato tutta la sua vita. Lietta aveva molto amato il giornalismo, e lo amava ancora, malgrado le tante delusioni che negli anni capita sempre di subire. Ma aveva dedicato molto di se stessa agli affetti, con una silenziosa generosità che faceva parte del suo stile di vita rigoroso e appartato. Di sé non parlava mai: era stata una bella ragazza dal sorriso incantevole, ma degli uomini, sempre intellettuali, che avevano attraversato la sua vita, non erano rimaste tracce. Vagamente gli amici sapevano della sua nobile e colta famiglia, di una sorella suicida, di un matrimonio, giovanissima, con un compagno di partito, matrimonio pochi anni dopo annullato (il divorzio non c’era ancora) in quanto contratto tra due comunisti, cioè diabolici peccatori. Era stata molto vicina a sua madre, donna di grande cultura e aveva assistito il fratello Lorenzo, pittore di talento, per anni confinato a letto. Lo ricordo perché questo lato della sua vita, in nome di un senso segreto dell’eleganza e della discrezione, era solo suo, come lo fu la sua dedizione assoluta al compagno, il geniale scrittore Oreste del Buono, nei lunghi anni di una sua drammatica malattia. Lietta ha cominciato a staccarsi dal mondo quando, morte le persone che più amava, si è ritrovata senza più nessuno da accudire, cui dedicare i pensieri, le cure, le attenzioni, l’amore. Lei che era una grande cronista, un’opinionista severa, un’implacabile intervistatrice, una giornalista ironica, puntigliosa, acuta e generosa, una persona anticonformista, di profonda moralità laica, senza padroni, ha preferito appartarsi nei limiti inoffensivi della critica cinematografica perché la politica, che era stata una sua passione e che aveva settimanalmente raccontato nella sua rubrica “Persone”, svelandone i peccati e i peccatori, si era ormai troppo insquallidita, criminalizzata, attorcigliata attorno a personaggi troppo privi di glamour, che era ciò che lei cercava in tutto. La sala buia era diventata un rifugio a stanchezza e delusioni, i film non disturbavano il suo bisogno di solitudine, scriverne nella sua casa silenziosa, invasa da migliaia di libri che alimentavano la sua instancabile cultura, era un modo per proteggere il suo orgoglio, la sua dignità, per non mostrarsi più e diventare finalmente invisibile”.
Mary Titton
METEO
Roma (Italia, Europa) sereno +16. Livorno (Italia, Europa) sereno con nuvolosità sparsa +16. Arbil (Iraq, Asia) parzialmente nuvoloso +12. Tipasa (Algeria, Africa) parzialmente nuvoloso +9. McKinney (Texas, Stati Uniti d’America) temporali sparsi +13. Levuka (Figi, Oceania) pioggia +27.
23 marzo -284
La notizia del giorno.
Addio Mago Zurlì!
È morto, a Milano, Cino Tortorella, per tutti, grandi e piccini, mago Zurlì, che ha fatto sognare generazioni di bambini e per tanti anni ha legato il proprio volto e la propria attività allo Zecchino d’oro. Nato a Ventimiglia il 27 giugno 1927, autore e regista, anche appassionato esperto di enogastronomia, ha ideato e condotto per quasi 50 anni lo Zecchino d’Oro, gara canora per bambini, in cui, vestito da mago, con tanto di mantello azzurro e bacchetta magica, è diventato una figura inconfondibile per il pubblico dei più piccoli: nel 2002, in occasione della 45ma edizione, è entrato nel guinness dei primati per aver presentato per tanti anni lo stesso spettacolo. Restano nell’album dei ricordi i suoi dialoghi con Topo Gigio e i motivi, cantati dai bambini col Coro dell’Antoniano diretto da Mariele Ventre, come ’44 gatti’ ‘Popoff’, ‘Le tagliatelle di nonna Pina’, ‘Il coccodrillo come fa?’ Dalla collaborazione con l’Antoniano nascono anche altre trasmissioni: Il primo giorno di scuola (Festa dei Remigini), La Festa della Mamma, Canzoni per Alpha Centauri, Viva le vacanze, Tre farse, Un soldo, Le due Befane, sino a Una magica notte Aspettando il Natale, condotta nel 2000 con Ettore Bassi e Ada Tourè. Poi, per un contenzioso con l’allora nuovo direttore dell’Antoniano, fra Alessandro Caspoli, una decina di anni fa, l’esclusione dallo Zecchino d’oro, che lo colpisce profondamente: “Sono molto addolorato”, spiega “lo Zecchino d’Oro l’ho inventato io cinquant’anni fa. Dei frati dell’Antoniano non è rimasto nessuno, un nuovo direttore ha deciso di eliminare tutti quelli che avevano costruito la storia dello Zecchino e anche Topo Gigio è stato considerato troppo vecchio”. Una vita passata in tv, come autore e regista (‘Chissà chi lo sa?’, trasmissione andata in onda per 12 anni e portata al successo da Febo Conti, il ‘Dirodorlando’, ‘Scacco al re’), Il suo grande rammarico: “Non ci sono più trasmissioni fatte a misura di ragazzo. Oggi i giovani sono dimenticati dalla televisione e questo è un vero peccato”. Per due volte, nel 2007 e nel 2009, il suo cuore smise di battere: due ischemie dalle quali, ironizzava “sono partito più forte di prima”. Mago Zurlì non aveva paura della morte, l’anno scorso a Pomeriggio 5 aveva raccontato: “Mi sono sentito in una dimensione straordinaria senza sentire più dolore, mi sono trovato in un abisso di chiarità e ho visto il volto di mia sorella e di Mariele Ventre, Io non sono molto religioso ma dico a tutti che la vita non sarà finita dopo”.
METEO
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22 marzo -285
La notizia del giorno.
Londra: attacco terroristico al Parlamento: quattro morti.
Oggi pomeriggio un uomo, alla guida di un suv, si è lanciato sulla folla sul ponte di Westminster, lasciando numerosi feriti per terra, quindi è sceso dall’auto e ha accoltellato un agente nel cortile del Parlamento di Londra. L’assalitore è stato ucciso dalle forze di polizia dopo aver tentato di fare irruzione nel Parlamento britannico. Cinque i morti, tra cui lo stesso unico aggressore, una quarantina i feriti, tra cui una giovane bolognese, che vive da sei anni a Londra, curata e subito dimessa, e tre studenti francesi. La direttrice delle operazioni di soccorso, Pauline Cranmer, ha detto che 12 pazienti sono ricoverati per “ferite gravi mentre otto sono curati per ferite più leggere”. Il Parlamento è stato sospeso, la premier Theresa May, che prendeva parte alla seduta in corso, è stata portata in salvo. Ci sono stati momenti di panico, sono intervenuti gli agenti anche in borghese con i mitra, sono state bloccate tutte le uscite e le persone sono state tutte portate nei locali di Westminster per essere identificate una per una. Scotland Yard ha parlato chiaramente di terrorismo. I testimoni hanno descritto l’attentatore come un uomo “dai tratti asiatici, un quarantenne”. Resta il mistero sull’ identità del killer: i media inglesi e israeliani indicavano Trevor Brooks, noto come Abu Izzadeen, di origini giamaicane, nato nell’East London. A riferirlo è stata al Arabiya, la britannica Channel 4 e The Indipendent. Poi è arrivata la smentita: “Non può essere lui perché è ancora in prigione”, riferiscono varie fonti citando l’avvocato dell’imam. L’uomo, portavoce degli estremisti islamici in Gran Bretagna è considerato un “predicatore d’odio”, noto all’intelligence britannica dal 2006. Nel 2015 aveva fatto perdere le proprie tracce. Dodici anni dopo l’attacco dei kamikaze islamici nel metrò di Londra ed esattamente un anno dopo gli attentati all’aeroporto e alla metropolitana di Bruxelles, il terrorismo è tornato a colpire Londra.
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21 marzo -286
La notizia del giorno.
Locri: manifestazione di Libera contro le mafie.
Oggi a Locri si è svolta la marcia organizzata da “Libera” per la Giornata della memoria e del ricordo delle vittime della mafia. Hanno sfilato in 25mila: “Oggi a Locri siamo tutti sbirri. Ricorderemo tanti nomi di esponenti delle forze dell’ordine che hanno perso la vita e nessuno li può etichettare e insultare.” dice don Ciotti marciando in testa al corteo, insieme al ministro della Giustizia, Andrea Orlando, al presidente del Senato, Pietro Grasso e ai familiari delle vittime di mafia, che al collo portano una foto dei loro cari caduti per mano mafiosa. Il motto è in risposta alle scritte offensive comparse ieri contro la legalità e il prete simbolo della lotta alla mafia a Locri, sui muri del Vescovado, che lo ospita in questi giorni. Una manifestazione imponente, partecipata, consapevole: in testa al corteo i familiari delle vittime che reggono due striscioni di Libera con lo slogan della Giornata di quest’anno: “Luoghi di speranza, testimoni di bellezza”, dietro di loro una grande bandiera della pace portata da ragazzi migranti minorenni giunti in Calabria a bordo di barconi nei mesi scorsi, a seguire i gonfaloni, le autorità e migliaia di persone giunte da tutta Italia, decine di migliaia di studenti, molte scolaresche. Nel suo discorso, più volte interrotto da lunghi e sentiti applausi, don Ciotti ha detto: “La mafia si annida nell’indifferenza, nella superficialità, nel quieto vivere, nel puntare il dito senza far nulla … Dobbiamo ribellarci tutti all’impotenza.” Ha poi continuato: “La politica è etica. Una politica asservita al potere ruba speranza … La legalità non può essere un insieme di principi sacrosanti, ma astratti, ma un ponte tra la responsabilità e la coscienza di essere persona sociale ed il ruolo attivo e positivo che giochiamo nella nostra comunità. Sull’assenza di progetti e proposte concrete e credibili rischiamo di rassegnarci alle mafie come un male inevitabile.” E alla politica don Ciotti ha fatto anche delle richieste precise: approvare il codice antimafia e sostenere e rafforzare l’Agenzia dei beni confiscati; nessun arretramento nella legge sugli appalti, sulle intercettazioni, sulla prescrizione; completare la normativa anticorruzione; completare la legge sui testimoni di giustizia e sulle vittime di mafia per eliminare le differenziazioni. Un elenco che mette il dito nella piaga dei ritardi e delle promesse mancate della politica e che Libera non ha paura di ricordare e di pretendere che vengano mantenute. Precisa don Ciotti: “ Sono diritti e non favori. Le mafie sono forti in una società diseguale, dunque fragile e depressa. Stare dalla parte del bene significa lottare contro il male. Se il male è così diffuso è perché le ingiustizie si sono alleate con le nostre omissioni”.
Avvenimenti e Protagonisti del passato.
Schindler’s List: 1994 Premio Oscar 21 marzo 1994
La vita è bella: Premio Oscar 21 marzo 1999
Due film vincitori, a distanza di qualche anno, di più premi Oscar e nomination, due capolavori che trattano da diverse angolazioni lo stesso argomento: la persecuzione degli ebrei da parte del regime nazista, riuscendo, entrambi ambientati nel 1939, a rappresentare quello che fu l’orrore dell’Olocausto e a toccare le corde più sensibili degli spettatori. Schindler’s List, del regista statunitense Steven Spielberg, è un film ispirato al romanzo “La lista di Schindler” di Thomas Keneally, basato sulla vera storia di Oskar Schindler, un imprenditore tedesco, che, con un contabile ebreo, Itzhak Stern, riuscì grazie alla sua abilità ad impiantare un’azienda di pentole da fornire all’esercito tedesco, per far lavorare gli ebrei schedati dai nazisti e salvarli così dalla deportazione nei campi di concentramento. Il film è ambientato a Cracovia, dove, esaurite le formalità burocratiche, l’imprenditore tedesco inaugura la Deutsche Emaillewarenfabrik, in cui quotidianamente più di mille lavoratori ebrei, tra i quali insegnanti, intellettuali e scrittori, ritenuti “non necessari” dalle autorità naziste, si recano a lavorare godendo di una posizione privilegiata rispetto alla maggioranza della popolazione ebraica, costretta a vivere all’interno del ghetto. La vita sembra essere avviata ad una sorta di stabilità, ma per i nuovi ordini di liquidare l’eccedenza di persone ammassate nel ghetto di Cracovia, Schindler, costretto ad assistere impotente al massacro che si svolge sotto i suoi occhi, temendo per la fine dei propri affari, ma anche preoccupato per la sorte delle persone a cui ha cominciato ad affezionarsi, converte la fabbrica da civile a militare, iniziando a produrre munizioni e granate e reclutando ulteriore personale ebreo, per preservarlo dalle deportazioni. Quando, per l’avvicinamento delle truppe sovietiche, giunge l’ordine da Berlino di smantellare il campo di Plaszów e di trasferire gli ebrei sopravvissuti nel campo di Auschwitz, Schindler compila, insieme a Stern, una “lista” e compra i suoi lavoratori, pagandoli uno ad uno, per trasferirli nella zona di Zwittau-Brinnlitz, in Moravia, al riparo dal cosiddetto “trattamento speciale”. Tutto sembra procedere bene, ma un errore burocratico modifica la direzione del treno su cui viaggiano le donne e i bambini, che arriva ad Auschwitz. Informato della notizia, Schindler accorre e, grazie a un’ulteriore corruzione, realizzata con la consegna di alcuni diamanti al comandante del campo Rudolf Höss, riesce ad ottenere la loro liberazione ed il loro trasporto a Zwittau-Brinnlitz, dove alle SS assegnate alla fabbrica viene fatto divieto di uccidere o di maltrattare i lavoratori. Terminata la guerra con la resa della Germania, Schindler, ancora ufficialmente membro del Partito Nazista, deve allontanarsi precipitosamente, al fine di evitare la cattura da parte dei soldati sovietici, non prima però di avere evitato l’ultimo inutile massacro da parte delle guardie tedesche, convincendole, a dispetto degli ordini ricevuti, a fare ritorno a casa senza macchiarsi di una inutile strage. Al momento del commiato, gli operai gli consegnano una lettera, con tutte le loro firme (più di 1000), da esibire nel caso venisse catturato, in cui spiegano che egli non è un criminale nazista, ma che è stato l’autore della loro salvezza, oltre alla lettera, gli donano un anello in oro forgiato di nascosto, su cui è incisa una citazione del Talmud: “Chi salva una vita salva il mondo intero”. La sequenza finale del film, una delle quattro a colori, mentre il resto è in bianco e nero, girata nel 1993, mostra gli anziani ebrei ancora in vita, accompagnati dagli attori che li hanno interpretati, porre delle pietre, secondo l’usanza ebraica, sulla tomba del vero Oskar Schindler, a Gerusalemme. “La vita è bella”, il film che vede Roberto Benigni come regista e protagonista, rappresenta una delle più celebri opere incentrate sullo scottante tema dell’Olocausto: in questo caso la storia viene esorcizzata, ponendo l’attenzione sull’effetto che essa può avere su un bambino. La pellicola vede protagonista Guido Orefice, un libraio ebreo ilare e giocoso, che deportato insieme con la sua famiglia in un lager nazista, cercherà di proteggere il figlioletto di 6 anni, Giosuè, dagli orrori dell’Olocausto, facendogli credere che tutto ciò che vedono sia parte di un meraviglioso gioco, in cui dovranno affrontare prove tremende per vincere il meraviglioso premio finale, un carro armato vero. Una notte, all’improvviso, con la fine della guerra e dell’occupazione nazista, i soldati tedeschi cominciano freneticamente ad abbandonare il campo, dopo aver fatto strage dei deportati rimasti. Guido riesce a nascondere Giosuè in una cabina dicendogli di giocare a nascondino e promettendogli di ritornare; mentre è alla ricerca della moglie, Dora, si maschera da donna e successivamente cerca di raggiungere il camion dove la tenevano prigioniera insieme con altre donne, dicendole di saltare dal camion, ma fallisce e viene scoperto; portato in un vicolo, dopo aver fatto l’occhiolino a Giosuè, che crede ancora che tutto faccia parte del gioco, viene fucilato da un soldato tedesco. Il mattino seguente il lager viene liberato dagli americani. Giosuè esce dalla cabina, in cui era stato tutta la notte nascosto in silenzio, ed è infine salvato da un soldato americano, che lo fa salire sul suo carro armato: il bambino è convinto di aver vinto il premio finale. Giosuè, accompagnato in spalla dal soldato che lo ha trovato, riconosce sua madre, che cammina nel gruppo di prigioniere liberate e finalmente la riabbraccia, gridando felice: “Abbiamo vinto!” In entrambi i film, sullo sfondo dei tragici eventi della Shoah, c’è un uomo che solo, con freddezza e coraggio, riesce a fronteggiare situazioni di un orrore inimmaginabile: nel film di Spielberg, il protagonista, prima per interesse personale, poi perché matura in lui la consapevolezza delle terribili esecuzioni di massa degli ebrei, suoi operai, a cui si va man mano affezionando, con la compilazione della famosa “lista” cerca di salvare il maggior numero possibile di persone, anche a rischio della propria vita. Nel film di Benigni c’è un papà, che rinchiuso con il figlioletto in un campo di concentramento, per il suo bambino trasforma quella vita impossibile, al di fuori di ogni normalità, in un gioco ed il film è tutto imperniato sul contrasto tra la drammaticità delle situazioni reali e la fantasia che dà loro una veste di finzione, privandole della loro tragicità, che proprio per questo risalta in tutta la sua crudezza. Schindler e Giosuè: due persone comuni, normali, che la storia chiama a compiere atti di eroismo!
METEO
Roma (Italia, Europa) sereno +18. Livorno (Italia, Europa) idem. Angkor Wat (Cambogia, Asia) lievi rovesci di pioggia +29. Porto-Novo (Benin, Africa) per lo più nuvoloso +33. Anniston (Alabama, Stati Uniti d’America) sereno +16. Paea (Polinesia Francese, Oceania) sereno +24.
20 marzo -287
La notizia del giorno.
Ben arrivata Primavera!
Tutti aspettano il 21 marzo per l’equinozio di primavera, data cerchiata in rosso nel calendario per ricordare l’arrivo della bella stagione, ma nel 2017 il fenomeno astrologico si verifica un giorno prima: precisamente alle 10:29 (orario Utc, in Italia alle 11.29) del 20 marzo è iniziata, astronomicamente, la primavera. Esattamente a quell’ora il sole ha attraversato uno dei due punti, nella sfera celeste, in cui l’eclittica e l’equatore celeste si intersecano: il cosiddetto punto vernale o equinozio di primavera (l’altro corrisponde all’equinozio d’autunno). Il sole apparirà perfettamente allo zenit, per un osservatore posto all’equatore, e la durata del giorno in quel luogo sarà pari a quella della notte: 12 ore esatte. Il termine equinozio derivante dal latino aequinoctium, composto a sua volta dalle parole aequus (uguale) e nox (notte) indica il momento esatto in cui il giorno è uguale alla notte, accade due volte all’anno, a distanza di sei mesi l’una dall’altra, e segna l’avvicendamento delle stagioni astronomiche. Per l’emisfero boreale, dove ci troviamo noi, a settembre si passa dall’estate all’autunno, a marzo dall’inverno alla primavera. Viceversa avviene nell’emisfero australe. Questa data non è sempre uguale, ma oscilla tra il 19 e il 21 marzo. Questo avviene a causa di un fenomeno chiamato precessione dell’asse terrestre, dovuto alla forma non perfettamente sferica del pianeta e alle forze gravitazionali. Tra le implicazioni c’è il fatto che i punti equinoziali si spostano lentamente lungo la volta celeste e così ogni anno il Sole si trova allo zenit con 20 minuti di anticipo rispetto a quello precedente. Un fattore che rischiava di scombussolare, nei secoli, il calendario civile. A risolvere il problema ci hanno pensato il calendario gregoriano e l’introduzione degli anni bisestili che ogni 48 mesi riallineano le stagioni. Resta comunque un margine di “tolleranza” per gli equinozi, che non si verificano quindi sempre nello stesso giorno, anche se il periodo resta il medesimo. “L’introduzione di un giorno ogni 4 anni nell’anno bisestile può far oscillare questa data anche di molte ore.” ha detto Paolo Volpini, dell’Unione astrofili italiani (Uai). “Per tutto il secolo l’equinozio di primavera si verificherà il giorno 19 e 20 marzo e perché accada di nuovo il 21 marzo bisognerà aspettare il 2102.” Nel 2017 la primavera si può festeggiare in anticipo. Una ricorrenza che altrove ha ancora più importanza che in Italia. A Tokyo, per esempio, oggi la Borsa resta chiusa: per dare il benvenuto alla bella stagione, si fermano anche i mercati.
E allora benvenuta Primavera!
METEO
Roma (Italia, Europa) coperto +16. Livorno (Italia, Europa) nuvoloso +13. Battambang (Cambogia, Asia) sereno con nuvolosità periodica +26. Mbale (Uganda, Africa) per lo più nuvoloso +22. Irving (Texas, Stati Uniti d’America) parzialmente nuvoloso +28. Broome Australia Occidentale, Oceania) per lo più nuvoloso +26.
19 marzo -288
La notizia del giorno.
19 marzo: Festa del papà.
In Italia la tradizione cristiana associa la festa del papà al giorno dedicato a San Giuseppe, padre putativo di Gesù, celebrato per la prima volta dai monaci benedettini nel 1030. Non è, però, così dappertutto. L’usanza laica di festeggiare il papà, con regali e biglietti d’augurio, arriva da oltre oceano ed è abbastanza recente. La prima volta documentata in cui fu festeggiato il papà sembrerebbe essere il 5 luglio 1908 a Fairmont, presso la chiesa metodista locale. Fu, poi, la signora Sonora Smart Dodd la prima persona a sollecitare l’ufficializzazione della festa: senza essere a conoscenza dei festeggiamenti di Fairmont, ispirata dal sermone ascoltato in chiesa durante la festa della mamma del 1909, organizzò la festa per la prima volta il 19 giugno del 1910 a Spokane. La festa fu organizzata proprio nel mese di giugno, perché in tale mese cadeva il compleanno del padre della signora Dodd, veterano della guerra di secessione americana, che l’aveva allevata con tanto amore dopo che la madre era morta di parto mentre dava alla luce il suo sesto figlio. Williams si prese cura non soltanto di lei, ma, in maniera esemplare, anche degli altri suoi otto fratelli. Così Sonora inizia a pensare a una festa non solo per la mamma, ma anche per la figura maschile di riferimento, organizza una vera e propria campagna per rendere ufficiale la ricorrenza in maniera permanente. È il 1910. Per questo motivo nei Paesi anglosassoni il giorno del papà non si celebra il 19 marzo, ma durante l’estate, quando ricorre il compleanno del babbo della Dodd, fissato per consuetudine la terza domenica di giugno. In alcuni Paesi la festa è associata ai padri nel loro ruolo nazionale, come in Russia, dove è celebrata come la festa dei difensori della patria (День защитника Отечества), e in Thailandia, dove coincide con il compleanno del defunto sovrano Rama IX, venerato come padre della nazione.
METEO
Roma (Italia, Europa) nuvoloso +16. Livorno (Italia, Europa) idem. Foshan (Guangdong, Cina, Asia) lievi rovesci di pioggia +23. Yamoussoukro (Costa d’Avorio, Africa) per lo più nuvoloso +32. Lubbock (Texas, Stati Uniti d’America) nuvoloso +16. Punaauia (Polinesia Francese, Oceania) sereno +24.
18 marzo -289
La notizia del giorno.
È morto “Chuck” Berry, padre e mito del rock.
È morto oggi, a 90 anni, Charles Edward Anderson, meglio conosciuto come “Chuck” Berry e considerato uno dei pardi fondatori del rock. La polizia di St. Charles County, in Missouri, ha fatto sapere di essere intervenuta dopo una chiamata di emergenza nel pomeriggio e di aver trovato il musicista senza conoscenza. Non ha risposto ad un tentativo di rianimazione ed è stato dichiarato il decesso. Chuck Berry ha influenzato generazioni di musicisti. Nato a Saint Louis, 18 ottobre 1926, è stato un cantautore, chitarrista e compositore statunitense di rock and roll. Le sue canzoni furono tra le prime ad avere la chitarra come strumento principale. Con la sua memorabile chitarra firmò l’era del rock ‘n roll attraverso bran intramontabili come “Johnny B Good” e “Roll Over Beethoven”. Berry, autore e interprete delle sue canzoni, è stato anche il primo a inserire nei suoi testi tematiche riguardanti gli adolescenti e la loro ribellione agli ideali degli adulti quali la famiglia, il lavoro e la morale, utilizzando sempre toni semplici e ironici. Questi testi gli valsero una citazione indiretta nel film “Ritorno al futuro”, in cui tra l’altro Michael J. Fox interpreta una delle sue canzoni più conosciute, “Johnny B. Good”. È citato come fonte di ispirazione da più generazioni di chitarristi di diversi stili. A Chuck Berry è attribuita anche la cosiddetta “Duck Walk”, o passo dell’anatra, caratteristica camminata eseguita mentre suona la chitarra e diventata suo tratto caratteristico. La rivista Rolling Stone lo ha inserito al quinto posto nella lista dei 100 migliori artisti e al settimo in quella dei 100 migliori chitarristi. Aveva ricevuto un Grammy alla carriera nel 1984 e fu tra i primi a far parte della Rock and Roll Hall of Fame nel 1986.
METEO
Roma (Italia, Europa) nuvoloso +15. Livorno (Italia, Europa) idem. Wuhan (Hubei, Cina, Asia) lievi rovesci di pioggia +12. Atar (Mauritania, Africa) sereno +26. Montevideo (Uruguay, America del Sud) parzialmente nuvoloso +26. Byron Bay (Nuovo Galles del Sud, Australia) nuvoloso +24.
17 marzo -290
La notizia del giorno.
Continua l’eruzione dell’Etna.
Dopo l’esplosione di lava di ieri, a 2700 metri, l’Etna è ancora attivo: la colata che emerge dalla bocca apertasi nel nuovo cratere di Sud-est è bene alimentata e il fronte più avanzato ha superato il Belvedere, in territorio di Nicolosi, dove ieri si è verificata l’esplosione freatica, causata dal contatto tra la lava, che arriva a superare i 1.000 gradi centigradi, e un blocco di neve. Come spiega il vulcanologo Stefano Branca dell’Ingv di Catania, l’esplosione freatica avviene quando il magma riscalda la terra provocando l’evaporazione quasi istantanea dell’acqua, con conseguente esplosione di vapore, acqua, cenere, roccia. Sul cratere, al momento dell’esplosione, c’erano circa 35 persone, di cui dieci sono rimaste ferite in modo non grave, è stata coinvolta anche una troupe della BBC. I due turisti inglesi, un uomo e una donna, che erano tra i feriti sono stati dimessi dall’ospedale di Acireale: lui aveva un leggero trauma cranico e lei contusioni alla mano e alla colonna vertebrale. Sono rientrati in albergo, ringraziando medici e infermieri per l’assistenza ricevuta. L’esperienza vissuta non cambia il loro parere sulla Sicilia, che hanno definito “una terra meravigliosa, con gente calorosa e disponibile. La colata adesso si riversa nella desertica Valle del Bove, lontano da centri abitati, mentre nel cratere è presente un’attività stromboliana, con fontane di lava, boati e emissione di cenere. Quest’ultima la notte scorsa era cessata, ma è ripresa nuovamente e, in via precauzionale, è stato emesso un Vona Red, un’allerta rossa per gli spazi aerei: l’aeroporto di Catania al momento permette solo 5 atterraggi l’ora, mentre non ci sono limitazioni per i decolli.
METEO
Roma (Italia, Europa) parzialmente nuvoloso +16. Livorno (Italia, Europa) per lo più soleggiato +17. Erevan (Armenia, Asia) parzialmente nuvoloso +9. Gulu (Uganda, Africa) parzialmente nuvoloso +31. Belle (Virginia Occidentale, Stati Uniti d’America) nuvoloso +7. Hastings (Nuova Zelanda, Oceania) sereno +11.
16 marzo -291
La notizia del giorno.
Elezioni in Olanda: vincono i liberali di Rutte.
I liberali di destra del Vvd di Mark Rutte vincono largamente le elezioni scacciando l’incubo di un’ascesa dei populisti islamofobi e anti-Ue di Geert Wilders, fino a qualche settimana fa in testa nei sondaggi, L’Europa può tirare un sospiro di sollievo: la sua vittoria avrebbe rappresentato il terzo successo della ribellione antisistema in Occidente, dopo la Brexit e la vittoria a sorpresa di Trump alla Casa Bianca. Rutte ha vinto e il suo rimane il partito più grande del Parlamento, pur perdendo 9 seggi: ha pagato probabilmente l’impopolarità delle misure di austerity degli ultimi anni, ma ha guadagnato all’ultimo minuto con la crisi diplomatica con la Turchia, in cui ha mostrato fermezza contro Erdogan, il cui ministro degli Esteri, Mevlut Cavusoglu, ha così commentato il risultato: “Quando si guarda ai partiti si vede che non c’è differenza tra i socialdemocratici e il fascista Wilders. Hanno tutti la stessa mentalità. Avete iniziato il collasso dell’Europa e le state scavando la fossa. Presto le guerre sante inizieranno in Europa”. L’ultima settimana di campagna elettorale in Olanda, il paese che da almeno mezzo secolo è “il più tollerante d’Europa” si è svolta, infatti, all’ombra della violenta polemica con Ankara, dopo il divieto da parte della autorità olandesi di consentire comizi ad alcuni ministri turchi in vista del referendum costituzionale del 16 aprile in Turchia. Nei Paesi Bassi vivono circa mezzo milioni di turchi su una popolazione complessiva di 17 milioni di abitanti. Rutte, al suo terzo mandato, dà così il via ai negoziati di governo: un compito comunque molto difficile, dato il panorama partitico estremamente frammentato. Si conferma la crescita dei Verdi con il loro leader 31enne, di madre indonesiana, Jesse Klaver, già ribattezzato dai media il “Jessiah” e si conferma pure il successo del partito antirazzista Denk, che entra per la prima volta in Parlamento con 3 rappresentanti. Subito dopo i risultati, il premier ha detto ai suoi sostenitori: “L’Olanda ha detto no al populismo. Grazie per questa vittoria che avete dato all’Olanda, ma anche all’Europa.” E il presidente della Commissione europea, Jean Claude Juncker, già nella notte, si è congratulato al telefono con il primo ministro olandese per la sua “chiara vittoria”, dicendogli che “un voto per l’Europa” è “un voto contro gli estremisti”.
METEO
Roma (Italia, Europa) sereno +17. Livorno (Italia, Europa) idem. Guayaquil (Armenia, Asia) parzialmente nuvoloso +2. Jinja (Uganda, Africa) parzialmente nuvoloso +21. Marietta (Georgia, Stati Uniti d’America) nuvoloso +10. Napier (Nuova Zelanda, Oceania) sereno +13.
15 marzo -292
La notizia del giorno.
Senato: respinta la mozione di sfiducia al ministro Lotti presentata da M5S.
Il Senato, oggi nel tardo pomeriggio, ha respinto, con 161 no, 52 sì e 2 astenuti la mozione di sfiducia individuale presentata dal Movimento 5 Stelle nei confronti del ministro dello Sport Luca Lotti, coinvolto nell’inchiesta Consip (Centrale acquisti della pubblica amministrazione italiana). In aula non erano presenti il presidente del Consiglio Paolo Gentiloni, la cui poltrona è stata lasciata vuota, né i ministri Minniti e Alfano, ma c’erano i ministri Padoan, Poletti, Fedeli, Madia, De Vincenti, Orlando, Pinotti, Finocchiaro e Costa. La mozione di sfiducia è stata illustrata dalla senatrice pentastellata Paola Taverna, che ha iniziato il suo intervento dicendo: “Siete complici della classica storia all’italiana, di mazzette, tangenti: ne abbiamo viste a dozzine da Tangentopoli a oggi”. Hanno annunciato di votare la mozione anche i senatori della Lega Nord e quelli di Sinistra Italiana, mentre gli esponenti di Democratici e progressisti – cioè gli ex Pd – hanno spiegato che non avrebbero partecipato al voto: hanno infatti presentato una loro mozione e nel frattempo hanno chiesto le dimissioni di Lotti. Particolare è stato l’intervento di Mario Ferrara, presidente del gruppo Gal: “Stia sereno il ministro Lotti anche se sono i giorni delle Idi di Marzo. Lui non è Cesare anche se questo sarebbe il posto giusto. Cassio e Bruto, invece, tramano nascosti negli angoli dei vicoli”. Il ministro, prendendo la parola prima del voto e dopo una serie di interventi dall’Aula, ha spiegato: “Una vergognosa strumentalizzazione, non ho mai fatto nulla di illegittimo e sono certo della verità, per questo ho fiducia nella magistratura, il tempo è galantuomo”, poi, entrando nel merito delle accuse che gli sono state rivolte, ha detto: “I fatti sono chiari: io non ho mai avvisato Marroni né nessun altro sull’indagine Consip. Mai. Sostenere il contrario è calunnia. Mi trovo in una posizione molto semplice: questa presunta rivelazione non c’è mai stata. Ho fornito ai magistrati tutta la documentazione del caso: agende, spostamenti. Io ho interesse alla verità prima di voi. La verità arriva e porta con sé la responsabilità di chi ha mentito per paura o per altri motivi che non tocca a me indagare”. Il ministro dello Sport ha atteso l’esito del voto fuori dall’aula.
Auguri Gabriele!
METEO
Roma (Italia, Europa) soleggiato +16. Livorno (Italia, Europa) idem. Sapporo (Giappone, Asia) nuvoloso 0. Gaborone (Botswana, Africa) parzialmente nuvoloso +27. Dothan (Alabama, Stati Uniti d’America) soleggiato +7. Levuka (Figi, Oceania) pioggia +26.
14 marzo -293
La notizia del giorno.
Corte Ue: legittimo vietare il velo islamico sul posto di lavoro.
La Corte di Giustizia dell’Unione Europea ha stabilito che le aziende europee possono proibire alle dipendenti di indossare il velo islamico, perché “non costituisce una discriminazione diretta fondata sulla religione o sulle convinzioni personali.” La sentenza arriva in risposta a due ricorsi di donne musulmane, uno dal Belgio e uno dalla Francia, relativi alla possibilità di presentarsi al lavoro con il capo coperto in osservanza alla religione musulmana. Il primo caso riguarda Samira Achbita, receptionist di fede musulmana assunta alla G4S, che fornisce servizi di accoglienza a clienti sia del settore pubblico sia del settore privato. All’epoca, una regola interna alla G4S vietava ai dipendenti di indossare sul luogo di lavoro segni visibili delle loro convinzioni politiche, filosofiche o religiose. Nell’aprile 2006 la receptionist ha informato l’azienda del fatto che intendeva indossare il velo islamico durante l’orario di lavoro e in risposta, la direzione le ha comunicato che la cosa non sarebbe stata tollerata. La signora Achbita è stata licenziata e ha contestato tale licenziamento dinanzi ai giudici del Belgio, che a loro volta hanno chiamato in causa la Corte Ue. Il secondo caso è francese e riguarda Asma Bougnaoui, ingegnere progettista che durante una fiera dello studente, prima di essere assunta dall’impresa privata Micropole, è stata informata che indossare il velo islamico avrebbe potuto porre problemi quando fosse stata a contatto con i clienti. In seguito alla lamentela di un cliente cui era stata assegnata dalla Micropole, l’impresa ha ribadito il principio di necessaria neutralità nei confronti della clientela e le ha chiesto di non indossare più il velo. Data la risposta negativa, la donna è stata licenziata. Nella sentenza di oggi la Corte ricorda che nella direttiva Ue si intende per principio di parità di trattamento l’assenza di qualsiasi discriminazione diretta o indiretta basata, tra le altre cose, sulla religione. Amnesty International, insieme con la Rete Europea contro il Razzismo, ha già sottoposto alla Corte le proprie osservazioni, secondo le quali entrambe le misure imposte dalla G4S Secure Solutions NV e dalla Micropole SA nei confronti dei loro dipendenti costituiscono discriminazione, per John Dalhuisen, direttore di Amnesty International per l’Europa e l’Asia centrale, la sentenza “darà più margini di manovra ai datori di lavoro per discriminare le donne – e gli uomini – per motivi di fede religiosa.”
METEO
Roma (Italia, Europa) soleggiato +18. Livorno (Italia, Europa) idem. Feyzabad (Afghanistan, Asia) lievi rovesci di pioggia +12. Saurimo (Angola, Africa) parzialmente nuvoloso +24. Amarillo (Texas, Stati Uniti d’America) per lo più nuvoloso -1. Honiara (Isole Salomone, Oceania) parzialmente nuvoloso +25.
13 marzo -294
La notizia del giorno.
La “rivoluzione” di Francesco.
Quattro anni fa, la sera del 13 marzo 2013, Jorge Mario Bergoglio fu eletto, al quinto scrutinio, al soglio di Pietro. Primo gesuita a diventare papa e primo papa argentino, venuto, come lui stesso ebbe a dire, “quasi dalla fine del mondo”, Bergoglio scelse il nome di Francesco, quello del Poverello d’Assisi. Il suo semplice “buonasera” ha segnato l’inizio di quella “rivoluzione”, che ha insistito sulla necessità di una “Chiesa in uscita”, vicina ad ogni uomo e ad ogni situazione, dove possa trovare accoglienza e amore ogni persona con il suo bagaglio di esperienze liete o dolorose, le sue ferite, anche gli errori commessi. È un linguaggio nuovo, ma allo stesso tempo antico, è la Parola autentica dei Vangeli, con il suo monito a non condannare e non giudicare, ad essere misericordiosi, con la sua attenzione a chi è piagato nel corpo e nello spirito, agli emarginati, ai senza tetto e ai migranti. È questo messaggio che ha ispirato Francesco ad indire un Giubileo della Misericordia, per riscoprire l’amore senza limiti di Dio e farsene promotori, ad aprire ai sacramenti a divorziati risposati, a coppie di fatto e conviventi, rimuovendo nella prassi pastorale il vecchio divieto. Il suo pontificato ha segnato anche momenti storici: l’incontro a Cuba col patriarca di Mosca Kirill o la partecipazione a Lund, in Svezia, alle celebrazioni per i 500 anni della Riforma con la “riabilitazione” di Lutero, la ripresa dei rapporti con l’Università sunnita di Al-Azhar. Francesco spinge ancora per l’attuazione della riforma economica, per una Curia sempre più sobria, per una lotta senza quartiere verso gli abusi sessuali e chi li copre. Queste nuovo corso impresso da Bergoglio, volto a ridare alla Chiesa il volto originario, continua a suscitare critiche e contestazioni nelle gerarchie cattoliche, dove tuttora sì annidano le maggiori resistenze, e attacchi da parte di siti e blog tradizionalisti, allarmatissimi nel denunciare la “confusione” e lo “smarrimento” in cui sarebbero caduti i fedeli e i sacerdoti in tutto il mondo, fino alla comparsa di manifesti anonimi sui muri di Roma all’inizio dello scorso febbraio. Noi ricordiamo con gioia l’incontro avuto con lui l’anno scorso a febbraio, quando gli abbiamo presentato il volume “Diario delle ore. Diario della misericordia.” A Francesco, che va avanti sereno in mezzo a tante lotte e intrighi, gli auguri da parte della nostra redazione per un ancora lungo e proficuo cammino all’insegna di un’autentica testimonianza!
METEO
Roma (Italia, Europa) sereno +15. Livorno (Italia, Europa) idem. Goris (Armenia, Asia) parzialmente nuvoloso +9. Annaba (Algeria, Africa) parzialmente nuvoloso +16. Kailua (Hawaii, Stati Uniti d’America) sereno +23. Tigoa (Isole Salomone, Oceania) brevi rovesci di pioggia +30.
12 marzo -295
La notizia del giorno.
Olanda e Turchia: si aggrava la tensione.
Si aggrava la crisi tra Turchia e Olanda dopo che il governo dell’Aja ha “respinto” per ragioni di ordine pubblico due ministri di Ankara che dovevano tenere comizi per la comunità turca olandese a favore della riforma presidenziale: le autorità olandesi hanno prima negato il permesso al volo del ministro degli Esteri turco Mevlut Cavusoglu, che aveva programmato un comizio a Rotterdam per convincere la comunità turca residente nei Paesi Bassi a votare “sì” al referendum costituzionale con cui la Turchia è chiamata a decidere, il prossimo 16 aprile, sul passaggio al sistema presidenziale, poi è stato respinto il ministro turco per le politiche sociali e famigliari, Betul Sayan Kaya, presso Rotterdam, dove la delegazione turca, con giornalisti della tv di stato Trt, è stata prima fermata e poi rimandata in Germania, da dove proveniva. I media turchi parlano di un controllo dei documenti durato circa un’ora. In Olanda vivono circa 500mila immigrati turchi, molti dei quali hanno doppia nazionalità e possono votare in entrambi i paesi. Ieri sera migliaia di persone hanno manifestato sotto il consolato olandese a Istanbul, dando vita a un notevole assembramento con bandiere, immagini del presidente Erdogan, canti e slogan nazionalisti. Le autorità turche hanno fatto chiudere l’ambasciata olandese ad Ankara e il consolato olandese a Istanbul, in cima al quale è stata issata la bandiera turca al posto di quella olandese, mentre gruppi di dimostranti gridavano in strada “Allahu Akbar” e insulti contro la “maledetta e razzista Olanda”. Il presidente Erdogan ha definito il divieto di volo “una reminiscenza nazista e fascista”, attacco a cui ha seccamente replicato il premier olandese Mark Rutte, affermando che “con il paragone del nazismo il limite è stato ampiamente superato”. La programmazione di una serie di comizi in Europa da parte di esponenti del governo turco, per convincere la comunità turca residente nei Paesi Bassi a votare “sì” al referendum costituzionale sul passaggio al sistema presidenziale, ha trovato, nelle ultime settimane, l’opposizione da parte del governo olandese, austriaco, ma soprattutto tedesco, portando Ankara e Berlino sull’orlo di una crisi diplomatica, che si estende ad altri paesi: la Danimarca chiede al primo ministro Yildirim di rinviare la sua visita a Copenaghen, Berlino annuncia limiti ai comizi e anche in Francia cresce la polemica.
METEO
Roma (Italia, Europa) sereno +15. Livorno (Italia, Europa) idem. Sevan (Armenia, Asia) parzialmente nuvoloso +3. Lobito (Angola, Africa) per lo più soleggiato +31. Kenai (Alaska, Stati Uniti d’America) sereno con nuvolosità periodica -7. Hagåtña (Guam, Oceania) lievi rovesci di pioggia +26.
11 marzo –296
La notizia del giorno.
Guerriglia urbana a Napoli.
Nel quartiere di Fuorigrotta ci sono stati momenti di vera e propria guerriglia urbana durante il corteo organizzato contro la visita di Matteo Salvini. Tutto comincia intorno alle 17:00, quando una frangia di antagonisti si stacca dalla manifestazione e lancia molotov, petardi, sassi e fumogeni contro le forze dell’ordine che cercano di impedire ai manifestanti di arrivare alla Mostra d’Oltremare, dove, all’interno del Palacongressi, è in corso il comizio del leader della Lega. Un intero quartiere, Fuorigrotta, è sotto assedio, con la polizia armata agli incroci delle strade e manifestanti incappucciati che tentano ripetuti assalti. Nella città la tensione è altissima, i commercianti hanno abbassato le saracinesche, mentre la gente, terrorizzata, cerca rifugio ovunque, l’aria è irrespirabile per il lancio di lacrimogeni e la densa coltre di fumo. Nell’area della protesta vengono distrutte autovetture, incendiati e ribaltati in strada cassonetti dei rifiuti, divelti i segnali stradali. Poi la polizia riesce a disperdere i facinorosi, anche grazie all’uso degli idranti. A fine serata si contano 34 feriti, tre persone vengono arrestate e tre vengono denunciate in stato di libertà. Il corteo era cominciato in modo pacifico con circa duemila manifestanti, che hanno accolto l’invito di centri sociali e movimenti che fanno capo al coordinamento “Mai con Salvini”, rete di associazioni che per quattro giorni ha provato a far desistere il leader della Lega dal tenere un comizio alla Mostra d’Oltremare a Napoli: un corteo pacifico e colorato – c’era anche un ruspa – fino a quando si è avvicinato alla Mostra d’Oltremare, dove sono cominciati gli scontri. Obiettivo dei manifestanti, come confermato oggi sia nella breve conferenza stampa davanti alla Prefettura, sia dai post sui profili dei social network, era quello di consegnare un “foglio di via popolare” al leader della Lega. De Magistris: “Vorrei che si chiarisse che nessuno ha mai detto che Salvini non potesse fare la manifestazione, noi abbiamo detto che siccome la sua politica è improntata in chiave profondamente razzista, xenofoba e anti-meridionalistica, qualsiasi luogo che anche indirettamente potesse essere nella disponibilità dell’amministrazione, non l’avremmo dato.” Salvini a Napoli ha dichiarato: “È scandaloso che un ex magistrato sfortunatamente sindaco, spero ancora per poco, si permetta di decidere chi può e chi non può venire a Napoli.
METEO
Roma (Italia, Europa) sereno +15. Livorno (Italia, Europa) idem. Sen Monorom (Cambogia, Asia) parzialmente nuvoloso +28. Bujumbura (Burundi Africa) per lo più soleggiato +28. Quito (Ecuador, Sud America) nuvoloso +8. Gold Coast (Queensland, Australia, Oceania) parzialmente nuvoloso +24.
10 marzo –297
La notizia del giorno.
Crolla un ponte sulla A14: due morti e tre feriti.
È stato demolito e rimosso durante la notte il troncone del cavalcavia crollato ieri mattina alle 13,30 sull’autostrada A14, all’altezza di Camerano, in provincia di Ancona, tra Loreto e Ancona sud. Il crollo del ponte, il numero 167, al chilometro 235+800, ha provocato la morte di Emidio Diomede, 60 anni, e della moglie Antonella Viviani, 54, che viaggiavano a bordo di una Nissan Qashqai e si stavano recando presso l’ospedale regionale di Torrette per una visita di controllo della donna, che recentemente era stata sottoposta ad un intervento chirurgico. Sposati da 36 anni, vivevano a Spinetoli, in provincia di Ascoli Piceno e gestivano insieme un’azienda di confezioni a Colli del Tronto. I feriti sono tre operai rumeni di 56 e 46 anni. Sono precipitati da un’altezza di circa sei-sette metri, ma non sono in pericolo di vita: il più anziano si è fratturato un polso e ricorda tutto quanto è accaduto, un altro invece apparentemente non avrebbe riportato fratture, ma non ricorda gli attimi dell’incidente, il terzo ha riportato lesioni lievi tanto che è stato trasportato all’ospedale di Osimo, dove è stato medicato e tenuto in osservazione. Il ponte crollato era una struttura provvisoria posizionata a sostegno del cavalcavia, che era chiuso al traffico. Il ponte si è spezzato ai lati, schiantandosi sull’autostrada proprio mentre transitava la Nissan con i due coniugi rimasti uccisi. Francesco, un giovane calabrese residente a Reggio Emilia che è stato tra i primi a fermarsi davanti al ponte crollato, racc0nta all’Ansa: “Me lo sono trovato davanti caduto, all’improvviso, siamo tutti sotto choc. Poi abbiamo capito che sotto c’era una macchina con delle persone. Terribile … È successo tutto di colpo.” Si sente “miracolata” Anna Maria Mancinelli, di Porto Sant’Elpidio (Fermo), che stava viaggiando sull’autostrada A14 su un’automobile che si è fermata “un centinaio di metri prima del ponte crollato”. “Prima abbiamo visto delle macchine ferme – racconta all’ANSA – poi un autoveicolo schiacciato e abbiamo capito che cosa era successo. Sono laica, ma stavamo tornando da una conferenza stampa di presentazione ad Ancona della Festa delle Pro Loco che si terrà il 12 marzo a Loreto, dove verranno benedetti i gonfaloni dell’Unpli. Questo e il fatto che ci troviamo nel territorio di Loreto mi fanno sentire una miracolata”. L’autostrada è stata riaperta in entrambe le carreggiate. La società Autostrade ha chiesto con urgenza alle aziende che hanno progettato ed eseguito i lavori sul cavalcavia crollato una relazione dettagliata su quanto accaduto, per accertare eventuali errori umani. La Procura di Ancona ha aperto un’inchiesta. L’ipotesi di reato è, per il momento, di omicidio colposo plurimo. “Mi riservo di valutare se esistano i presupposti per ipotizzare il reato di disastro colposo. L’errore umano? Per definizione un reato colposo comprende anche l’errore umano, ma l’indagine è appena iniziata”, dice il pm Irene Bilotta. “Gli operai stavano sollevando la campata del ponte con dei martinetti, quando la struttura ha ceduto: evidentemente qualcosa è andato storto.” dice il sindaco di Castelfidardo, in provincia di Ancona, Roberto Ascani che poi aggiunge: “È inconcepibile eseguire lavori di questa natura senza chiudere l’A14”.
Avvenimenti e Protagonisti del passato.
Un Paradiso terrestre.
(Carta delle Galápagos di Ambrose Cowley, 1684)
A circa 1.000 kilometri ad ovest delle coste del Sudamerica, nell’oceano Pacifico, si trovano delle isole che chi vi approda ha l’impressione di trovarsi di fronte ai primordi dell’evoluzione terrestre, nel momento della sua creazione e nelle sue fasi di trasformazione. Queste isole si chiamano Galápagos a causa della numerosa popolazione di tartarughe giganti presenti, il cui carapace rassomiglia alla sella da cavallo che, all’epoca della loro scoperta da parte degli spagnoli, il 10 marzo 1535, essi chiamavano “galopegos”. Le isole, distribuite a nord e a sud dell’equatore, che attraversa la parte settentrionale dell’isola più grande, “Isabela”, sono 13 quelle principali, poi ci sono 6 piccole, 42 isolotti, tanti scogli più o meno grandi e appartengono alla Repubblica dell’Ecuador. La loro recente formazione, geologicamente parlando, ma risalente a milioni di anni fa (le più vecchie datano circa 4 milioni di anni, mentre le più giovani sono ancora in via di trasformazione), le fa ritenere di straordinario interesse tanto da essere considerate un “laboratorio vivente” e sono oggetto di studio continuo da parte della scienza. Il relativo isolamento dovuto alla distanza dal continente e l’ampia varietà di habitat dovuta alle correnti marine della zona (esse si trovano sulla confluenza di tre importanti correnti oceaniche: la corrente di Humboldt, la corrente di Panama e, in periodi che variano da 2 a 7 anni, la corrente “El Niño”), hanno portato all’evoluzione di numerose specie endemiche di animali e vegetali, dalla cui osservazione Charles Darwin ha tratto ispirazione per la formulazione della teoria dell’evoluzione. Il suo celebre “L’origine delle specie” contiene numerosissimi riferimenti ai propri studi sulle specie endemiche delle Galápagos, come ad esempio, la poiana delle Galápagos che fu scoperta insieme a numerose altre specie di uccelli sconosciute in Europa proprio dallo scienziato, nel 1835, in occasione del suo famoso viaggio attorno al mondo, durante il quale si soffermò proprio in questo arcipelago. In questo eccezionale sistema di isole è possibile distinguere centinaia di specie in diverse famiglie di vegetali. Nella fascia litoranea, in particolar modo nell’area delle maree, localizzata nei pochi estuari, nelle baie e nelle insenature si possono osservare distese di mangrovie, in cui vivono l’airone lavico, i pellicani dalla coda forcuta, le fregate, gli uccelli tropicali dal becco rosso, colombe, procellarie delle tempeste, fringuelli, gabbiani, sparvieri, sule dalle zampe rosse e dalle zampe blu, colombe. La vegetazione sulle isole più vecchie è costituita, perlopiù, da una flora bassa, di rododendri che si perdono a vista d’occhio sulle alture pianeggianti. Sotto, le spiagge, in base alla loro esposizione, sono a sud lambite da coloratissime e delicate onde, mentre a nord sono ricoperte di scogli sui quali si infrangono burrascose mareggiate. A “Santa Fé” vengono spesso avvistate le iguane di terra e le lucertole della lava. Nelle isole più recenti, ad esempio, sull’isola “Fernandina”, il paesaggio è nerissimo per via del suolo interamente lastricato di colate laviche solidificate, corrugate di pieghe che danno l’impressione di trovarsi su un altro pianeta. L’isola è cosparsa da blocchi e crateri lavici e sullo sfondo si stagliano vulcani grandi e piccoli, all’apparenza spenti, ma ribollenti di attività a giudicare dalla morfologia tutt’intorno. Altre isole sembrano dei piccoli paradisi terrestri; al loro interno si trovano laghi, poco profondi, in cui si raccolgono intere comunità di fenicotteri rosa, anatre e pellicani bruni. Le spiagge sono popolate dalle ontarie, dalle foche e dai leoni marini. Sull’isola “Española” nidificano gli albatros, i falchi delle Galápagos, i gabbiani a coda di rondine, i passeri, le tortore e le sule mascherate dalle zampe azzurre. Nell’oceano che la circonda nuotano tartarughe marine e giganti, iguane marine, squali, delfini, balene, leoni marini e pinguini, per la presenza di acqua fredda della corrente di Humboldt. Sull’isola “Isabela”, risultato della fusione di sei grandi vulcani in un’unica terra emersa, abbondano i cormorani di terra, le iguane marine e i granchi. Le isole Galápagos sono uno dei pochissimi posti al mondo che non ha mai avuto una popolazione indigena. “Las Islas Encantadas”, come anche sono chiamate le Galápagos, sono state scoperte in modo casuale, quando Tomás de Berlanga, vescovo di Panama, si mise in mare verso il Perù per dirimere una disputa tra Francisco Pizarro e i suoi luogotenenti dopo la conquista dei territori degli Inca. La nave si trovò in una zona di bonaccia e le correnti marine la portarono alla deriva fino alle isole. Nel rapporto che fece successivamente all’imperatore Carlo V, Berlanga descrisse l’aspetto arido e desertico delle isole e le loro tartarughe giganti. Scrisse inoltre delle iguane marine, dei leoni marini e di numerose specie di uccelli. Notò anche l’insolita mitezza degli animali. L’arcipelago divenne poi nascondiglio dei pirati inglesi che intercettavano i galeoni spagnoli diretti verso la madrepatria carichi dell’oro e dell’argento sudamericani. Le isole Galápagos compaiono per la prima volta in mappe nel 1570, nelle carte disegnate da Abraham Ortelius e da Mercatore, con il nome di “insuloe de los Galopegos”, ossia “isole delle tartarughe”. Una prima mappa approssimativa dell’arcipelago fu fatta dal bucaniere Ambrose Cowley nel 1684; Cowley battezzò le isole con nomi di suoi compagni pirati e di alcuni nobili inglesi che ne sostenevano economicamente le scorrerie. Il primo inglese che visitò le isole fu Richard Hawkins, nel 1593. Molti famosi pirati da allora vi transitarono. Alexander Selkirk, l’uomo le cui traversie nelle isole dell’arcipelago Juan Fernández ispirarono il Robison Crosoe di Daniel Defoe, visitò le Galápagos nel 1708, dopo che venne soccorso dal corsaro Woodes Rogers, che approdò alle isole Galápagos per riparare le sue navi dopo il saccheggio di Guayaquil. Nel 1793 James Collnet fece una descrizione della flora e della fauna delle Galápagos e suggerì che le isole potevano essere usate come base d’appoggio per i balenieri dell’Oceano Pacifico. Disegnò anche le prime accurate carte nautiche delle isole. I balenieri catturarono e uccisero migliaia di tartarughe per estrarne il grasso, inoltre venivano portate anche sulle navi come riserva di carne, dal momento che potevano sopravvivere per mesi senza cibo né acqua. La caccia alle tartarughe ne ridusse notevolmente la popolazione e fece estinguere alcune specie. Ai balenieri si aggiunsero poi anche i cacciatori di foche, che portarono anche questo animale sull’orlo dell’estinzione. Nel 1959 le zone dell’Arcipelago, che non erano state colonizzate e le aree marine che le circondano, sono state dichiarate Parco Nazionale e Riserva Marina.
Mary Titton
METEO
Roma (Italia, Europa) sereno +15. Livorno (Italia, Europa) soleggiato +16. Ta Khmau (Cambogia, Asia) sereno con nuvolosità periodica +27. Marsa Matruh (Qism Moursy Matrouh, Egitto, Africa) parzialmente nuvoloso +16. Killeen, Texas, (Texas, Stati Uniti d’America) nuvoloso +21. Savusavu (Figi, Oceania) parzialmente nuvoloso +27.
La notizia del giorno.
Il ddl sul contrasto alla povertà diventa legge.
(Ritratto della povertà di Thomas Benjamin Kennington, 1885)
Il Senato ha approvato in via definitiva il ddl sul contrasto alla povertà, con 138 sì, 71 no, 21 astenuti. Il provvedimento, che ha già ottenuto l’ok della Camera, diventa legge ed introduce il cosiddetto reddito di inclusione per quei nuclei familiari che avranno i requisiti previsti dalla legge, oltre 400 famiglie, per un totale di 1 milione e 770 mila persone. I 400 euro al mese, saranno elevati a circa 480 euro, estendendo i requisiti di accesso: è previsto un graduale incremento del beneficio e dell’estensione dei beneficiari, da individuare prioritariamente tra i nuclei familiari con figli minori o con disabilità grave, donne in stato di gravidanza, disoccupati di età superiore a 55 anni. Per beneficiare della misura sarà previsto un requisito di durata minima di residenza nel territorio nazionale. I principi e i criteri direttivi della delega stabiliscono che il reddito di inclusione deve essere una misura unica a livello nazionale, di carattere universale, subordinata alla prova dei mezzi e all’adesione a un progetto personalizzato di inclusione, articolata in un beneficio economico e in una componente di servizi alla persona. L’articolo unico del ddl, che è collegato alla manovra finanziaria, delega il governo ad adottare entro sei mesi i decreti attuativi dell’introduzione di una misura universale che tenga conto della condizione di bisogno economico e non dell’appartenenza a singoli categorie (anziani, disoccupati, genitori soli, ecc.). Per il presidente del Consiglio, Paolo Gentiloni, è “Un passo avanti per venire incontro alle famiglie in difficoltà”, infatti in Italia, dopo 10 anni di crisi, la povertà è raddoppiata, per l’Istat una su quattro delle persone residenti è a rischio povertà o esclusione sociale e, secondo Save the Children, quasi un minore su tre è a rischio povertà ed esclusione, mentre i bambini di 4 famiglie povere su 10 soffrono il freddo d’inverno per la mancanza di riscaldamento.
Avvenimenti e Protagonisti del passato.
Umberto Saba: il piccolo Berto e l’irrisolto dissidio.
Quella di Saba, pseudonimo di Umberto Poli, per il quale il poeta ha il dovere di essere “onesto”, è una personalità complessa, segnata da una nevrosi, che trova le sue radici nell’infanzia e lo accompagna tutta la vita, non risolta neanche dalla terapia psicoanalitica. Infatti centrale nel “Canzoniere”, titolo scelto dal poeta per riconnettersi alla grande tradizione lirica italiana e all’opera magistrale di Petrarca, è la scissione dell’io, originatasi dal trauma subito quando la madre rigida e severa (“la madre mesta”, come lui la definisce), lo strappò, a tre anni, alla balia, per lui “la madre di gioia”, per la quale il piccolo Berto, come lei affettuosamente lo chiamava, sentì un tale amore e attaccamento da prendere il soprannome Saba dal cognome di lei, che si chiamava Peppa Sabaz. La diversità tra la madre e la balia influenza profondamente nella poesia sabiana anche le successive figure femminili, che possono assomigliare alla madre “austera”, a cui il bambino buono ubbidisce perché il suo dolore gli “lede” l’anima, e sono le donne-madri, oppure richiamare la gioiosa spensieratezza della balia nelle donne-fanciulle, “cose leggere e vaganti”. Al tema della donna è strettamente connesso quello dell’amore, centrato sulla moglie Lina, a volte affettuosa e accogliente, ma anche misteriosa e imprendibile, che, dopo averlo abbandonato per un altro uomo, torna da lui in un rapporto ambivalente di odio-amore che durerà tutta la vita. Per Saba l’amore, “la brama”, la freudiana libido è il mezzo per entrare in contatto con la vita e con gli altri e i poeti sono “sacerdoti di eros”, in quanto capaci di “scandagliare” le leggi elementari della vita. La mancanza del padre, ariano e spensierato, che abbandonò la moglie ebrea prima ancora che lui venisse alla luce, e la severità vittimistica della madre, che gl’impose un’educazione rigida e repressiva, impedendogli con la continua colpevolizzazione del padre di identificarsi in un modello maschile positivo, insieme alla separazione dalla nutrice, portarono il poeta da adulto a ricorrere alle terapie dello psicoanalista Weiss, allievo di Freud, a cui è dedicata l’ottava sezione del secondo volume del “Canzoniere”; in essa, intitolata “Il piccolo Berto”, Saba torna alla propria fanciullezza non come tempo felice da rievocare, ma come periodo d’incubazione della nevrosi dell’io, che diventa oggetto di autoanalisi e d’indagine conoscitiva per recuperare l’equilibrio interiore e il significato della vita, tanto da giustificare per l’opera la definizione, legittimata anche dall’autore, di “romanzo psicologico”. Saba nasce il 9 marzo 1883 a Trieste, che allora apparteneva all’impero austro -ungarico ed era estranea alle tendenze delle avanguardie italiane, ma era influenzata dalla cultura mitteleuropea, che permise al poeta, come fu per Svevo, di conoscere le opere di Nietzsche e di Freud e di avvalersi della psicoanalisi per indagare se stesso e la realtà anche nei suoi aspetti più profondi. Trieste è la sua città, a Saba piace scoprire ogni sua via, ogni suo vicolo, ogni sua chiesa, perché dice “la mia città che in ogni parte è viva, / ha il cantuccio a me fatto, alla mia vita /pensosa e schiva.” Trieste viene umanizzata dal poeta ed è come un ragazzaccio aspro e vorace, / con gli occhi azzurri e mani troppo grandi / per regalare un fiore; /come un amore / con gelosia. Altre volte all’autore piace immergersi in una strada del quartiere del porto, affollata e brulicante della vita quotidiana, “fondere la sua vita a quella delle creature più umili e oscure”, ma più vicine ai valori autentici dell’esistenza, a quell’originario istinto vitale che accomuna tutti gli esseri:
Spesso, per ritornare alla mia casa
prendo un’oscura via di città vecchia.
Giallo in qualche pozzanghera si specchia
qualche fanale, e affollata è la strada.
Qui tra la gente che viene che va
dall’osteria alla casa o al lupanare
dove son merci ed uomini il detrito
di un gran porto di mare,
io ritrovo, passando, l’infinito
nell’umiltà.
Qui prostituta e marinaio, il vecchio
che bestemmia, la femmina che bega,
il dragone che siede alla bottega
del friggitore.
la tumultuante giovane impazzita
d’amore,
sono tutte creature della vita
e del dolore;
s’agita in esse, come in me, il Signore.
Qui degli umili sento in compagnia
il mio pensiero farsi
più puro dove più turpe è la via.
METEO
Roma (Italia, Europa) sereno +14. Livorno (Italia, Europa) soleggiato +15. Chiang Mai (Tailandia, Asia) sereno con nuvolosità periodica +24. Abuja (Nigeria, Africa) parzialmente nuvoloso +28. Isabela (Equádor, Sud America) pioggia e schiarite +25. Futuroa (Polinesia Francese, Oceania) per lo più nuvoloso +29.
La notizia del giorno.
8 marzo 2017: “Non una di meno”.
Quest’anno, oggi, 8 marzo, c’è una mobilitazione internazionale, a cui hanno aderito 51 paesi per rivendicare i diritti delle donne e per ribadire il rifiuto della violenza di genere in tutte le sue forme. La protesta prevede lo sciopero globale delle donne, con cortei in varie città d’Italia, indossando qualcosa di rosa, all’insegna dello slogan: “Se le nostre vite non valgono noi ci fermiamo”. A Milano la manifestazione si è svolta in mattinata, a Roma il corteo è partito alle 17:00 dal Colosseo. Viene così recuperato il senso vero e originario di questa data: una denuncia della mancanza di diritti e di una parità di genere ancora lontana dall’essere raggiunta, motivi per i quali fu indetta nel 1977 dall’ONU, appunto, la Giornata internazionale della donna. “Non una di Meno”, che ha portato a Roma, lo scorso novembre, oltre 200 mila persone contro la violenza maschile sulle donne al grido di “Non una di Meno”, ovvero nessuna donna in meno a causa del femminicidio o silenziata o a cui sia impedita la libertà di scelta sul proprio corpo e sulla propria vita, è anche il nome di questa mobilitazione, un rinnovato movimento femminista, nonché un percorso portato avanti da differenti realtà promotrici e che vede al suo interno prima di tutto donne, collettivi e associazioni da tutta Italia. Secondo l’Organizzazione mondiale della sanità siamo di fronte a “un problema di salute di proporzioni globali enormi”, che colpisce un terzo delle donne e delle ragazze nel mondo, un fenomeno mondiale, ben radicato nelle nostre società, che ha visto reagire e mobilitarsi le donne di tutto il mondo. Anche il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, nel proprio discorso sull’8 marzo, ha sottolineato quanti “ostacoli, incomprensioni e pregiudizi” le donne debbano ancora affrontare, dicendo: “Vi ringrazio per la vostra quotidiana e spesso faticosa azione in favore di una società più equa, più accogliente, più solidale e più integrata … Le donne danno alla società più di quanto ricevono in cambio e ciononostante, quella delle donne è un’azione tenace, risoluta e paziente e, molto spesso, coraggiosa”. Per Mattarella “promuovere e difendere le donne, i loro diritti, la loro tutela, il loro lavoro, il loro inserimento nei processi decisionali significa aprire, concretamente, prospettive di pace.”
METEO
Roma (Italia, Europa) sereno +14. Livorno (Italia, Europa) soleggiato +15. Krong Kampot (Cambogia, Asia) sereno con nuvolosità periodica +26. Windhoek (Namibia, Africa) soleggiato +24. Natal (Rio Grande do Norte, Brasile, Sud America) per lo più nuvoloso +29. Fitzroy (Victoria, Australia, Oceania) sereno +19.
La notizia del giorno.
Un gesto d’amore le salva la vita.
Un uomo di 52 anni ha donato un rene alla compagna di 44 anni salvandole la vita. La donna, affetta da rene policistico, è stata salvata così dalla dialisi grazie a una corsa contro il tempo che ha consentito di completare in pochi mesi gli esami di valutazione del donatore e di permettere il trapianto. L’operazione è stata eseguita ieri all’ospedale Molinette di Torino, dove i sanitari hanno parlato di un gesto di grande amore, alla vigilia dell’8 marzo. Il trapianto è tecnicamente riuscito ed entrambi i pazienti sono uno nella degenza e l’altro nella terapia subintensiva della Nefrologia universitaria, diretta dal professor Luigi Biancone, che spiega: “Nel 30% dei trapianti da donatore vivente il donatore è di sesso maschile e la percentuale è in progressivo incremento, sulla scia anche dell’aumento dei trapianti da vivente in Italia.” Una bella storia a lieto fine e un gesto di grande generosità e amore, che, alla vigilia della festa della donna, supera qualunque augurio o omaggio floreale.
METEO
Roma (Italia, Europa) sereno +13. Livorno (Italia, Europa) soleggiato +17. Chongqing (Cina, Asia) sereno con nuvolosità periodica +13. Maroua (Camerun, Africa) soleggiato +38. Waco (Texas, Stati Uniti d’America) nuvoloso +13. Bendigo (Victoria, Australia, Oceania) sereno +19.
La notizia del giorno.
Istat: in Italia nel 2016 nascite al minimo storico.
Secondo i dati Istat, nel 2016 la popolazione italiana è diminuita di 86mila unità, confermando la tendenza alla diminuzione delle nascite, pari a 474mila, un livello inferiore a quello del 2015, che si attestava a 486mila. Si conferma inoltre la propensione delle donne ad avere figli in età matura: l’età media al parto è di 31,7 anni per le italiane, che hanno in media 1,27 figli, mentre le straniere residenti in Italia sono salite a una media di 1,95 figli. Per rilevare una coorte di nascita di consistenza numerica inferiore ai nati nel 2016 occorre risalire alla generazione dei nati nel 1936, ossia agli ottantenni di oggi. Aumenta, invece, la speranza di vita, perché per gli uomini la vita media raggiunge 80,6 anni (+0,5 sul 2015, +0,3 sul 2014) e per le donne 85,1 anni (+0,5 e +0,1). Sotto il profilo dell’incremento, assoluto e relativo, che ha subito nel medesimo periodo la popolazione in età anziana, gli individui di 65 anni e più superano i 13,5 milioni e rappresentano il 22,3% della popolazione. Gli stranieri residenti al 1° gennaio 2017 sono 5milioni 29mila (8,3% della popolazione totale), in lievissimo aumento rispetto all’anno precedente. Le cifre e i numeri nella loro aridità parlano e delineano la fisionomia di un paese in cui nascono sempre meno bambini italiani, la popolazione invecchia e gli stranieri sono in lievissimo aumento. Al Parlamento e al Governo spetta trarne le dovute conseguenze.
METEO
Roma (Italia, Europa) parzialmente nuvoloso +13. Livorno (Italia, Europa) soleggiato +17. Tientsin (Cina, Asia) sereno con nuvolosità periodica +3. Yaoundé (Camerun, Africa) parzialmente nuvoloso +28. Arlington (Texas, Stati Uniti d’America) parzialmente nuvoloso +16. Dunedin (Nuova Zelanda, Oceania) parzialmente nuvoloso +8.
La notizia del giorno.
Palmira riconquistata per la seconda volta in un anno.
L’esercito siriano riconquista per la seconda volta in un anno la città di Palmira, che era stata occupata una prima volta, nel maggio del 2015, dai jihadisti che compirono distruzioni di reperti archeologici e atrocità di ogni tipo. La città fu liberata e ripresa nel marzo del 2016 dalle truppe siriane, ma lo scorso dicembre è stata nuovamente occupata dagli estremisti dell’Isis, praticamente senza alcuna resistenza. Ora, dopo quasi tre mesi è nuovamente conquistata dai governativi. Stando alle stime dell’Osservatorio siriano, sarebbero almeno 398 i morti, 115 appartenenti alle forze del regime siriano di Bashar Assad, 283 allo Stato islamico. I soldati lealisti di Bashar Al-Assad hanno occupato anche l’antica cittadella che si trova sul monte dal quale si dominano le rovine greco-romane, che erano state parzialmente distrutte dai miliziani e costituiscono uno dei più importanti siti archeologici del Medio Oriente, patrimonio mondiale dell’Unesco. Molti monumenti sono stati danneggiati, tra questi il Tetrapylon e la facciata del teatro romano, cui è seguita la condanna per crimini di guerra dell’Unesco. Maamoun Abdulkarim, direttore generale delle antichità siriane, secondo cui ad un primo controllo i danni sono ingenti, ma non proprio catastrofici, ha dichiarato: “Mi congratulo con le forze di sicurezza che hanno partecipato alla liberazione di Palmira, perché sono state estremamente attente e rispettose dei principi universali della tutela dei monumenti del patrimonio mondiale.” Tra pochi giorni, il team di esperti, composto da 400 ingegneri in contatto con Russia, Giappone e paesi dell’Europa occidentale, inizierà i sopralluoghi in questa devastata città della Siria.
METEO
Roma (Italia, Europa) nuvoloso +13. Livorno (Italia, Europa) idem. Dalian (Liaoning, Cina, Asia) soleggiato +1. Bosaso (Somalia, Africa) sereno +31. Paramaribo (Suriname, Sud America) lievi rovesci di pioggia +24. Launceston (Tasmania, Australia) sereno +17.
La notizia del giorno.
Somalia: 69 morti in 24 ore per epidemia di colera.
Il responsabile regionale delle operazioni umanitarie, Abdullahi Omar Roble, ha reso noto, che nelle ultime 24 ore 69 persone sono morte per un’epidemia di colera in Somalia, aggiungendo che le vittime sono soprattutto bambini e anziani dei villaggi attorno a Baido nella regione di Bay e più di 70 sono le persone ricoverate, mentre non ci sono medicine a sufficienza per curare tutti i pazienti. La situazione è aggravata dalla carestia, tanto che il primo ministro somalo Ali Khaire ha denunciato oggi che almeno 110 persone sono morte di fame nelle ultime 48 ore nella sola regione di Bay, nel sud-ovest del paese, devastato dalla carestia che minaccia milioni di persone. È la prima volta che il governo somalo fornisce tale cifra da quando, martedì, ha dichiarato lo stato di calamità nazionale. Secondo l’Onu, almeno 5 milioni di persone nel corno d’Africa hanno bisogno di aiuti alimentari a causa della siccità e della conseguente carestia. Il segretario generale delle Nazioni Unite, Antonio Guterres, si recherà domenica in Kenya, per rendersi conto della grave crisi alimentare vissuta dai paesi vicini come il Sud Sudan e la Somalia toccata dalla siccità e dalla carestia.
A Dirce, con il nostro amore. R. e M.
METEO
Roma (Italia, Europa) nuvoloso +13. Livorno (Italia, Europa) soleggiato +14. Harbin (Heilongjiang, Cina, Asia) soleggiato -21. Galkayo (Somalia, Africa) sereno con nuvolosità periodica +22. Belo Horizonte (Minas Gerais, Brasile, Sud America) sereno con nuvolosità periodica +23. Warrnambool (Victoria, Australia) parzialmente nuvoloso +19.
La notizia del giorno.
Morta dopo cesareo l’infermiera liberiana sopravvissuta a Ebola.
È morta il 21 febbraio scorso a Monrovia, capitale della Liberia Salome Karwah, l’infermiera liberiana nominata nel 2014 “Persona dell’anno” dalla rivista Time per il suo straordinario impegno in prima linea contro l’epidemia di Ebola in Africa. Dopo aver dato alla luce, con taglio cesareo, il 17 febbraio, il suo quarto figlio, dopo tre giorni era stata dimessa dall’ospedale, ma, arrivata a casa, aveva avuto delle convulsioni. Il marito ha raccontato alla Bbc che la moglie è stata lasciata tre ore in ambulanza perché nessuna infermiera voleva toccarla e che alla fine l’aveva portata al pronto soccorso lui stesso, ma ormai era troppo tardi. Secondo lui gli operatori sanitari non l’avrebbero soccorsa tempestivamente per paura che fosse ancora infetta, “perché Salome era una sopravvissuta ad Ebola e temevano che avrebbero potuto contrarre il virus”. I funzionari della sanità locale hanno confermato che il caso è oggetto di indagine. La Liberia è stato uno dei tre stati dell’Africa occidentale devastati nel 2014 dallo scoppio di Ebola, che si diffuse poi in Nigeria ed in altri Paesi, arrivando anche in Europa e negli Usa e causò oltre 10.000 morti. Salomè aveva perso molti parenti a causa dell’epidemia, compresi i suoi genitori, ma era sopravvissuta prodigandosi in prima linea per assistere i malati e aveva beneficiato di un regime di vaccino. Tutti i test di controllo recentemente effettuati mostravano la negatività al virus.
Avvenimenti e Protagonisti del passato.
3 marzo 1944: il disastro ferroviario di Balvano.
Balvano è un piccolo centro lucano della provincia di Potenza, tristemente salito alla ribalta in anni recenti per le vittime della chiesa crollata in seguito al terremoto del 20 novembre 1980 e soprattutto per la più grande tragedia ferroviaria europea, avvenuta, in una fredda notte invernale, il 3 marzo 1944 e pressoché dimenticata. Il disastro ferroviario di Balvano avviene in uno scenario storico complicato, quello della Seconda Guerra Mondiale, che vede l’Italia divisa in due, con a sud gli Alleati e a nord i tedeschi e la Repubblica di Salò: molti abitanti della zona costiera campana, stremati dalla guerra e in condizioni di estrema povertà, per procurarsi da mangiare, non esitano ad assaltare i pochi treni merci diretti nei paesini di montagna lucani, dove vi è ancora qualcosa con cui sfamarsi, sperando di operare il baratto, acquistando derrate alimentari in cambio di sigari e caffè distribuiti dagli americani. Nel primo pomeriggio del 2 marzo 1944 il treno merci speciale 8017, molto lungo, composto da 47 carri merce, creato per caricare legname da utilizzare nella ricostruzione dei ponti distrutti dalla guerra, partì da Napoli con destinazione Potenza: nella stazione di Salerno la locomotiva elettrica fu sostituita da due macchine a vapore poste in testa al treno, per poter percorrere il tratto dopo Battipaglia, che all’epoca non era elettrificato, e per rendere più facile il superamento del duro valico tra Baragiano e Tito. Il treno, su cui erano saliti centinaia di viaggiatori clandestini, compresi alcuni ragazzi, provenienti soprattutto dai grossi centri del napoletano, fino ad arrivare al numero di circa 600 passeggeri, arrivò a mezzanotte circa alla stazione di Balvano-Ricigliano, dove registrò 37 minuti di ritardo per la manutenzione alle locomotive. Da lì, alle ore 0:50 del 3 marzo, ripartì per percorrere un tratto in notevole pendenza, con numerose gallerie molto strette e poco aerate, e arrivare venti minuti dopo alla stazione successiva, Bella-Muro, ma alle 2:40 non era ancora stato segnalato. Nella galleria “Delle Armi”, tra Balvano e Bella-Muro, le ruote cominciarono a slittare e il treno perse velocità fino a rimanere bloccato a 800 metri dall’ingresso, con i soli due ultimi vagoni fuori. In breve tempo una notevole concentrazione di monossido di carbonio, causata dal passaggio poco prima di un’altra locomotiva e dagli forzi delle locomotive del treno per riprendere la marcia, fece perdere i sensi al personale di macchina e anche alla maggioranza dei passeggeri, che in quel momento stavano dormendo e vennero asfissiati dai gas tossici che, in assenza di vento, potevano uscire dalla strettissima galleria solo tramite il piccolo condotto di aerazione. L’unico fuochista che sopravvisse, Luigi Ronga, dichiarò che il macchinista suo compagno, Espedito Senatore, che guidava la locomotiva di testa, Gr.480, prima di svenire, tentò di dare potenza per superare lo stallo e cercare di uscire dalla galleria, invece le condizioni in cui fu ritrovata la seconda macchina, la 476.058, indicarono che il macchinista Vito Giuliano tentò di invertire la marcia per retrocedere, quindi i due macchinisti agirono in modo opposto, il primo per cercare di avanzare e il secondo per cercare di tornare indietro, a rendere, poi, completamente inamovibile il treno contribuì il frenatore del carro di coda, Giuseppe De Venuto, rimasto fuori dalla galleria, che, quando constatò che il treno stava iniziando a retrocedere nella salita, applicò doverosamente il regolamento che gli imponeva di manovrare il freno manuale per bloccare la marcia. Egli si salvò insieme al fuochista della locomotiva di testa e riuscì, camminando lungo i binari, a raggiungere alle 5:10 la stazione di Balvano e ad avvisare il capostazione che nella galleria era presente un treno con numerosi cadaveri a bordo. I primi soccorritori liberarono una novantina di superstiti che si trovavano nelle vetture più arretrate, tutti recanti forti sintomi di intossicazione da monossido di carbonio, poi, alle 8:40, una seconda squadra di soccorso recuperò il treno e liberò la linea. Il bilancio del disastro, uno dei più gravi al mondo, è ancora oggi oggetto di controversie: quello ufficiale parla di 501 passeggeri, 8 militari e 7 ferrovieri morti, ma, alcune ipotesi arrivano a considerarne oltre 600. Molte vittime tra i passeggeri non vennero riconosciute, furono tutte allineate sulla banchina della stazione di Balvano e poi sepolte senza funerali nel cimitero del paesino in quattro fosse comuni, inoltre molti dei sopravvissuti riportarono lesioni psichiche e neurologiche. Le cause della tragedia furono molteplici: la giornata poco ventosa, per cui la galleria non godeva della normale ventilazione naturale, l’umidità della foschia notturna che aveva bagnato i binari, rendendoli scivolosi e ardui da percorrere per un treno così pesante, la mancata vigilanza delle autorità competenti, che avevano improvvidamente tollerato il sovraccarico del treno e la presenza a bordo di viaggiatori clandestini, soprattutto la scarsa qualità del carbone fornito dal Comando Militare Alleato. Molti dei parenti delle vittime intentarono causa alle Ferrovie dello Stato. Per spegnere sul nascere una vertenza che avrebbe potuto trascinarsi per anni, il Ministero del Tesoro sancì l’emissione di un risarcimento come se si trattasse di vittime di guerra, risarcimento che venne erogato dopo oltre 15 anni. Peraltro, alcune fonti indicano che molti dei passeggeri a bordo del treno fossero in possesso di un regolare biglietto ferroviario, che li qualificava quindi come passeggeri e non come clandestini. Questa eventuale condizione, che implica la possibilità di richiedere cospicui risarcimenti all’ente che gestisce la linea, sarebbe stata fatta passare sotto silenzio durante le inchieste ufficiali sulla tragedia. Ancora oggi, inspiegabilmente, manca una parola definitiva sulle responsabilità di questo allucinante incidente, a cui i giornali e le agenzie di stampa dell’epoca diedero pochissimo spazio. Le Ferrovie dello Stato declinarono ogni responsabilità perché con la resa incondizionata del Generale Badoglio non avevano più giurisdizione per la gestione del traffico ferroviario, le decisioni o le circolari per l’effettuazione dei treni erano esclusività del comando del Military Railways Service, che dava la massima priorità ai treni merci che trasportavano il materiale strategico e non accettavano problematiche legate a coincidenze, a linee a binario unico o alla trazione, inoltre le disposizioni per la costituzione del treno venivano direttamente dal Comando Alleato e il personale di stazione e viaggiante non avrebbe potuto fermare il treno o chiederne la modifica.
METEO
Roma (Italia, Europa) soleggiato +14. Livorno (Italia, Europa) soleggiato +13. Shenzhen (Guangdong, Cina, Asia) nebbia +19. Chisimaio (Somalia, Africa) sereno con nuvolosità periodica +26. Recife (Pernambuco, Brasile, Sud America) per lo più nuvoloso +28. Adamstown (Isole Pitcairn, Oceania) parzialmente nuvoloso +28.
La notizia del giorno.
Un cane al guinzaglio nascosto nella “Vergine delle Rocce”?
Nella “Vergine delle Rocce”, capolavoro di Leonardo da Vinci custodito al Louvre di Parigi, ci sarebbe un cane al guinzaglio nascosto nella selva che sovrasta la testa di San Giovanni Battista. L’autore della scoperta è Roberto Biggi, ricercatore del Comitato nazionale per la valorizzazione dei Beni storici, che spiega: “Siamo arrivati a questo risultato attraverso l’uso misto di strumenti semplici di tecnologie avanzate. Una lente di ingrandimento speciale ci ha permesso di esaminare ogni particolare del dipinto mentre un sofware ci ha consentito di fare sovrapposizione, scomposizione e ricomposizioni.” Silvano Vinceti, appassionato d’arte e presidente del Comitato Nazionale per la valorizzazione dei Beni Storici, ha dato l’annuncio della sensazionale scoperta, affermando che la figura nascosta sotto il fogliame, permette di dare una diversa lettura de “La Vergine delle Rocce”, perché per Leonardo il cane ha un significato preciso, “per non disobbedire”, come scrive lui stesso in uno dei suoi fogli. Il guinzaglio poi è un’aggiunta, perché rappresentava nelle cacce medievali e rinascimentali lo strumento che permetteva al feudatario di evitare che i cani mangiassero la preda. Per Vinceti, quindi, Leonardo, non potendo esprimere certe critiche nei confronti del Papato, perché allora c’erano Innocenzo VIII, Alessandro VI, il Borgia e soprattutto l’Inquisizione, si serviva del linguaggio iconografico: “Quel cane con guinzaglio messo sopra san Giovanni Battista nella composizione è l’atto d’accusa che Leonardo fa della corruzione del papato di allora che privilegiava il potere temporale rispetto a quello spirituale. Leonardo utilizza il dipinto per esprimere il suo pensiero e la richiesta di un rigoroso Cristianesimo che riprenda l’esempio di Dio per i Comandamenti e di Gesù come espresso nei Vangeli.”
Avvenimenti e Protagonisti del passato.
Philip Kindred Dick: scrittore idolo e figura totemica.
Così è idolatrato dai suoi estimatori il geniale e tormentato padre della fantascienza postmoderna. La sua fama crebbe notevolmente nel grande pubblico e nella critica dopo la sua morte, in patria come in Europa (in Francia e in Italia negli anni ottanta divenne un vero e proprio scrittore di culto), anche in seguito al successo del film “Blade Runner”, di Ridley Scott del 1982, liberamente ispirato a un suo romanzo, “ll cacciatore di androidi”, del 1968. Il film ha segnato l’immaginario visivo di fine secolo, creando il modello più affascinante e credibile della metropoli globale del futuro: “… Ho visto cose che voi umani …” è l’incipit (in forma leggermente modificata) del soliloquio di Rutger Hauer nei panni del replicante Roy Batty, il quale sotto la pioggia prima di morire afferma amaramente:
“Io ne ho viste cose che voi umani non potreste
immaginarvi:
navi da combattimento in fiamme al largo dei
bastioni di Orione,
e ho visto i raggi B balenare nel buio vicino alle
porte di Tannhäuser.
E tutti quei momenti andranno perduti nel tempo,
come lacrime nella pioggia.
È tempo di morire”.
Nel film, Roy Batty è un androide costruito per svolgere attività pericolose e faticose al posto dell’uomo, dunque anche e soprattutto la guerra. Si può ipotizzare che quando parla di “navi da combattimento in fiamme” stia rievocando una battaglia (probabilmente molto cruenta) combattuta presso “Betelgeuse”, di conseguenza le “porte di Tännhauser” sarebbero altresì un luogo immaginario dello spazio. In ogni caso è chiaro che Roy sta ricordando la sua partecipazione ad eventi più grandi di lui e si rammarica per il fatto che quelle e tutte le sue memorie svaniranno insieme a lui, sentimenti quantomai umani in tali circostanze, che mostrano ancora una volta la grande capacità degli androidi di “replicare” il comportamento dei loro creatori. Nel linguaggio comune, la frase viene usata principalmente come iperbole, col significato di “ho visto cose a cui è difficile credere” ed è subito entrata nella storia del cinema; ha modificato i criteri che venivano usati nella fantascienza (sia cinematografica sia letteraria) per distinguere fra umani e androidi, spostando la distinzione dal semplice piano fisico a quello cognitivo. Dick è autore di più di cinquanta volumi e racconti, e oggi è considerato uno dei talenti più originali e visionari della letteratura americana contemporanea, “il nostro Borges”, così lo definì Ursula K. Le Guin. Le sue opere sono caratterizzate da un’inquieta indagine sui temi della realtà (con riprese originalissime filosofiche sull’ontologia), della simulazione e del falso, della teologia cristiana (in special modo la meditazione paolina e luterana, ma soprattutto di origine gnostica), della storia e della società degli Stati Uniti, e più in generale su quel nodo di idee e problematiche noto come postmoderno o tardo capitalismo. Le sue narrazioni sono popolate di persone comuni piuttosto che da élite galattiche e l’esplorazione dei temi della natura, della realtà e dell’umanità contribuiscono alla costruzione dell’immagine letteraria della California a pari dignità con i suoi predecessori John Steinbeck e Raymond Chandler, spianando la strada alla produzione di Jonathan Lethem e di altri autori “avantpop”, come Steve Erickson. I romanzi e i racconti di Philip Dick, sebbene spesso imperniati su ipotesi fantascientifiche, sono quasi sempre intrisi dell’atmosfera degli anni cinquanta di Eisenhower, dell’era kennediana, dell’“Estate dell’amore” del 1967, degli anni settanta, tra contestazione, più o meno diretta o esistenziale, droga e repressione e, in anticipo sui tempi, tratteggiano l’America reaganiana, ma anche, per molti aspetti, il nostro presente. Molte opere di Dick prefigurano infatti situazioni e figure tipiche del mondo di oggi, attraverso la consapevolezza, di cui Dick fu portatore come pochi altri autori, dell’impatto dei mass media e della tecnologia nella vita quotidiana dell’uomo postmoderno. La sua opera è inoltre segnata da una profonda attenzione ai problemi psichiatrici dei vari personaggi. Altri temi centrali dei suoi visionari romanzi sono la manipolazione sociale, la simulazione e dissimulazione della realtà, la comune concezione del “falso”, l’assuefazione alle sostanze stupefacenti e la ricerca del divino. Questi ultimi hanno ispirato significativi autori delle generazioni successive e la sua influenza è riscontrabile nelle opere di registi quali: David Lynch, Alan Moore, Grant Morrison, Greg Egan, Rudy Rucker, K.W. Jeter, David Cronenberg e a Dick si è rivolto Steven Spielberg per il suo Minority Report, inquietante parabola sui poteri del nuovo millennio. All’opera integrale dell’autore americano la Fanucci Editore ha dedicato la Collezione Dick, curata da Carlo Pagetti. I romanzi di Dick sono stati messi in scena al Centre Pompidou di Parigi sotto forma di opera musicale, o adattati per il teatro a Boston e a New York. Philip Dick morì per infarto cardiaco a Santa Ana, California il 2 marzo 1982, all’età di 54 anni proprio quando i diritti delle sue opere cominciavano a dargli per la prima volta una certa sicurezza economica, e mentre era in lavorazione “Blade Runner”, il primo film ispirato ad un suo romanzo che Dick non potè vedere completato, anche se riuscì a visitarne il set.
P.S. Dallo scrittore Jonathan Lethem, che fin da quando era giovanissimo amò appassionatamente i romanzi dello scrittore californiano riportiamo un suo breve commento sull’autore: “Ecco uno scrittore che parte dall’iconografia pop della fantascienza, ma lavora con tale originalità e verve, e intensità emotiva, da creare un suo genere personalissimo, surreale e scatenato, con immense capacità di umorismo e disperazione, e di critica sofisticata alla cultura capitalistica … Costui merita la vostra seria attenzione tanto quanto qualunque scrittore realista. Ah, sì, e questo stesso tizio, il surrealista visionario imbevuto di cultura pop… Ecco, ha scritto anche otto romanzi sconcertanti e indimenticabili in uno stile realistico … un incrocio fra Richard Yates e Charles Willeford … Ecco, Dick appartiene proprio a una specifica categoria di grandi scrittori, quelli dalla prosa discontinua: altri esempi possono essere Dickens, Dreiser e la Highsmith. E tra i russi Dostoevskij …”.
Mary Titton
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Roma (Italia, Europa) soleggiato +15. Livorno (Italia, Europa) idem. Foshan (Guangdong, Cina, Asia) soleggiato +14. Kigali (Ruanda, Africa) parzialmente nuvoloso +18. Baton Rouge (Louisiana, Stati Uniti d’America) soleggiato +18. kalgoorlie (Australia) soleggiato +30.
La notizia del giorno.
La legge sul biotestamento alla Camera il 13 marzo.
La legge sul biotestamento approderà alla Camera il 13 marzo, data confermata dai capigruppo, dopo la riunione a Montecitorio. Il testo, composto di cinque articoli, consente a ogni cittadino di formulare le proprie disposizioni sui trattamenti sanitari e di esprimere “il consenso o il rifiuto rispetto a scelte diagnostiche o terapeutiche e a singoli trattamenti sanitari, ivi comprese le pratiche di nutrizione e idratazione artificiali”. Tale dichiarazione andrà depositata presso un notaio, un pubblico ufficiale o un medico del Servizio sanitario nazionale e potrà essere sempre revocabile. Contestualmente dovrà essere indicato il “fiduciario”, cioè la persona che faccia le veci del malato incapace di autodeterminarsi nelle relazioni con le strutture sanitarie. Il biotestamento sarà vincolante per i medici curanti del malato che potranno non attenervisi nel caso in cui “sussistano terapie non prevedibili all’atto della sottoscrizione, capaci di assicurare possibilità di miglioramento delle condizioni di vita”. Se, però, dovessero insorgere divergenze di opinioni tra fiduciario e medico, spetterà al giudice interpretare il più correttamente possibile le volontà del paziente. Lunedì prossimo in Aula ci sarà sicuramente un dibattito acceso sulla facoltà concessa ai pazienti di interrompere l’idratazione e la nutrizione da parte dei parlamentari che si faranno portatori di convinzioni e posizioni divergenti al riguardo. La necessità di una legge sul biotestamento è stata sottolineata anche dal presidente del Senato Pietro Grasso, che oggi, ricevendo gli studenti che partecipano al progetto “Articolo 9 della Costituzione” ha detto: “Diventa di giorno in giorno più urgente un confronto aperto e lontano dai clamori mediatici su come il nostro Paese possa e debba affrontare queste nuove realtà che, inevitabilmente, mettono in discussione le nostre coscienze e i nostri valori.”
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Roma (Italia, Europa) soleggiato +15. Livorno (Italia, Europa) idem. Tientsin (Cina, Asia) soleggito -1. Nouakchott (Mauritania, Africa) sereno +21. Punta del Este (Dipartimento di Maldonado, Uruguay) parzialmente nuvoloso +26. Broome (Australia Occidentale, Australia) soleggiato +29.
La notizia del giorno.
Dino Zoff, il mitico portiere della Nazionale, compie 75 anni.
Dino Zoff, l’ex portiere della Nazionale protagonista del Mondiale in Spagna del 1982, compie oggi 75 anni, infatti è nato a Mariano del Friuli il 28 febbraio 1942. È considerato uno dei più grandi portieri della storia del calcio mondiale e una colonna della Nazionale: 112 presenze in azzurro con cui, fra l’altro, vinse gli Europei del ’68 e i Mondiali dell’82. Dopo le esperienze con Udinese, Mantova e Napoli, ha giocato con la Juve dal ’72 in poi, vincendo con la squadra bianco-nera sei campionati italiani, due Coppe Italia e una Coppa UEFA. Nell’83 si è ritirato per passare alla carriera di allenatore, guidando la Nazionale, la Lazio e la Fiorentina. Il mitico portiere, in questa giornata speciale, è riandato al passato non senza un pizzico di nostalgia e ai microfoni di Premium Sport ha detto: “Sono tanti i ricordi a cui sono legato: i Mondiali, gli Europei, la coppa Uefa del 76 con la Juventus sono sicuramente i più pesanti”. Alla domanda chi possa essere lo Zoff dei prossimi 30 anni ha risposto: “Direi che Donnarumma, ormai, sia chiaro possa fare bene: il suo futuro sembra radioso, ma dipenderà da lui.” Al campione di parate che sono entrate nella leggenda sono arrivati sui social gli auguri di tutto il mondo del calcio, la Juventus gli ha inviato gli auguri con questo messaggio su Twitter, accompagnato da un video con un collage di sue grandi parate: “Un portiere incredibile che ha incarnato perfettamente lo stile Juve. Buon compleanno Dino Zoff”.
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Roma (Italia, Europa) soleggiato +14. Livorno (Italia, Europa) idem. Biškek (Kirghizistan, Asia) nuvoloso -1. Abidjan (Costa d’Avorio, Africa) sereno con nuvolosità periodica +26. Milwaukee (Wisconsin, Stati Uniti) neve -2. Tofol (Kosrae, Stati Federati di Micronesia, Oceania) parzialmente nuvoloso +28.
La notizia del giorno.
Notte degli Oscar: vince a sorpresa “Moonlight”.
L’Oscar per il miglior film è stato assegnato, nella notte, a Los Angeles, a “Moonlight”, non senza alcuni momenti di tensione perché Warren Beatty inizialmente aveva proclamato vincitore il favorito “La la land”, il musical di Damine Chazelle, che ha comunque conquistato 6 statuette su 14 nomination. Sul palco erano già saliti i produttori del musical che avevano iniziato il discorso, interrotto poi da Jenkins che ha mostrato il biglietto giusto, sul quale c’era chiaramente scritto della vittoria di “Moonlight”. “Ho pensato che stava succedendo qualcosa di strano, ma non capivo cosa, è per questo che ho voluto vedere il biglietto … devo però dire che il momento di crisi è stato superato con molta grazia”, ha concluso Berry Jenkins, il regista del film vincitore, in sala stampa. Come è successo? Beatty ha ricevuto la busta sbagliata, quella precedente, con l’annuncio della migliore attrice sulla quale c’era scritto “Emma Stone, La La Land”, infatti a lei è andata la statuetta come migliore attrice protagonista per “La La Land”, che ha vinto pure l’Oscar alla miglior regia con Damine Chazelle, che con i suoi 32 anni è il più giovane regista a vedersi assegnato questo premio, e quelli per la miglior fotografia, miglior sceneggiatura, miglior colonna sonora, miglior canzone originale. L’italiano “Fuocoammare” di Gianfranco Rosi sugli sbarchi a Lampedusa non ce l’ha fatta a vincere l’Oscar come miglior documentario, ma per l’Italia hanno vinto l’Oscar per il miglior “Make-up and hairstyling” per il loro lavoro in “Suicide squad”, Giorgio Gregorini e Alessandro Bertolazzi, che ha dedicato il premio a tutti “gli immigrati” come lui.
Avvenimenti e Protagonisti del passato.
Rudolf Steiner: “maestro dello spirito”.
Il 27 febbraio 1861 è l’anniversario della nascita di Rudolf Steiner. Parlare anche in forma sintetica di Steiner è un’impresa complessa perché si tratta di riportare il pensiero filosofico di un autore che parte da ciò che sta dentro l’uomo, una realtà invisibile alla percezione dei sensi fisici, che trova riscontro scientifico e tangibile sul piano materiale. Per dirla con Wikipedia, “Rudolf Steiner, nato a Kraljevic (allora impero Austro-Ungarico, oggi Croazia) è stato filosofo, pedagogista, esoterista, artista e riformista sociale austriaco. È il fondatore dell’antroposofia, di una particolare corrente pedagogica (la pedagogia Waldorf), di un tipo di medicina (la medicina antroposofica o steineriana), oltre che l’ispiratore dell’agricoltura biodinamica, di uno stile architettonico e di uno pittorico. Ha posto le basi dell’euritmia, del Messaggio Ritmico Antroposofico e dell’arte della parola. Si è occupato inoltre di filosofia, sociologia, antropologia, economia e musicologia”. Dopo la sua morte, le sue idee vivono ancora in scuole ispirate alle sue teorie educative, in fattorie agricole basate sui suoi suggerimenti, in ospedali e cliniche fondati sulle sue concezioni dei rapporti tra corpo e spirito. Tuttavia l’opera che Steiner considerava come la più importante, quella che può essere chiamata la sua “filosofia dell’attività spirituale”, per molti è difficile da comprendere, pochissimi hanno una reale idea della sua filosofia. Nel libro di Colin Wilson “Rudolf Steiner. La vita e la dottrina del fondatore dell’antroposofia”, l’autore tratteggia il pensiero fondamentale di Steiner perché, senza questa chiave, la sua opera rischia di apparire come un caos sconnesso di teorie e speculazioni. Il punto di partenza di Steiner è la credenza che “dietro” il mondo materiale, rivelato dai nostri sensi, ci sia un mondo sovrasensibile o spirituale. Questo suona come la credenza centrale di tutte le grandi religioni, ma nel caso di Steiner c’è un importante elemento. Egli infatti era convinto che, con un addestramento, chiunque potesse sviluppare la facoltà di vedere quest’altro regno dell’essere. Egli stesso sosteneva di averla ottenuta e faceva del suo meglio per mostrare ai suoi seguaci come raggiungerla. Per Steiner era molto importante che ciò non fosse confuso con la “percezione extrasensoriale”, la chiaroveggenza o lo spiritismo, diceva: “… quel modo di entrare in contatto con lo spirito mi ripugna” e ne spiegava le ragioni che, qui per motivi di spazio, non è possibile riportare. Quando ebbe diciott’anni incominciò a frequentare il politecnico di Vienna. La scienza che egli amava tanto gli diceva che l’uomo è un animale e che gli animali sono macchine; che l’uomo è un essere assolutamente materiale e che tutti i suoi pensieri possono essere spiegati in termini di chimica del cervello. Steiner rifiutava il materialismo quando veniva considerato l’unico metro di misura per tutte le cose, al contrario riteneva che la materia fosse solo una parte dell’intero. Quando incominciò a studiare gli scrittiti di Marx e di Engels trovò il loro materialismo indigesto: “Non riuscivo ad acquistare con tutto quel mondo un vero rapporto interiore. Il sentir dire che nella storia dell’umanità sono le forze economiche materiali quelle che sorreggono l’evoluzione, e che l’elemento spirituale è solo una sovrastruttura ideale di questo fondamento “veramente reale”, mi dava una sofferenza personale. Io conoscevo la realtà dello spirito. Le affermazioni di quei socialisti teorici erano per me un voler chiudere gli occhi alla vera realtà”. Steiner riteneva possibile unire la chiarezza del pensiero scientifico moderno con la consapevolezza di un mondo spirituale che è presente in tutte le esperienze religiose e mistiche. “La scienza materialista si limita a teorie controllabili e verificabili, valide solo nell’inorganico, capaci di comprendere ciò che è “morto” ma non i processi vitali. Questi non possono essere animati dalla materia, ma è la materia ad essere animata dall’impulso vitale”. Il cadavere, che non è più animato dall’impulso vitale, risponde alle leggi fisiche della materia, attraverso il processo di decomposizione, restituisce alla terra le sue parti inorganiche. Per Steiner l’uomo non è solo un insieme di atomi o neuroni, bensì la rappresentazione dell’intero universo nell’infinitamente piccolo; il suo scopo, sulla Terra, è il raggiungimento della libertà attraverso l’azione consapevole del suo operare, quella che lui chiamava la “filosofia dell’attività spirituale”. Critico nei confronti delle limitazioni del materialismo e verso la religione istituzionale, il suo metodo, scaturito dalla sua “visione diretta” del mondo sovrasensibile parte dall’indagine scientifica e dallo studio del “mondo” che l’uomo possiede al suo interno. Steiner tentò pertanto di creare un approccio a ciò che chiamava “vita interiore” che si fonda sul rigore di pensiero proprio della scienza moderna, ma che si rivolge allo studio dell’anima e dello spirito. Nell’antroposofia, l’attività artistica è considerata un ponte tra scienza e religione, tra realtà materiali e spirituali, capace di dare vita a forme di conoscenza superiore, il cui scopo è di raggiungere livelli di consapevolezza più alti tramite concentrazione, meditazione e contemplazione. In diversi scritti e in centinaia di conferenze egli descrisse numerosi esercizi sistematici con i quali realizzare tali fini. Nelle sue quattro opere fondamentali: “La filosofia della libertà”, “La scienza occulta (nascosta) nelle sue linee generali”, “L’iniziazione”, “Teosofia”, nei suoi numerosi scritti e nella vasta documentazione, trascritta delle sue conferenze egli spiega dettagliatamente l’evoluzione del mondo e dell’uomo, la concezione dell’essere umano, il concetto di “Io” nell’antroposofia, gli obiettivi sociali della stessa, la sua prospettiva sulla storia sociale, la triarticolazione dell’organismo sociale, gli aspetti del pensare antroposofico, la sua pedagogia, l’arte di insegnare. Esiste una Federazione delle scuole steineriane in Italia che le sostiene e coordina. Ad oggi tra asili e scuole (elementari, medie e in due casi anche superiori) vi sono circa una trentina di istituti sparsi su tutto il territorio nazionale. Le scuole dell’infanzia Steiner-Waldorf nel mondo sono milleseicento e le scuole più di mille, con una popolazione scolastica che supera il milione di allievi. A livello europeo opera un organismo di coordinamento tra le federazioni delle scuole: “European Council for Steiner-Waldorf Education”, (ECSWE). Esso è chiamato a dare il suo apporto a conferenze, convegni e commissioni di ricerca pedagogica internazionali, istituiti dall’UE, dall’UNESCO o da altri enti riconosciuti a livello mondiale. La Fondazione “Gli amici dell’arte dell’educazione”, con sede a Berlino, si interessa direttamente delle iniziative Steiner-Waldorf in tutto il mondo. Negli ultimi anni, in collaborazione con l’UNESCO, ha creato un’equipe medico-pedagogica di pronto intervento nelle zone di emergenza bellica per il recupero psico-fisico dei bambini esposti alle sofferenze della guerra. Rudolf Steiner muore a Dornach, il 30 marzo 1925. Dopo la sua morte, a Dornach, vicino a Basilea, venne ultimato il nuovo Goetheanum, il primo edificio costruito interamente in legno venne completamente distrutto in un incendio doloso il 31 dicembre 1922. La nuova costruzione, il cui modello fu creato da Rudolf Steiner stesso prima di morire, è la sede per la divulgazione dell’antroposofia e la sua struttura potrebbe essere considerata una sorta di libro nel quale si materializza il pensiero di Steiner attraverso gli elementi architettonici, ponendo le basi all’architettura organica.
Mary Titton
METEO
Roma (Italia, Europa) soleggiato +14. Livorno (Italia, Europa) sereno +14. Angkor Wat (Cambogia, Asia) parzialmente nuvoloso +23. Fes (Marocco, Africa) sereno con nuvolosità periodica +12. Albuquerque (Nuovo Messico, Stati Uniti) per lo più soleggiato +10. Pirae (Polinesia Francese, Oceania) parzialmente nuvoloso +27.
La notizia del giorno.
Venezia: Carnevale 2017.
Oggi, a Venezia, come ogni anno dal 2012, si è svolto il Volo dell’Aquila, che avviene la settimana successiva al Volo dell’Angelo, di cui ricalca le modalità. L’aquila ha spiccato il volo dal Campanile di San Marco, al termine dei 12 rintocchi della “marangona”, nei panni dell’aquila quest’anno la showgirl Melissa Satta, con un abito sui toni del blu, ideato da Nicola Formichetti per Diesel e realizzato dall’atelier Pietro Longhi di Francesco Briggi. La soubrette, sospesa nel vuoto sulle note di “Can’t help falling in love” di Elvis Presley, nella versione cantata da Andrea Bocelli, ha incantato tutti i presenti, 50mila persone, e dopo il volo ha dichiarato: “Lo rifarei ancora”. Tra gli applausi del pubblico, la showgirl italiana è stata accolta sul palco di San Marco dal sindaco di Venezia, Luigi Brugnaro, che ha commentato: “Mi sembra che il Carnevale quest’anno stia funzionando bene, in particolare l’esposizione delle nostre eccellenze artigiane. Credo che mettendo la città vera all’interno del Carnevale si dia senso alle sue tradizioni e trasmetta i suoi valori culturali”. A rallegrare l’evento una splendida giornata di sole e la musica proposta dai Jalisse con la rivisitazione del pezzo sanremese “Fiumi di Parole”. Accurati sono stati i controlli ai varchi per accedere alla piazza, con l’obbligo per tutti di togliere la maschera e scoprire il volto, in piazza, poi, sulla Torre dell’Orologio, sono stati posizionati tiratori scelti per rendere la manifestazione il più protetta possibile e assicurare ai numerosi turisti una festa in sicura allegria.
METEO
soleggiato (Italia, Europa) nuvoloso +14. Livorno (Italia, Europa) sereno +14. Bangalore (Karnataka, India, Asia) per lo più soleggiato +28. N’Djamena (Ciad, Africa) soleggiato +36. St. Asunción (Paraguay, Sudamerica) per lo più soleggiato +29. Honiara (Isole Salomone, Oceania) foschia +24.
La notizia del giorno.
Lo stadio della Roma si farà.
Ieri, in tarda serata, si è raggiunto l’accordo tra Comune e Società giallorossa per il nuovo stadio della Roma e la sindaca, Virginia Raggi, dopo il malore della mattina, in una piazza Campidoglio gremita di folla, con accanto il dg della Roma Mauro Baldissoni, che ha parlato di “giornata storica”, ha annunciato così l’intesa: “Avevamo detto che lo stadio si sarebbe fatto nel rispetto della legge e lo abbiamo ottenuto, grazie anche alla disponibilità della nostra controparte, ora alleata per andare avanti in un progetto ecosostenibile e nell’interesse dei cittadini”. La Raggi ha anche illustrato i dettagli del nuovo “progetto 2.0”, come lo definisce la sindaca pentastellata, in un post su Facebook: “Tre torri eliminate; cubature dimezzate, addirittura il 60% in meno per la parte relativa al Business Park; abbiamo elevato gli standard di costruzione a classe A4, la più alta al mondo; mettiamo in sicurezza il quartiere di Decima che non sarà più soggetto ad allagamenti; realizzeremo una stazione nuova per la ferrovia Roma-Lido. Abbiamo rivoluzionato il progetto dello stadio della Roma e lo abbiamo trasformato in una opportunità per Roma.” Lo stadio della Roma, quindi, si farà, a Tor di Valle dove voleva il costruttore, senza torri e a cubature ridotte. Esultano i tifosi giallorossi, che volevano uno stadio nuovo per la propria squadra, un gruppo, con uno striscione di sapore calcistico “Basta melina”, è rimasto fino a tardi davanti al Campidoglio gridando: “Virginia famo sto stadio”. Il presidente della Roma, James Pallotta, dagli USA, ha affidato la propria soddisfazione ad una nota: “The next chapter begins (Comincia il prossimo capitolo). Forza Roma.”
METEO
Roma (Italia, Europa) coperto +14. Livorno (Italia, Europa) sereno +14. Wuhan (Hubei, Cina, Asia) sereno con nuvolosità periodica +11. Lilongwe (Malawi, Africa) pioggia +24. Fort Worth (Texas, Stati Uniti d’America) nuvoloso +11. Adamstown (Isole Pitcairn, Oceania) soleggiato+26.
La notizia del giorno.
Debutta a Maranello la nuova Ferrari SF70 H.
La nuova Ferrari che disputerà il Mondiale di F1 2017 e sfiderà le Mercedes si chiama Sf70H: la h sta per la motorizzazione Hybrid e il nome è un omaggio ai 70 anni della Scuderia Ferrari. Il nome e la nuova vettura sono stati rivelati alle 9:45, al termine di un video nel quale venivano riproposti tutti i profili delle Rosse che hanno disputato il Mondiale di F1. La forma della Sf70H è molto diversa da quella della Sf16-H: la vettura appare più rossa delle precedenti, solo gli alettoni anteriori e la parte alta del retrotreno presentano un po’ di bianco attraversato, sul retro, da un tricolore bianco, rosso e verde. Il nuovo alettone anteriore, visto dall’alto, ricorda la punta di una freccia, più largo all’esterno, va restringendosi al centro del musetto. Il profilo è sinuoso, il muso scende rapidamente verso gli alettoni in ma-niera lineare e senza curve, le plance arrivano fino alle ruote posteriori per governare i flussi d’aria e favorire l’effetto suolo. La parte posteriore è costituita da una grande pinna bianca, sottilissima, ai cui lati è stampata una lunga striscia tricolore, sul muso anteriore c’è il classico simbolo del cavallino lambito da una striscia sempre tricolore. La nuova monoposto ha fatto il suo debutto stamattina alle 11:00 sulla pista di Floriano, alla presenza anche del presidente ed amministratore della Ferrari Sergio Marchionne, guidata prima dal finlandese Kimi Raikkonen, poi da Sebastian Vettel, per la gioia e l’entusiasmo di tutti gli appassionati di F1 e del Cavallino rampante.
Avvenimenti e Protagonisti del passato.
Sandro Pertini: “un partigiano come presidente”.
Il 24 febbraio 1990 moriva, all’età di 93 anni, a Roma, in una mansarda di 35 m² vicino alla fontana di Trevi, dove visse con la moglie Carla Voltolina anche durante il settennato, Sandro Pertini, il settimo Presidente della Repubblica Italiana, in carica dal 1978 al 1985, ricordato come il “presidente più amato dagli italiani” per la sua franchezza, la sua coerenza, la sua onestà morale, che gli guadagnò anche il rispetto degli oppositori. Secondo socialista dopo Giuseppe Saragat e unico esponente del PSI a ricoprire la carica di Presidente, ha inaugurato nel suo settennato un nuovo modo di rapportarsi con i cittadini, con uno stile diretto e amichevole (“amici carissimi, non fate solo domande pertinenti, ma anche impertinenti: io mi chiamo Pertini …”), contribuendo al riavvicinamento dei cittadini alle istituzioni e facendo della figura del Presidente della Repubblica l’emblema dell’unità del popolo italiano in un momento difficile, come quello degli anni di piombo. Un Presidente diverso dagli altri, che s’imponeva per la sua concretezza e il suo rigore morale, che si riflettevano anche nella sua azione politica ed istituzionale. Il suo modo di intervenire direttamente nella vita politica del Paese rappresentò una novità nello svolgimento del ruolo di Presidente della Repubblica, ai poteri formali del Quirinale si aggiungeva il cosiddetto “potere di esternazione”, che, portò il sistema istituzionale a rassomigliare quasi ad un’anomala repubblica presidenziale, tanto che Antonio Ghirelli, all’epoca portavoce del Quirinale, coniò la definizione di Repubblica pertiniana, di cui i media sottolinearono gli aspetti fuori dagli schemi tradizionali: in seguito al terremoto in Irpinia del 23 novembre 1980 Pertini lanciò l’appello “Fate presto”, dopo la sua visita in Irpinia, il 26 novembre, denunciò pubblicamente l’inefficienza dello Stato nei soccorsi in un famoso discorso televisivo a reti unificate, in cui sottolineò la scarsità di provvedimenti legislativi in materia di protezione del territorio e denunciò quei settori dello Stato che avrebbero speculato sulle disgrazie come nel caso del terremoto del Belice; fu presente ai tentativi di salvataggio di Alfredino Rampi, un bambino di sei anni di Vermicino caduto in un pozzo nel 1981; mostrò tutto il suo entusiasmo esultando per la vittoria dell’Italia ai Campionati mondiali di Calcio del 1982, allo stadio di Madrid, di fronte ad un impassibile re Juan Carlo; nel febbraio 1983, tra lo stupore generale, Pertini, da sempre schierato con fermezza contro il pensiero fascista e tutte le ideologie che rinneghino la libertà di espressione, visitò in ospedale il giovane Paolo Di Nella, militante del Fronte della Gioventù, che, in coma per essere stato colpito alla testa con una spranga da due giovani mentre affiggeva dei manifesti, nei giorni successivi morì. Grazie all’indubbio prestigio di cui godeva, soprattutto tra i cittadini, fu in genere difficile per i vari esponenti politici non recepire, anche se talvolta controvoglia, le sue indicazioni e i suoi appelli alla libertà, alla giustizia, alla pace: “Non vi può essere vera libertà senza giustizia sociale, come non vi può essere vera giustizia sociale senza libertà”. E ancora: “L’Italia, a mio avviso, deve essere nel mondo portatrice di pace: si svuotino gli arsenali di guerra, sorgente di morte, si colmino i granai, sorgente di vita per milioni di creature umane che lottano contro la fame. Il nostro popolo generoso si è sempre sentito fratello a tutti i popoli della terra.” (dal discorso di insediamento alla Presidenza della Repubblica il 9 luglio 1978). Pertini assunse sempre un atteggiamento di intransigente denuncia nei confronti de “la nefasta attività contro l’umanità” della mafia, ammonendo a non confondere i fenomeni criminosi della mafia, della camorra e della ‘ndrangheta con i luoghi e le popolazioni in cui sono presenti, nel 1983 non esitò a sciogliere il consiglio comunale di Limbadi in provincia di Vibo Valentia, in quanto era risultato primo degli eletti il latitante Francesco Mancuso, capo dell’omonima famiglia mafiosa. In politica estera fu sempre avverso ad ogni forma di dittatura “in nome dei diritti civili e umani e in difesa della memoria di inermi creature vittime di morte orrenda”, coerentemente con il suo passato di partigiano, le cui azioni, soprattutto a Roma, in Toscana, Val d’Aosta e Lombardia, gli valsero una medaglia d’oro al valor militare. Nella sua lunga vita Pertini, infatti, dopo aver combattuto, durante la prima guerra mondiale, sul fronte dell’Isonzo ed aver conseguito nel 1917 una medaglia d’argento al valor militare, nel primo dopoguerra aderì al Partito Socialista Italiano e nel 1925 per la sua energica opposizione al fascismo fu condannato a otto mesi di carcere, poi, dopo un periodo di esilio in Francia, nel 1929 fu nuovamente arrestato e condannato dal Tribunale speciale per la difesa dello Stato prima alla reclusione e successivamente al confino. Nel 1943 contribuì a ricostruire il vecchio PSI fondando insieme a Pietro Nenni e Lelio Basso il Partito Socialista Italiano di Unità Proletaria e partecipò alla battaglia di Porta San Paolo nel tentativo di difendere Roma dall’occupazione tedesca, fu quindi catturato dalle SS e condannato a morte, riuscì a salvarsi evadendo dal carcere romano di Regina Coeli grazie a un intervento dei partigiani delle Brigate Matteott. In seguito divenne una delle personalità di primo piano della Resistenza italiana e fu membro della giunta militare del Comitato di Liberazione Nazionale in rap-presentanza del PSIUP. Nell’aprile 1945 partecipò agli eventi che portarono alla liberazione dal nazifascismo, organizzando l’insurrezione di Milano, e votando il decreto che condannò a morte Mussolini e altri gerarchi fascisti. Nell’Italia repubblicana fu eletto deputato all’Assemblea Costituente per i socia-listi, quindi senatore nella prima legislatura e deputato in quelle successive, sempre rieletto dal 1953 al 1976. Ricoprì per due legislature consecutive, dal 1968 al 1976, la carica di Presidente della Camera dei deputati, infine fu eletto Presidente della Repubblica Italiana l’8 luglio 1978. Alle nuove generazioni è consegnata l’immagine, con l’immancabile pipa, di un uomo integro, che con le sue azioni e le sue parole ha lasciato una forte impronta nella storia d’Italia.
METEO
Roma (Italia, Europa) nuvoloso +14. Livorno (Italia, Europa) sereno +14. Chengdu (Sichuan, Cina, Asia) sereno con nuvolosità periodica +9. Bloemfontein (Sudafrica) per lo più seleggiato +26. St. Grand Rapids (Michigan, Stati Uniti d’America) neve -3. Tarawa Sud (Oceania) nuvoloso +25.
La notizia del giorno.
Nasa: scoperto un nuovo sistema solare con 7 pianeti.
La Nasa ha annunciato la scoperta di un nuovo sistema solare, composto da ben 7 pianeti, che sono a 39 anni luce dalla Terra e potrebbero anche ospitare forme di vita. I pianeti ruotano intorno a Trappist-1, una stella nana rossa che si trova nella costellazione dell’Acquario ed è molto più piccola e debole del nostro Sole, con una massa pari all’8% del nostro Sole. Una stella molto cool, molto fredda, con una temperatura superficiale di circa 2400 °C, meno della metà di quella del Sole. Il nome Trappist-1 deriva dal Transiting Planets and PlanetesImals Small Telescope south (Trappist-south), un telescopio di 60 centimetri di apertura, installato presso l’Osservatorio di La Silla sulle Ande e gestito dall’Università di Liegi. Il telescopio, insieme a un suo gemello installato nell’emisfero nord, è stato progettato per monitorare un campione di stelle nane, allo scopo di scoprire nuovi pianeti extrasolari, catturando le deboli variazioni di luminosità causate dal transito di un esopianeta di fronte alla stella, metodo utilizzato da vari strumenti come il telescopio spaziale “Keplero” della Nasa, che ad ottobre terminerà la sua funzione. Il fattore più importante della scoperta è che tre di queste “sette sorelle” della Terra si trovano nella cosiddetta fascia di abitabilità e potrebbero quindi ospitare acqua allo stato liquido, elemento fondamentale per lo sviluppo della vita. È il più grande sistema planetario finora scoperto ed è eccezionale perché allo stesso tempo ospita il maggior numero di pianeti simili alla Terra e il maggior numero di pianeti nella zona abitabile. I sei pianeti più vicini alla stella sono paragonabili alla Terra per dimensioni e temperatura, hanno probabilmente una composizione rocciosa e si trovano in una zona in cui la temperatura è compresa fra zero e 100 gradi, la Nasa parla di tanti “possibili sosia della Terra”. La straordinaria scoperta, pubblicata sulla rivista “Nature”, si deve a un gruppo internazionale di astronomi, coordinato da Michaël Gillon dell’Università belga di Liegi, che spiega: “È un sistema planetario eccezionale, non solo perché i suoi pianeti sono così numerosi, ma perché hanno tutti dimensioni sorprendentemente simili a quelle della Terra”. Il passo successivo sarà quindi studiare, con telescopi di nuova generazione, le atmosfere di questi pianeti, per identificare le “firme” chimiche di organismi viventi, come ricorda il coautore Emmanuël Jehin: “Con la prossima generazione di telescopi, come l’European Extremely Large Telescope dell’Eso e il James Webb Telescope di Nasa/Esa/Csa potremo presto esser capaci di cercare l’acqua e persino l’evidenza di vita su questi pianeti”. Una scoperta davvero sensazionale, che va oltre le ambientazioni di scrittori di fantascienza come Isaac Asimov o delle serie “Star Trek” e apre a impensabili scenari futuri.
METEO
Roma (Italia, Europa) coperto +14. Livorno (Italia, Europa) idem. Quezon (Regione Capitale Nazionale, Filippine, Asia) parzialmente nuvoloso +26. Casablanca (Marocco, Africa) per lo più nuvoloso +14. St. Baton Rouge (Louisiana, Stati Uniti d’America) soleggiato +25. Mount Hagen (Papua Nuova Guinea, Oceania) parzialmente nuvoloso +21.
La notizia del giorno.
Scimmie machaco abbattute in Giappone.
Cinquantasette macachi giapponesi sono stati abbattuti con una iniezione letale nel Takagoyama Nature Zoo di Chiba, nel nord del Giappone, perché erano portatori di geni di una specie di macaco “aliena”, residente in India e in Cina. I macachi giapponesi, o macachi dalla faccia rossa, (Macaca fuscata) sono scimmie della famiglia delle Cercopithecidae, diffuse nelle foreste delle montagne giapponesi, che vivono soprattutto sulle montagne del Nord e per questo sono soprannominate “scimmie delle nevi”; sono ottimi nuotatori e per sopportare il freddo si immergono spesso nelle sorgenti di acqua calda del territorio giapponese. Secondo quanto riportato dal sito Mashable, i macachi giapponesi dello zoo sarebbero riusciti a scappare dalla loro area per accoppiarsi al di fuori con dei macachi Rhesus, specie “aliena” e “invasiva” del territorio. Così sarebbe avvenuto l’incrocio dei geni scoperto con le analisi del Dna. Per le autorità l’abbattimento di queste scimmie, un terzo dei macachi giapponesi ospitati nella struttura, era “inevitabile” al fine di proteggere l’ambiente nativo. Lo zoo dice di aver rafforzato le barriere protettive e di aver tenuto una specie di cerimonia funebre in un vicino tempio buddista per le “anime” degli animali uccisi. Molte sono state, però, sui social network le critiche rivolte allo zoo per la decisione di abbattere gli animali, gli utenti hanno chiesto come mai non si sia cercato di spostare le scimmie altrove, fuori del territorio giapponese, invece di eliminarle.
METEO
Roma (Italia, Europa) coperto +14. Livorno (Italia, Europa) idem. Phnom Penh (Cambogia Asia) nuvoloso +26. Bissau (Guinea-Bissau, Africa) sereno +23. St. Augustine (Florida, Stati Uniti d’America) nuvoloso +19. Cairns Queensland (Australia) per lo più soleggiato +30.
La notizia del giorno.
Emiliano non esce dal Pd e si candida come segretario.
Nel primo pomeriggio si è tenuta la direzione del Partito democratico, mentre fuori della sede del Nazareno continuava la protesta dei tassisti e degli ambulanti non senza momenti di tensione con gli agenti in assetto antisommossa. Il presidente del Pd Matteo Orfini, in qualità di reggente, ha aperto la seduta dicendo: “Quello emerso nella nostra assemblea e nelle ore successive, non rende inevitabili gli addii, ci sono ancora margini per ricostruire le condizioni dell’unità, ho chiesto a Michele Emiliano, Enrico Rossi e Roberto Speranza di partecipare al congresso”, poi ha annunciato i 18 nomi di quelli che faranno parte della commissione per definire le regole congressuali. Finalmente è poi arrivato il tanto atteso intervento di Michele Emiliano che ha deciso di restare e ha dichiarato: “Mi candido alla segreteria del Pd perché questa è casa mia, è casa nostra. E nessuno può cacciarmi. Enrico Rossi e Roberto Speranza sono persone per bene di grande spessore umano e politico che sono state offese senza ragione da toni arroganti, dal cocciuto rifiuto ad ogni mediazione. Renzi è il più soddisfatto per ogni possibile scissione.” E ancora: “Enrico, Roberto ed io abbiamo impedito al segretario di far precipitare il Paese verso elezioni anticipate. Matteo ci ha irriso non partecipando a questa direzione”. Non si è candidato invece Andrea Orlando, definito dal governatore della Puglia “una delle migliori menti del Pd”. Cuperlo ha tentato ancora di mediare e ha proposto di fare le primarie a luglio. Definitiva invece la rottura di Rossi, Speranza e Bersani che ha detto di non voler rinnovare la tessera del partito.
METEO
Roma (Italia, Europa) parzialmente nuvoloso +14. Livorno (Italia, Europa) idem. Smirne (Turchia, Asia) nuvoloso +13. Durban (Sudfrica) per lo più nuvoloso +23. Oklahoma City (Oklahoma, Stati Uniti d’America) soleggiato +19. Geelong (Victoria, Australia) sereno +17.
La notizia del giorno.
Palme bruciate in Piazza Duomo: si va verso l’identificazione degli autori.
Nella notte fra sabato e domenica, in Piazza Duomo a Milano, sono state parzialmente bruciate tre palme di quelle piantate nei giorni scorsi fra un coro di polemiche, l’assessore alla Sicurezza del Comune di Milano, Carmela Rozza, ha precisato: “Una testimone si è fatta avanti raccontando di aver visto sabato notte un giovane italiano ben vestito, con indosso un montgomery, che stava dando fuoco alle palme. Lo avrebbe rincorso e gli avrebbe chiesto conto di quanto stava facendo.” Intanto gli investigatori stanno esaminando le foto delle telecamere della piazza e delle vie adiacenti “per cercare di avere una chiara immagine del volto del giovane che, dopo aver acceso il fuoco, sembra si sia diretto verso la Galleria”, hanno pure rivolto un appello al gruppo di ragazzi che avrebbe appiccato l’incendio a uscire allo scoperto e a presentarsi negli uffici della Polizia locale spontaneamente, prima di essere identificati e rintracciati. È stato quello di sabato notte un grave atto di vandalismo, che preoccupa anche per le polemiche dei giorni scorsi sull’opportunità di collocare delle palme e dei banani in piazza Duomo, per le proteste organizzate dalla Lega e da Casa Pound e perché su Facebook gira un post scritto giovedì scorso da un gruppo di estrema destra, Azione identitaria, che annuncia: “Noi bruceremo le palme ed i banani. Unisciti a noi. Non siamo piromani e non sacrificheremo, nemmeno per una giusta causa, neanche una pianta. Ma simbolicamente daremo fuoco, per qualche attimo, ad uno dei banani piantati in piazza del Duomo a Milano”.
METEO
Roma (Italia, Europa) sereno +10. Livorno (Italia, Europa) sereno 13. Xì An (Vietnam, Asia) nebbia -1. Lagos (Nigeria, Africa) soleggiato +33. El Paso (Texas, Stati Uniti d’America) soleggiato +6. Queanbeyan (Nuovo Galles del Sud, Australia) per lo più nuvoloso +15.
La notizia del giorno.
Assemblea del Pd.
Oggi all’hotel Parco dei Principi si è svolta l’assemblea del Pd, che ha visto un forte scontro tra il segretario dimissionario Matteo Renzi e la minoranza Dem sulla via della scissione, con la presenza di oltre 700 delegati, tutti i ministri e anche il premier Gentiloni sul palco. Renzi è subito partito all’attacco, difendendo se stesso e la sua linea e dicendo: “Non si può chiedere a una persona di non candidarsi perché solo questo evita la scissione. Avete il diritto di sconfiggerci, non di eliminarci.” Poi ha aggiunto: “Scissione è una delle parole peggiori, peggio c’è solo la parola ricatto”. Il segretario dimissionario ha anche detto: “Non possiamo stare fermi a dire congresso sì, congresso no. Resti agli atti quel che è accaduto in questi due mesi e mezzo. Ho cercato tutti i giorni di raccogliere le proposte degli altri per restare insieme”. IL discorso di Renzi è sembrato alla minoranza poco conciliante e aperto a possibili discussioni, infatti Enrico Rossi, che con Emiliano e Speranza costituisce il gruppo più deciso alla scissione, ha dichiarato: “È stato alzato un muro sia nel metodo che nella forma. Per noi la strada è un’altra. Sono maturi i tempi per formare una nuova area”. A metà pomeriggio arriva a sorpresa l’ inattesa apertura di Michele Emiliano che dichiara di essere disposto a fare un passo indietro: “Stasera non posso che dire al segretario che ho fiducia in lui. Nessuno gli ha mai chiesto di lasciare”. Poi, in serata, dopo la conclusione dell’assemblea, la doccia fredda, è tornato ad avvicinarsi lo spettro della scissione con un duro comunicato congiunto dei candidati alla segreteria Dem, Michele Emiliano, Enrico Rossi e Roberto Speranza. “Anche oggi nei nostri interventi in assemblea c’è stato un ennesimo generoso tentativo unitario. È purtroppo caduto nel nulla. Abbiamo atteso invano un’assunzione delle questioni politiche che erano state poste, non solo da noi, ma anche in altri interventi di esponenti della maggioranza del partito. La replica finale non è neanche stata fatta. È ormai chiaro che è Renzi ad aver scelto la strada della scissione assumendosi così una responsabilità gravissima”. Guerini, portavoce e vicesegretario del Partito Democratico, è rimasto esterrefatto, ritiene tale presa di posizione del tutto ingiustificata alla luce del confronto di oggi nel Pd, “evidentemente una decisione già presa”.
METEO
Roma (Italia, Europa) soleggiato +15. Livorno (Italia, Europa) parzialmente nuvoloso +13. Hanoi (Vietnam, Asia) per lo più nuvoloso +24. Conakry (Guinea, Africa) foschia +29. Orlando (Stati Uniti d’America) soleggiato +18. Palikir (Pohnpei, Stati Federati di Micronesia) per lo più nuvoloso +26.
La notizia del giorno.
I 50 anni di Roberto Baggio.
Oggi Roberto Baggio, l’ex numero 10 della Nazionale, compie 50 anni e li ha voluti festeggiare tra i terremotati di Amatrice, uno dei centri gravemente colpiti dal terremoto del 24 agosto scorso, senza clamore e lontano dai riflettori. L’ex Pallone d’oro è partito in mattinata insieme alla sua famiglia: si è recato prima all’interno del piccolo container che, dopo il sisma, ospita l’ufficio del sindaco di Amatrice, Sergio Pirozzi, che ha incontrato e con cui resterà in contatto per “fare qualcosa di concreto”; poi ha visitato la sede di Radio Amatrice, la radio dalla quale ogni giorno il sindaco comunica con i cittadini, in seguito nella mensa della tensostruttura della Protezione civile ha pranzato insieme con le persone sfollate e i volontari. Visibilmente emozionato e commosso l’ex calciatore ha dichiarato ai microfoni di RepTv: “Per capire cosa è successo bisogna vederlo. Le immagini della televisione non rendono”. Nel pomeriggio, dopo una visita nella zona rossa, ha incontrato i bambini e i ragazzi nella mensa di Campo Lazio, dove è in corso la festa del Carnevale, per le 19:00 è atteso a Norcia, dove, nella tensostruttura della Protezione civile, è stata organizzata per le 21:00 una festa in suo onore con torta e candeline. Soprannominato Divin Codino, Baggio ai microfoni della Rai ha concluso: “Il mio futuro? Cose semplici, che sono le più belle. Bisogna avere sempre lo spirito giovane”. Sinceri Auguri a questo fuori-classe, vice-campione del mondo con la Nazionale italiana nel 1994, amatissimo dagli italiani.
Avvenimenti e Protagonisti del passato.
Un grande italiano del Novecento.
Enzo Ferrari, “l’agitatore di uomini e talenti” (la definizione è sua), fondatore dell’omonima casa automobilistica, più precisamente fondatore del mito italiano contemporaneo più potente, il Cavallino Rampante, nasce a Modena il 18 febbraio del 1898. Nel 1947, fonda la sezione sportiva del Cavallino Rampante con la quale vince in totale nove campionati del mondo piloti e sei mondiali costruttori di Formula Uno. Nel 1960, l’Università di Bologna gli conferisce una laurea honoris causa in ingegneria meccanica. Tra i suoi piloti più famosi spiccano Nuvolari, Fangio, Ascari, Surtees, Lauda e Villeneuve. Nel ’75 entra nella Ferrari la Fiat. Le nuove vittorie portano il nome di Lauda e Villeneuve. Sono gli ultimi due piloti a dare grandi soddisfazioni al “Drake” come veniva chiamato, che muore il 14 agosto 1988, a 90 anni. Ma il suo nome e le sue macchine uscite da Maranello continueranno a far sognare. Poco meno di un mese dopo la sua morte, al Gran Premio d’Italia a Monza, Berger e Alboreto, con le due Ferrari, si piazzano al primo e secondo posto, dedicando la vittoria alla memoria dell’ “artigiano” (come amava definirsi Ferrari). Nel 2012 è stato inaugurato a Modena un museo in suo onore. Queste poche frasi sintetiche raccontano un sogno, l’insopprimibile passione della corsa, uno sport che coinvolge in maniera assoluta e che racchiude sempre il rischio dietro l’angolo. Nel n° 3 di settembre del 1998 nella rivista epistolare “Lettere. Il mensile dell’Italia che scrive”, edizioni Pineider, è pubblicata una lettera di Michele Alboreto a Enzo Ferrari. In omaggio a questi due personaggi che, con il loro talento e la loro passione hanno saputo suscitare ammirazione, intense emozioni e commozione in noi tutti e in particolare in coloro che amano profondamente il “magico” mondo delle corse riportiamo la missiva:
Mary Titton
Caro Ingegnere,
sono ormai dieci anni che abbiamo lasciato la Ferrari, e sono dieci anni che non facciamo una delle nostre belle chiacchierate: lo confesso, mi mancano un po’, insieme a tante altre cose che ho lasciato dietro i cancelli di Maranello. Ogni tanto trovo una scusa per ritornare in fabbrica, salutare Piero e gli amici che sono rimasti, provare qualche nuova macchina a Fiorano, e ritrovare i luoghi tanto familiari fino a pochi anni fa. Con la complicità di Giorgio Ferri che tiene in ordine la palazzina della pista e il Suo ufficio come se lei dovesse arrivare con il fido autista Dino da un momento all’altro, ho anche sbirciato la saletta della colazione che ci ha visto tante volte in buona compagnia, discutere delle sconfitte e festeggiare le vittorie con il classico “nocino” finale, che Marco Piccinini ingurgitava mal volentieri ma che non poteva rifiutare (a proposito, Marco si è sposato recentemente con una bellissima donna ed è diventato da poco anche papà. Le sarebbe piaciuto vederlo al matrimonio, emozionato come a una partenza di Gran Premio, e con il regolamento coniugale in mano, impaziente di andare al breafing …). Sento anche la mancanza dei ricordi di Franco Gozzi, che riusciva sempre a trovare la battuta giusta in ogni momento gongolandosi del fatto che alle corse non c’era niente che Lei non avesse già visto. Ora è in pensione, una parola che Lei non conosce, e credo che anche Gozzi abbia fatto fatica a comprenderne il significato poiché continua a lavorare in qualche modo. Questo lungo preambolo non vuole essere un amarcord, ma serve a introdurre una mia riflessione, visto che ogni volta che passo da Maranello mi chiedo se le piacerebbe la Ferrari oggi. Di sicuro le piacerebbe Schumacher, indubbiamente un pilota Ferrari nella grinta e nella voglia di vincere, almeno fino alla discussione del rinnovo contrattuale … e sarebbe anche orgoglioso dei giovani meccanici che hanno raccolto degnamente l’eredità dei Bellentani, Scaramelli, Corradini e tanti altri. Erano, e sono rimasti, i migliori del mondo. Le piacerebbe anche il nuovo staff tecnico, inglese come negli ultimi anni del Suo comando, ma … gli inglesi non sono tutti uguali. Infatti, questi di oggi sanno fare davvero buone macchine, e credo che il tanto inseguito titolo mondiale sia molto vicino. Montezemolo, negli ultimi anni ha sistemato molte cose. Si è calato nel ruolo di Presidente con entusiasmo e nonostante le indubbie difficoltà trovate al suo arrivo, è riuscito a ridare fiducia e orgoglio a tutta la squadra. Anche le nuove vetture di produzione, sono tornate ad essere delle vere Ferrari, specialmente le dodici cilindri, belle, sicure e veloci. Forse ne vengono prodotte un po’ troppe e, a fronte di indubbi vantaggi economici e di occupazione, si è persa un poco l’unicità del prodotto e l’esclusività della clientela che Lei conosceva quasi tutta personalmente. Mi piacerebbe vedere Ferrari molto più costose, ma anche molto più rare, e da guidare come se fosse un privilegio. Pochi ricordano che Lei, ingegnere ad honorem, senza nessun master in marketing a Harward, faceva sospirare le Sue vetture ai clienti, sceglieva a chi vendere e a chi no, non per snobismo o per supponenza ma, da gran furbone qual era, perché aveva capito che così si creava la leggenda. Per non parlare dei “luoghi del culto” con la pista di Fiorano inaccessibile se non a pochi eletti e in particolari occasioni. Nessuna presentazione pubblica di nuove vetture, ma avvenimenti con invitati della stampa furbescamente selezionati in modo da far sapere, in quell’occasione se erano stati apprezzati negli scritti oppure no, durante l’anno. Chi non era presente sapeva di essere in serie B. Ricordo anche che le poche conferenze stampa che concedeva erano il più bel divertimento per Lei e per i presenti, con domande al vetriolo e risposte sempre pronte e brillanti: non ci si annoiava mai durante lo “scontro”, e si capiva davvero il carattere della squadra e dei suoi componenti, nel bene e nel male. Oggi, forse, la routine della presentazione del Team non le piacerebbe più di tanto: stesse domande, stesse risposte, con cronisti meno coraggiosi per chiedere davvero, poco tempo per le chiacchiere e tanto per le foto. Anche l’ambiente della Formula uno è molto cambiato. Si spendono e si incassano molti più quattrini con le corse, e di certo l’aspetto sportivo che Le piaceva è un po’ messo da parte. L’uomo conta ancora molto, e la Ferrari ha il migliore, ma al di fuori del pilotaggio molti aspetti romantici del nostro sport non ci sono più. Il recinto dei box, per esempio, non è più frequentato da personaggi affascinanti come ai nostri tempi, poiché la tecnologia esasperata fa del “paddok” un luogo asettico, che non trasmette nulla che non sia supercalcolato e, a parte qualche rara eccezione, ahimè, anche le magnifiche rappresentanti del gentil sesso sono più rare da vedere di un panda, se si esclude qualche modella professionista ingaggiata ad hoc da qualche sponsor e che potrebbe essere in qualunque posto in quel momento, tanto fa lo stesso. Ma con gli investimenti necessari oggi in Formula uno ogni distrazione è vietata, e tutto dev’essere orientato al massimo rendimento: l’aspetto romantico che mi aveva colpito nelle corse da ragazzino, non lo ritrovo più e personaggi come Regazzoni, Villeneuve o Piquet sembrano appartenere a un altro mondo. Però la Ferrari è tornata a vincere, e questa è la cosa più importante. Ed è tornata a vincere anche nelle gare Sport Prototipi che Le piacevano tanto. Grazie all’amico “Momo” Moretti le Sue macchine hanno trionfato in Usa a Daytona e Sebring, come ai vecchi tempi, e come allora battendo i grossi 8V americani con il 12 cilindri di Maranello che suona come un violino, ancora preparato da Renzo Setti che a Daytona nel 1967 Le aveva già regalato il famoso arrivo in parata delle tre Ferrari P4. Forse sono troppo ricaduto nel passato; ma secondo me ogni tanto va fatto, poiché la Ferrari è anche un pezzettino di storia di cui dobbiamo tutti essere orgogliosi. Quindi non so se riconoscerebbe la Ferrari di oggi, con non più di ottanta persone al Reparto Corse e con più di trecento dipendenti, 3500 vetture prodotte ogni anno, il cuoco “Pasticcino” che lavora al Team Sauber (che monta un motore Ferrari che non si chiama Ferrari), e con le Sue macchine di Formula uno che, devo dirglielo, oggi hanno un colore diverso: sono “rosso Losanna” per necessità. Ma sono certo che ancora una volta, sarebbe felice di vedere come i Suoi tifosi nel mondo festeggiano ancora ogni vittoria del Cavallino Rampante così come sono sicuro che festeggiano tutti coloro che hanno avuto modo di collaborare con Lei, di conoscere da vicino la Ferrari e di guidare una delle Sue macchine.
Michele Alboreto
METEO
Roma (Italia, Europa) pioggia di mattina poi sereno +10. Livorno (Italia, Europa) sereno +8. Ho Chi Minh (Vietnam, Asia) sereno con nuvolosità periodica +24. Bangui (Repubblica Centrafricana) per lo più soleggiato +27. Saint Paul (Minnesota, Stati Uniti d’America) soleggiato +14. Seventeen Seventy Queensland (1770) (Australia) soleggiato +28.
Il Quotidiano che verrà.
A gennaio, a seguito del sorprendente successo ottenuto nel 2016, avevamo annunciato la trasformazione del DayByDay da rubrica a Quotidiano web con una nuova denominazione e una piattaforma interamente dedicata alla testata nascente. Questo per offrire un servizio di approfondimento, di spunti e di idee sempre più di maggior spessore anche grazie alla prevista partecipazione di qualificate collaborazioni di personalità aderenti al nostro Comitato scientifico. Discutendo nel merito in queste settimane, abbiamo però capito che in qualche modo stavamo anticipando dei tempi fisiologici di crescita, ma anche di progressivo consolidamento. Il che ci ha portato di conseguenza a riflettere. Inoltre tutte le denominazioni al momento pensate per la nuova testata, pur avendo alcune una loro originalità, non ci convincevano fino in fondo, lasciandoci un senso come di qualcosa di inespresso e latente. Abbiamo deciso quindi di posticipare quello che per noi è indubbiamente un grande passo e continuare almeno fino all’estate con la rinnovata formula del DayBayDay 2017, impegnandoci contemporaneamente già dalle prossime settimane per arricchirlo di sezioni, rubriche specifiche, di interventi e diverse opportunità. Insomma un banco di prova proiettato a maggior ragione verso la costruzione del Quotidiano che sarà. D’altra parte una battuta di giro può essere quantomai un utile esercizio di saggezza. Siamo più che certi intanto che i nostri tanti lettori apprezzeranno la franchezza di queste considerazioni e anzi ci potranno aiutare in via diretta a fare sempre meglio con consigli, opinioni e perché no con qualche buona dritta a partire per esempio proprio dal nome da attribuire a questa prossima creatura che immaginiamo fortemente quale bene comune, speriamo condiviso.
Avvenimenti e Protagonisti del passato.
La libertà di dire no.
Questa rubrica che vuole dare evidenza ai fatti e ai personaggi che hanno contrassegnato, con la loro presenza, un carattere significativo ai fini della conoscenza e determinato aspetti di interesse storico, oggi, in occasione dell’anniversario della morte, non può tralasciare, in mezzo ad altri numerosi argomenti, un esponente della cultura, tra i più importanti del XX secolo: Ernst Jünger. Jünger ha attraversato, superandolo, un secolo di vita essendo nato nel 1895 e morto all’età di 103 anni, nel 1998. Di nazionalità tedesca, egli è stato scrittore, filosofo, teologo, entomologo, nella gran massa delle sue opere, quasi cinquanta, a partire dal 1945 (romanzi, racconti, diari, saggi) ha esposto un pensiero complesso, scaturito dalla riflessione profonda delle sue variegate esperienze di vita. Nelle sue conclusioni ha esposto una visione profetica di una catastrofe annientatrice dell’umanità e del pianeta, da cui si può scampare solo con l’esercizio di una spiritualità interiore. La sua partecipazione alla guerra costituisce un elemento essenziale per il suo pensiero a cominciare dalle sue prime esperienze come soldato della legione straniera. Da giovane egli vede nella guerra, che per la vicinanza costante della morte è per lui l’espressione di una vita vissuta intensamente, la possibilità di esprimere le energie individuali e la personale ribellione nei confronti della borghesia, che, chiusa nel suo egoismo di classe, mira a godere di un benessere dal quale sia escluso ogni rischio. Nel 1914, allo scoppio della prima guerra mondiale si arruola volontario in fanteria. Inizialmente soldato di truppa, diviene in breve tenente. Combatte sul fronte occidentale e rivece la più alta decorazione militare, l’ordine “Pour le Mérite”. Conclusa la guerra, continua a servire nell’esercito, si oppone alla Repubblica di Weimar, valutata come il risultato politico di una sconfitta militare considerata immeritata e dell’“onta” del trattato di Versailles. I suoi scritti, basati sulle sue personali esperienze del fronte, sono una riflessione sulla guerra e vengono accolti con entusiasmo dalla stampa conservatrice tedesca. Il discusso tema di accostamento di Jünger alla propaganda e al partito nazionalsocialista nasce dalla sua concezione sentimentale del nazionalismo visto come insieme di nuclei di ribellione. In realtà egli si dichiarava apartitico, quando il partito nazista prese il potere nel ‘33 si tenne in disparte. Non appoggiò Adolf Hitler (conosceva alcuni degli ufficiali prussiani che parteciparono al fallito attentato contro Hitler del 20 luglio ’44 sotto la direzione di Claus von Stauffenberg, ma essendo coinvolto in modo marginale non fu condannato o imprigionato, ma solamente congedato dall’esercito) e si rifiutò di dirigere l’unione nazista degli scrittori (Joseph Goebbels scrisse nei propri diari: “Gli facemmo ponti d’oro che lui sempre si rifiutò di attraversare”. Il tema della guerra, in Jünger, cambierà aspetto specie dal momento dell’introduzione della leva obbligatoria, con la partecipazione di quelle masse lavoratrici che sono state protagoniste dell’avvento della tecnica nel sistema di produzione. L’età moderna, secondo il suo pensiero, è affollata da un accumulo di ideologie e di falsi idoli che sono segno dell’avvicinamento della società, anche per opera del progresso tecnologico, al nihilismo, a una catastrofe finale dove gli individui hanno ormai perso sotto l’azione massificante, livellatrice dello Stato la loro singolarità e sono preda di decisioni prese da grandi gruppi di potere. Le vie per uscire dal nihilismo sono l’amore, la morte e l’interiorità spirituale espressa nell’arte e nella poesia. Per rendere evidente la necessità della pace Jünger immagina un dialogo tra un convinto pacifista e un nazionalista moderato: “Non capisce, amico, dice il pacifista, che in guerra figli di madri identiche vanno a uccidersi, e che ciò è inscusabilmente barbaro? Non capisce che è barbaro uccidere, ferire e mutilare essere umani, Lei che anche è un essere umano?”. “Sì, replica il nazionalista, ma Lei riterrebbe giusto impedire anche con la violenza ai fautori della guerra di realizzare i loro sogni criminali?”. Il pacifista sostiene allora che la creazione degli Stati Uniti d’Europa metterà fine alle guerre e ai disastri economici da quelle causati. Il nazionalista teme invece che non sarà possibile mettere da parte gli ideali tradizionali di Patria e di Famiglia come tentarono inutilmente gli Illuministi, ma ha tuttavia fiducia che lo Spirito potrà mutare questa realtà poiché “Caro amico, la sua idea di dichiarare guerra alla guerra è degna di considerazione”. Nel 1980 Jünger ottenne il prestigioso Premio Goethe (conferito, tra i pochi, a Bertold Brecht e Thomas Mann) che lo consacrò tra i massimi scrittori e pensatori tedeschi del Novecento; il merito stava soprattutto nell’analisi e nella critica della modernità. Nel primi anni del dopoguerra, mentre si andava delineando quella integrazione planetaria nel nome della tecnica che oggi è sotto gli occhi di tutti, Ernst Jünger elaborò un testo apparso, nel 1951, di una impressionante preveggenza e più affilato che mai “Il trattato del Ribelle”. La figura del Ribelle jungeriano corrisponde a quella del singolo braccato da un ordine che esige innanzitutto un controllo capillare e al quale egli sfugge scegliendo di “passare al bosco”, dissociandosi, una volta per sempre, da una società così concepita in nome di una libertà preziosa: “la libertà di dire no”. Nel testo si legge: “Il Ribelle è il singolo, l’uomo concreto che agisce nel caso concreto. Per sapere che cosa sia giusto, non gli servono teorie, né leggi escogitate da qualche giurista di partito. Il Ribelle attinge alle fonti della moralità ancora non disperse nei canali delle istituzioni. Qui, purchè in lui sopravviva qualche purezza, tutto diventa semplice. Abbiamo visto che la grande esperienza del bosco è l’incontro con il proprio io, con il nucleo inviolabile, l’essenza di cui si nutre il fenomeno temporale e individuale. Anche sul piano morale, questo incontro così importante sia nel guarire sia nel fugare la paura ha un valore altissimo. Porta verso quello strato sul quale poggia l’intera vita sociale e che sin dalle origini è sotteso a ogni comunità. E verso quell’essere umano che costituisce il fondamento di ogni elemento individuale e da cui s’irradiano le individuazioni. In questa zona non ritroviamo soltanto la comunanza: qui c’è l’identità”.
Mary Titton
METEO
Roma (Italia, Europa) parzialmente nuvoloso +13. Livorno (Italia, Europa) idem. Shanghai (Cina Asia) sereno con nuvolosità periodica +6. Dakar (Senegal, Africa) per lo più soleggiato +24. Washington (Distretto di Columbia, Stati Uniti d’America) nuvoloso +6. Port Vila (Vanuatu, Oceania) soleggiato +28.
La notizia del giorno.
Roma e altre grandi città bloccate dalla protesta dei tassisti.
Oggi Roma e altre città sono in tilt per la protesta dei tassisti contro l’emendamento inserito nel decreto Milleproroghe, in votazione oggi al senato, che favorirebbe servizi alternativi, come Uber (servizio di trasporto automobilistico privato attraverso un’applicazione software mobile che mette in collegamento diretto passeggeri e autisti) o il noleggio con conducente. La norma, a firma di Lanzillotta e Cociancich, prevede la sospensione per tutto il 2017 dell’articolo della legge quadro che differenzia il servizio di noleggio da quello dei taxi e rinvia a fine anno il termine entro il quale il ministero delle Infrastrutture dovrà emanare un provvedimento che impedisca “l’esercizio abusivo dei taxi e quelle di noleggio con conducente”, compreso dunque Uber. Secondo i tassisti le nuove norme “riportano di fatto indietro l’orologio di otto anni” e, “se approvate”, a loro avviso, “concedono il via libera a tutte una serie di azioni abusive nel settore del trasporto persone”. Alcune associazioni dei consumatori, però, sono favorevoli all’apertura del mercato, il Codacons depositerà un esposto urgente alle Procure della Repubblica di Roma, Milano e Torino, chiedendo “di aprire una indagine sulla protesta dei tassisti, alla luce delle possibili fattispecie di interruzione di pubblico servizio e blocco stradale”. Massimiliano Dona, presidente dell’Unione Nazionale Consumatori, chiarisce quanto segue: “Non si tratta di una sanatoria, ma di colmare un vuoto normativo e favorire forme di trasporto innovativo come la sharing economy. La normativa attuale è antidiluviana ed impedisce qualunque forma di concorrenza e di innovazione. Ecco perché il legislatore, per una volta, dovrebbe non farsi condizionare dalle solite proteste di piazza dei tassisti e fare il proprio dovere. Nessuna norma danneggia i tassisti, vanno semplicemente regolamentati i Servizi tecnologici per la mobilità, che consentono di intercettare una nuova domanda di servizi. I giovani, infatti, utilizzano poco i taxi e preferiscono le piattaforme di sharing. Si tratta, quindi, di ampliare l’offerta, per intercettare una nuova domanda, che altrimenti resterebbe inevasa”.
Avvenimenti e Protagonisti del passato.
Giosuè Carducci: “Il Poeta della Storia”.
Nel centenario della morte di Giosuè Carducci, la Biblioteca Salaborsa di Bologna, ne celebrava l’anniversario con una breve bibliografia di opere da essa possedute e lo commemorava così: “Pochi mesi dalla scomparsa, avvenuta il 16 febbraio 1907, Carducci aveva ricevuto, primo italiano, il Premio Nobel per la Letteratura. Ai funerali solenni fece ala tutto il popolo di Bologna. Scompariva un grande poeta, uno dei personaggi più in vista e rappresentativi dell’Italia risorgimentale: uomo di cultura e uomo politico, da tanti apprezzato e venerato in vita. Le sue poesie e i suoi scritti erano stampati su foglietti volanti e distribuiti tra il popolo nelle più varie occasioni. I suoi discorsi, preparati con cura, ebbero sempre grande risonanza, alimentarono entusiasmi e polemiche. Fu grande il contributo di Carducci allo studio e all’insegnamento dei classici della letteratura. Gli deve molto l’Università di Bologna, che nel 1860, all’arrivo del giovane insegnante toscano, rischiava seriamente di chiudere i battenti per mancanza di iscritti. È anche grazie alla caparbietà, alla bravura e quindi alla fama di Carducci se le cose pian piano cambiarono e furono possibili, nel 1888, le trionfali celebrazioni dell’VIII Centenario. Alle opere su Carducci poeta, scrittore, professore, si affiancano quelle sul suo soggiorno bolognese: i cenacoli, i caffè, gli amici, le muse … Alcuni suggerimenti, infine, riguardano un possibile itinerario tra i luoghi carducciani: ultimo e più importante dei quali la casa di via del Piombo con la favolosa biblioteca. L’amica regina Margherita l’acquistò quando egli era ancora in vita e la donò, dopo la sua morte, al comune di Bologna. Anche tramite la casa-museo la città avrebbe così serbato per sempre il ricordo del suo miglior poeta”. “L’amore per la patria al di sopra di tutto”, questa è decisamente la filosofia a cui si ispira nelle sue opere poetiche Giosuè Carducci. A questo si aggiungono l’amore per la natura, per il bello e un’incondizionata visione della vita nelle sue espressioni più pure e genuine. Nelle sue opere lo scrittore conforta gli uomini, oppressi dalla contraddizione, fra gli ideali e l’amara realtà. Carducci è stato definito, “il poeta della storia”, raggiunge momenti di alta commozione epica nella celebrazione della storia di Roma e nella rievocazione dell’Età Comunale, così come trova accenti di fervida passione politica e civile nell’esaltazione della Rivoluzione francese e nella celebrazione del nostro Risorgimento. Lo ricordiamo con alcuni versi tratti dall’Ode “Il Plebiscito” della raccolta di poesie Juvenilia, del 1860:
Mary Titton
Leva le tende, e stimola
La fuga de i cavalli;
Torna a le pigre valli
Che il verno scolorò!
Via! su le torri italiche
L’antico astro s’accende:
Leva, o stranier, le tende!
Il regno tuo cessò.
Amor de’ nostri martiri,
De i savi e de’ poeti,
Da i santi sepolcreti
La nuova Italia uscì:
Uscì fiera viragine
De le battaglie al suono,
E la procella e ‘l tuono
Su ‘l capo a lei ruggì.
Levò lo sguardo; e splendida
Su ‘l combattuto lido
Mandò a’ suoi figli un grido
Tra l’alpe infida e ‘l mar:
E di ridesti popoli
Fremon le valli e i monti,
E su l’erette fronti
Un sangue e un’alma appar. …
METEO
Roma (Italia, Europa) sereno +12. Livorno (Italia, Europa) sereno +12. Siem Reap (Cambogia, Asia) sereno con nuvolosità periodica +23. Rabat (Marocco, Africa) per lo più soleggiato +21. Tampa (Florida, Stati Uniti d’America) nuvoloso +19. Mata-Utu (Oceania) soleggiato +28.
La notizia del giorno.
Possibile “craccare” i circuiti nervosi che controllano le informazioni sensoriali.
È possibile “craccare”, ossia forzare, il codice del cervello che regola i cinque sensi e permette di comunicare con il mondo esterno. La ricerca, svolta da Stefano Panzeri e da Tommaso Fellin dell’Istituto Italiano di Tecnologia in collaborazione con l’università americana di Harvard e l’University College di Londra, ha utilizzato innanzitutto una nuova tecnica matematica per analizzare l’attività del cervello, analisi che ha permesso di identificare i codici elettrici utilizzati dalle cellule nervose per rappresentare gli stimoli in arrivo dai cinque sensi. La stessa tecnica è stata utilizzata per individuare i codici che permettono al cervello di prendere decisioni appropriate a un particolare stimolo sensoriale, come allontanarsi da un pericolo o avvicinarsi a una fonte di cibo. Una volta identificato il codice, i ricercatori hanno capito come creare un’immagine luminosa tridimensionale, cioè una vera impronta olografica dell’attivazione sensoriale. Quest’ultima, se proiettata sui circuiti cerebrali a riposo, potrà “scrivere” l’attività neurale e permettere di recuperare la percezione delle sensazioni. Il passo successivo è stato quello di riuscire a utilizzare gli ologrammi come “interruttori” per accendere e spegnere le cellule in maniera appropriata, grazie alle tecniche che usano gli impulsi di luce per telecomandare i neuroni (optogenetica). Il risultato della ricerca, pubblicato sulla rivista “Neuron”, apre nuove possibilità a una migliore comprensione di malattie neurodegenerative come alzheimer, schizofrenia e autismo e a nuove interfacce uomo-macchina, con la scrittura di codici neuronali nel tessuto cerebrale per recuperare la percezione sensoriale.
METEO
Roma (Italia, Europa) sereno +11. Livorno (Italia, Europa) sereno +12. Xi’an (Shaanxi, Cina, Asia) per lo più soleggiato +6. Ouagadougou (Burkina Faso, Africa) polvere diffusa +30. Columbus (Georgia, Stati Uniti d’America) sereno +3. Tauranga (Nuova Zelanda, Oceania) pioggia +19.
La notizia del giorno.
California: a rischio la diga di Oroville.
La diga più alta degli Stati Uniti, che si trova a circa 250 chilometri a nord-est di San Francisco, rischia di collassare per una crepa formatasi nello scarico di emergenza, utilizzato dopo che un altro canale di scarico era stato danneggiato dalle forti piogge degli ultimi giorni. Le autorità hanno dichiarato lo stato di emergenza e hanno ordinato un’evacuazione di massa per circa 200.000 persone che vivono sotto il lago di Oroville, temendo che la valvola possa cedere e riversare un muro di 230 metri di acqua nella valle. Il governatore della California, Jerry Brown, ha chiesto aiuto con una lettera all’amministrazione Trump per i 188.000 residenti delle contee di Butte, Sutter e Yuba, interessati dall’ordine di evacuazione per il pericolo che le loro abitazioni vengano sommerse dalle acque. Intanto le strade sono bloccate dalle lunghe file di auto degli abitanti costretti a lasciare le loro case, mentre appare drammatica e spettacolare la vista delle altissime cascate formate dalle acque del lago di Oroville. In queste ore si sta facendo tutto il possibile per evitare il disastro: alcuni elicotteri stanno lanciando enormi sacchi di pietre e mezzi per la raccolta dei rifiuti pieni di massi stanno anch’essi svuotando il loro carico sulla valvola danneggiata per cercare di riparare la crepa.
METEO
Roma (Italia, Europa) sereno +14. Livorno (Italia, Europa) sereno +12. Shenyang (Liaoning, Cina, India) per lo più soleggiato +4. Niamey (Niger, Africa) nuvoloso +29. Oroville (California, Stati Uniti d’America) parzialmente nuvoloso +11. Lower Hutt (Nuova Zelanda, Oceania) sereno +14.
KIMI
Oggi dedichiamo l’apertura ad un piccolo amico a cui il Corriere della Sera, in cronaca romana, riserva un bell’articolo con foto rendendo questo magnifico esemplare di razza Akita protagonista a ragione almeno per un giorno. Bisogna aggiungere però che Kimi dopo le sue scorribande all’ora di pranzo a Castel Sant’Angelo, è da ormai molti mesi ospite fisso nei nostri uffici di Circonvallazione Clodia, dal pomeriggio fino a sera, affidato alle cure della moglie di Massimo, la nostra collega Gabriella. Si aggira quindi in piena libertà lungo stanze e corridoio, ma soprattutto preferisce dormire sul divano o sotto le scrivanie dopo gli affaticamenti mattutini. Kimi è ancora un cucciolo, certamente non più il batuffolo dello scorso anno, ma anche per noi è diventato una presenza piacevole e costante, tanto che quando talvolta per qualche impedimento non può esserci, sicuramente ci manca. A suo modo una storia minima ma importante, perché anche questa è Roma nelle sue tante molteplici sfaccettature e curiosità nascoste.
La notizia del giorno.
Oscar della musica 2017: Adele vince 5 premi.
La notte scorsa, al Staples Center di Los Angeles, Adele, la regina britannica delle ballate malinconiche, ha trionfato ai Grammy Awards, prendendo cinque premi: miglior disco dell’anno, miglior canzone dell’anno (Hello), miglior registrazione dell’anno, miglior disco pop e miglior performance per un’artista pop. La 29enne cantante, nella serata più importante della musica americana, si è esibita in una interpretazione molto commovente di “Hello” e ha voluto omaggiare George Michael con “Fast Love”, però, tradita dall’emozione, ha fermato tutti chiedendo di iniziare da capo il brano del cantante del 1996. Un anno fa, sempre sul palco dei Grammy Awards, Adele aveva avuto alcuni problemi con il microfono, ma non si era voluta fermare. Questa volta l’ha fatto e alla fine gli spettatori l’hanno ringraziata con un lungo applauso e una standing ovation. Nel discorso di premiazione per il Miglior Disco dell’anno, Adele si è commossa dicendo che avrebbe meritato lo vincesse Beyoncé, da lei definita “l’artista della mia vita”. “Noi artisti ti vogliamo bene. Tu sei la nostra luce”, ha detto Adele alla sua rivale Beyoncé, la grande sconfitta della serata con il suo album “Lemonade” e quest’ultima, visibilmente commossa, ha scandito più volte verso Adele “I love you”. Nessun riconoscimento per gli italiani Pausini, Bocelli e Morricone.
Avvenimenti e Protagonisti del passato.
Il padre di “Maigret”.
(Gino Cervi nei panni del celebre commissario Maigret)
Il 1903 dà alla luce uno dei romanzieri più prolifici del XX secolo, un belga francese che si affermerà come il più fertile degli scrittori di lingua francese dai tempi di Balzac: Georges Simenon. Egli nasce a Liegi, il giorno venerdì 13, una data ritenuta di cattivo auspicio dalla madre superstiziosa, che registra all’anagrafe la nascita del figlio come avvenuta giovedì 12. Fatto sta che la vita di Simenon sarà contrassegnata da una grande popolarità grazie alla sua opera considerata una delle fondamentali del Novecento; a lui si devono centinaia di romanzi e racconti, molti dei quali pubblicati sotto diversi pseudonimi. La tiratura complessiva delle sue opere, tradotte in oltre cinquanta lingue e pubblicate in più di quaranta paesi, supera i settecento milioni di copie. Secondo un database dell’Unesco, che raccoglie tutti i titoli dei Paesi membri, Georges Simenon è il terzo autore di lingua francese dopo Jules Verne e Alexandre Dumas. Non otterrà il Nobel, ma Gide lo definirà “il più autentico romanziere della letteratura francese d’oggi” e Mauriac affermerà la sua scrittura “di una bellezza quasi intollerabile”. Inizialmente reporter, compie il proprio apprendistato seguendo la cronaca nera, che gli permetterà di avvicinarsi a storie criminali dalle più sorprendenti motivazioni delittuose. A diciannove anni è a Parigi, corrispondente per un giornale; scrive bene e rapidamente una quantità notevole di romanzi d’appendice e novelle che appariranno in diverse pubblicazioni. Il suo pseudonimo più frequente è George Sim e, grazie al reddito proveniente dal suo lavoro, inizia a viaggiare. All’età di ventinove anni dà vita al commissario Maigret, i cui racconti e romanzi saranno i primi a essere pubblicati con il suo vero nome. Fu quella la svolta nella carriera letteraria di Simenon. Dalla rubrica “Storie dalla Storia” di Marco Innocenti del “Sole 24 Ore”: “Di Jules Maigret restano nella memoria la corpulenza sorniona, i meditati silenzi, la pipa capiente e ben carica, il cappotto pesante con il collo di velluto. Il suo mondo sono i selciati parigini striati di pioggia, l’ufficio al Quai des Orfèvres con la stufa in ghisa, il rumore del traffico a Pigalle, le pensioni equivoche, gli occhi dilatati dai calvados, il clima di disperazione. Maigret entra nella psicologia dei personaggi, si immedesima nell’ambiente, fiuta l’assassino in un miscuglio di istinto e lucidità, poi lo agguanta senza infierire perché è umano e i suoi connotati sono quelli della gente comune (da cui il suo successo mondiale, caratterizzato, in Italia, dalla superba interpretazione televisiva di Gino Cervi), le sue inchieste sono la paziente ricostruzione della verità umana. Il male non ha mai un carattere di eccezionalità, resta sempre nell’ambito della quotidianità: quella di Simenon e di Maigret, di un’umanità ovattata e quieta anche nel delitto.” Simenon è un maestro della psicologia e della narrativa asciutta. Importante per Simenon è raccontare una vicenda umana, attraversata da un dramma, da un delitto, anche se ricostruita attraverso i passi che deve muovere un poliziotto per scoprire alla fine che il dramma è tale non solo per la vittima, ma anche per l’assassino. I suoi “noir” o “romans durs”, come lui amava definirli sono caratterizzati da storie dalle atmosfere dense, nelle quali i personaggi, quasi sempre umili o appartenenti alla piccola borghesia, ma anche ricchi e rinomati, si trovano coinvolti in vicende drammatiche. Pur utilizzando uno stile narrativo dal vocabolario scarno e poco incline a estetismi letterari, le sue opere dimostrano una notevole capacità di ritrarre con arguta psicologia vicende dal sapore profondamente umano. Con Simenon si giunge alla borghesizzazione del racconto giallo: piccoli uomini spersi nelle traversie della vita passano sotto la lente di un osservatore attento e analitico, che nelle sue opere non si dilunga in descrizioni favolistiche di luoghi e persone, ma anzi ad esse dedica spesso poche e asciutte, anche se esaustive, righe. Tutto è crudo e brutalmente trasparente, tutto è nuda realtà. Il suo lavoro arriva, nelle sue stesse parole, dal “popolo nudo”, dall’uomo che viene alla luce dietro tutte le possibili maschere.
Mary Titton
METEO
Roma (Italia, Europa) sereno +14. Livorno (Italia, Europa) idem. Gerusalemme (Israele, Asia) per lo più nuvoloso +11. Lilongwe (Malawi, Africa) lievi rovesci di pioggia +24. Caracas (Distretto Capitale, Venezuela, Sudamerica) parzialmente nuvoloso +18. Wanaka (Nuova Zelanda, Oceania) sereno +13.
La notizia del giorno.
Germania: Frank-Walter Steinmeier è il nuovo presidente della Repubblica federale.
Frank-Walter Steinmeier, ex ministro degli Esteri della Germania, è stato eletto, alla prima votazione, a maggioranza assoluta, con 931 voti su 1253, presidente della Repubblica federale tedesca. È stato votato dall’Assemblea federale, composta dai 620 deputati del Bundestag e da altri 620 delegati dei parlamenti regionali. Tra questi ultimi non ci sono solo politici, ma anche personalità della vita tedesca, dallo sport alla cultura. Steinmeier, 61 anni, esponente del partito socialdemocratico, è il 12° presidente della Repubblica federale, succede a Joachim Gauck ed è soprannominato da alcuni il presidente “anti-Trump” per la sua riservatezza. È sposato ed ha una figlia, nel 2005, nel primo governo Merkel, ha esercitato per la prima volta l’incarico di ministro degli Esteri, nel 2009 è stato candidato alla cancelleria per l’Spd ed è stato sconfitto proprio dall’attuale leader del governo, fino al 2013 è stato capo dell’opposizione in Parlamento, poi è tornato a ricoprire la posizione di ministro degli Esteri. Subito dopo l’elezione ha dichiarato: “Non è meraviglioso che il nostro Paese, questa patria difficile, sia diventato per molti nel mondo un’ancora di speranza? Anche dopo la riunificazione c’era un po’ di risentimento contro gli stranieri, ed è stata superata. Sono sicuro che ci riusciremo anche oggi”. Le funzioni del presidente in Germania sono per lo più di rappresentanza, un ruolo necessario secondo la Costituzione per evitare che si crei un sistema presidenzialista pericoloso per la democrazia parlamentare, come è avvenuto durante la Repubblica di Weimar. Angela Merkel ha commentato così l’elezione: “Frank-Walter Steinmeier sarà presidente della Germania in tempi difficili e io sono certa che, nella sua funzione, potrà accompagnare molto bene il Paese in questi tempi”.
METEO
Roma (Italia, Europa) sereno +14. Livorno (Italia, Europa) idem. Chennai (Tamil Nadu, India) per lo più soleggiato +28. Marrakech (Marocco, Africa) per lo più soleggiato +15. New Orleans (Louisiana, Stati Uniti d’America) nuvoloso +19. Auckland (Nuova Zelanda, Oceania) pioviggine +19.
La notizia del giorno.
Balene spiaggiate in Nuova Zelanda.
Ai frequentatori della spiaggia di Farewell Spit, in Nuova Zelanda, ieri si è presentata una visione insolita e terrificante: 416 balene pilota si trovavano arenate sul litorale. Trecento balene erano già morte al momento dell’arrivo dei soccorsi. I volontari del Dipartimento ambientale si sono subito prodigati e hanno formato una catena umana per gettare secchi pieni d’acqua; hanno cercato così di tenere in vita i cento esemplari di Globicephala melas salvati, sperando di riuscire a far loro riprendere il mare con l’alta marea. Già in passato si sono verificati episodi simili: nel 1918 circa 1000 balene pilota si arenarono alle Chatham Islands, nel febbraio 2015, sulla stessa spiaggia di Farewell Spit arrivarono per errore 200 cetacei, la metà dei quali morì. È quella della Nuova Zelanda una regione che ha caratteristiche tali da confondere questi animali che perdono la propria rotta e cadono in una trappola mortale.
METEO
Roma (Italia, Europa) sereno +14. Livorno (Italia, Europa) idem. Yangon (Myanmar – Burma, India) sereno +31. Imei (Etiopia, Africa) sereno +17. Saint Louis, Missouri, Stati Uniti d’America) nuvoloso -3. Central Coast (Nuovo Galles del Sud, Australia) parzialmente nuvoloso +21.
Buon Compleanno a Stefano e Francesco!
La notizia del giorno.
A Sanremo serata delle cover: boom di ascolti.
A notte inoltrata, ha vinto, nella serata delle cover, Ermal Meta con “Amara terra mia”, successo di Domenico Modugno, di cui ha reso una intensa interpretazione con un finale a sorpresa, in cui ha cantato il testo con voce femminile, come se stesse duettando. Secondo posto per “Un’emozione da poco” reinterpretata da Paola Turci, terzo per “Signor Tenente” di Giorgio Faletti cantata da Marco Masini. Prima della gara delle cover big, sul palco dell’Ariston è arrivato il Piccolo Coro “Mariele Ventre” dell’Antoniano, con un serie di grandi successi dello Zecchino d’Oro: Il caffè della Peppina, Il valzer del moscerino, Il coccodrillo come fa, Popoff, 44 Gatti, Le tagliatelle di Nonna Pina, un’abbuffata di canzoncine che hanno accompagnato l’infanzia di molti. Oltre 10 milioni gli spettatori che hanno seguito la serata, con il 49.70% di share. Fra gli ospiti Mika, che si è messo a parlare con gli strumenti e si è esibito in un medley di suoi successi, per poi cantare “Jesus to a child” come omaggio a George Michael. Bel momento anche l’esibizione dell’orchestra Cateura dal Paraguay, formata da ragazzi, che sostenuti dall’Unicef, suonano in tutte le parti del mondo con strumenti realizzati con materiali riciclati, teglie, tubi, latte, che trovano nella discarica a due passi da casa. Unica pecca l’eccessiva lunghezza delle serate che, anche con il Dopofestival, finiscono nelle prime ore del giorno successivo.
Avvenimenti e Protagonisti del passato.
Una pagina tragica della recente storia italiana: le foibe.
Il termine “foiba”, derivante dal latino fŏvea (fossa, cava), è una parola dialettale utilizzata nella zona dell’Istria ed attualmente usata, soprattutto al plurale, per indicare le cavità carsiche di origine naturale con un ingresso a strapiombo, dove, fra il 1943 e il 1947 vennero gettati, vivi o morti, quasi diecimila italiani uccisi dai partigiani jugoslavi comunisti durante e subito dopo la seconda guerra mondiale. Nella primavera del 1945, quando la Jugoslavia occupò Trieste, Gorizia e l’Istria, le truppe del Maresciallo Tito si scatenarono contro gli italiani: nelle foibe non vennero buttati solo i fascisti, che insieme ai nazisti avevano occupato quei territori, ma anche cattolici, liberaldemocratici, socialisti, uomini di chiesa, donne, anziani e bambini, non solo militari, ma anche civili, che, a volte, legati l’uno all’altro con del filo spinato, venivano fatti precipitare tutti insieme in quei pozzi. Sebbene quest’ultima modalità di esecuzione fosse solo uno dei modi con cui vennero uccise le vittime dei partigiani di Tito, nella cultura popolare divenne il metodo di esecuzione per eccellenza ed il simbolo del massacro, in realtà la maggior parte delle vittime vennero uccise o morirono di stenti o malattia nei campi di concentramento jugoslavi. L’eccidio preventivo per eliminare dalla Jugoslavia tutti i possibili futuri oppositori continuò fino a quando, nel febbraio del 1947 l’Italia ratificò il trattato di pace che pose fine alla Seconda guerra mondiale e l’Istria e la Dalmazia vennero cedute alla Jugoslavia. Trecentocinquantamila persone fuggono da quei territori, dove avevano vissuto fino ad allora, considerandoli la loro patria, abbandonando case, beni, tutto e si trasformano in esuli, definiti in modo sommario “fascisti in fuga”. Per circa cinquant’anni cadde il silenzio su questi tragici avvenimenti, nessuno, né governo né opposizione, aveva interesse a metterli a fuoco: lo Stato italiano, perché a partire dagli anni ’60 i rapporti fra Jugoslavia e Italia si erano normalizzati, il PCI per non evidenziare le proprie contraddizioni sulla vicenda e le proprie subordinazioni alla volontà del comunismo internazionale, i neofascisti perché fra il 1943 e il 1945 quelle terre erano state sotto l’occupazione nazista, in pratica erano state annesse al Reich tedesco. È questa una pagina tragica di un passato non troppo remoto perché la storiografia possa fare una ricostruzione il più possibile oggettiva. Sulle responsabilità che comunismo e fascismo hanno avuto nelle foibe ancora oggi si scontrano una serie di “tesi militanti”, secondo la definizione degli storici Pupo e Spazzali, tesi originate in ambiti politici e non supportate da una adeguata ricerca storica. In particolare, in alcuni ambienti della destra si afferma che le foibe sono state una “barbarie slavo-comunista”, un genocidio di cittadini inermi che avevano la “sola colpa di essere italiani” in preparazione alla successiva pulizia etnica, mentre in alcuni ambienti della sinistra è diffuso un atteggiamento “giustificazionista” e si presentano gli eccidi come una “reazione” alla brutalità fascista, inoltre alcuni, come la giornalista triestina Claudia Cernigoi, sostengono una tesi “riduzionista”, che considera al ribasso il numero delle vittime delle foibe e sostiene che gli eccidi abbiano coinvolto essenzialmente esponenti fascisti, sia militari che civili, responsabili di repressioni e di crimini di guerra italiani in Jugoslavia. Al di là dei differenti punti di vista che ancora animano l’analisi storica degli avvenimenti, tutta la classe politica italiana ha finalmente preso coscienza della tragedia consumatasi in Istria e Dalmazia a danno degli italiani che vi vivevano. Nel 2001 è stata pubblicata la relazione della Commissione storico-culturale italo-slovena, incaricata dal governo italiano e dal governo sloveno di mettere a punto una interpretazione condivisa dei rapporti italo-sloveni fra il 1880 e il 1956. Nel rapporto si conclude che “tali avvenimenti si verificarono in un clima di resa dei conti per la violenza fascista e di guerra ed appaiono in larga misura il frutto di un progetto politico preordinato, in cui confluivano diverse spinte: l’impegno ad eliminare soggetti e strutture ricollegabili (anche al di là delle responsabilità personali) al fascismo, alla dominazione nazista, al collaborazionismo ed allo stato italiano, assieme ad un disegno di epurazione preventiva di oppositori reali, potenziali o presunti tali, in funzione dell’avvento del regime comunista, e dell’annessione della Venezia Giulia al nuovo Stato jugoslavo.” Nel 2004, poi, con la legge 30 marzo 2004 n. 92 il Governo italiano ha istituito Il Giorno del ricordo, celebrato il 10 febbraio di ogni anno (la data prescelta è il giorno in cui, nel 1947, fu firmato il trattato di pace che assegnava alla Jugoslavia l’Istria e la maggior parte della Venezia Giulia), con l’intento di conservare e rinnovare “la memoria della tragedia degli italiani e di tutte le vittime delle foibe, dell’esodo dalle loro terre degli istriani, fiumani e dalmati nel secondo dopoguerra e della più complessa vicenda del confine orientale”, soprattutto perché le nuove generazioni acquistino conoscenza e consapevolezza degli eventi storici del nostro passato prossimo.
METEO
Roma (Italia, Europa) sereno +14. Livorno (Italia, Europa) idem. Abu Dhabi (Emirati Arabi Uniti, Asia) sereno con nuvolosità periodica +22. Conakry (Guinea, Africa) foschia +26. Fortaleza (Brasile) parzialmente nuvoloso +26. Garapan (Saipan, Isole Marianne Settentrionali Oceania) per lo più nuvoloso +27.
Auguri Maria Pia!
La notizia del giorno.
Legge elettorale: depositate le motivazioni della sentenza.
Sono state depositate le motivazioni della sentenza con cui lo scorso 25 gennaio la Corte costituzionale ha giudicato illegittimo l’Italicum in alcune sue parti. Nelle 99 pagine si legge che La Costituzione, “se non impone al legislatore di introdurre, per i due rami del Parlamento, sistemi elettorali identici, tuttavia esige che, al fine di non compromettere il corretto funzionamento della forma di governo parlamentare, i sistemi adottati, pur se differenti, non devono ostacolare, all’esito delle elezioni, la formazione di maggioranze parlamentari omogenee”, omogeneità già auspicata dal Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, in recenti occasioni. Il ballottaggio è incostituzionale, perché, come è strutturato, “il premio attribuito al secondo turno resta un premio di maggioranza e non diventa un premio di governabilità”, determinando una lesione della rappresentatività degli elettori. Infine quanto ai capilista bloccati sono legittimi nel caso dell’Italicum da una parte perché le liste dei candidati sono brevi e dall’altra perché l’elettore può comunque dare due preferenze, “irragionevole” invece per la Consulta il sistema previsto dall’Italicum che lascia ai capilista bloccati la scelta del collegio dove essere eletti, perché concede loro “un improprio potere di designazione del rappresentante di un dato collegio elettorale, secondo una logica idonea a condizionare l’effetto utile dei voti di preferenza espressi dagli elettori”, violando il principio d’uguaglianza e della personalità del voto, resta il criterio del sorteggio per la scelta, spetta al “legislatore sostituire tale criterio con altra più adeguata regola, rispettosa della volontà degli elettori”.
Avvenimenti e Protagonisti del passato.
Dall’inferno si sale.
(Ritratto di Fedor Dostoevskij, 1872 – Vasilij Perov)
L’imponente creazione letteraria lasciata da Fedor Dostoevskij alla sua morte, avvenuta il 9 febbraio 1881, è sempre stata oggetto di studio approfondito da parte dei più insigni letterati e delle più autorevoli figure del mondo della cultura per la ricchezza e il valore che l’opera contiene. Nel mondo attuale, abituati agli aspetti frugali della vita, in una società che corre velocemente, la lettura di un autore russo dell’’800, qual è Dostoevskij, soprattutto tra i giovani, genera una certa riluttanza, essa richiede tempo, pause di riflessione, concentrazione. Nel presentare Dostoevskij, nell’ambito di un programma di conferenze svoltosi presso il Politecnico di Milano, lo scorso anno, Alessandro D’Avenia si è soffermato, in modo appassionante e coinvolgente, su interessanti considerazioni utili per capire la complessità contenuta nei libri dell’autore russo. D’Avenia ha introdotto il suo discorso sottolineando l’origine della parola cultura e l’importanza del linguaggio per comprendere appieno i contenuti. Oggi, continuamente invitati a consumare, il consumismo ha permeato tutte le zone della nostra esistenza, pensiamo che la cultura sia leggere voracemente molti libri, visitare il maggior numero di mostre possibili, guardare numerosi film, consumare prodotti culturali e che il solo consumo di questi oggetti belli faccia di noi delle persone colte e ci renda migliori. “Ma la cultura è un oggetto o uno spazio?”. La parola cultura in latino colere, coltivare esprime anche il concetto del verbo colo, di cultus, culto, sacro. Coltivare ci rimanda alla figura del contadino in uno spazio costituito dal terreno che egli coltiva trasformando la terra, “coltivandola”, per l’appunto, con culto. L’interazione di queste due forze esercitate dal contadino, la trasformazione e il culto in uno spazio fisico, danno luogo a un processo creativo, il frutto e dalle stesse viene prodotta la conoscenza, la cultura. La cultura perviene all’uomo dallo sforzo che egli compie nello stare nel mondo fisico: nella fatica del contadino che zappa la terra, in quello spazio ci sono tutte le premesse per una crescita personale e, senza questi due elementi, la trasformazione e il culto del sacro non vi è cultura, non vi è bellezza. La bellezza è il campo e gli dei insieme, mentre si trasforma il mondo si sta facendo un atto di contemplazione, di glorificazione, di restituzione a ciò che il divino ha donato. Senza la bellezza l’uomo non ha più nulla da fare al mondo; non c’è più campo da coltivare, non c’è più per l’uomo la possibilità di rendere culto, nulla che lo trascenda e nessun frutto compiuto che ne illumini l’agire. L’uomo senza bellezza non potrebbe vivere perché non potrebbe più evolversi. Quando siamo di fronte a un dipinto di rara bellezza trasecoliamo, ne veniamo abbagliati, staremmo molto tempo ad osservarlo, a farci rapire, compenetrare da quella immagine perché, in quella tela, risuona lo spirito dell’artista: il suo talento, il suo operare ci restituisce un pezzo di realtà, riempito del suo spirito. Di fronte a un dipinto di Raffaello proviamo incanto e meraviglia, davanti a un dipinto di Ligabue sembra di essere assaliti dall’animalità, così magistralmente ed efficacemente resa dal pittore. Nell’arte noi entriamo nel territorio che appartiene al sacro, uno spazio che ci sovrasta, che è più grande di noi e proprio per questo ci abbaglia e nello stesso tempo ci intimorisce, di fronte a quelle altezze proviamo un timore reverenziale”, che ci fa paura: mentre ci affascina ci terrorizza. Ecco, Dostoevskij, nei suoi libri, soprattutto a partire da “Memorie del sottosuolo” fino ai successivi altri testi fondamentali come “Delitto e castigo”, i “Demoni”, “I fratelli Karamazov”, ecc., in ogni sua pagina ci parla dell’uomo, della sua duplice natura capace di altezze vertiginose e cadute abissali. Egli ci dice che non si può ridurre la vita umana all’interno di uno schema, perché l’uomo è complesso, è altezza e bassezza e in mezzo c’è la molteplicità infinita delle realtà che sono all’interno di un suo destino, ognuno di noi si narra una propria storia. L’uomo è un essere narrativo, senza le narrazioni, della vita non sapremmo che farcene, perché interpretiamo la vita degli uomini attraverso le azioni; senza le realtà narrate di ciascuno uomo non ci sarebbe la Storia, perché siamo esseri storici, siamo nella Storia. E Dostoevskij, nella sua immane Opera letteraria percorre tutti gli strati della vita umana e ne parla sovrapponendo le varie realtà, perché l’uomo contiene tutti questi “spazi” contemporaneamente, egli è un essere polifonico, contraddittorio, la sua esistenza si fonda sulla libertà che egli costantemente può esercitare attraverso la scelta tra due opzioni. Dostoevskij non nasconde niente dell’umano, con lui possiamo abitare tutti gli spazi della realtà in tutte le manifestazioni dell’esistente: questa è la bellezza che salva e questa è la vera cultura. Dostoevskij non avrebbe mai potuto lasciarci un’eredità così sostanziale e significativa se non fosse stato davanti al plotone di esecuzione, con gli occhi bendati a due secondi dalla fucilazione, e scampare alla morte in cambio di una pena commutata in cinque anni di lavori forzati in Siberia, se la sua vita non fosse stata intessuta da una serie di disgrazie, se non avesse provato il dolore e vissuto al limite, se non avesse sperimentato cosa si prova quando si è sull’orlo dell’abisso. Per questo leggere Dostoevskij è faticoso, nelle sue pagine si mescolano personaggi dai nomi simili che subito si confondono, si perde continuamente il filo perché la trama non è lineare, ma è la narrazione della vita stessa che è multiforme, confusa, tormentata. Dostoevskij si ama e si odia nello stesso tempo: lo ami incondizionatamente perché nei suoi libri c’è la quintessenza della dimensione umana, qualcosa di profondo, sacro, sconosciuto, lo odi perché mette in luce il lato oscuro dell’essere umano, l’odio, il sadismo, la disperazione le insondabili profondità dell’anima umana che albergano in ciascuno di noi. È il Paradiso e l’Inferno, la miseria e la resurrezione, l’altezza e la bassezza. Leggere Dostoevskij è salvifico, in qualsiasi tempo e spazio, per comprendere la condizione umana, nei suoi confronti prevale un sentimento di gratitudine e devozione. Non a caso a lui è intitolato il cratere Dostoevskij sulla superficie di Mercurio.
Mary Titton
METEO
Roma (Italia, Europa) sereno +14. Livorno (Italia, Europa) idem. Lahore (Pakistan, Asia) sereno con nuvolosità periodica +9. Kinshasa (Repubblica Democratica del Congo, Africa) lievi rovesci di pioggia +23. Nashville (Tennessee, Stati Uniti d’America) parzialmente nuvoloso +16. Pirae (Polinesia Francese, Oceania) per lo più nuvoloso +27.
La notizia del giorno.
Appello di papa Francesco contro la tratta e gli abusi sui minori.
(Incisione dalla Storia del Socialismo in Francia dopo la Rivoluzione Francese, 1883)
“Incoraggio tutti coloro che in vari modi aiutano i minori schiavizzati e abusati a liberarsi da tale oppressione. Auspico che quanti hanno responsabilità di governo combattano con decisione questa piaga, dando voce ai nostri fratelli più piccoli, umiliati nella loro dignità. Occorre fare ogni sforzo per debellare questo crimine vergognoso e intollerabile”. Lo ha detto il Papa, oggi, a conclusione dell’udienza nell’aula Paolo VI, dicendo anche che la Chiesa ricorda oggi suor Giuseppina Bakhita, “che da bambina fu vittima della tratta” e auspicando che il suo ricordo accresca nei giovani di oggi l’attenzione per i bambini e i ragazzi “più svantaggiati e in difficoltà”. Oggi ricorre, infatti, la terza Giornata mondiale contro la tratta di esseri umani dal titolo “Sono bambini non schiavi!” e il papa accende i riflettori sugli “invisibili”, i piccoli schiavi di cui si perdono le tracce anche in Italia nelle prime 24-48 ore dopo lo sbarco: intercettati dai malavitosi, vengono avviati al lavoro nero e alla prostituzione. In Africa si calcola che più di 85 milioni di bambini l’anno non vengano iscritti all’anagrafe al momento della nascita, milioni di bambini ufficialmente non esistono e rimangono quindi esposti ai rischi di essere arruolati come bambini-soldato, di diventare vittime di schiavitù, abusi sessuali, traffico di organi e lavoro minorile. Dal 2008 la Comunità di Sant’Egidio combatte questo fenomeno gravissimo con il programma “Bravo!” (Birth Registration for All Versus Oblivion) in diversi paesi africani, fra cui Burkina Faso, Mozambico e Malawi, insistendo sulla necessità dell’iscrizione all’anagrafe, in quanto “un documento d’identità protegge dall’illegalità e permette la partecipazione alla società, dando la possibilità di studiare, lavorare e viaggiare legalmente”.
METEO
Roma (Italia, Europa) parzialmente nuvoloso +12. Livorno (Italia, Europa) idem. Riyad (Arabia Saudita, Asia) sereno con nuvolosità periodica +22. Khartum (Sudan, Africa) sereno con nuvolosità periodica +33. Seattle (Stati Uniti d’America) nuvoloso +7. Wollongong (Nuovo Galles del Sud, Australia) sereno +23.
La notizia del giorno.
Al via Sanremo 2017.
Parte stasera il Festival di Sanremo, arrivato alla sessantasettesima edizione, che, come per le due precedenti, ha scelto lo slogan “Tutti cantano Sanremo”, si svolge al Teatro Ariston dal 7 all’11 febbraio ed è condotto, per la terza volta consecutiva, da Carlo Conti, che, come nelle occasioni precedenti, è anche direttore artistico, affiancato questa volta dalla conduttrice televisiva Maria De Filippi. Inoltre è previsto il collegamento con il comico Maurizio Crozza, che si esibirà nelle sue celebri “copertine”. In questa edizione della manifestazione il conduttore ha aumentato la quantità dei concorrenti della sezione Campioni da 20 a 22, affiancati da 8 artisti emergenti che gareggeranno nella sezione Nuove Proposte. Nella prima e seconda serata vengono interpretati undici brani di artisti appartenenti alla sezione Campioni con votazione della sala stampa e del pubblico tramite televoto. Le tre canzoni meno votate parteciperanno a un girone eliminatorio nel corso della terza serata, mentre le prime otto verranno direttamente ammesse alla quarta serata. Questa serata d’inizio ha visto la partecipazione come ospiti, tra gli altri, di Tiziano Ferro con il suo omaggio a Tenco nel cinquantesimo della morte, Raoul Bova e Rocío Muñoz Morales, Ricky Martin, che con Medley è riuscito a far ballare Carlo Conti, che ha ricordato brevemente il cantautore italiano Claudio Villa, venuto a mancare nel 1987, proprio durante l’ultima serata del Festival. Infine Crozza con la sua prima “copertina” sull’attualità: Virginia Raggi “sembra scema invece no, è sindaco”, Renzi “da Obama ai pandori”, il leader della Lega Salvini “pagato dall’Europa per dire che dobbiamo uscire dall’Europa”.
METEO
Roma (Italia, Europa) parzialmente nuvoloso +12. Livorno (Italia, Europa) per lo più nuvoloso +11. Teheran (Iran, Asia) sereno con nuvolosità periodica +7. Dakar (Senegal, Africa) per lo più soleggiato +31. Los Angeles (California, Stati Uniti d’America) nuvoloso +16. Canberra (Australia) nuvoloso +19.
La notizia del giorno.
Draghi difende l’euro.
Il presidente della Bce Mario Draghi, durante l’audizione trimestrale al parlamento europeo, ha affermato che “L’euro è irrevocabile, questo dice il Trattato”, aggiungendo “Grazie alla moneta unica abbiamo creato legami che sono sopravvissuti alla peggiore crisi economica del dopoguerra” e senza l’euro “il mercato unico non sopravviverebbe”. È stata una difesa a tutto campo dell’euro quella fatta da Mario Draghi rispondendo a una domanda di un esponente del M5s, che chiedeva se fosse possibile uscire dall’euro. Una risposta forte e chiara, la sua, alle forze centrifughe che rischiano di disgregare l’unione monetaria, all’annuncio di Marine Le Pen che ha affermato di voler far uscire Parigi dall’Unione Europea in caso di vittoria del Front National, facendo crollare le borse, agli attacchi dei partiti euroscettici, ma anche una presa di posizione nei confronti di Trump e delle misure protezionistiche che l’amministrazione americana intende adottare. Quanto a un’Unione a due velocità, possibilità lanciata due giorni fa al vertice di Malta dalla cancelliera tedesca Angela Merkel, ha detto “è un concetto ancora da sviluppare, una visione appena abbozzata su cui non sono in grado di esprimere alcun commento, almeno al momento”. Draghi ha anche sollecitato a “rendere l’unione monetaria più solida e prospera”, affermando che le condizioni economiche dell’Area Euro sono migliorate negli ultimi due anni e che la BCE è pronta ad agire nel caso di un peggioramento della situazione mediante il programma di acquisti di titoli (QE) in ammontare o durata. Da ultimo ha negato la tendenza a ricorrere a svalutazioni a ripetizione, dichiarando: “Non siamo dei manipolatori dei cambi”, rispondendo così alle accuse mossegli del Presidente USA Donald Trump.
METEO
Roma (Italia, Europa) sereno +15. Livorno (Italia, Europa) idem. Karachi (Pakistan, Asia) sereno con nuvolosità periodica +18. Pretoria (Sudafrica) lievi rovesci di pioggia +24. Filadelfia (Pennsylvania, Stati Uniti d’America) nuvoloso +7. Christchurch (Nuova Zelanda, Oceania) lievi rovesci di pioggia +11.
La notizia del giorno.
Francesco “segno di contraddizione”.
Sono comparsi sui muri di Roma, in varie zone della città, soprattutto in centro, al quartiere Prati, nei pressi del Vaticano, a Trastevere, decine di manifesti di contestazione al Papa e al suo operato. Una foto a tutto campo riporta l’immagine del Pontefice con un’espressione accigliata, diversa da quella sorridente che siamo abituati a vedere, sotto, su un fondo violaceo, appare la scritta con venature romanesche: “A France’, hai commissariato Congregazioni, rimosso sacerdoti, decapitato l’Ordine di Malta e i Francescani dell’Immacolata, ignorato Cardinali … ma n’do sta la tua misericordia?” Il poster è anonimo, non riporta sigle, ma, secondo l’Ansa, potrebbe essere riconducibile agli ambienti conservatori, che sempre più manifestano la loro opposizione al magistero, ai provvedimenti e alla linea pontificale di Bergoglio. Proprio in quella direzione indaga, infatti, la Digos, che sta esaminando le immagini delle telecamere di sorveglianza per risalire agli autori dei manifesti, subito coperti dalla polizia municipale con l’applicazione della scritta «Affissione abusiva». Quanto accaduto conferma che il Papa attuale non è amato da tutti: mentre la gente plaude al suo operato, che invita a riscoprire e vivere oggi il cuore del messaggio evangelico, coloro che sono abituati a pensare ed usare la Chiesa come “instrumentum regni” non possono che opporsi ai suoi richiami a una vita religiosa vissuta non in “maniera light e disincarnata”, ma come “abbassamento” e sevizio. Sì, Francesco “segno di contraddizione”, proprio come disse il vecchio Simeone di Gesù, quando fu presentato al tempio.
METEO
Roma (Italia, Europa) coperto e pioggia +14. Livorno (Italia, Europa) idem. Bagdad (Iraq, Asia) sereno con nuvolosità periodica +13. Windhoek (Namibia, Africa) per lo più nuvoloso +27. Montevideo (Uruguay, Sudamerica) parzialmente nuvoloso +23. Hagåtña Guam (Oceania) parzialmente nuvoloso +27.
La notizia del giorno.
“Er sinnaco de Roma nun se tocca”.
Grillo “blinda” la Raggi dopo la vicenda della polizza intestata alla sindaca a sua insaputa, secondo quanto da lei stessa dichiarato, da Salvatore Romeo, l’ex capo della segreteria della sindaca. Il caso della polizza era esploso nel pomeriggio di giovedì, quando la Raggi, sentita, in un interrogatorio durato otto ore, dalla procura di Roma, che la indaga per abuso e falso, aveva appreso dagli stessi magistrati che nel gennaio del 2016 il dipendente Salvatore Romeo aveva nominato lei, all’epoca solo una consigliera comunale, beneficiaria di due assicurazioni sulla vita; sei mesi dopo la neo-eletta sindaco aveva promosso Romeo a capo della sua segreteria, incarico che aveva fatto triplicare lo stipendio del funzionario, che si era dimesso dopo l’arresto di Raffale Marra. Per i pm non c’è reato, le polizze non hanno rilevanza penale, non c’è utilità corruttiva, sono polizze da investimento che non richiedono la controfirma del beneficiario e la Raggi ha dichiarato di non aver “mai sentito parlare di questa polizza”, versione confermata dallo stesso Romeo e giudicata convincente dal M5s. Prima, infatti, viene postato sul blog del leader del M5s un “sonetto”, scritto in puro dialetto romanesco per la sindaca, da un elettore romano, Antonio Ventrone, in cui il primo cittadino viene difeso dagli attacchi di coloro i cui interessi sarebbe andata a toccare, poi scende in campo Beppe Grillo in persona e in una lettera aperta alla Raggi scrive: “Cara Virginia, non deve essere facile ammettere i propri errori come tu hai avuto il coraggio di fare pubblicamente. Anche per questo hai la mia stima”, aggiungendo: “Roma ha bisogno del Movimento 5 Stelle e ha scelto te per attuare il cambiamento che abbiamo proposto. Chi sta con te, sta con il Movimento. E viceversa.” Grillo ricorda poi i traguardi raggiunti dalla nuova amministrazione capitolina: lo stop alle Olimpiadi del mattone, che avrebbero aggravato il deficit del bilancio comunale, l’approvazione del bilancio preventivo in tempi da record per Roma, l’imminente avvio del piano buche, per la prima volta con dopo appalti “seri”. Quindi almeno per il momento sembra essersi sopita la tempesta di illazioni e gossip abbattutasi sulla sindaca, che scrive sul suo profilo Fb: “… vi assicuro che tengo la barra dritta e vado avanti per Roma.”
METEO
Roma (Italia, Europa) coperto +14. Livorno (Italia, Europa) parzialmente nuvoloso +14. Malé (Maldive, Asia) sereno con nuvolosità periodica +28. Mogadiscio (Somalia, Africa) sereno +26. Salt Lake City (Utah, Stati Uniti d’America) lievi rovesci di pioggia +8. Cairns (Queensland, Australia) parzialmente nuvoloso +25.
La notizia del giorno.
Parigi: sventato attacco terroristico al Louvre.
(Credit Image: © Visual via ZUMA Press)
“Alle 9.50 di questa mattina – ha detto il procuratore Francois Molins – mentre una pattuglia di paracadutisti perlustrava il piano interrato del Louvre, in una zona prima dei controlli, all’entrata dal lato Tuileries, un uomo è entrato con due machete da 40 centimetri dietro la testa, gridando Allah Akbar e scagliandosi contro di loro.” Due dei soldati, in servizio per l’operazione Sentinella per la prevenzione di attacchi terroristici, sono rimasti feriti dall’aggressore, che è stato colpito all’addome e trasportato d’urgenza all’ospedale Georges Pompidou, dove è in prognosi riservata. Il procuratore ha, infatti, aggiunto: “L’aggressore ha colpito alla testa un primo militare, il secondo gli è andato incontro ma è caduto a terra. L’uomo ha tentato di colpirlo mentre era a terra con il machete, ma è stato respinto a calci. Il militare a terra gli ha sparato alla parte bassa dell’addome ma l’aggressore non si è fermato. Il soldato ha sparato ancora e dopo il terzo o quarto colpo è caduto.” Il procuratore ha parlato di un individuo “molto determinato”, che “indossava una t-shirt nera con il disegno di un teschio.” Immediatamente è scattato il piano di sicurezza, che ha funzionato in modo perfetto: l’area è stata chiusa e i circa mille visitatori del Louvre – che riaprirà sabato 4 febbraio – sono stati confinati nelle sale ritenute più sicure del museo, quelle senza finestre. “Siamo rimasti tranquilli – ha raccontato una signora uscendo dopo ore – polizia e militari si sono comportati in modo impeccabile, si vedeva che erano preparati a questa evenienza. E poi, all’interno, c’erano anche le macchinette per il caffè.” Le autorità hanno disposto la chiusura del museo e della fermata della linea 7 della metropolitana, sono state bloccate la rue de Rivoli e il vicino Palais Royal, turisti e passanti che si trovavano nei negozi della zona sono dovuti restare dov’erano per un paio d’ore, il tempo di “bonificare” il quartiere, essere certi che al Louvre e nei dintorni non ci fossero ordigni esplosivi. L’attentatore è Abdallah Reda Refaei Al-Hamamy, un egiziano di 29 anni, incensurato e sconosciuto ai servizi antiterrorismo francesi. Aveva ottenuto nel 2016 un visto per la Francia ed era arrivato a Parigi con un volo da Dubai, all’aeroporto di Roissy Charles de Gaulle, lo scorso 26 gennaio, con un visto da turista di un mese che aveva richiesto il 30 ottobre. Aveva anche un biglietto di ritorno per domenica 5 febbraio, probabilmente per non destare sospetti, secondo le direttive delle centrali terroristiche. Da un primo esame del cellulare trovato sull’aggressore del Louvre, risulta che, diplomato in Egitto, ha lavorato in una azienda a Dubai ed era “molto attivo sui social network”. Nei numerosi messaggi ritrovati sugli account di Abdallah, ci sarebbe l’ultimo – secondo la tv BFM – risalente a questa mattina alle 5,34: “La battaglia sarà implacabile”. Il presidente francese, Francois Hollande, dal summit informale dell’Ue a Malta, ha ringraziato i militari e, confermando quanto dichiarato in mattinata dal premier Bernard Cazeneuv, ha detto: “È stato scongiurato un atto della cui natura terroristica non ci sono dubbi. La minaccia continua e dobbiamo affrontarla, ragion per cui abbiamo mobilitato così tanti mezzi e continueremo a farlo.”
Avvenimenti e Protagonisti del passato.
Il giorno in cui morì la musica.
“Non è neanche l’una di notte quando il Beechcraft Bonanza N3794N decolla dalla pista innevata di Clear Lake alla volta di Fargo. A bordo oltre al giovane pilota Peterson, ci sono J. Big Bopper Richardson e due delle più celebri rock’n’roll star del momento: Buddy Holly e Ritchie Valens. Pochi minuti dopo il decollo comincia a soffiare un vento gelato da nord est. La neve cade fitta. È notte fonda eppure è tutto bianco. La terra sotto di loro è bianca, il cielo intorno a loro è bianco. Impossibile orientarsi a vista. A Peterson non resta che affidarsi alla strumentazione di bordo, ma è molto inesperto e, si scoprirà poi, non ha conseguito la certificazione necessaria per volare solo con gli strumenti. Le luci di coda non sono già più visibili nel bianco che circonda ogni cosa. La torre di controllo dell’aereoporto di Mason City tenta invano di mettersi in contatto con la cabina di pilotaggio del Beechcraft Bonanza. Il velivolo si inclina su un lato: troppo. Un’ala colpisce il terreno. L’aereo comincia a carambolare sul suolo ricoperto di neve fino a quando non si sfracella definitivamente. I corpi di Holly, Valens e Big Bopper schizzano fuori dall’abitacolo, quello di Peterson resta incastrato tra le lamiere. Nessuno di loro sopravvive”. Federico Platania descrive così il tragico incidente divenuto simbolo della fine di un’epoca, il giorno in cui morì la musica. Il primo evento traumatico per gli USA che lascerà una cicatrice indelebile nell’immaginario americano. Era la notte fra il 2 ed il 3 febbraio 1959, Charles Hardin Holley, ventitreenne noto al mondo come Buddy Holly, ha appena finito di suonare a Clear Lake, nello Iowa. Buddy Holly e i suoi Crickets, in soli due anni, fra il 1957 e il 1959, avevano travolto il mondo del rock’n’roll. Erano la prima band con la tradizionale formazione costituita da due chitarre, un basso e una batteria, ed erano riusciti a rompere gli schemi e gli steccati del rigido mercato americano, diventando il gruppo bianco ad apparire in un tour di formazioni e divi afroamericani. Holly oltre ad aver azzeccato una serie di hit di grande forza, era rapidamente diventato uno degli autori più richiesti dai cantanti dell’epoca. Terminata l’avventura con i Crickets, Holly aveva una band nuova di zecca con Waylon Jennings, Tommy Allsup e Carl Bunch, e con loro aveva iniziato un nuovo tour di 24 date nel Midwest, il “Winter Dance Party”, che aveva come star Ritchie Valens e Big Bopper, oltre a Dion and the Belmonts, Frankie Sardo ed altri. Il tour era stato organizzato male, con distanze eccessive fra una città e l’altra, tempi troppo stretti e un pullman malandato e privo di riscaldamento che aveva fatto ammalare alcuni viaggiatori: il batterista del gruppo di Holly, Carl Bunch, dovette ricorrere alle cure dei medici per un principio di congelamento agli arti inferiori. Holly, stanco delle difficoltà del viaggio, una volta arrivati a Clear Lake, in Iowa, decise che, per lo spostamento fino a Moorhead in Minnesota, lui e la sua band non avrebbero viaggiato con il tourbus, preferendo noleggiare un aereo dal Dwyer Flying Service, che li avrebbe portati fino a Fargo, in North Dakota. Big Bopper, anche lui malato, chiese a Waylon Jennings di lasciargli il posto sul volo, e altrettanto fece Ritchie Valens con Tommy Allsup, che però rifiutò. A causa dell’insistenza di Vales, decisero di giocarsi il posto sull’aereo lanciando una monetina; Valens vinse e salì sull’aereo. Dion DiMucci, invece, declinò l’invito di Holly, giudicando eccessiva la spesa di 36 dollari per il biglietto aereo. Il volo durò poco. Tutti morirono sul colpo. Il pilota di ventun anni Roger Peterson, Richie Vales, diciassettenne che aveva raggiunto il successo da pochi mesi grazie a “Come on let’s go” e “La bamba”, una canzone tradizionale messicana riletta in chiave chicano-rock e piazzata come lato B di un 45 giri, divenuta in poco tempo un successo planetario. Vales si era avvicinato alla chitarra da adolescente ed era stato scoperto dal produttore Bob Kane, nel ’58, al quale deve il nome d’arte. Una meteora del rock di grande importanza per essere stata una delle prime voci latinoamericane ad affermarsi sul mercato statunitense con testi cantati in lingua spagnola, aprendo così la strada a numerosi musicisti tra i quali Carlos Santana. Big Bopper, forse il meno “celebre” dei tre, era anche il più grande di età, ma si era affacciato da poco nel mondo della musica, aveva ventinove anni. Buddy Holly, che aveva ventitré anni, (si era sposato cinque mesi prima con Maria Elena Santiago, che da due mesi era incinta), era già una stella e i suoi successi: “That’ll Be The Day”, “Peggy Sue” e “Everyday” avevano scalato le classifiche e fatto impazzire i ragazzi. “Le linee melodiche e vocali, le strutture dei brani ed il suono delle chitarre faranno scuola negli anni a venire: senza quel ragazzo con gli occhiali dalla montatura nera, probabilmente, i Beatles, i Rolling Stones e di conseguenza tutti gli altri non sarebbero mai esistiti”. Nel 1971 Don McLean scrisse una bellissima canzone, “American Pie”, nella quale fa riferimento all’accaduto, definendo il 3 febbraio del 1959 come “ Il giorno in cui la musica morì”. La disgrazia, infatti, colpì fortemente l’immaginario collettivo, per le modalità ovviamente, ma molto più per il fatto che tre giovanissime star del rock, tre esponenti di una generazione che stava iniziando, pian piano, a mettersi in movimento, erano improvvisamente e tragicamente cadute. Di lì a poco, anche il rock’n’roll avrebbe trovato la sua fine con i problemi legali di Jerry Lee Lewis, per aver sposato una cugina tredicenne, nel ’59 con l’arresto di Chuck Berry per aver avuto rapporti sessuali con una minorenne e nel ’58 con la partenza per il servizio militare di Elvis. Ma i semi gettati da Buddy Holly fioriranno rapidamente, dall’altra parte dell’oceano, dove, nella grigia Liverpool, i Beatles riprenderanno la sua lezione e la trasformeranno nel beat, facendo vivere la musica di nuovo.
P.S. Donald McLean, autore della canzone “American Pie”, cui si deve la locuzione, “Il giorno in cui morì la musica”, all’epoca è un ragazzino di quattordici anni. Per guadagnare qualcosa fa il paperboy, il ragazzo che consegna i giornali. Il 4 febbraio 1959 leggendo il giornale che deve consegnare apprende la notizia chock restandone profondamente segnato insieme a milioni di altri ragazzi. La perdita dei tre giovani musicisti, emergenti promesse di una musica nuova e travolgente, stroncata sul nascere, marcava il passaggio di un’epoca. Sembrava si fosse infranto il “sogno americano”: l’innocenza, la gioia e la leggerezza degli anni ’50 sarebbero stati sostituiti, da lì a poco, a seguito di eventi chock, (l’assassinio del presidente J.F. Kennedy, del fratello Bobby, di Martin L. King, la guerra del Vietnam e così via) da una realtà, per lo più cruda, e spietata.
Mary Titton
“Non ricordo se piansi
quando lessi della sua
sposa diventata vedova,
ma qualcosa mi colpì
profondamente
il giorno in cui la musica
morì”.
(Don Mclean, “American Pie”)
METEO
Roma (Italia, Europa) coperto +15. Livorno (Italia, Europa) parzialmente nuvoloso +14. Quezon (Filippine, Asia) parzialmente nuvoloso +24. Bangui (Repubblica Centrafricana) sereno +32. Milwaukee (Wisconsin, Stati Uniti Stati Uniti d’America) nuvoloso -3. Geelong (Victoria, Australia) parzialmente nuvoloso +18.
La notizia del giorno.
Addio a Predrag Matvejevic, autore di “Breviario Mediterraneo”.
Lo scrittore e saggista Predrag Matvejevic, una delle voci più importanti dei Balcani e dell’Europa, è morto oggi, a 84 anni, nell’ospedale di Zagabria dove era ricoverato da tempo. Lo scorso anno, mentre era già gravemente malato, un comitato di giornalisti e scrittori, tra cui Claudio Magris, lo aveva proposto per il Nobel per la letteratura, che però non era arrivato. Matvejevic era nato a Mostar, una delle città più martoriate nella guerra dei Balcani, nell’allora regno di Jugoslavia e oggi repubblica indipendente di Bosnia ed Erzegovina, da padre russo di Odessa e madre croata, aveva radici multiculturali e un’apertura verso il mondo che lo distingueva da altri intellettuali omologati al sistema. Umanista colto, poliglotta, cosmopolita, è stato sempre attivo in difesa dei diritti dell’uomo, sempre a fianco dei dissidenti del blocco dell’Est, perseguitati dal potere, da Sacharov ad Havel, da Kundera a Sinjavskij. Processato e condannato lui stesso a cinque mesi di prigione, nel novembre del 2005, da un tribunale di Zagabria, perché nel 2001 aveva scritto un saggio in cui accusava alcuni scrittori di essere stati “guerrafondai” durante le guerre jugoslave, rinunciò all’appello: “Non voglio riconoscere – disse – l’autorità di chi ha emesso questa sentenza”. Docente di Letteratura francese all’Università di Zagabria e poi di Letterature comparate alla Nuova Sorbona-Parigi III, ha insegnato Slavistica alla Sapienza di Roma dal 1994 al 2007 ed è stato consulente per il Mediterraneo nel Gruppo dei saggi della Commissione europea durante la presidenza Prodi, vice presidente del PEN Club Internazionale di Londra, cofondatore e presidente del comitato scientifico della Fondazione Laboratorio Mediterraneo (oggi Fondazione Mediterraneo) di Napoli. La sua opera più famosa “Breviario Mediterraneo”, considerato dalla critica un “saggio poetico”, un “poema in prosa”, un “diario di bordo” o un “romanzo sui luoghi”, infine una “gaia scienza” secondo lo stesso autore, definito da Claudio Magris “libro geniale, fulminante, inatteso” è stato tradotto in una ventina di lingue e ricostruisce in modo narrativo la storia “geopoetica” del Mediterraneo e dei paesi che vi si affacciano. Nel 2010 Matvejevic ha scritto un altro bellissimo libro “Pane Nostro”, in cui afferma: “Gli uomini e le donne si sono sempre messi in viaggio, e lo fanno tuttora, verso quel terre in cui il pane si sforna in gran quantità. E dove, per eccedenza, viene buttato ogni giorno al calar della sera. Ancora oggi, come disse una volta Pjotr Kropotkin, ‘la questione del pane è più importante di tutte le altre’”. Matvejevic, allegro, ironico, gran parlatore, amante della buona tavola, legatissimo ai suoi studenti, è stato costretto dalla malattia a vivere gli ultimi anni della sua vita nel silenzio prima di un reparto psichiatrico di Zagabria, poi di una casa di riposo, chiuso in una piccola stanza, lui che poteva essere considerato cittadino del mondo, continuamente in viaggio, “tra asilo ed esilio”, tra Parigi, Roma, Venezia, Trieste.
Avvenimenti e Protagonisti del passato.
Joyce e il suo “Ulisse”, uomo qualunque che vive una giornata qualunque.
(James Joyce – Photo by C. Ruf, Zurich, ca. 1918)
L’“Ulisse”, pubblicato in volume a Parigi il 2 febbraio 1922, lo stesso giorno e mese in cui nacque a Dublino nel 1882 James Joyce, è un romanzo, che ha segnato una tappa fondamentale nella storia della narrativa contemporanea per le tecniche rivoluzionarie, per la mescolanza degli stili e per la sua stessa struttura volutamente “aperta”, multiprospettica, capace di mostrare gli aspetti contraddittori, indefiniti, della natura e dell’esperienza umana, sollecitando molteplici interpretazioni. È il cosiddetto “stream of consciousness novel”, il romanzo del flusso di coscienza, procedimento analogico e surreale, di cui Joyce, sotto l’influenza della scoperte freudiane, si avvalse per tradurre immediatamente le sensazioni più profonde dell’io, come affiorano dall’inconscio, senza sovrapporvi alcun ordine razionale e consequenziale, neppure quello della punteggiatura. Il protagonista, Leopold Bloom, è un agente pubblicitario, di origini ebraiche, un piccolo borghese di mezza età e di media cultura, sposato con Molly, una cantante lirica in declino, sensuale e infedele, che lo tradisce ed è a sua volta tradita. Un elemento essenziale dell’opera è il confronto tra mito e realtà, che emerge già nel titolo, Ulisse, il nome dell’eroe omerico, le cui gesta vengono rivissute da Bloom come “eroe”, ma come eroe moderno e quindi, come scrive Luperini, “inevitabilmente degradato, inetto, grottesco, mediocre”, espressione dell’alienazione, della frustrazione, del senso di precarietà dell’esistenza umana, e in particolare dell’uomo comune che vive nell’inferno della prigione sociale. Ogni episodio della giornata del moderno Ulisse trova un corrispettivo tematico-simbolico nell’Odissea, ma sempre in chiave parodica: anche Leopold – Ulisse, come l’eroe greco antico, compie un viaggio, ma di una sola giornata e tutto all’interno del proprio inconscio, dove il presente si mescola con il suo passato individuale e con quello dell’umanità intera. Il personaggio di Joyce mostra di avere pochi elementi comuni anche con l’Ulisse dantesco del canto XXVI dell’Inferno, mosso dal desiderio insaziabile di “seguir virtute e canoscenza” fino a violare i limiti posti all’uomo da Dio e a compiere “il folle volo”. Bloom è solo un uomo qualunque che vive una giornata qualunque (16 giugno 1904) in una Dublino, piena d’immondizie, con i pub, le insegne, i negozi tipici della civiltà moderna, una città della quale Joyce riesce a dare una precisa descrizione toponomastica e topografica, soffermandosi soprattutto sullo squallore e sulla monotonia della vita dublinese. Nella Dublino, segnata dalla paralisi morale dovuta ai vincoli religiosi e culturali a cui l’Irlanda, secondo lo scrittore, era soggetta, e in cui Bloom si muove per un’intera giornata, dall’alba fino a notte inoltrata, molti sono i fattori che convivono e si scontrano: Omero e gli eventi quotidiani, l’Irlanda e la liturgia cattolica, le memorie della Scolastica e l’antropologia, i processi fisiologici e i riti sociali. Bloom, a cui è morto un figlio bambino, è anche inconsciamente alla ricerca di un nuovo figlio, rappresentato da Stephen Dedalus, giovane intellettuale idealista e ribelle, inconsciamente alla ricerca della figura paterna, così come il Telemaco di Omero. Il destino di questi personaggi s’incrocerà durante la giornata: Leopold e Stephen s’incontrano in diversi luoghi della città, finché a sera Leopold salva il giovane ubriaco e aggredito da due soldati inglesi e lo conduce a casa sua, dove parlano fino a tarda notte, mentre Molly, già a letto, si abbandona a fantasie, ricordi, immagini in un “flusso di coscienza”, che chiude il romanzo. “Tutti gli uomini dovrebbero unirsi a lodare Ulisse. Coloro che non lo faranno, potranno accontentarsi di un posto negli ordini intellettuali inferiori. Non dico che tutti dovrebbero lodarlo da un medesimo punto di vista; ma tutti gli uomini di lettere seri, sia che scrivano una critica o no, dovranno certamente assumere per proprio conto una posizione critica di fronte a quest’opera.” (Ezra Pound)
METEO
Roma (Italia, Europa) parzialmente nuvoloso +16. Livorno (Italia, Europa) idem. Calcutta (Bengala Occidentale, India, Asia) foschia +24. Monrovia (Liberia, Africa) per lo più nuvoloso +30. San Antonio (Texas, Stati Uniti d’America) nuvoloso +9. Port Moresby (Papua, Nuova Guinea, Oceania) nuvoloso +25.
La notizia del giorno.
Risposta del ministro dell’Economia alla lettera della UE che chiede una manovra da 3,4 miliardi.
La lettera di risposta di Roma a Bruxelles è stata inviata, in essa il ministro Padoan spiega la posizione italiana in merito ai rilievi sulla manovra fatti da Bruxelles: “Il governo italiano – si legge – intende continuare nel quadro di un consolidamento favorevole alla crescita e delle riforme strutturali in quanto un eccessivamente accelerato ritmo di aggiustamento colpirebbe l’economia in un momento di accresciuta incertezza economica e geopolitica, correndo il rischio di un consolidamento autolesionista.” Il ministro indica pure le iniziative di politica economica capaci di colmare questa eventuale differenza: contrasto all’evasione fiscale, consolidamento dei conti, privatizzazioni e riforme strutturali. Nel documento allegato alla lettera il Ministero fa riferimento anche alla nuova ondata protezionista e all’incertezza economica e geopolitica legata alla politica degli USA e alla Brexit inglese. Quindi per scongiurare una procedura per deficit eccessivo che farebbe aumentare gli interessi sul debito pubblico, il ministro del Tesoro propone a Bruxelles una ricetta di consolidamento, privatizzazioni, riforme strutturali e tagli alla spesa. E, sebbene il governo stia “pianificando di adottare le misure necessarie”, indicazioni puntuali all’interno di una “strategia più complessiva” sono rimandate al prossimo Documento di economia e Finanza del prossimo aprile. Intanto il Ministro confida nel fatto che Bruxelles possa tener conto di tutte le “emergenze” italiane, soprattutto in un momento così delicato per gli equilibri di un governo che punta a portare avanti delle politiche fiscali fra il 2017 e il 2019 “pienamente rispettose del Patto di stabilità e crescita”. Vedremo se per Bruxelles sarà sufficiente.
Avvenimenti e Protagonisti del passato.
Un lavoro divertente? Sì, grazie.
Domenico De Masi è tra i più importanti sociologi italiani. Nato il 1 febbraio del ’38 a Rotello, in provincia di Campobasso, sviluppa, mentre studia Giurisprudenza a Perugia, la passione per la sociologia. Dopo essersi laureato in Storia del Diritto, si specializza in Sociologia del Lavoro. In seguito sarà professore ordinario di Sociologia del Lavoro presso l’Università “la Sapienza” di Roma, dove è stato anche preside della facoltà di Scienze della comunicazione. Fonderà la S3-Studium, società di consulenza organizzativa, di cui è direttore scientifico. Ha fondato e presieduto la Sit, Società italiana telelavoro. È stato presidente dell’In/Arch, Istituto italiano di architettura e dell’Aif, Associazione italiana formatori. Ha pubblicato più di trenta libri, saggi di sociologia urbana, dello sviluppo, del lavoro, dell’organizzazione, dei macro-sistemi. Dirige “Next. Strumenti per l’innovazione” ed è membro del Comitato scientifico della rivista “Sociologia del lavoro”, oltre ad essersi occupato di molte altre attività ed aver assunto diversi impegni civili. Ha inoltre annoverato numerosi riconoscimenti come per esempio quello dell’Ordine al merito della Repubblica divenendo Ufficiale della Repubblica, del premio Leonardo ecc. De Masi è un intellettuale molto attivo e vuole verificare sul campo la sua indagine sociologica. All’inizio del suo percorso lavorativo, gli viene affidata una ricerca sociologica da parte dell’Italsider relativa allo stabilimento di Bagnoli, con riferimento al ruolo dei sindacati e al ruolo dei gruppi informali. Nell’ambito di questa ricerca, Domenico De Masi si occuperà di condividere il lavoro degli operai addetti ai laminatori, all’acciaieria e all’altoforno per un paio d’anni, in qualità di partecipante osservatore e di addetto alle relazioni con il personale. La sua attività è particolarmente intensa e prolifica. Mentre svolge l’attività di ricercatore all’Italdiser, diventa assistente di sociologia all’Università Federico II di Napoli, mantenendo il doppio binario manageriale e accademico per diversi anni. In seguito ricoprirà il ruolo di responsabile della formazione e della selezione, gestendo l’avvio dei due stabilimenti e ottenendo un premio per la migliore operazione organizzativa per la particolare attenzione prestata all’aspetto estetico dei luoghi di lavoro e al ricorso ai test sociometrici per la selezione dei capisquadra. Nel ’66 De Masi si trasferisce a Roma, dove diventa consulente di Sociologia del lavoro e docente per l’Ifap, occupandosi dello studio delle funzioni direttive aziendali. Prende inoltre parte alla formazione di aziende come la Sip, la Pirelli e la Fiat. Nel ’68 viene nominato professore di Sociologia del lavoro per la Facoltà di Scienze Politiche dell’Università di Sassari. All’inizio degli anni settanta insegna Sociologia per la Facoltà di Scienze Politiche dell’Istituto Orientale di Napoli. La sua attività prosegue con altri nuovi incarichi e la pubblicazione di numerosi libri: nel ’74 “I lavoratori nell’industria italiana”, nel ’77 “Dentro l’università. Studenti, classi, corporazioni”. Scriverà inoltre “La Società”, “Il lavoratore post-industriale” e “Trattato di sociologia del lavoro e dell’organizzazione”. Diviene, per due anni, assessore alla Cultura e al turismo per il Comune di Ravello e scrive “Sviluppo senza lavoro” cui segue nel 1999 “Futuro del lavoro”. A metà degli anni novanta elabora la teoria dell’ozio creativo che introduce un nuovo modo di concepire il lavoro nella società post-industriale. Negli anni 2000 prosegue la sua produzione saggistica con l’uscita, nel 2003, de “La fantasia e la concretezza” e due anni dopo ripubblica “L’emozione e la regola”. I gruppi creativi in Europa dal 1850 al 1950”. Diventa presidente della Fondazione Ravello fino al 2010 contribuendo a rilanciare con forza il Ravello Festival e sempre a Ravello fonda la Scuola Internazionale di Management Culturale, dedicata all’insegnamento rivolto ai neo-laureati delle professionalità necessarie per l’organizzazione di eventi. De Masi ha contribuito a elaborare e diffondere il paradigma post-industriale, basato sull’idea che, a partire dalla metà del ‘900, l’azione congiunta del progreso tecnologico, dello sviluppo organizzativo, della globalizzazione, dei mass media e della scolarizzazione di massa abbia prodotto un tipo nuovo di società centrata sulla produzione di informazioni, servizi, simboli, valori, estetica. Tutto ciò ha determinato nuovi assetti economici, nuove forme di lavoro e di tempo libero, nuovi valori, nuovi soggetti sociali e nuove forme di convivenza. La sociologia di De Masi analizza soprattutto i gruppi creativi, la creatività come sintesi di fantasia e concretezza, l’“ozio-creativo” come sintesi di lavoro, studio e gioco. Il termine “ozio”, così come già lo intendeva Cicerone, non deve far pensare a una situazione di passività, bensì al tempo libero dagli impegni nel quale sia possibile aprirsi alla dimensione creativa. Nella società attuale la maggior parte dei lavori ripetitivi e noiosi è stata delegata alle macchine; all’uomo è rimasto il monopolio sulla creatività. L’ozio creativo è una sintesi “hegheliana” tra il piacere e il dovere. Imparando l’arte dell’ozio creativo riusciamo a mescolare il piacere del gioco con il dovere dello studio e del lavoro, fino a fonderli annullando così la componente faticosa del lavoro e recuperando la dimensione creativa derivante dal piacere del gioco. Il sociologo così ci spiega: “per ozio creativo non si intende parlare di pigrizia o disimpegno ma di quello stato di grazia, comune a molte attività intellettuali, che si determina quando le dimensioni fondamentali della nostra vita attiva, lavoro per produrre ricchezza, studio per produrre conoscenza, gioco per produrre benessere, si ibridano e confondono consentendo l’atto e il prodotto creativo”. Come contraddirlo? Il suo curriculum, il suo impegno lavorativo dimostrano come sia possibile, attraverso un modello sociale più equo, come quello da lui proposto, garantire la produttività e una qualità della vita migliore per tutti. E Stakanov, un pessimo maestro? “Non a caso era un eroe di Stalin, cioè del maggior nemico non solo dell’ozio, ma di tutta l’umanità”, è la risposta risoluta di Domenico De Masi alla domanda del giornalista.
Mary Titton
METEO
Roma (Italia, Europa) parzialmente nuvoloso +13. Livorno (Italia, Europa) idem. Chengdu (Sichuan, Cina, Asia) parzialmente nuvoloso +8. Bujumbura (Burundi, Africa) per lo più nuvoloso +28. Medellín (Dipartimento di Antioquia, Colombia, Sudamerica) nuvoloso +19. Palikir (Pohnpei, Stati Federati di Micronesia, Oceania) pioggia +27.
Auguri Riccardo!
La notizia del giorno.
Strage Viareggio: Elia e Moretti condannati a 7 anni.
Dopo sette anni e sette mesi e 140 udienze da quel 29 giugno 2009, è arrivata oggi la sentenza del processo di primo grado per la strage ferroviaria di Viareggio che costò la vita a 32 persone, tra cui alcuni bambini. Quella sera un treno merci carico di gpl esplose nella stazione della città versiliese, causando la morte di 11 persone e quella successiva di altre 21, per ustioni. Sul banco degli imputati 33 persone e 9 società con l’accusa per tutti a vario titolo di disastro ferroviario, incendio colposo, omicidio colposo plurimo, lesioni personali. Il Tribunale di Lucca, presieduto da Gerardo Boragine, ha condannato l’ex amministratore di Ferrovie, Mauro Moretti, a 7 anni di reclusione, Michele Mario Elia, ex amministratore delegato di Rfi, a 7 anni e 6 mesi di reclusione, ha assolto invece 8 dei 33 imputati per non aver commesso il fatto. La Procura di Lucca aveva chiesto 16 anni per Moretti e 15 anni per Elia. Tra le società imputate sono state assolte Ferrovie dello Stato e Fs Logistica, mentre vengono condannate Rfi e Trenitalia. Subito dopo la lettura della sentenza, il processo si è chiuso con un breve applauso da parte dei parenti delle vittime presenti in aula. Al polo fieristico di Lucca, dove è stata allestita l’aula del tribunale, i familiari delle vittime hanno voluto ricordare così in aula i morti della strage ferroviaria: le prime trentadue sedie della zona riservata al pubblico sono state simbolicamente occupate da altrettante magliette bianche, su ognuna delle quali è stata stampata la foto con il volto di ciascuna vittima. Oltre ai familiari sono presenti sindaci e rappresentanti delle istituzioni (Regione Toscana, Provincia di Lucca e sindaci di Lucca e Viareggio) e numerosi cittadini di Viareggio arrivati a Lucca con pullman e mezzi propri. Su un grande striscione hanno scritto: “Viareggio 29-6-2009, niente sarà più come prima”, sì, niente sarà più come prima per quelle persone che hanno perso i loro cari, niente potrà ridarglieli, nel loro nome non si stancano di chiedere, come hanno scritto su un altro striscione, “Verità e giustizia”.
Avvenimenti e Protagonisti del passato.
Il poeta -ingegnere, cantore delle sue “valli dove i fiumi scorrono lenti come fiumi di polvere”.
(Leonardo Sinisgalli e l’artista Giulio Turcato)
Leonardo Sinisgalli, definito per la sua versatilità “un Leonardo del Novecento” in quanto è stato poeta, narratore, pubblicista, art director, direttore di riviste, documentarista, autore radiofonico, disegnatore, muore a Roma il 31 gennaio 1981, dopo una vita all’insegna di una intensa attività, espressione della sua duplice esperienza in campo scientifico e letterario. La sua avventura umana e poetica comincia da Montemurro, un piccolo paesino non lontano dalla diga del Pertusillo, in quella che egli definirà “la dolce provincia dell’Agri”, dove nacque nella piazza ora a lui dedicata e frequentò la bottega di don Vito Santoro, che gli fece da maestro e consigliò alla madre di fargli continuare gli studi, nonostante la sua aspirazione fosse quella di fare il garzone presso la bottega del fabbro, mastro Tittillo. Così, nel 1918, Leonardo parte per Caserta, alla volta del Collegio Salesiano “con le tasche piene di confetti”, ma con il cuore a pezzi per la traumatica separazione familiare. Poi, dopo aver continuato gli studi prima a Caserta, poi a Napoli, a Roma si laureò in Ingegneria Elettronica e Industriale. Invitato da Enrico Fermi, nel 1929, ad entrare nell’Istituto di Fisica di via Panisperna, preferisce rinunciare allo studio dei “neutroni lenti e della radioattività artificiale” per seguire “pittori e poeti”, ma non senza incertezze e dubbi: confesserà che non riusciva a vederci chiaro nella sua vocazione, e che gli sembrava di avere “due teste, due cervelli, come certi granchi che si nascondono sotto le pietre …” Un grande fervore creativo caratterizza il suo impegno lavorativo alla Olivetti, dove le sue vetrine e i manifesti pubblicitari assurgono quasi a prodromi delle tecniche proprie della pop-art, come pure alla Pirelli, dove come art-director organizza campagne pubblicitarie di successo, e a Finmeccanica, per cui fonda la rivista delle due culture “Civiltà delle macchine”. L’instancabile attività scientifica e pubblicitaria non offusca però il suo grande amore per la poesia, a cui si era avvicinato attraverso l’amicizia con Ungaretti e lo sperimentalismo delle Avanguardie, di cui sono frutto le prime raccolte poetiche improntate alle forme della poesia ermetica: “Cuore”, “18 Poesie”, a cui fanno seguito “Poesie”, “Campi Elisi”, “Vidi le muse, “T nuovi campi elisi” fino a “L’’età della luna”. Tutta la sua produzione letteraria trova la sua matrice più profonda nel mondo degli affetti familiari, nelle immagini del suo paese natale, nei ricordi dell’infanzia, trasfigurati in una atmosfera favolosa e fantastica. Indimenticabili restano la figura del padre “L’uomo che torna solo/a tarda sera dalla vigna …”, quella della madre (“Mia madre aveva un modo strano di carezzarmi la faccia, mi premeva il palmo contro il muso, quasi mi schiacciava le labbra, mi tirava indietro di colpo per baciarmi sulla nuca”), soprattutto i luoghi dell’infanzia, “la terra rossa” per il riverbero del sole al tramonto, “la vigna vecchia”, dove “i fanciulli strappano le noci dai rami, le schiacciano tra due pietre.” Sì, Sinisgalli, nelle prime come nelle ultime poesie, pervase da una nuova irrequietezza esistenziale che si esprime in toni di sommessa elegia o nelle forme dell’epigramma e dell’aforismo, si qualifica come cantore della sua terra, una terra cruda e ancestrale, quella che si profila nei versi di “Lucania”:
Al pellegrino che s’affaccia ai suoi valichi,
a chi scende per la stretta degli Alburni
o fa il cammino delle pecore lungo le coste della Serra,
al nibbio che rompe il filo dell’orizzonte
con un rettile negli artigli, all’emigrante, al soldato,
a chi torna dai santuari o dall’ esilio, a chi dorme
negli ovili, al pastore, al mezzadro, al mercante
la Lucania apre le sue lande,
le sue valli dove i fiumi scorrono lenti
come fiumi di polvere.
———–
Terra di mamme grasse, di padri scuri
e lustri come scheletri, piena di galli
e di cani, di boschi e di calcare, terra
magra dove il grano cresce a stento
(carosella, granturco, granofino)
e il vino non è squillante
(menta dell’Agri, basilico del Basento)
e l’uliva ha il gusto dell’oblio,
il sapore del pianto. In un’aria vulcanica, fortemente accensibile,
gli alberi respirano con un palpito inconsueto;
le querce ingrossano i ceppi con la sostanza del cielo.
Cumuli di macerie restano intatte per secoli:
nessuno rivolta una pietra per non inorridire.
Sotto ogni pietra, dico, ha l’inferno il suo ombelico.
Solo un ragazzo può sporgersi agli orli
dell’abisso per cogliere il nettare
tra i cespi brulicanti di zanzare e di tarantole.
Io tornerò vivo sotto le tue piogge rosse.
tornerò senza colpe a battere il tamburo,
a legare il mulo alla porta,
a raccogliere lumache negli orti.
Udrò fumare le stoppie, le sterpaie,
le fosse, udrò il merlo cantare
sotto i letti, udrò la gatta
cantare sui sepolcri?
METEO
Roma (Italia, Europa) parzialmente nuvoloso +14. Livorno (Italia, Europa) idem. Giacarta (Indonesia, Asia) nebbia +25. Nairobi (Kenya, Africa) parzialmente nuvoloso +22. Whashington (Columbia, Stati Uniti d’America) nuvoloso +7. Brisbane (Queensland, Australia) sereno +25.
La notizia del giorno.
Sparatoria nella moschea di Quebec City: 6 morti e 8 feriti.
Nella tarda serata di ieri una sparatoria ha seminato terrore e morte nella Grande moschea di Quebec City in Canada, mentre una quarantina di persone erano riunite per la preghiera. Il bilancio è di 6 morti e 8 feriti, di cui 5 in modo grave; tra le vittime, uomini tra i 35 e i 70 anni, ci sarebbero due algerini, un marocchino, un tunisino, due di un altro Paese africano e anche l’imam. Il presunto attentatore è uno studente franco-canadese di 27 anni, di nome Alexandre Bissonnette, che si è costituito spontaneamente con una telefonata alla polizia, dicendosi nella chiamata pentito di quanto compiuto, prima dell’arresto sul ponte dell’Ile d’Orleans, a una ventina di chilometri. Secondo il sito canadese Lapresse, nella sua pagina facebook, oscurata dalle autorità, Bissonnette, studente di antropologia dell’università Laval, la più antica in lingua francese del Nord America, con sede vicino alla moschea, simpatizzava per la leader dell’estrema destra francese (Front National) Marine Le Pen, per l’ex presidente Usa repubblicano George W. Bush e per il presidente Donald Trump, come emerge da alcuni “like” lì postati. Lo rivela via Twitter l’analista Rita Katz, direttrice di SITE, sito di intelligence specializzato sulle attività dei jihadisti, che definisce “improbabili” i legami con la Jihad”, mentre, invece, prende piede il movente della xenofobia. È solo un testimone, invece, Mohamed Khadir, di origine marocchina, probabilmente uno dei fedeli presenti nella moschea al momento dell’attacco, fermato in un primo momento e poi rilasciato. Le indagini non sono però terminate e l’operazione di polizia è ancora in corso: le strade intorno al luogo dell’attentato restano presidiate e ci sono perquisizioni, una delle quali avrebbe riguardato alcuni locali dell’università Laval. Secondo le testimonianze, gli attentatori hanno utilizzato pistole e fucili d’assalto e, come riferisce la tv canadese Cbc, un testimone dice che un killer urlava “Allah Akbar” mentre sparava. Già lo scorso giugno, durante il ramadan, il mese sacro ai musulmani, era stata lasciata una testa di maiale davanti all’entrata della moschea insieme a un biglietto che diceva “Buon appetito”. Il presidente degli Usa, nelle ore successive all’accaduto, ha telefonato al premier canadese Justin Trudeau esprimendo vicinanza e offrendo assistenza, successivamente la Casa Bianca ha condannato ufficialmente l’atto terroristico. Papa Francesco ha espresso le sue condoglianze al cardinale Gerald Cyprien LaCroix, arcivescovo del Quebec, che si trova in visita a Roma. Il primo ministro canadese Justin Trudeau ha definito l’attentato “un attacco terroristico contro i musulmani”, sottolineando che è “straziante vedere una simile violenza insensata”.
METEO
Roma (Italia, Europa) parzialmente nuvoloso +12. Livorno (Italia, Europa) idem. Shanghai (Cina, Asia) sereno con nuvolosità periodica +51. Luanda (Angola, Africa) per lo più soleggiato +30. Québec (Canada) nuvoloso -12. Melbourne (Victoria, Australia) parzialmente nuvoloso +16.
La notizia del giorno.
Francia: alle primarie di sinistra vince Hamon.
Benoît Hamon, 49 anni, ex ministro dell’Istruzione, rappresentante dell’ala più radicale del Partito socialista (Ps), ha battuto oggi nelle primarie per la candidatura all’Eliseo l’ex premier Manuel Valls, 54 anni, rappresentante della compagine “riformista” e moderata dei socialisti, arrivati a questo confronto interno in un quadro di forti divisioni e generale debolezza. Hamon, che ha ottenuto il 58,65%, contro il 41,35% di Valls in un voto che ha visto un’affluenza nettamente superiore a quella del primo turno, con un 22,8% in più di votanti, dopo la vittoria ha detto: “Questa sera la sinistra alza la testa e guarda al futuro, il nostro Paese ha bisogno di una sinistra moderna e innovatrice, bisogna scrivere una nuova pagina della nostra storia. Non mi rassegno alla fatalità, il reddito universale permetterà di scegliere il lavoro invece di subirlo.” Questo il suo programma definito da Valls “utopico”: orario di lavoro a 32 ore settimanali, reddito universale per tutti i cittadini pagato dallo Stato, nuova tassa sui robot per le imprese. Il candidato prescelto, su cui nessuno o quasi avrebbe scommesso fino a qualche settimana fa, è il simbolo di una svolta verso la base più radicale della sinistra. “Dobbiamo immaginare risposte nuove, riflettere sul mondo per com’è e non per com’era” ha aggiunto Hamon nel discorso dopo la vittoria, con la mano sul cuore, il gesto tipico della sua campagna elettorale insieme allo slogan “Far battere il cuore della Francia”. Il candidato del Ps deve affrontare una forte concorrenza sull’estrema sinistra: sia il gauchiste Jean-Luc Mélenchon che il verde Yannick Jadot. È a questi concorrenti diretti che ha lanciato un primo appello per aprire un “dialogo”, con la speranza che almeno uno dei due faccia marcia indietro. I sondaggi prevedono, infatti finora, l’eliminazione sicura di Hamon al primo turno delle presidenziali del 23 aprile.
Avvenimenti e Protagonisti del passato.
130 anni fa la nascita della prima automobile.
(Karl Benz in una foto dell’epoca)
Il 29 gennaio 1886 la prima auto con motore a scoppio, destinata a cambiare in modo incisivo gli spostamenti e la vita degli uomini sulla terra, vede la luce in seguito al brevetto “DRP 37435”, che l’ingegnere tedesco Karl Benz presentò alla sede di Berlino dell’Ufficio Brevetti dell’allora Impero germanico. Si trattò della registrazione della “Patent Motorwagen” che, oggi, viene riconosciuta in tutto il mondo come la prima autentica automobile costruita nella storia della mobilità. A progettare e realizzare questo “triciclo” denominato Velociped, capace di spostarsi su strada sfruttando la potenza di un “quattro tempi” a combustione interna alimentato a benzina, fu nel 1885 il 42enne ingegnere meccanico Karl Benz, che legò così il suo nome alla prima auto nella storia dei trasporti. La nascita della Velociped di Benz, che oggi fa parte, con la Bibbia di Gutenberg, la Magna Charta e la Messa in Si Minore di Johann Sebastian Bach, del patrimonio documentario mondiale Unesco, è legata ad una serie di eventi egualmente creativi e determinanti per il progresso della tecnologia. Nel 1853 due italiani, padre Eugenio Barsanti e l’ingegner Felice Matteucci, depositano una memoria all’Accademia dei Georgofili di Firenze descrivendo il primo motore a scoppio della storia, che viene brevettato nel 1857 in Inghilterra con il numero 1625. Dagli sviluppi della scoperta di Barsanti e Matteucci, che per primi sfruttano uno scoppio di miscela gassosa per produrre movimento meccanico, e da un progetto del francese Alphonse Beau de Rochas, datato 1861, nasce nel 1876 il primo motore a quattro tempi di Nikolaus August Otto, a cui segue nel 1882 il propulsore dell’italiano Enrico Bernardi che lo brevetta con il numero 14460 e inizia le sperimentazioni quasi in contemporanea con Benz. Nel 1883 è proprio l’ingegnere tedesco, che sviluppò in termini pratici e ulteriormente affinati, l’invenzione degli italiani Barsanti e Matteucci sul motore a gas, a fondare la Benz & Cie Rheinische Gasmotorenfabrik, l’azienda meccanica che tre anni più tardi realizzerà la Velociped e, attraverso diversi passaggi societari, nel 1926 darà origine alla Mercedes-Benz. Mai, prima di allora, su un veicolo erano stati impiegati congiuntamente un motore a scoppio, un carburatore, un’accensione elettrica, un sistema di raffreddamento ad acqua, un sistema di sterzatura (rudimentale, in quanto azionato da una leva) e un telaio tubolare. La modernità della “Patent Motorwagen” sta anche nelle modalità con le quali la prima automobile della storia venne presentata. In linea generale non ci sono grandi differenze rispetto alle première attuali: anche la vettura di Karl Benz, come avviene ancora adesso per le novità esposte nelle più importanti rassegne dell’automobile, fu illustrata al pubblico, il 3 luglio 1886, con una dimostrazione pratica che avvenne a Mannheim, allora sede dell’azienda di Karl Benz, lungo la Ringstrasse. Una fra le curiosità da ricordare di quel lontano evento: la “Patent Motorwagen” non disponeva di un vero e proprio serbatoio per il carburante (ligroina, o etere di petrolio, un combustibile equiparabile a una sorta di “benzina leggera”, che a quei tempi era reperibile esclusivamente in farmacia); il ruolo di “distributore umano” fu in quella occasione affidato a uno dei figli dello stesso Karl Benz, Eugen, che seguì a piedi la vettura per rifornirne il carburatore lungo il tragitto dimostrativo. La grande popolarità per la nuova vettura arrivò, però, due anni dopo. Inizialmente, per Benz si trattava solo di una semplice soddisfazione personale, quella di rendere la bicicletta semovente e non pensò ad un possibile vantaggio commerciale. Sua moglie Bertha fu invece molto più lungimirante e, convinta del potenziale dell’invenzione e volendo dimostrare la praticità di quest’ultima, rubò di nascosto uno dei tre prototipi e con due dei suoi figli, Eugen e David, senza che il marito ne fosse a conoscenza, il 5 agosto 1888 intraprese un lungo e memorabile viaggio: guidò da Mannheim a Pforzheim per 104 chilometri per andare a trovare la madre. Durante il viaggio, però, ebbe bisogno di fare rifornimento, così, visto che la vettura utilizzava come carburante il Ligroin (un solvente reperibile solo in farmacia), si fermò a comprarlo presso la farmacia della città di Wiesloch che finì per diventare la prima stazione di servizio della storia. L’exploit di Bertha Benz diede una certa popolarità all’invenzione del marito, che iniziò a prenderne in considerazione la produzione in serie e la vendita. Le impressioni di guida della signora Benz servirono anche a migliorare la vettura: insoddisfatta di come affrontava le salite, chiese al marito, infatti, di aggiungere un cambio di velocità. Nell’estate del 1888, Benz vendette la sua prima auto ad un cliente francese, un costruttore di biciclette di Parigi. La “Patent Motorwagen” venne costruita fino al 1894 per essere poi sostituita dalla “Benz Velo.” Anche se sembravano profilarsi buone prospettive per il motore a benzina, questo sistema pareva tardare ad imporsi sugli altri, solo con il Novecento si ebbe l’affermazione definitiva del modello a benzina. Si avverava così quanto detto con spirito profetico da Ruggero Bacone, grande filosofo e scienziato inglese del 1200: “Verrà un giorno in cui si costruiranno dei carri capaci di muoversi senza l’ausilio del cavallo o di qualunque altro animale.”
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La notizia del giorno.
Trump blocca per 4 mesi il Programma rifugiati varato da Barack Obama.
Il presidente Usa ha firmato, al dipartimento della Difesa, dove si è svolta la cerimonia formale del giuramento del nuovo capo del Pentagono, James Mattis, due decreti esecutivi per “tenere fuori dall’America i terroristi” e per far crescere la potenza militare degli Stati Uniti. Nell’annunciare l’ordine esecutivo denominato “Protezione della nazione dall’ingresso di terroristi stranieri negli Stati Uniti” Trump ha detto: “Non vogliamo terroristi nel nostro Paese, non dimenticheremo la lezione dell’11 settembre, non solo a parole ma anche con azioni.” Il decreto contiene le seguenti misure restrittive: stop per tre mesi a ingressi da sette paesi musulmani: Siria, Libia, Iran, Iraq, Somalia, Sudan, Yemen; sospensione per 120 giorni del programma di ammissione dei rifugiati e sine die di quelli siriani, prevedendo, dopo i 120 giorni, di dare priorità a quelli appartenenti a minoranze perseguitate per motivi religiosi; cancellazione con effetto immediato del programma “Visa interview waiver”, che consentiva, ai cittadini stranieri titolati, di chiedere il rinnovo del visto senza affrontare il colloquio personale con le autorità diplomatiche Usa; riduzione a 50mila di coloro che potranno entrare negli Usa nel 2017. Le nuove misure restrittive hanno avuto effetto immediato: al Cairo a una famiglia di iracheni, marito, moglie e due figli, già in possesso del visto, è stato impedito di salire a bordo di un volo EgyptAir per New York, situazioni analoghe si sono verificate ai banchi delle compagnie internazionali a Teheran, dove la carta d’imbarco non viene rilasciata ai cittadini iraniani da compagnie come Etihad Airways, Emirates e Turkish Airlines. Contro il decreto di Trump avvocati e gruppi per la difesa dei diritti umani stanno attivando azioni legali in seguito a quanto accaduto a due cittadini iracheni fermati all’aeroporto J.F. Kennedy di New York: secondo quanto riportato dal New York Times, uno dei due iracheni fermati lavorava da dieci anni per il governo statunitense, mentre il secondo intendeva raggiungere la moglie, impiegata in un’azienda statunitense. Le organizzazioni per la difesa dei diritti umani hanno inoltre chiesto che la loro causa venga classificata come class action, in modo da poter rappresentare tutti i rifugiati fermati dopo la firma dell’ordine esecutivo. Altre reazioni: secondo il giornale britannico The Independent, il regista iraniano Asghar Farhadi, candidato all’Oscar con il film ‘The Salesman’ (Il cliente) non sarà presente alla cerimonia degli Academy Awards 2017, in programma il 26 febbraio, come riportato in un messaggio su Twitter del presidente del National Iranian American Council, Trita Parsi.
METEO
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La notizia del giorno.
Perché non accada mai più!
Oggi, 27 gennaio, si celebra il Giorno della Memoria per commemorare le vittime dell’Olocausto. Tale data è stata designata dalla risoluzione 60/7 dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite del 1º novembre 2005 perché in quel giorno del 1945 le truppe dell’Armata Rossa, impegnate nell’offensiva Vistola-Oder in direzione della Germania, liberarono il campo di concentramento di Auschwitz. Anche quest’anno tante sono state le celebrazioni: il capo dello Stato, intervenuto al Quirinale per ricordare le vittime dello sterminio nazista, commemorando “i 650.000 militari italiani deportati nei campi tedeschi, perché dopo l’8 settembre si rifiutarono di servire Hitler” ha anche detto: “Rammentare e onorare – com’è bene fare – i tanti giusti, le tanti azioni eroiche non cancella, tuttavia, le colpe di chi, anche in Italia, si fece complice dei carnefici per paura, fanatismo o interesse.” Non è mancato nelle sue parole il riferimento al “germe dell’intolleranza, della discriminazione, della violenza” che “sotto forme diverse – che vanno dal negazionismo, alla xenofobia, all’antisionismo, a razzismi vecchi e nuovi, al suprematismo, al nazionalismo esasperato, al fanatismo religioso” serpeggia nella società e nel mondo. Tante le iniziative promosse in molte città e nelle scuole perché i giovani conoscano e prendano coscienza di quello che è stato, di un periodo fra i più bui della storia dell’umanità. Fra tutte ci pare valido segnalare “Maestro”, il film documentario di Alexander Valenti, coprodotto tra Italia e Francia, uscito il 23 gennaio con Istituto Luce-Cinecittà. Racconta la storia di Francesco Lotoro (foto), 52enne pianista e compositore di Barletta che, in oltre 20 anni di attività instancabile, è riuscito a recuperare migliaia di spartiti, facendo risuonare tante melodie che tra il 1933 e il 1945 i prigionieri composero nei lager nazisti, per sopravvivere e resistere alle fatiche e all’orrore inenarrabile dei campi di sterminio, come un insopprimibile inno alla vita.
Avvenimenti e Protagonisti del passato.
L’ultima libertà.
(Disegno di Hass Leo, cecoslovacco 1901. Deportato)
La data del 27 gennaio in ricordo della Shoah, lo sterminio del popolo ebraico e non solo, è indicata quale data ufficiale agli stati membri dell’ONU, in seguito alla risoluzione 60/7 del 1 novembre 2005. L’Italia ha formalmente istituito la giornata commemorativa, nello stesso medesimo giorno, alcuni anni prima della corrispondente risoluzione delle Nazioni Unite: essa ricorda le vittime dell’Olocausto e delle leggi razziali e coloro che a rischio della propria vita hanno protetto i perseguitati ebrei, nonché tutti i deportati militari e politici italiani nella Germania nazista. Prima di arrivare a definire il disegno di legge, si era a lungo discusso su quale dovesse essere considerata la data simbolica di riferimento: si trattava di decidere su quali eventi fondare la riflessione pubblica sulla memoria. Erano emerse in particolare due opzioni alternative. Il deputato Furio Colombo aveva proposto il 16 ottobre, data del rastrellamento del ghetto di Roma (il 16 ottobre 1943 oltre mille ebrei furono catturati e deportati dall’Italia ad Auschwitz). Questa ricorrenza avrebbe permesso di focalizzare l’attenzione sulle deportazioni razziali e di sottolineare le responsabilità anche italiane nello sterminio. Dall’altra parte vi era chi sosteneva (in particolare l’Associazione nazionale ex deportati politici nei campi nazisti) che la data prescelta dovesse essere il 5 maggio, anniversario della liberazione di Mauthausen, per sottolineare la centralità della storia dell’antifascismo e delle deportazioni politiche in Italia. Infine, anche in ragione della portata evocativa che Auschwitz, ormai simbolo universale della tragedia ebraica durante la seconda guerra mondiale, rappresenta per tutta l’Europa, si è optato per adottare il giorno della sua liberazione, avvenuta il 27 gennaio. La commemorazione nasce dalla necessità che la memoria storica di ciò che avvenne nei campi di sterminio resti sempre presente nella coscienza delle persone anche dopo la scomparsa dei sopravvissuti, attraverso cerimonie, iniziative, incontri e momenti comuni di narrazione e riflessione sulla sconvolgente vergogna dei campi di concentramento la cui finalità era lo sterminio del popolo ebraico, definita dai gerarchi nazisti “soluzione finale”, l’eliminazione degli oppositori politici e di tutti coloro le cui caratteristiche non erano rispondenti al modello della razza ariana. La testimonianza di coloro che attraversarono quell’esperienza di indicibile dolore è narrata da un’ampia letteratura oltre che da un’imponente documentazione, costituita da atti, carte, lettere in cui venivano impartiti ordini e altro, emersa dopo l’apertura degli archivi di Stato. “Lo scopo dei lager è l’annientamento dell’uomo, che prima di morire deve essere degradato in modo che si possa dire, quando morrà, che non era un uomo”. Queste sono le parole del comandante nazista Franz Stangl, tratte da “In quelle tenebre” di Gita Sereny. In esse trova espressione l’obiettivo di annullare l’essenza stessa non solo della dignità dell’uomo ma la sua interezza come individuo, lo si spoglia fino a ridurlo a “cosa” mediante un processo sistematico che smonta ogni caratteristica individuale. La volontà di eliminare il maggior numero possibile di ebrei avveniva attraverso un sistema amministrativo efficientissimo e minuzioso il cui lavoro era svolto da gerarchi zelanti, obbedienti e “banali”, come ad esempio fu Eichmann. Si trattava di una macchina mortale che, seguendo i ritmi di produzione, sfornava in modo meccanico e seriale milioni di morti. Quello del nazismo e del nazi-fascismo fu un tragico, oscuro e inquietante periodo della storia che, a distanza di tanti anni, ormai quasi tutti conosciamo abbastanza diffusamente per le trasmissioni e le immagini che vengono costantemente trasmesse in televisione. Primo Levi scriveva, come lui stesso disse, oltre che per lasciare una testimonianza e per la conservazione della memoria, soprattutto per “l’impossibilità di rassegnarsi al fatto che il mondo dei lager sia esistito, che sia stato introdotto irrevocabilmente nel mondo delle cose che esistono e quindi sono possibili”. Infatti nel mondo il seme del male esiste ed è sempre dietro l’angolo, forse c’è in molti di noi, come la storia ci indica quando descrive il consenso dell’opinione pubblica e l’adesione del popolo ai regimi totalitari, collaborando anche con l’ignobile pratica della delazione, quando si abbassa il livello della coscienza e si viene intorpiditi dalla propaganda. Il Novecento è stato contrassegnato da forze repressive, che hanno perseguito con brutale ferocia progetti politici ideologici contro la libertà dell’uomo. I gulag ne sono un esempio insieme alle politiche imperialiste dell’America Latina da parte dei poteri forti come ne parla ne “Le vene aperte dell’America Latina” Eduardo Galeano, solo per citare un libro tra una ricchissima letteratura sull’argomento. E ancora il genocidio degli Indiani d’America da parte dei coloni nelle terre di frontiera o, nel ‘500, il massacro degli Indios da parte degli Spagnoli, gli “uomini a cavallo” che hanno spazzato via un’intera civiltà fiorente, ne hanno bruciato i libri sacri, fonte inestimabile di conoscenza e depredato un immenso tesoro in oro con un’ingordigia tale da creare l’inflazione nella madrepatria dei “Reys Católicos”. Un’inenarrabile catena di guerre che non cessa neanche ai giorni nostri, come lo dimostra il conflitto in Siria dove sono coinvolte le potenze internazionali nella lotta contro il terrorismo che trae origine da vicende lontane nei difficili rapporti tra Oriente ed Occidente. In un recente articolo pubblicato sul settimanale “Internazionale” si legge: “Il nazista di Damasco, braccio destro di Eichman, Alois Brunner è stato responsabile della deportazione ad Auschwitz di migliaia di ebrei. Un’inchiesta ricostruisce il suo ruolo nella creazione dei servizi di sicurezza del regime siriano”. Alois Brunner ha vissuto più di quarant’anni in Siria fino alla morte, nel 2001. La rivista francese XXI ha ricostruito il suo ruolo nella creazione dei servizi segreti del regime degli Assad, che sono attivi ancora oggi. Nell’articolo si parla di tecniche di tortura raffinatissime da lui insegnate nei campi di addestramento del Governo siriano. Gli Assad padre e figlio hanno ripetutamente negato che Brunner si trovasse a Damasco, rispondendo ogni volta: “Non lo conosciamo”. Un ricorrente “fil rouge” di un serpeggiante pensiero nazista ci rivela la sua eterna presenza. La lotta tra chi persegue il male e chi pratica azioni amorevoli riportano alla mente le emblematiche parole di Mefistofele quando appare a Faust nel poema drammatico di Goethe e dice: “io sono parte di quella forza che desidera eternamente il male e opera eternamente il bene”. Vogliamo credere che operando il bene si possa sconfiggere il male. Anche nei lager ci sono stati uomini comuni che hanno saputo, con la scelta del loro comportamento di fronte a fatti eccezionalmente gravi, difendere la loro ultima libertà.
Mary Titton
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La notizia del giorno.
La Sentenza della Consulta sull’Italicum.
La Corte Costituzionale ha dichiarato illegittimo il ballottaggio previsto dall’Italicum e ha salvato il premio di maggioranza per chi supera la soglia del 40% dei voti, non ha toccato il sistema delle candidatura plurime, quindi un capolista potrà essere inserito nelle liste in più di un collegio elettorale, come già succedeva nel Porcellum, fino a un massimo di 10, ma ha bocciato la possibilità – in caso di elezioni in più di un collegio – che sia l’eletto a scegliere in quale collegio risultare eletto, la scelta finale del candidato eletto in più di un collegio sarà invece affidata a un sorteggio. Le liste non sono bloccate, ma i capilista sì, quindi i capilista saranno i primi ad ottenere un seggio, mentre dal secondo eletto in poi intervengono le preferenze (ogni elettore ne potrà esprimere due), reintrodotte rispetto al Porcellum. Questo sistema avrà come conseguenza che i partiti più piccoli, che difficilmente eleggeranno più di un parlamentare in una circoscrizione, vedranno eletti i capilista, mentre i partiti più grandi avranno anche una quota di parlamentari scelti con le preferenze. La Consulta ha quindi trasformato l’Italicum in una legge proporzionale corretta da un ampio premio di maggioranza e ha aggiunto nella nota che “La legge è suscettibile di immediata applicazione”. Questo significa che si può, se i partiti vogliono, votare subito, cosa che ha già suscitato la discussione tra chi vorrebbe andare subito alle urne e chi, invece, è contrario: Renzi, Salvini, M5S sono per il voto subito, Berlusconi e Centro destra per un passaggio parlamentare. In Italia si trovano così ufficialmente in vigore due leggi elettorali, una per la Camera e una per il Senato, che sono entrambe il frutto di interventi della Corte Costituzionale su leggi precedentemente approvate dal Parlamento. I due sistemi, quello per le elezioni della Camera e quello delle elezioni del Senato, restano dissimili, ma lasciano un assetto funzionante La differenza maggiore è data dal premio, che l’Italicum, destinato a eleggere i deputati, mantiene, mentre ne è privo il Consultellum, il sistema uscito dalla sentenza della Consulta sul Porcellum nel 2014 e valido per i senatori. Diverse anche le soglie di accesso: differenziate e graduate nel Consultellum, unica, 3%, per l’Italicum. La Corte ha fatto la sua parte, rigettando molte questioni sollevate sia dai ricorrenti sia dall’Avvocatura dello Stato, compresa quella prospettata dalla difesa di Palazzo Chigi, che chiedeva il rigetto perché l’Italicum non è stato mai adoperato e ha specificato che la legge uscita dalla sentenza della Consulta può essere applicata subito, il che significa che tecnicamente, in caso di voto anticipato, la legge c’è per entrambe le Camere. Ora sta alla politica decidere.
Avvenimenti e Protagonisti del passato.
26 gennaio 1943: tragica ritirata dell’Armir dalla Russia.
La battaglia di Nikolaevka (la grafia Nikolajewka, che si trova spesso nei testi, deriva dalla traslitterazione tedesca della lingua russa), combattuta il 26 gennaio 1943, segnò l’ultimo capitolo della drammatica rotta degli Alpini, provati, oltre che dai combattimenti, dal gelido inverno russo, e fu uno degli scontri più importanti dopo il caotico ripiegamento delle residue forze dell’Asse in seguito al crollo del fronte sul Don a causa della grande offensiva dell’Armata Rossa iniziata il 12 gennaio 1943 (offensiva Ostrogorsk-Rossosc). Il combattimento e la tragica disfatta delle forze italo-tedesche-ungheresi s’inquadrano nella partecipazione militare del Regno d’Italia all’operazione Barbarossa, nome in codice per l’invasione, nel 1941, dell’Unione Sovietica da parte della Germania nazista, durante la seconda guerra mondiale. Già dalle prime ore del mattino la colonna formata dalle truppe italiane in ritirata, cui erano aggregati diversi reparti tedeschi e ungheresi, aveva subito un rovinoso bombardamento da parte di quattro aerei dell’Armata Rossa, alla Tridentina, unica delle divisioni italiane ancora in grado di combattere, fu assegnato il compito di iniziare l’assalto del villaggio di Nikolaev, una cittadina che oggi non esiste nemmeno più sulle carte, dove alcuni reparti russi si erano asserragliati per bloccare la fuga degli italo-tedeschi dalla grande sacca del Don. Infatti, nei mesi precedenti, le forze sovietiche avevano già accerchiato la 6ª Armata tedesca a Stalingrado (operazione Urano) e sbaragliato completamente le armate rumene e gran parte dell’8ª Armata italiana (operazione Piccolo Saturno), aprendo grandi varchi nelle precarie linee difensive nemiche. Gli italiani riuscirono a sostenere l’attacco dei sovietici, maggiormente dotati di armi pesanti e di artiglieria, e gli uomini della Tridentina, guidati dal generale Luigi Reverberi, grazie all’impiego dell’unico carro armato tedesco ancora utilizzabile e alle informazioni ricevute via radio sulle posizioni di sbarramento nemiche, riuscirono ad aprirsi un varco fra le linee sovietiche e a raggiungere, il 31 gennaio 1943, Shebekino, località al di fuori della “tenaglia” russa; i resti delle divisioni Vicenza, Julia e Cuneense, a cui gli ordini non erano mai arrivati, finirono nelle mani della cavalleria cosacca. Le perdite italiane furono altissime: circa 40.000 uomini rimasero indietro, morti nella neve, dispersi o catturati, migliaia di soldati vennero presi prigionieri durante la ritirata e radunati dai sovietici in vari campi, tra cui quello di Rada, nei pressi della città di Tambov. Solo una percentuale minima di questi prigionieri farà ritorno in Italia a partire dal 1945. Di chi la colpa di questa che fu sicuramente una terribile disfatta? Fin da subito i tedeschi addossarono agli italiani le colpe della sconfitta e li accusarono di lassismo e impreparazione. Lo storico Giorgio Scotoni in “L’Armata Rossa e la disfatta italiana (1942-43)” scrive: “Gli studi italiani sulla campagna di Russia sono sempre stati di tipo memorialistico: si è sopperito alla scarsità di documentazione disponibile con la testimonianza dei reduci, per lo più alpini sopravvissuti alla ritirata. Si è così consolidata in Italia una visione asimmetrica, che ha lasciato in secondo piano il tracollo delle fanterie dell’Asse sotto l’offensiva russa del dicembre 1942, vero punto di svolta della campagna, mentre ha valorizzato l’annientamento del Corpo d’armata alpino nel gennaio 1943, che ne ha rappresentato solo il tragico epilogo”. Alcuni scrittori italiani, che da alpini hanno preso parte a questa battaglia, hanno, infatti descritto in alcuni libri la ritirata del corpo d’armata alpino: tra questi Giulio Bedeschi con “Centomila gavette di ghiaccio e Nikolajewka: c’ero anch’io”, Mario Rigoni Stern con “Il sergente nella neve”, Nuto Revelli con “La guerra dei poveri”, “La strada del Davai” ed altre opere autobiografiche. Ora, in anni recenti, l’apertura degli archivi e i carteggi di parte sovietica hanno permesso di conoscere nuovi elementi sulla tragica vicenda dell’Armata italiana in Russia e di conferire il giusto valore all’azione e alla resistenza dell’esercito italiano, come sottolinea lo stesso Scotoni: “Emerge anche un giudizio positivo sui generali e sulla difesa disperata delle fanterie dell’Armir, tanto coraggiose da costringere i comandi sovietici ad anticipare l’ingresso delle truppe corazzate in battaglia. Queste valutazioni, se non cambiano il carattere di débacle complessiva, ribaltano le tradizionali accuse mosse dagli allora alleati tedeschi e l’immagine critica tratteggiata dai comandanti della Wehrmacht nelle loro memorie.”
METEO
Roma (Italia, Europa) soleggiato +13 Livorno (Italia, Europa) per lo più nuvoloso +12. Manila (Filippine, Asia) sereno con nuvolosità periodica +24. Accra (Ghana, Africa) per lo più soleggiato +32. Boston (Massachusetts, Stati Uniti d’America) per lo più nuvoloso +4. Gold Coast (Queensland, Australia) per lo più nuvoloso +23.
La notizia del giorno.
#365giornisenzaGiulio
#365giornisenzaGiulio è il nome della giornata di mobilitazione organizzata da Amnesty Italia, in collaborazione con la Repubblica, per continuare a chiedere la verità sul brutale omicidio di Giulio Regeni, il ricercatore italiano sparito nel nulla al Cairo il 25 gennaio 2016, alle 19.41 e ritrovato cadavere con segni di torture terribili su tutto il corpo il successivo 3 febbraio. La manifestazione principale, che si terrà alle 12.30 all’Università La Sapienza di Roma e potrà essere seguita in diretta streaming su Repubblica.it, si aprirà alle 12,30 con il saluto del Rettore, professor Eugenio Gaudio, ci saranno poi gli interventi di Stefano Catucci, del Senato Accademico Sapienza, Antonio Marchesi, presidente di Amnesty International Italia, Patrizio Gonnella, presidente della Coalizione italiana per le libertà e i diritti civili, Giuseppe Giulietti, presidente della Federazione nazionale della stampa italiana e Carlo Bonini di Repubblica, che segue il caso fin dalle prime ore. Lo scrittore Erri De Luca e gli attori Arianna Mattioli e Andrea Paolotti leggeranno estratti dei diari di viaggio di Giulio Regeni, mentre interverranno, in collegamento telefonico, i suoi genitori Paola e Claudio, che si dichiarano “inarrestabili nel volere la verità”. A tutti i partecipanti sarà dato un cartello con un numero, da 1 a 365, per ricordare i giorni che sono passati dalla scomparsa di Giulio. La manifestazione, alla quale parteciperà anche una delegazione di studenti e docenti degli istituti superiori, sarà chiusa dal coro MuSa Blues della Sapienza, diretto dal maestro Giorgio Monari. La Sapienza è stata scelta quale luogo simbolico per ricordare – ha sottolineato il portavoce di Amnesty, Riccardo Noury, – tutto ciò che Giulio ha fatto nella sua vita. La sera, nelle piazze di Fiumicello (la città dove Giulio era cresciuto), Roma (a San Lorenzo in Lucina) e altre città italiane tra cui Bergamo, Bologna, Brescia, Cagliari, Cento (Fe), Lecce, Napoli, Padova, Palermo, Pesaro, Pescara, Perugia, Pisa, Rovereto, Rovigo, Trento e Trieste verranno accese delle fiaccole alle 19.41, l’ora in cui il ricercatore friulano uscì dalla sua abitazione prima della scomparsa. “Un fiume d’affetto, un fiume in piena che speriamo si riversi nelle piazze con fiaccole accese per Giulio per la giustizia di coloro che non sono rispettati nei loro diritti umani”, come chiedono i genitori di Giulio dicendo: “grazie ancora: la solidarietà è qualcosa di tangibile, di umano, è tutto il bene del mondo”. La presente comunicazione è anche un invito a partecipare numerosi nel nome di Giulio perché si arrivi finalmente alla verità.
METEO
Roma (Italia, Europa) soleggiato +13 Livorno (Italia, Europa) idem. Seul (Corea del Sud, Asia) nuvoloso+3. Brazzaville (Congo, Africa) parzialmente nuvoloso +30. Sucre (Bolivia, Sudamerica) parzialmente nuvoloso +15. Lower Hut (Nuova Zelanda, Oceania) sereno +16.
La notizia del giorno.
Nuova tragedia nell’Aquilano: cade un elicottero del 118 a Campo Felice.
Oggi, intorno a mezzogiorno, un elicottero del 118 è precipitato da un’altezza di 600 metri in un canalone tra l’Aquila e Campo Felice, dopo aver soccorso e recuperato uno sciatore, un romano di 50 anni, Ettore Palanca, maitre dell’Hotel Hilton di Roma, che si era ferito su una pista da sci della zona e ha perso anche lui la vita nello schianto. Infatti sono tutte morte nella caduta del velivolo le sei persone a bordo: il pilota, due membri del Soccorso alpino, un operatore, il ferito e il medico-rianimatore, che nei giorni scorsi aveva prestato soccorso a Rigopiano. L’elicottero era impegnato in un normale volo di soccorso e non faceva parte dei mezzi che in questi giorni sono impiegati sulla valanga che ha travolto l’hotel Rigopiano. Il velivolo è caduto in prossimità del laghetto di Campo Felice, nei pressi del rifugio montano Amantin, i rottami sono stati localizzati in un canalone vicino Casamaina, in territorio di Lucoli. Ai soccorritori si è presentata una scena terribile: la coda del velivolo e la fusoliera erano disintegrati, i resti si trovavano in una zona in alto, tutta coperta da neve molto spessa e difficile da raggiungere. Gli uomini intervenuti, ostacolati dalla nebbia e dalla neve, hanno dovuto utilizzare gli infrarossi per localizzare il velivolo e due gatti delle nevi per trasportare i corpi all’Aquila. Ancora non sono chiare le cause dell’incidente, diverse sono le ipotesi in campo: la nebbia molto fitta, un guasto meccanico oppure l’impatto con un cavo elettrico. Intanto a Rigopiano si continua a scavare con eroica determinazione e professionalità per ritrovare quelli che ancora si trovano sotto le macerie dell’hotel, mentre si affievoliscono le speranze che possano essere ancora in vita. Unica nota positiva in questo quadro così fosco i 4 bambini, che tirati fuori e curati, sono stati dimessi e sono tornati a casa, quasi fossero nati alla vita una seconda volta.
Avvenimenti e Protagonisti del passato.
Terra e libertà.
Il 24 gennaio 1960, ad Algeri, nel quadro della guerra per l’indipendenza, inizia la cosiddetta “settimana delle barricate”: i coloni francesi nel paese africano si ribellano contro il Governo transalpino, accusato di aver ceduto alle posizioni degli indipendentisti. Alle 11.00 del mattino, una folla di 10.000 persone si trova in piazza ad Algeri per gridare il proprio sostegno a Massu, comandante della decima divisione paracadutisti, incaricato dal Governo francese di riportare l’ordine nella capitale, rimosso dall’incarico dal Presidente de Gaulle. Molti quadri dell’esercito osservano la folla con evidente simpatia e nessun intervento viene intrapreso dalla polizia per bloccarne la marcia. Alle 16.00 vengono alzate grandi barricate, bloccando rapidamente il centro della città. I gendarmi si mettono in marcia per liberare le strade. Ma a questo punto scoppia il dramma. I manifestanti, una volta trovatisi di fronte le pattuglie dei gendarmi, non esitano a sparare contro di essi. I paracadutisti, che avrebbero dovuto proteggere la ritirata dei gendarmi, arrivano tardi, quando ne sono morti ormai 14 e 123 sono stati feriti. Per la prima volta dei Francesi in Algeria hanno sparato su altri Francesi. Il generale Challe, a cui è affidato il commando delle Forze Armate, proclama lo stato d’assedio e fa circondare con un cordone di sicurezza Algeri tramite due divisioni paracadutiste. Riunito quindi lo stato maggiore per decidere sulle misure da intraprendere, si rende conto della complessità e dell’approvazione che l’insurrezione ha creato. I colonnelli si rifiutano di attaccare le barricate, così come i paracadutisti che, a guardia dei punti strategici, lasciano tranquillamente passare convogli di insorti provenienti dall’esterno, carichi di armi e vettovagliamenti. A Parigi l’incertezza regna sovrana fin dal mattino. Solo a tarda notte, de Gaulle compare in televisione con questo semplice messaggio: i ribelli devono deporre le armi. Nulla però succede. Anzi, i paracadutisti e gli altri manifestanti iniziano a fraternizzare tra loro. Come si legge dalla scheda del Prof. Virgilio Ilari, Presidente della Società Italiana di Storia Militare, “la guerra d’indipendenza algerina, condotta dal Fronte di Liberazione Nazionale (FNL) e dal suo esercito (ALN), pose fine al tentativo della Francia di mantenere in forme nuove il proprio impero coloniale, determinò il crollo della IV repubblica e aperse, per entrambi i paesi, una nemesi storica non ancora conclusa. Combattuta esclusivamente col terrorismo e la guerriglia e senza battaglie campali, provocò forse mezzo milioni di morti algerini (300/460.000 combattenti e civili e 30/90.000 collaborazionisti) e oltre trentamila francesi (di cui 28.000 militari e 4/6.000 civili). Ripetutamente sconfitti sul campo e infine in Marocco e Tunisia da un potente esercito di oltre mezzo milione di uomini, gli 8.000 superstiti dell’FLN resistettero abbastanza a lungo da vincere la battaglia per conquistare i cuori e le menti, non solo degli algerini, ma della stessa opinione pubblica francese, logorando le risorse finanziarie e la determinazione del governo nemico. Salito al potere nel maggio 1958 a seguito di un putsch militare capeggiato dal generale Salan e col programma, inizialmente condiviso dallo stesso Partito Comunista, di salvare l’Algeria francese, fu lo stesso generale de Gaulle a volere il referendum che l’8 gennaio 1961 approvò l’autodeterminazione dell’Algeria, a reprimere il secondo putsch dei generali, ad aprire i negoziati segreti col Governo provvisorio della Repubblica Algerina che condussero all’indipendenza e infine a stroncare la resistenza dell’OAS (Organizzazione Armata Segreta), appoggiata da una parte del milione di europei immigrati in Algeria (i “pieds noirs”). Amnistiati nel 1968, i generali golpisti furono riabilitati nel 1982, ma il ricordo della “salle guerre” non cessa d’inquietare il presente”. L’8 settembre del 1966 uscì in Italia “La battaglia di Algeri”, un film di Gillo Pontecorvo che ha acquistato il valore di un’opera di testimonianza e di rivisitazione dei fatti storici contemporanei. Il film pluripremiato (nastro d’argento al miglior regista, Leone d’Oro al festival di Venezia, 3 Nomination al premio Oscar per “Film stranieri, regista e sceneggiatura originale”) è realizzato con grande rigore espressivo ed è estremamente realista. Il regista è teso a mettere in luce il processo irreversibile della rivoluzione, nel tentativo di comprendere le logiche sia dei colonizzati che dei colonizzatori. Il vero protagonista è il popolo algerino, con le sue sofferenze, ma anche ritratto senza tacere le crudeltà commesse in nome dell’indipendenza: generalizzazione della tortura, attentati, terrorismo, rappresaglie, napalm … più specificatamente i francesi procedevano attraverso il metodo degli arresti e della tortura, mentre gli algerini con gli attentati e la guerriglia. La trama, ben circonstanziata, assume in alcuni punti, un’importanza storica tale da rasentare il documentario avvalorando un’opera che trascende il cinema. “La battaglia di Algeri”, come ci informa il Prof. Virgilio Ilari, “è inoltre uno dei rarissimi film che fa comprendere la “struttura” oggettiva della guerra (posta in gioco, calcolo e decisione strategica, incertezza). È dunque prezioso per la storia militare e non a caso è stato proiettato e dibattuto nelle accademie militari americane alla viglia dell’invasione dell’Iraq (2003)”. Al netto delle riflessioni restano in piedi i difficili rapporti tra l’Occidente e il Mondo Arabo e la constatazione che oggi come allora il dialogo tra i popoli, sarà banale dirlo, ma è l’oggettività dei fatti a dimostralo, si riduce barbaricamente al conflitto e ad un’inaudita violenza.
Mary Titton
METEO
Roma (Italia, Europa) soleggiato +12 Livorno (Italia, Europa) idem. Tokyo (Giappone, Asia) sereno +4. Algeri (Algeria, Africa) sereno +12. San Francisco (California, Stati Uniti d’America) per lo più soleggiato +7. Adelaide (Australia) sereno +18.
La notizia del giorno.
Verità per Giulio Regeni: spunta un video.
Una tv egiziana, “Sada El Balad”, ha trasmesso un video, girato secondo gli inquirenti italiani dallo stesso Abdallah il 6 gennaio 2016, cioè 19 giorni prima della scomparsa di Regeni, che in totale dura 1 ora e 55 minuti; anche se il colloquio effettivo è di 45 minuti, l’estratto diffuso in Italia è di circa quattro minuti ed è stato autorizzato dal Ros. Per la prima volta si vede Giulio Regeni negli ultimi giorni prima della sua morte, in un momento che potrebbe essere stato fatale per lui. Il video sarebbe stato girato il 6 gennaio 2016, secondo quanto si apprende, con una apparecchiatura in dotazione alla polizia del Cairo nascosta in un bottone della camicia di Abdallah, cosa che confermerebbe per gli investigatori italiani il coinvolgimento della polizia nella realizzazione del filmato. Nel video il ricercatore italiano parla in arabo con Mohammed Abdallah, il capo del sindacato dei venditori ambulanti del Cairo, che insiste per ottenere i soldi del progetto finanziato da Antipode, la fondazione inglese che offre un finanziamento di 10mila sterline per la promozione e lo sviluppo delle ricerche in campo sociale. Giulio Regeni voleva fare domanda per una borsa di 10.000 sterline finanziata dall’organizzazione britannica, in modo da aiutare i venditori ambulanti, che erano al centro della sua tesi di dottorato per l’università di Cambridge. Aveva condiviso questa informazione con il capo del sindacato, il quale però intendeva intascare i soldi e usarli per scopi personali. Abdallah chiede soldi a Regeni perché dice “mia moglie ha il cancro e deve subire un’operazione e io devo cercare denaro, non importa dove”. Regeni si mostra inflessibile e risponde: “il denaro non è mio. Non posso usare soldi per nessun motivo perché sono un accademico”. Ad Abdallah che insiste il ricercatore replica che i soldi “arrivano attraverso la Gran Bretagna e il centro egiziano che lo dà agli ambulanti”. Dice ancora “Bisogna cercare di avere idee e ottenere informazioni prima del mese di marzo” e alla domanda di Abdallah “che tipo di informazioni vuoi?”, risponde: “qual è la cosa più importante per te per quanto riguarda il sindacato e quali sono i bisogni del sindacato?” “Voglio idee a partire da tale questione, la più importante per noi, e si potranno sviluppare le idee”. Abdallah al momento di questo dialogo lo aveva già denunciato all’intelligence della Sicurezza Nazionale, dicendo di sospettare che fosse una spia. Purtroppo, un anno dopo la scomparsa del ricercatore, la verità sulla sua morte sotto tortura resta ancora da appurare.
METEO
Roma (Italia, Europa) parzialmente nuvoloso +12 Livorno (Italia, Europa) idem. Seul (Corea del Sud, Asia) sereno -6. Kampala (Uganda, Africa) parzialmente nuvoloso +28. Santiago del Chile (Sud America) per lo più soleggiato +21. Pirae (Polinesia Francese, Oceania) per lo più nuvoloso +21.
La notizia del giorno.
Allarme diga Campotosto.
(Una foto della diga del 1955)
“Nella zona di Campotosto c’è il secondo bacino più grande d’Europa con tre dighe, una delle quali su una faglia che si è parzialmente riattivata e ci possono essere movimenti importanti di suolo che cascano nel lago, per dirla semplice è l’effetto Vajont.” Lo ha detto al Tg3 Sergio Bertolucci, presidente della Commissione Grandi Rischi, aggiungendo che “se si avverte un aumento del rischio, bisogna immediatamente renderlo trasparente alle autorità e alla popolazione. Sarebbe pericolosissimo abbassare la guardia, soprattutto per scuole, ospedali e, appunto, le dighe”. Appena 24 ore prima, tra l’altro, la Commissione Grandi Rischi aveva comunicato che “ad oggi non ci sono evidenze che sia in esaurimento la sequenza sismica iniziata con il terremoto dello scorso 24 agosto nell’Appennino Centrale e proseguita poi con altre scosse il 26 ed il 30 ottobre e, da ultimo, il 18 gennaio”, per questo motivo l’organismo aveva sottolineato la possibilità di possibili nuovi eventi ancora più intensi nelle zone vicine, fino ad una magnitudo 6-7. Tutto questo ha scatenato il panico nelle zone interessate, messe a dura prova da un numero impressionante di scosse in atto e dall’emergenza neve. L’effetto Vajont è un richiamo che fa paura: il disastro del 9 ottobre 1963 (1.917 vittime), infatti, fu causato da una frana che, precipitata nel bacino, lo fece traboccare. La senatrice Pezzopane ha annunciato un’interrogazione parlamentare, mentre il sindaco di Leonessa, nel reatino, ha chiuso le scuole sine die. A questo punto Bertolucci ha cercato di fare marcia indietro dicendo che non c’è il rischio di un pericolo imminente. Campotosto, a 1.313 metri di quota, è il più grande lago artificiale d’Abruzzo, con una superficie di 1.400 ettari, una profondità massima di 35 metri, tra i comuni di Campotosto, Capitignano e L’Aquila. Il lago artificiale, che fa parte della riserva naturale statale omonima, fu creato a cavallo degli anni ’30-’40 con la realizzazione di tre dighe, con lo scopo di utilizzarne le acque per il funzionamento delle centrali idroelettriche site nella valle del Vomano. Per Enel la diga di Campotosto è sicura, ha infatti emanato il seguente comunicato: “a seguito dei recenti eventi sismici non si rileva alcun danno alla diga di Campotosto”, ma “alla luce della difficile situazione idrogeologica di questi giorni si è comunque deciso, come misura cautelare, estrema, di procedere ad una ulteriore progressiva riduzione del bacino”, che ha il 40% del volume invasato. Secondo la Commissione le zone in cui potrebbe ancora verificarsi un forte terremoto sono quelle attorno alla faglia che corre da nord-ovest a sud-est, tra il Monte Vettore e il Monte Gorzano. In questa zona ci sono aree “che non hanno registrato terremoti recenti di grandi dimensioni”, in particolare il tratto che va da Montereale all’Aquila, dove il terremoto del 2009 ha probabilmente già rilasciato l’energia che si era accumulata nel sottosuolo. A Montereale le quattro scosse di magnitudo superiore a 5 di mercoledì potrebbero aver attenuato parte della tensione sotterranea, ma in mezzo si trova una “lacuna”, un’area dove non ci sono state scosse e dove presumibilmente le faglie sono ancora “sotto pressione”. Nessun allarmismo, ma il problema esiste e “si deve continuare a tenere sotto osservazione questa criticità”, come ha dichiarato il direttore dell’Ufficio emergenze del Dipartimento della Protezione civile, Titti Postiglione.
METEO
Roma (Italia, Europa) parzialmente nuvoloso +11 Livorno (Italia, Europa) coperto +12. Katmandu (Nepal, Asia) sereno con nuvolosità periodica +10. Lusaka (Zambia, Africa) parzialmente nuvoloso +21. Annapolis (Maryland, Stati Uniti d’America) lievi rovesci di pioggia +6. Dumbéa (Nuova Caledonia, Oceania) lievi rovesci di pioggia +24.
La notizia del giorno.
America first. America first.
Queste le parole pronunciate più volte durante il discorso d’insediamento da Donald Trump, 45° presidente degli Stati Uniti, introdotto sul palco dal coro che canta America The Beautiful, in una Washington segnata da disordini e scontri, ma anche da manifestazioni pacifiche che sono continuate anche oggi, come la “Marcia delle donne” in difesa della diversità, dell’uguaglianza e dei diritti delle donne che, sostengono, sembrano minacciati dal nuovo capo della Casa Bianca. La protesta che vede tra le principali promotrici attrici famose come Scarlett Johansson, Katy Perry, Julianne Moore e America Ferrera, si è trasformata in una marcia di grandi proporzioni, con la partecipazione anche di uomini e bambini, contro le discriminazioni e il razzismo, a Washington e in altre città degli USA e del mondo. L’America è dunque divisa tra i sostenitori di Trump e tra chi teme un arretramento nel campo dei diritti e una svolta isolazionista. Infatti “America first. America first.” ha ripetuto il nuovo presidente, riassumendo in questo slogan, “l’America prima di tutto”, il suo programma: “comprare americano, assumere americani”, impegnandosi a ricostruire l’America: “Agli americani di tutte le città, vicine e lontane, piccole e grandi, da oceano a oceano: non verrete più ignorati, le vostre voci e le vostre speranze, i sogni e le aspettative definiranno il sogno americano e ci guideranno in questo percorso. Renderemo questo Paese prospero, sicuro, grande, grandioso … Al di là della politica, ci sarà una fedeltà totale al nostro Paese. E quando si apre il cuore al patriottismo non c’è spazio per il terrorismo. La Bibbia ci dice quanto è bello quando le persone vivono in armonia. Noi dobbiamo aprire le menti e agire in armonia e solidarietà. Così l’America è inarrestabile. Non c’è paura, saremo sempre protetti dalle forze dell’ordine di questo Paese. E, più importante, da Dio.” Un discorso inclusivo, rivolto a tutti gli americani, capace di convincere soprattutto la middle class tagliata fuori dalla ridistribuzione della ricchezza e le famiglie che vivono sulla loro pelle la povertà e la disoccupazione, ma poi da subito sono seguiti fatti che darebbero ragione ai manifestanti e sicuramente destano preoccupazione. Appena conclusa la cerimonia, prima del ballo serale, il nuovo presidente degli Stati Uniti ha firmato una serie di ordini esecutivi: il primo autorizza le agenzie federali a ridurre il più possibile i costi di «Obamacare», cioè la riforma sanitaria approvata dal suo predecessore, sono state poi cancellate dal sito della Casa Bianca le pagine sui cambiamenti climatici e i diritti LGBT. Staremo a vedere.
(Un tweet dell’attuale Presidente Trump del 2012, in cui sostiene che il cambiamento climatico è una bufala cinese)
Avvenimenti e Protagonisti del passato.
Un autore geniale e scomodo.
Fare della propria vita un’opera d’arte è certamente un progetto molto audace e inevitabilmente molto faticoso, perciò sono pochi coloro che decidono di aderire a questo stile di vita che richiama un comportamento di assoluta coerenza e rigore morale. Oggi, in coincidenza con la morte di George Orwell, avvenuta centoquattordici anni fa, è d’obbligo ricordare un uomo che della sua vita ha fatto un capolavoro. Egli è stato uno dei più acuti, lucidi e vivaci uomini di cultura del suo tempo: giornalista, scrittore e attivista britannico, è conosciuto anche come opinionista politico e culturale oltre che ad essere un celeberrimo romanziere e uno dei saggisti di lingua inglese più diffusamente apprezzarti del XX secolo. Avverso a ogni forma di totalitarismo, è noto, in particolare, per due romanzi che fondono impegno politico e passione letteraria: “La fattoria degli animali”, satira della retorica sovietica e dell’uguaglianza; e “1984”, romanzo che descrive in tono apocalittico un immaginario mondo futuro ove si sono imposti e trionfano tre stati governati da regimi dittatoriali. Eric Arthur Blair, vero nome di George Orwell, nacque il 25 giugno 1903 a Motihari, nel Bengala, dove il padre, d’origine angloindiana, era funzionario dell’“Indian Civil Service”. La famiglia di George Orwell apparteneva alla borghesia “alto-bassa”, come la definì lo stesso scrittore con sarcastica contraddizione. Al ruolo dominante e privilegiato degli amministratori britannici nelle colonie non corrispondeva, infatti, un analogo status in Inghilterra. Nel 1907 Eric torna in patria con la madre e le due sorelle e si stabilisce a Henley-on-Thames. Iscritto nell’esclusivo collegio St. Cyprian di Eastboune, George Orwell ne esce con una borsa di studio e un opprimente complesso di inferiorità, come racconta nel saggio autobiografico “Such, such were the Joys”, del ‘47. Non riuscirà ad integrarsi nel clima altrettanto snob, seppur meno gretto, di Eton, dove è ammesso nel 1917. Dopo aver compito gli studi in Inghilterra, tornò in India e fu per cinque anni nella polizia imperiale indiana in Birmania. L’esperienza si rivelò traumatica. Diviso fra il crescente disgusto per l’arroganza imperialista e la funzione repressiva che il suo ruolo gli imponeva, egli si dimise nel 1928. Su questo soggiorno è basato il suo primo romanzo “Giorni in Birmania” (1934). Tornato in Europa, tra Parigi e Londra svolse vari mestieri, alcuni umilissimi soffrendo spesso la fame e a Parigi sopravvisse grazie alla carità dell’Esercito della Salvezza. Le esperienze di questo periodo sono descritte in “Senza un soldo a Parigi e a Londra”, pubblicato nel ‘33. Tra il ‘32 e il ‘36 alternò alle fatiche di romanziere quelle di insegnante e di commesso di libreria, che entreranno nelle descrizioni d’ambiente dei due romanzi successivi, “La figlia del reverendo”, nel 1935 e “Fiorirà l’aspidistra” del 1936. Su commissione di un’associazione culturale filosocialista, svolse un’indagine nelle zone più colpite dalla depressione economica, che lo porterà, nei primi mesi del ‘36 tra i minatori dell’Inghilterra settentrionale. Le loro misere condizioni saranno descritte in “La strada di Wigan Pier”, pubblicato nel ‘37. Sempre nel ‘36, in giugno, sposò Eileen O’ Shaughnessy, impiegata al ministero dell’Informazione, e partì in dicembre come volontario per la guerra di Spagna, raccontata nel diario-reportage edito nel ‘38, “Omaggio alla Catalogna”. In seguito, respinto come inabile allo scoppio della seconda guerra mondiale si arruolò nel ‘40 nelle milizie territoriali della Home Guard. Negli anni dal ‘41 al ‘46 si trovò a Londra dove collaborò a giornali e riviste, curò per la BBC una serie di trasmissioni propagandistiche dirette all’India e fu redattore del settimanale socialista “Tribune”, che gli affidò una rubrica “A modo mio”. Nel ‘45, anno in cui muore la moglie, si reca in Francia, Germania, Austria come corrispondente dell’ “Observer”. Sempre nel ‘45 appare il romanzo del successo, “La fattoria degli animali”. Nel ‘47 si stabilì con il figlio Richard, adottato nel’44, a Jura, una fredda e disagiata isola delle Ebridi. E’ minato dalla tisi, il clima non si confà alle sue ormai disperate condizioni di salute, costringendolo a continui ricoveri in sanatorio. Nel ‘49, risposatosi con Sonia Bronwell, redattrice di “Horizon”, si dedicò, letteralmente incalzato dalla morte, alla revisione del romanzo “1984”. Si spegnerà a Londra il 21 gennaio 1950. La produzione letteraria di George Orwell venne quasi sempre ostacolata dalla censura e da oppositori reazionari che mal sopportavano l’analisi critica e la denuncia dei comportamenti coercitivi contro l’uomo che Orwell denunciava. Egli, nei suoi scritti, ha evidenziato l’importanza dell’uomo come figura centrale, prima di ogni altra istanza, al quale, egli riteneva, va attribuito un alto valore e il riconoscimento dei diritti inalienabili di giustizia e libertà. L’ansia per la verità, l’imparzialità di giudizio perseguita quasi fino alla maniacalità, l’onestà intellettuale, che trovano l’espressione più viva in “Omaggio alla Catalogna”, un libro tra i più lucidi sull’argomento, danno costantemente un carattere di denuncia alla sua opera. L’inesauribile verve polemica che nei saggi e negli articoli fece di Orwell un implacabile e magistrale pamphleter, gli costarono, letterariamente e politicamente, l’isolamento. La sua denuncia contro il regime comunista tende a far dimenticare che Orwell si definì sempre socialista. La sua società ideale, più che alla dottrina del materialismo storico, sembra ispirarsi a un primato morale, che contempla decoro, rispetto della dignità umana, tolleranza, un concetto ampio di “decency” esteso a tutte le classi. Nel 1948 Orwell ebbe a dire. “La vera distinzione oggi non è quella tra conservatori e rivoluzionari bensì tra individui autoritari e spiriti libertari”. Secondo il tratto distintivo della letteratura antiutopica di “1984”, per lo scrittore il futuro è già avviato, la massificazione ha già iniziato a corrodere il destino individuale e sociale. L’urgenza dell’avvertimento è drammatizzata dallo scrittore dalla vicinanza della proiezione: non un futuro remoto del prossimo millennio, dove s’ambientano gli altri pensatori dell’escatologia negativa del ‘900, come ad esempio “Il mondo nuovo” di Huxley (quest’ultimo fu un suo insegnante), ma addirittura un anno del suo stesso secolo, ottenuto semplicemente invertendo le cifre finali della data di composizione, 1948, del romanzo. Orwell è un maestro che tramite le favole, nell’allegoria politica de “La fattoria degli animali”, ammonisce a non credere alle favole, stimola a mantenere sempre alta la coscienza e lo spirito critico, a dubitare delle rivoluzioni pur ritenendole necessarie, a dubitare del nostro stesso pensiero, perché potrebbe essere condizionato dal linguaggio (la neolingua di “1984”), costruito apposta per incarcerare la nostra mente. Ed è severo perché ci punisce subito, mostrando le devastazioni provocate dal sonno della ragione. Pensare che ora “Grande Fratello” sia il simbolo dell’inebetimento indotto dalla TV spazzatura, che il potere si affranca con la manipolazione, che la verità viene costantemente oscurata in nome di un approssimativo populismo di “pancia” ed altro ancora siano il compimento, nella sua tragica ironia, delle profezie dei due geniali scrittori lascia sgomenti!
Mary Titton
METEO
Roma (Italia, Europa) sereno +8. Livorno (Italia, Europa) idem. Siem Reap (Cambogia, Asia) parzialmente nuvoloso -23. Antananarivo (Madagascar, Africa) sereno con nuvolosità periodica +16. Montgomery (Dallas, Stati Uniti d’America) parzialmente nuvoloso +22. Avarua (Isole Cook, Oceania) soleggiato +29.
La notizia del giorno.
Dopo quasi 48 ore trovate sei persone vive intrappolate sotto l’hotel Rigopiano travolto dalla slavina.
(Splendida immagine dei Vigili del Fuoco)
È veramente con grande commozione che diamo la notizia che, a quasi 48 ore dalla valanga che ha sommerso l’hotel Rigopiano sul versante pescarese del Gran Sasso, alcune persone, poco dopo le 11.00 di questa mattina, sono state individuate dai soccorritori e tre di loro sono già state estratte e trasportate in discrete condizioni all’ospedale di Pescara per le cure del caso. Si tratta della moglie e del figlio di Giampiero Parete, il cuoco salvatosi perché era andato a prendere un medicinale in macchina e ha lanciato subito l’allarme su quanto accaduto. La donna, appena uscita, avrebbe detto ai soccorritori: “Andate da mia figlia è nella stanza accanto”, infatti manca ancora all’appello la bambina, Ludovica. Anche un altro bimbo Edoardo Di Carlo e i suoi genitori sono salvi. Secondo il sindaco di Osimo sarebbero salvi anche Domenico Di Michelangelo, sua moglie e il figlio. “È stato bellissimo, non credevano ai loro occhi e ci abbracciavamo”, ha raccontato il soccorritore che però avverte: “Più di tanto non si può andare avanti perché c’è il rischio che parti della struttura possano crollare”. E con l’aumento delle temperature “aumenta il rischio di nuove slavine, un rischio particolarmente elevato nell’area dietro l’albergo che rimane molto pericolosa”. Intanto non ci sono notizie ufficiali sui nomi dei superstiti e cresce l’attesa dei parenti, ospitati in una sala dell’ospedale di Pescara e assistiti dal personale e da psicologi dell’emergenza, mentre si attende che anche gli altri 4 individuati possano essere presto estratti e arriva notizia dai soccorritori che ci sarebbero altre 5 persone vive oltre le 6 già individuate. Non è il momento delle polemiche, ma ci sono state sottovalutazioni rispetto all’allerta meteo diramata nei giorni precedenti per la zona e ritardi nei soccorsi, sulla vicenda, infatti, il pm di Pescara Andrea Papalia ha aperto un’inchiesta per omicidio colposo. Intanto noi continuiamo a sperare nel miracolo che altre persone possano uscire vive dalla catastrofe.
Avvenimenti e Protagonisti del passato.
Inauguration day.
Il 20 gennaio, definito anche inauguration day, è la data tradizionale d’insediamento del presidente degli Stati Uniti d’America, che si teneva in origine il 4 marzo, quattro mesi dopo il giorno delle elezioni, ma fu spostata nel 1933, con il 20º emendamento, al mezzogiorno del 20 gennaio. L’insediamento del primo presidente degli Stati Uniti, George Washington, ebbe luogo il 30 aprile 1789 alla Federal Hall di New York, poi, nel 1801, Thomas Jefferson fu il primo presidente a entrare in carica a Washington, che divenne capitale federale solo quell’anno. Le celebrazioni durano generalmente dieci giorni, dal quinto precedente l’Inauguration Day al quinto successivo. Nel 1973, però, quelle del secondo insediamento di Nixon vennero funestate dalla morte di Lyndon Johnson il 22 gennaio e si interruppero per il funerale di stato. Per l’insediamento del presidente degli Stati Uniti la Costituzione statunitense impone in realtà un unico adempimento: che il Presidente presti un giuramento o comunque una dichiarazione solenne prima di entrare in carica, tuttavia, nel corso degli anni, sono sorte numerose prassi che hanno trasformato l’insediamento da spartana cerimonia sacramentale a vera e propria giornata di sfilate, discorsi e danze. Da quando Oliver Ellsworth amministrò l’insediamento di John Adams, nessun altro presidente della Corte Suprema ha mai mancato a questo ufficio in una cerimonia d’insediamento regolarmente programmata. Quando l’Inauguration Day è caduto di domenica, il giudice ha assistito al giuramento o il giorno stesso o altrimenti due volte: il sabato in privato e il lunedì in pubblico. La guerra del 1812 e la seconda guerra mondiale imposero di spostare la cerimonia da Washington. Dalla presidenza di Martin Van Buren a quella di Jimmy Carter la cerimonia principale dell’Inauguration Day si tenne nel portico est del Campidoglio, dal 1981, con l’insediamento di Ronald Reagan, si è invece svolta sul lato ovest. Gli insediamenti di William Howard Taft nel 1909 e dello stesso Reagan nel 1985 si tennero dentro il Campidoglio a causa del freddo. Oltre al pubblico, sono generalmente presenti alla cerimonia i membri del Congresso, i giudici della Corte Suprema, gli alti ufficiali militari e altri dignitari, anche il presidente uscente partecipa di solito all’insediamento del nuovo. La cerimonia d’insediamento, organizzata dal 1901 da un’apposita commissione parlamentare, si svolge secondo un preciso cerimoniale: a mezzogiorno inizia il nuovo mandato presidenziale e a quell’ora il presidente eletto presta giuramento, tradizionalmente nelle mani del presidente della Corte Suprema, con la formula prevista all’articolo II, sezione 1 della Costituzione: “Giuro solennemente di adempiere con fedeltà all’ufficio di presidente degli Stati Uniti, e di preservare, proteggere e difendere la Costituzione al meglio delle mie capacità.” Nella prestazione del giuramento non è richiesto l’uso di alcun libro, né in particolare di un testo sacro, la Costituzione non ne fa menzione, essendo però consuetudine, almeno nel XVIII-XIX secolo, usare la Bibbia nei giuramenti, così è generalmente avvenuto, Barack Obama usò la Bibbia di Lincoln. Subito dopo il giuramento, la banda esegue quattro rulli di tamburi e fanfare e l’inno Hail to the Chief, seguito da ventuno salve d’obice della Presidential Salute Battery (batteria d’omaggio presidenziale) del 3º reggimento di fanteria degli Stati Uniti. Dal 1937 anche il vicepresidente eletto presta giuramento nella stessa cerimonia e giura per primo. Dal 1953, poi, presidente e vicepresidente sono ospiti d’onore al pranzo tenuto presso il Congresso degli Stati Uniti subito dopo la cerimonia. Eccettuati il discorso sullo stato dell’Unione, la Red Mass e i funerali di stato, è questa l’unica altra occasione in cui presidente, vicepresidente e membri delle due Camere si radunano nello stesso luogo.
(Deputati sottoscrivono la costituzione degli Stati Uniti d’America di Howard Chandler Christy, 1940)
METEO
Roma (Italia, Europa) sereno +10. Livorno (Italia, Europa) idem. Ulan Bator (Mongolia, Asia) nuvoloso -33. Libreville (Gabon, Africa) per lo più nuvoloso +25. Dallas (Texas, Stati Uniti d’America) parzialmente nuvoloso +20. Apia (Samoa, Oceania) pioggia +27.
La notizia del giorno.
Una slavina spazza via l’hotel Rigopiano sul versante pescarese del Gran Sasso.
(Vigili del Fuoco al lavoro. Foto ANSA)
Una valanga d’inaudita grandezza, fatta di neve e detriti, staccatasi dalla montagna probabilmente per le forti scosse di terremoto che hanno colpito ieri l’Italia Centrale e per l’enorme quantitativo di neve caduta, ha travolto ieri pomeriggio l’hotel Rigopiano, nei pressi di Farindola, sul Gran Sasso. La slavina, di una forza inaudita e di immani proporzioni, è venuta giù in un tratto boschivo e, trascinando con sé con terribile violenza pezzi di roccia, alberi, detriti, ha investito le auto, il bestiame e l’albergo di lusso, che è stato completamente sommerso e spostato di dieci metri. L’allarme è stato dato da un superstite: Giampiero Parete, 38 anni, ha allertato Quintino Marcella, ristoratore e suo datore di lavoro che racconta: “Ieri sera ho ricevuto la chiamata di Giampiero alle 17.40. Mi chiedeva aiuto disperatamente. Diceva ‘è caduto, è caduto l’albergo’. Mi sono attivato subito, ho chiamato i soccorsi. Sono stato in contatto con lui più di una volta, fino alle 23. Poi mi ha richiamato stamattina dicendo che l’avrebbero portato in elicottero a Pescara”. E aggiunge: “Giampiero e tutti gli altri ospiti dell’albergo avevano pagato ed avevano raggiunto la hall, pronti per ripartire non appena sarebbe arrivato lo spazzaneve. Gli avevano detto che sarebbe arrivato alle 15, ma l’arrivo è stato posticipato alle 19. Avevano preparato già le valigie, tutti i clienti volevano andare via”. L’amico ha subito avvertito le istituzioni, ma non veniva creduto, alla fine la macchina dei soccorsi si è messa in moto e alle 4.40 le prime squadre di alpini sono giunte all’albergo, dopo aver percorso diversi chilometri sugli sci, in quanto le strade di accesso all’hotel erano bloccate da due metri di neve, caduta negli ultimi giorni. I soccorritori si sono trovati davanti una scena spettrale: l’albergo crollato e sommerso dalla neve, all’interno, quando sono riusciti ad entrare, luci accese, ma nessuna voce, piscina ed altri spazi comuni distrutti e coperti da cumoli di neve, rami di alberi e macerie. Nel resort a 4 stelle c’erano 34 persone:22 ospiti, 8 membri del personale dell’albergo e 4 persone non registrate. Al momento si contano 4 vittime, tra i dispersi alcuni bambini. I soccorritori lavorano in condizioni difficilissime, tra i dispersi risultano anche Alessandro Riccetti, 33 anni, di Terni, dipendente della struttura alberghiera, una coppia di giovani turisti marchigiani di Castignano, Marco Vagnarelli e Paola Tomassini, una coppia di Castel Frentano (Chieti), Luciano Caporale, 54 anni, e la moglie, Silvana Angelucci, 46 anni, c’è anche una famiglia di tre persone di Osimo (Ancona): madre, padre e il loro bimbo di 7 anni. Delle due persone che sono state tratte in salvo, una è in stato di ipotermia, ma non in pericolo di vita. “Sono salvo perché ero andato a prendere una cosa in automobile”, ha riferito ai medici Giampaolo Parete, che è riuscito poi a lanciare l’allarme ed è disperato perché sua moglie e i suoi due figli sono sotto le macerie dell’albergo. E’ stata aperta un’indagine da parte della Procura di Pescara sulla vicenda della valanga. L’ipotesi al vaglio del pm di turno, Andrea Papalia, per il momento, è omicidio colposo. “Le speranze di trovare persone in vita si riducono di ora in ora. In questo momento mi sento solo di abbracciare i familiari dei dispersi” ha detto il sindaco di Farindola, Ilario Lacchetta “E’ uno scenario tragico, c’è una grandissima frana che si è staccata dai 2.400 metri del monte Siella”.
Avvenimenti e Protagonisti del passato.
Janis Joplin for ever.
Era l’agosto del 1969 quando sul palco del famoso Festival di Woodstock, di fronte a 500.000 giovani, appassionati del rock, hippies, insieme ai musicisti emergenti, divenuti poi pietre miliari nella musica del rock e quelli già protagonisti e figure di riferimento della controcultura americana, si esibì, in una delle sue ultime apparizioni, Janis Joplin. Sarebbe morta a distanza di qualche mese, il 4 ottobre 1970, stroncata da una overdose di eroina in uno squallido motel di periferia a Los Angeles, aveva 27 anni. Entrava così nella lista di quello che in seguito verrà denominato il “Club dei 27”, espressione usata per riferirsi a quei numerosi artisti, prevalentemente cantanti rock, ma anche attori e personaggi dello spettacolo deceduti all’età di ventisette anni. La seguiranno Jimi Hendrix, Jim Morrison, Kurt Cobain e a distanza di anni Amy Winehouse. Janis Joplin fu la prima e la più importante figura femminile della musica tra gli anni Sessanta e Settanta e, tutt’oggi, viene unanimemente considerata la più grande voce bianca del blues d’ogni tempo. Janis nacque a Port Arthur, in Texas il 19 gennaio del 1943. Benché la sua carriera artistica sia durata solamente poco più di tre anni, tanto le bastò a tracciare nel firmamento della musica internazionale una scia luminosa indelebile, che continua ancora adesso a brillare immutata ad onta dei tanti anni trascorsi dalla sua prematura scomparsa. La sua voce inconfondibile, dura e aspra come carta vetrata, dalla incredibile estensione, la presenza scenica e l’intensità interpretativa, quel suo sputare anima e cuore dal palco, e il breve ardere della sua esistenza, questo ed altro ancora sono i motivi che ne determinano la metamorfosi da leggenda vivente a mito immortale. Condivise apertamente l’ideale “Peace & Love” che caratterizzò il movimento Hippy: oltre al Festival di Woodstock, partecipò al concerto in memoria di Martin Luther King. Il 17 giugno del 1967 al Monterey Jazz Festival, eseguì con personalità un’indimenticabile versione del brano “Ball and Chain” di Big Mama Thornton che ne registrò il trionfo. Lo stile emancipato di Janis fu votato alla difesa fra bianchi e neri e sostenuto da una particolare ammirazione per la musica delle sue cantanti blues preferite. Anche per questo, prima della propria morte, acquistò una lapide più dignitosa per Bessie Smith, deceduta a seguito di un incidente stradale e non soccorsa subito per via del colore della sua pelle. Nel 1969 Janis fu fermata dopo il concerto tenutosi il 17 novembre a Tampa, stato della Florida, schedata e denunciata dalle forze di polizia con le accuse di disturbo dell’ordine pubblico e linguaggio volgare e osceno tenuto sul palco; la corte decretò poi in suo favore, in quanto esercitava la libertà di espressione. Durante un concerto a Francoforte, dopo essere stata, al suo arrivo nella città, “assalita” da una fan, la invitò a salire sul palco, poi insistette perché salissero sul palco anche altri spettatori per ballare e cantare assieme a lei. È lei la protagonista della canzone di Leonard Cohen “Chelsea Hotel n°2”, nella quale il cantautore canadese rievoca una loro fugace storia avvenuta tra le lenzuola del mitico hotel. “Quella ragazza prova le stesse cose che sento io”, disse di Janis Joplin la grandissima cantautrice statunitense di musica blues Big Mama Thornton.
Mary Titton
METEO
Roma (Italia, Europa) per lo più soleggiato +10. Livorno (Italia, Europa) idem. Efeso (Turchia, Europa/Asia) per lo più soleggiato +12. Khartum (Sudan, Africa) sereno +34. Ventura (California, Stati Uniti d’America) nuvoloso +12. Alofi (Niue, Nuova Zelanda) parzialmente nuvoloso +25.
La notizia del giorno.
Italia centrale in ginocchio per nevicate eccezionali e nuove forti scosse di terremoto.
Stamattina, nell’Italia centrale, già provata dall’emergenza neve, che in alcuni centri ha formato cumuli di 2 metri di altezza, la terra ha tremato di nuovo ripetutamente, gettando nel panico e nella disperazione le popolazioni già provate, a cui sembra di vivere in un incubo senza fine. Quattro sono state le scosse di terremoto superiori a 5: la prima alle 10:25 a 3 km da Montereale di magnitudo 5.1, la seconda alle ore 11:14 di magnitudo 5.5, la terza alle 11:25 di magnitudo 5.4. Un’altra si è verificata nel pomeriggio, alle 14:34 con magnitudo 5.1. La zona interessata è sempre quella dell’Appennino centrale tra Marche, Umbria e Lazio, ma la faglia non fa parte della stessa struttura del terremoto del 24 agosto e di quella dell’ottobre scorso, pur facendo parte dello stesso sistema. I sismologi dell’Istituto nazionale di Geofisica e Vulcanologia parlano di effetto domino e sostengono che, come si aspettavano, il fenomeno si va spostando verso sud, verso l’Aquila, già interessata dal terremoto del 2009. Il sismologo Alessandro Amato ha dichiarato: “è un fenomeno nuovo nella storia recente per le modalità con le quali si è manifestato”. Per l’istituto di Geofisica e Vulcanologia non si è mai vista una serie di terremoti succedersi con queste modalità: la successione di quattro sismi di magnitudo superiore a 5 nell’arco di tre ore, purtroppo la previsione è che ci saranno altre scosse almeno di intensità pari a quelle più forti. Ad Amatrice è crollato quello che restava del campanile della chiesa di Sant’Agostino e la neve, come in altri centri, è tale che le persone non possono uscire dai containers e sono senza luce e senza riscaldamento. Situazioni davvero drammatiche, per le quali molti sindaci hanno chiesto l’intervento dell’esercito. Le scosse sono state avvertite nettamente anche a Roma, dove sono state chiuse temporaneamente le stazioni delle metro per le verifiche e sono state evacuate molte scuole per i controlli.
Avvenimenti e Protagonisti del passato.
Una collezione d’altri tempi.
Una straordinaria e suggestiva mostra, a Venezia dal 20 gennaio al 25 aprile, dal titolo “Prima dell’alfabeto. Viaggio in Mesopotamia alle origini della scrittura”, negli spazi di Palazzo Loredan, racconta quando come e perché è nata la scrittura. Per la prima volta nell’Istituto Veneto di Scienze Lettere ed Arti circa 200 preziosi reperti della collezione Ligabue, affiancati dalle opere provenienti dall’Archeologico di Venezia e dal Museo di Antichità di Torino, espone rarissime tavolette con iscrizioni cuneiformi e straordinari sigilli risalenti a oltre 5000 anni fa: sculture, placchette, armi, bassorilievi, vasi e intarsi che insieme rievocano la grande civiltà dell’antica Mesopotamia. La selezione delle opere curata da Frederick Mario Fales, dell’università di Udine, tra i maggiori assirologi e studiosi del Vicino Oriente Antico, promossa dalla Fondazione Giancarlo Ligabue, conduce il visitatore in un tempo lontanissimo quello di quasi 6000 anni fa nella Terra del Tigri e dell’Eufrate, culla della civiltà, luogo dove appare, per la prima volta, la scrittura, il mezzo di registrazione indispensabile dapprima per l’amministrazione dei nascenti stati cittadini e poi anche per mettere per iscritto la letteratura sumerica e accadica nelle scuole scribali. Gli abitanti della Mesopotamia alla fine del IV millennio a. C., i Sumeri, abitanti di Sumer, titolo usualmente tradotto come Signore, che significa colto, civilizzato, quindi “Luogo dei signori civilizzati, ritenuti i rappresentanti della prima civiltà stanziale della storia, inventarono questo mezzo di comunicazione straordinario, utilizzando tavolette d’argilla che venivano incise con uno stilo appuntito, realizzando inizialmente logogrammi, cioè disegni schematici degli oggetti citati, poi gradualmente semplificati attraverso la scomposizione delle figure in cunei, fino a raggiungere un vasto repertorio di segni sillabici (circa 600), dotati a seconda dei casi anche del valore di parole, e quindi utilizzati per scrivere termini astratti, non esprimibili da simboli o disegni schematizzati, attraverso la scomposizione in sillabe. Grazie al carattere simbolico dei segni, il cuneiforme, nato per scrivere il sumerico, poté essere impiegato, dalla metà del III millennio a. C., per la lingua semitica dei nuovi abitanti della Mesopotamia, gli Accadi, e successivamente il babilonese, l’amorreo, l’aramaico, l’assiro (tutte lingue e dialetti semitici), ma anche l’hittita, una lingua indoeuropea, e l’hurrita, lingua agglutinante di difficile classificazione. Poiché, dopo essere state iscritte, le tavolette venivano cotte al forno, l’argilla divenuta ceramica si è conservata per millenni nel terreno dei siti archeologici vicino-orientali e ci ha trasmesso un tesoro inestimabile. Questi reperti ci hanno tramandato un quadro vivo e diretto delle vicende storiche e politiche, dell’organizzazione sociale ed economica, della mitologia e della religione dei popoli della Mesopotamia, dell’Iran occidentale, della Turchia e della Siria. I testi cuneiformi conservati nei musei di tutto il mondo hanno restituito un immenso patrimonio culturale ancora in gran parte da tradurre e divulgare. Le preziose tavolette esposte a Palazzo Loredan “raccontano di commerci di legname o di animali (pecore, capre, montoni o buoi), di coltivazioni di datteri e di orzo per la birra, di traffici carovanieri tra Assur e l’Anatolia, di acquisti di terreni e di case con i relativi contratti e le cause giuridiche. Celebrano Gudea, signore possente, principe di Lagash, promotore di grandi imprese urbanistiche e architettoniche o prescrivono le cure per una partoriente afflitta da coliche, con incluso l’incantesimo da recitare al momento del parto, o testimoniano l’adozione di un bimbo ittita da parte di una coppia, o ancora le missive tra prefetti di diverse città-stato. Di particolare interesse i sigilli cilindrici, generalmente realizzati in pietre semipreziose, come i lapislazzuli, l’ematite, la cornalina, l’agata, il serpentino, il diaspro rosso o verde, il cristallo di rocca. Accanto alle iscrizioni, venivano ideati motivi iconografici sempre più raffinati, differenziati per periodi e aree geografiche e per tale ricercatezza furono spesso riutilizzati, diffondendosi anche come amuleti, ornamenti, oggetti votivi”. Una collezione d’altri tempi, tra reperti e apparati multimediali, come ama sottolineare il professor Fales, quella messa insieme da Giancarlo Ligabue, imprenditore ma anche archeologo, paleontologo e grande esploratore, studioso appassionato della ricerca e del sapere, scomparso nel gennaio 2015. La scoperta di queste civiltà antiche dell’Assiria, definita anche “la Mezzaluna fertile”, per la sua configurazione geografica e le valli fertili dei fiumi della regione, evocativa di suggestioni dal fascino de “Le Mille e una notte”, attualmente martoriata e devastata dalla guerra e dal terrorismo, che hanno reso inaccessibile il suo patrimonio di bellezza e conoscenza, la si deve a grandi uomini dal cuore avventuroso, scienziati di prim’ordine e persone di mondo, dediti alla politica ed esperti in tutte le arti del commercio con gli uomini: essi seppero unire l’attività nel campo dello spirito umano a un alto senso delle necessità politiche. L’oscurità in cui era avvolta la Mesopotamia agli occhi del mondo europeo si dissipò di colpo nel 1843 quando Paul Emile Botta, console di Francia a Mosul, fuggiva l’afa dei bazar, quando il sole tramontava, per una cavalcata ristoratrice ed osservava le “strane” colline, con la sommità piana e i margini ripidi disseminate nel deserto. Non era stato il primo a restarne colpito. Altri viaggiatori avevano già formulato il sospetto che esse celassero delle rovine. Ogni sera, dopo aver chiuso l’ufficio, egli esplorava con costanza senza eguali la campagna intorno a Mosul. Botta era diplomatico e sapeva utilizzare le relazioni sociali, non era però archeologo, per la sua indagine archeologica aveva a disposizione la conoscenza della lingua, l’abilità acquistata nel corso dei suoi viaggi nell’intrattenere rapporti amichevoli coi fedeli del profeta, e una illimitata capacità lavorativa, che non era stata spezzata neppure dal clima micidiale. Non si scoraggiò di fronte a sempre nuovi e vani tentativi, andando avanti senza essere sostenuto da nessuna prova sicura, ma spinto solo dalla vaga idea che quelle colline misteriose dovevano pur contenere del materiale degno di essere scavato, giorno per giorno, settimana per settimana, mese per mese fino a che, vennero alla luce, singolari figure, uomini barbuti, fiere alate, forme lontane da tutto quanto si poteva immaginare, come non ne aveva viste nemmeno in Egitto e come mai si erano mostrate ad occhio europeo. E allora Botta non potè dubitare di aver scoperto, se non l’intera Ninive, almeno uno dei più splendidi palazzi degli antichi re assiri e proclamò la notizia al mondo, alla Francia, a Parigi! Dopo l’impresa da pioniere di Botta e le successive scoperte di Austen Henry Layard (archeologo, diplomatico, politico che nel 1845 cominciò gli scavi, tra l’altro, nella collina di Nimrud, da cui vennero alla luce le mura di due palazzi assiri, di cui uno riconducibile al re assiro Assurnasirpal. Le sculture colossali e le opere ritrovate vennero trasportate per mare al British Museum di Londra, a cui si aggiunsero le scoperte di un audace inglese, che per copiare un’iscrizione, si fece calare con una carrucola lungo la parete di una roccia) i risultati di scavo, le scoperte, le decifrazioni, le rettifiche e le nozioni di linguistica e di storia generale dei popoli antichi, concorsero a formare, in un solo decennio, una costruzione scientifica così solida da fornire, già verso la metà del secolo scorso tutti gli strumenti necessari per elaborare ogni ulteriore scoperta.
Mary Titton
(Particolare del re Assurnasirpal con iscrizioni cuneiformi accadiche, British Museum di Londra)
METEO
Roma (Italia, Europa) sereno +7. Livorno (Italia, Europa) parzialmente nuvoloso +6. Seul (Corea del Sud, Asia) nebbia -4. Tunisi (Tunisia, Africa) parzialmente nuvoloso +9. Nashville (Tennessee, Stati Uniti d’America) nuvoloso +10. Kingston (Giamaica, Oceania) per lo più soleggiato +29.
La notizia del giorno.
UE: Tajani nuovo presidente del parlamento europeo.
Oggi, a Strasburgo, è stato scelto il successore di Martin Schulz, che lascia Bruxelles per tornare a fare politica in Germania ed è stato eletto al quarto turno presidente del parlamento europeo Antonio Tajani, candidato Ppe alla presidenza dell’Europarlamento, sostenuto anche dai Liberaldemocratici di Alde e dai conservatori di Ecr. Il candidato del Partito Popolare Europeo ha infatti ottenuto al ballottaggio 351 voti contro i 282 dell’avversario socialdemocratico Gianni Pittella, che si è avvicinato per salutarlo e congratularsi con lui. Tajani, da anni vicepresidente del Ppe, fu eletto per la prima volta al Parlamento europeo 23 anni fa e dal 2008 al 2014 è stato Commissario europeo, dapprima ai Trasporti e poi, per quasi cinque anni, all’Industria. Antonio Tajani, dopo aver frequentato il Liceo Torquato Tasso ed essersi laureato in giurisprudenza all’Università la Sapienza di Roma, è stato ufficiale dell’Aeronautica Militare Italiana: dopo la frequenza del corso di alta specializzazione della difesa aerea a Borgo Piave di Latina, è stato controllore della difesa aerea presso la base radar di San Giovanni Teatino. È stato poi giornalista professionista e giornalista parlamentare, redattore de “Il Settimanale”, conduttore in Rai del Gr1, responsabile della redazione romana de “Il Giornale”, inviato speciale in Libano, Unione Sovietica e Somalia. Per quanto riguarda la carriera politica è stato nel 1994 uno dei fondatori di Forza Italia, quindi coordinatore regionale del partito nel Lazio dal 1994 al 2005, portavoce del presidente del Consiglio nel governo Berlusconi I (1994-95). Si ritrova a Bruxelles per un incidente di percorso: candidato in un collegio laziale alla Camera, una irregolarità formale nella presentazione della lista ne determinò l’esclusione, Berlusconi in compenso lo spinse a candidarsi alle Europee e nel giugno ’94 venne eletto. Da allora è rimasto in Europa come europarlamentare o commissario europeo, ha rinunciato all’indennità transitoria di fine mandato che gli sarebbe spettata in quanto ex vicepresidente della Commissione: un ammontare di circa 13 mila euro al mese per tre anni, quindi 468 mila euro totali che Tajani ha scelto di non ricevere per una “scelta di coscienza”.
Avvenimenti e Protagonisti del passato.
La first lady che ha reso la Casa Bianca “un luogo che appartiene a tutti”.
“Sono così orgogliosa del presidente degli Stati uniti e di quello che abbiamo realizzato insieme. Un incredibile viaggio compiuto con grandi persone. Ti amo Barack”. Sono le parole d’amore che Michelle LaVaughn Robinson, moglie del 44º presidente degli Stati Uniti d’America Barack Obama, ha affidato a un tweet corredato da una vecchia foto in bianco e nero della famiglia Obama al completo, facendo eco a quelle di omaggio e di ringraziamento del Presidente uscente, che ha definito Michelle la sua “migliore amica”. Ma chi è Michelle Obama, la donna che, ha detto ancora il Presidente, commosso, nel suo discorso d’addio di Chicago, ha saputo ricoprire il ruolo di first lady con “grazia, grinta, stile e buon umore”? Michelle, che oggi compie 53 anni, nasce il 17 gennaio 1964 a Chicago, che lascia nel 1981 per intraprendere gli studi che la porteranno a laurearsi presso la Princeton University e la prestigiosa Harvard Law School con una tesi di laurea sulle divisioni razziali a Princeton, mostrandosi determinata a conseguire il traguardo, “ancora più consapevole del suo essere nera”. Poi, tornata a Chicago, lavora come avvocato associato nella società di rappresentanze legali Sidley Austin, che lascia per il servizio pubblico, ricoprendo l’incarico di assistente del sindaco, poi di direttore esecutivo dell’Ufficio degli Affari pubblici della città, infine entrando a far parte dell’Università di Chicago come vice-rettore ai servizi per gli studenti, sviluppando i primi programmi di servizio sociale della scuola. Certamente una svolta determinante nella sua vita è stato l’incontro, nel 1989, durante uno stage estivo da Sidley Austin, con Barack Obama, che Michelle, affascinata dal suo impegno politico e sociale, sposò nel 1992, avendo poi da lui due figlie, Malia Ann (nata il 4 luglio 1998) e Natasha, soprannominata Sasha, (nata il 10 giugno 2001). Questa figlia di una famiglia della piccola borghesia nera, con antenati schiavi ma anche schiavisti, mandata a studiare giurisprudenza nelle prestigiose università dell’Ivy League, durante la carriera politica di Obama e il suo doppio mandato alla Casa Bianca, non è vissuta nella scia dell’ombra dell’importante marito, come altre first ladies, che si sono limitate a ricoprire il ruolo di consorte, ma, con la sua personalità forte e radicale anche nelle sue idee politiche, ha impresso un’impronta incancellabile agli anni della presidenza Obama, ritagliandosi dei suoi spazi e attivandosi in iniziative e campagne complementari alle politiche del marito. Sebbene Michelle abbia fatto campagna elettorale per aiutare suo marito fin dall’inizio della sua attività politica stringendo le mani a molte persone e facendo delle raccolte di fondi, non ha mai considerato questa attività come preponderante nella sua vita e si è sempre mostrata poco incline al compromesso, come quando dopo la vittoria del 2008, a Milwaukee, in Wisconsin, affermò: “For the first time in my adult life, I am proud of my country because it feels like hope is finally making a comeback” (“Per la prima volta nella mia vita adulta, io sono fiera del mio paese perché sento che la speranza sta finalmente ritornando”), discorso che suscitò molte critiche dei commentatori e dei media, che la etichettarono come una “donna nera arrabbiata”, costringendola a rispondere: “Barack e io siamo stati di pubblico dominio per molti anni e ci siamo fatti la pelle dura durante il percorso. Quando si è fuori a fare campagna, ci saranno sempre delle critiche. Io prendo tutto così come viene e alla fine della giornata so che arriverò alla fine.” Anche durante la prima serata della convention democratica del 2008 si mostrò un’oratrice carismatica nel rappresentare se stessa e la sua famiglia come la materializzazione del Sogno americano: descrisse il marito come un uomo di famiglia e sé stessa come non diversa da molte altre donne, raccontò anche dei contesti sociali da cui lei e suo marito provenivano e della convinzione comune ad entrambi che bisogna lavorare duramente “per ciò che si vuole raggiungere nella vita”. Durante gli otto anni di permanenza alla Casa Bianca ha promosso iniziative, come “Let’s Move!” concentrata sull’educazione alimentare e allo sport, rivolta ai più giovani, spesso affetti da obesità, o “Let Girls Learn”, la battaglia per promuovere l’istruzione delle ragazze di tutto il mondo. La signora Obama ha piantato pure la Casa Bianca Kitchen Garden, il primo orto importante alla Casa Bianca e ha invitato gli studenti provenienti da tutto il paese a piantare e raccogliere ogni anno, l’orto è diventato un simbolo nazionale per coltivare cibo sano e insegnare ai bambini la provenienza degli alimenti e i benefici di una sana alimentazione. Michelle è stata una first lady che ha portato nelle istituzioni americane una ventata di innovazione e speranza, invitando soprattutto i giovani a credere in se stessi e, in perfetta consonanza con “Yes we can” del marito, nel Sogno americano, come ha fatto anche nell’ultimo discorso da first lady tenuto il 6 gennaio agli studenti che ha così esortato: “Non abbiate paura, concentratevi. Siate determinati. Abbiate speranza. Credete in voi stessi e datevi la possibilità di una buona istruzione. Poi costruite un paese che si meriti le vostre illimitate capacità … Sappiate che io sarò con voi, tifando per voi e lavorando per aiutarvi per il resto della mia vita.”
METEO
Roma (Italia, Europa) parzialmente nuvoloso +9. Livorno (Italia, Europa) parzialmente nuvoloso +7. Kyoto (Giappone, Asia) nuvoloso +2. Bamako (Mali, Africa) sereno +30. Carmel by the Sea (California, Stati Uniti d’America) nuvoloso +11. Camberra (Australia) nuvoloso +18.
La notizia del giorno.
L’Italia nella morsa di una nuova ondata di gelo.
Dopo il freddo intenso, con minime anche di -13 nel giorno dell’Epifania e in quelli successivi, una nuova ondata di gelo artico ha colpito l’Italia con nevicate soprattutto al Centro-Sud, mentre a Nord il tempo resta più asciutto, ma particolarmente freddo e Milano nei giorni scorsi si è fatta cogliere impreparata perché 1.300 persone sono finite in traumatologia per cadute sul ghiaccio. La neve continua a cadere sulla Sardegna e anche su Umbria, Marche, Abruzzo Molise e Basilicata a partire dai 100-300 metri e localmente anche a quote di pianura, con quantitativi che in Umbria saranno da deboli a moderati, mentre sulle altre Regioni si prevedono abbondanti o molto abbondanti. Il Dipartimento della Protezione Civile, d’intesa con le Regioni coinvolte, ha emesso un ulteriore avviso di condizioni meteorologiche avverse in particolare sulle zone terremotate, dove davvero gravi sono i disagi della popolazione. Le scuole sono rimaste chiuse in molti centri di Puglia, Molise, Basilicata e Sardegna. Particolari disservizi si sono registrati in molti comuni nell’erogazione dell’energia elettrica e dell’acqua per il gelo delle condutture: migliaia di utenti sono rimasti senza luce e senza acqua. Poi c’è la situazione di coloro che vivono per strada per scelta o per necessità, alcuni dei quali sono stati trovati morti per il freddo, ultimo un uomo di 53 anni, trovato senza vita in piazza Vespri a Canicattì. Anche a Roma in questi giorni il freddo è pungente e la Caritas e altre associazioni di Volontariato cercano di venire in aiuto ai senza fissa dimora fornendo loro coperte, cibi e bevande calde. La Comunità di Sant’Egidio, vista l’emergenza freddo di questi giorni, da sabato 7 gennaio ha aperto la chiesa di San Callisto in Trastevere per dare riparo notturno ai senza tetto che non hanno altro rifugio. Sono trenta le persone, fra italiani e stranieri, che normalmente vivono per strada, attualmente ospitati per la notte nella chiesa e nei locali attigui, opportunamente riscaldati e provvisti di letti e coperte. Gli ospiti possono cenare, dalle ore 19 in poi, presso la vicina mensa di Via Dandolo e poi accedere, tra le 20 alle 22, alla chiesa di San Callisto, dove ognuno di loro viene preso in carico dai volontari e accompagnato nella ricerca di soluzioni alle sue necessità materiali e di salute.
Avvenimenti e Protagonisti del passato.
1991: Operazione “Desert storm” contro l’Iraq.
Il 16 gennaio 1991 gli Stati Uniti preannunciarono l’intenzione di fare guerra all’Iraq e il 17 gennaio, 18 ore e 38 minuti dopo la scadenza dell’ultimatum dell’ONU, alle 2:38 del mattino ora di Baghdad, ebbe inizio la prima guerra del Golfo, la più imponente azione militare alleata dal 1945 in poi, il conflitto che oppose l’Iraq ad una coalizione composta da 35 stati formatasi sotto l’egida dell’ONU e guidata dagli Stati Uniti, che si proponeva di restaurare la sovranità del piccolo emirato del Kuwait, dopo che questo era stato aggredito dall’Iraq. Infatti la causa scatenante fu l’invasione, il 2 agosto 1990, da parte del raʾīs (presidente) iracheno Saddam Hussein, del vicino Stato del Kuwait per via delle sue grandissime riserve di petrolio. L’invasione provocò l’immediata condanna da parte dell’ONU, che chiese il ritiro delle truppe irachene e il 6 agosto, con la risoluzione 661, stabilì delle sanzioni economiche contro l’Iraq, infine con la risoluzione numero 678, approvata dal Consiglio di Sicurezza il 29 novembre, lanciò un ultimatum, imponendo il ritiro delle truppe irachene per la mezzanotte del 15 gennaio 1991 (Eastern Standard Time, altrimenti ore 8:00 am del 16 gennaio 1991 ora locale) ed autorizzando “tutti i mezzi necessari per sostenere e implementare la risoluzione 660”, una formula diplomatica per l’approvazione dell’uso della forza. Così iniziarono da parte della coalizione con a capo gli USA di George Bush senior le operazioni di aria e di terra, che furono chiamate dalle forze armate della coalizione “Operation Desert Storm”, motivo per cui spesso ci si riferisce a questa guerra usando la locuzione “Tempesta nel deserto”. L’intervento della coalizione anti-irachena trovò la sua motivazione più concreta nelle risorse di petrolio e nel blocco dei capitali kuwaitiani sulle piazze finanziarie americane, asiatiche ed europee, causato dall’invasione irachena. Alle operazioni di guerra volte alla distruzione di obiettivi militari, tra cui lanciatori di missili Scud-B, siti contenenti armi di distruzione di massa, centri di ricerca militari e forze navali, ma che, nonostante le cosiddette bombe intelligenti a guida laser, colpirono anche strutture civili, provocando centinaia di morti, ha partecipato anche l’Italia, dopo polemiche in parlamento e pubbliche manifestazioni, perché secondo l’art. 11 della nostra Costituzione l’Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali, inviando la fregata Zeffiro e 8 cacciabombardieri Tornado IDS, di cui uno nella notte fra il 17 e 18 gennaio fu colpito dalla contraerei irachena, costringendo a lanciarsi con il seggiolino eiettabile i due aviatori, Bellini e Cucciolone, che vennero immediatamente catturati dalle truppe irachene e furono rilasciati solo il 3 marzo, a guerra terminata. Il conflitto causò 100.000 vittime tra i civili iracheni e tra 50.000 soldati statunitensi sui 700.000 mandati a combattere la “guerra tecnologica”, la cosiddetta Sindrome della guerra del Golfo, una malattia che intaccava il sistema immunitario ed era da attribuirsi a vaccini sperimentali contro l’antrace che il Pentagono fece iniettare a tutti i militari indistintamente, per cui i figli di questi soldati nacquero con gravi malformazioni e malattie incurabili come la mancanza di organi interni, paralisi, problemi respiratori. Quali le conseguenze di questo conflitto, non lontano negli anni, che nel tempo ha portato alla destabilizzazione di quell’area? Il presidente statunitense Bush Senior si attenne al mandato dell’ONU, evitò di penetrare in profondità in territorio iracheno e di rovesciare il regime di Saddām, anche per timore che un vuoto di potere portasse ad una situazione ancora peggiore, come una guerra civile in Iraq o un allineamento fra Iran e Iraq, optò invece per una politica di contenimento: costrinse l’Iraq a rinunciare alle armi di distruzione di massa (Weapons of Mass Destruction o WMD), armi chimiche, biologiche e nucleari ed ai missili a medio-lungo raggio; spinse i paesi della regione ad ospitare basi statunitensi, che servirono alle aviazioni di USA e UK per imporre all’Iraq due no fly zones (regioni entro le quali l’ONU aveva vietato i voli militari iracheni), una nel nord, che favorì la formazione di un’entità curda quasi indipendente da Baghdad ed una nel sud del Paese, che non impedì la repressione della ribellione degli sciiti del sud, mantenne le sanzioni economiche imposte nell’agosto 1990, in seguito leggermente allentate attraverso l’introduzione del programma Oil for Food, che permetteva all’Iraq di vendere petrolio in cambio di generi di prima necessità. Tuttavia, dopo l’amministrazione Clinton, con l’ascesa alla presidenza statunitense di Bush junior (2001) e specialmente dopo gli attentati terroristici dell’11 settembre 2001, gli Stati Uniti si dimostrarono sempre più insofferenti di questa situazione, tanto che nel 2003 raccolsero una seconda coalizione e rovesciarono il regime di Saddam Hussein con un seconda guerra in Iraq, che spezzò i fragili equilibri regionali, sconvolgendo il Medio Oriente e favorendo la nascita del terrorismo dell’Isis, ispiratore, purtroppo, degli attacchi sul territorio e in Europa.
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Roma (Italia, Europa) coperto +5. Livorno (Italia, Europa) parzialmente nuvoloso +4. Vientiane (Laos, Asia) sereno con nuvolosità periodica +22. Abuja (Nigeria, Africa) sereno +31. Caracas (Venezuela, America del Sud) lievi rovesci di pioggia +23. Hobart (Tasmania, Australia) sereno +14.
A Dirce con immenso amore. Raffaella e Mary
La notizia del giorno.
Migranti minorenni, vulnerabili e senza voce.
Oggi si celebra la Giornata Mondiale del Migrante e del Rifugiato, dedicata al tema “Migranti minorenni, vulnerabili e senza voce”. Papa Francesco all’Angelus ha detto: “Questi nostri piccoli fratelli, specialmente se non accompagnati, sono esposti a tanti pericoli, e vi dico che sono tanti. È necessario adottare ogni possibile misura per garantire ai minori migranti la protezione e la difesa, come anche la loro integrazione”. Quello dei minori è un vero e proprio dramma, perché arrivano da soli (nel 2016 quelli non accompagnati sono stati 25.000), a volte perché i genitori sono morti in mare, e spesso di loro si perdono le tracce e non se ne sa più niente, sono 6.500 i ragazzi scomparsi. Possiamo solo immaginare a quali tristi eventi vadano incontro, vittime di abusi sessuali e della criminalità. Sicuramente non si può restare indifferenti, come ha sollecitato anche il Presidente della Repubblica, il Governo deve fare di più e attrezzarsi perché questi ragazzi, come alcuni di loro hanno chiesto in una lettera al papa, possano ricevere protezione ed istruzione adeguate. Il papa ha poi aggiunto: “Cari amici, vi auguro di vivere serenamente nelle località che vi accolgono, rispettandone le leggi e le tradizioni e, allo stesso tempo, custodendo i valori delle vostre culture di origine. L’incontro di varie culture è sempre un arricchimento per tutti! …” La Giornata dedicata ai profughi è stata istituita dopo la prima guerra mondiale quando furono migliaia le persone che scappavano dai propri paesi, nel nostro tempo la fuga dalla Siria e dall’Africa verso l’Europa è divenuta una vera emergenza umanitaria. Mentre i migranti provenienti da Est sono bloccati nel gelo dei Balcani, nel Mediterraneo Centrale non si fermano le tragedie del mare, come l’ultima, di oggi, che ha visto la morte di 2 giovani migranti durante la traversata del Mediterraneo, prima di arrivare in 300 al porto di Messina a bordo della nave umanitaria Aquarius. Solo un accordo e uno sforzo comune dei paesi della UE potrebbe aiutare a risolvere tale gravissima situazione, ma finora stanno prevalendo solo le chiusure e gli interessi di parte come nel caso dell’Austria, dell’Ungheria e della Bulgaria.
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Roma (Italia, Europa) nuvoloso +6. Livorno (Italia, Europa) soleggiato +7. Astana (Kazakistan, Asia) sereno -16. Tripoli (Libia, Africa) sereno +10. Houston (Texas, Stati Uniti d’America) lievi rovesci di pioggia +20. Darwin (Australia) soleggiato +30.
La notizia del giorno.
Gentiloni subito al lavoro dopo l’intervento di angioplastica.
Il presidente del Consiglio Paolo Gentiloni, dopo aver lasciato il policlinico Gemelli, dove era stato ricoverato martedì sera per un intervento di angioplastica e l’impianto di uno stent, è tornato subito al lavoro e ha presieduto a Palazzo Chigi una riunione del Consiglio dei ministri, iniziata dopo le 12,30 e conclusasi verso le 14.00. Il Consiglio dei ministri, dopo aver accolto il premier con un abbraccio, ha dato il via libera definitivo a tre decreti legislativi sulle unioni civili, completando così l’iter di attuazione della legge in materia di unioni civili tra persone dello stesso sesso. Durante la seduta è avvenuto pure l’esame preliminare di 5 decreti attuativi della legge sulla Buona Scuola. Secondo quanto riferiscono fonti del Miur, le deleghe riguardano: inclusione scolastica; cultura umanistica; diritto allo studio; formazione iniziale e accesso all’insegnamento nella scuola secondaria di primo e secondo grado; istruzione professionale; scuole italiane all’estero; sistema integrato di istruzione dalla nascita fino a sei anni; valutazione, certificazione delle competenze ed Esami di Stato. I provvedimenti vanno ora in Conferenza Unificata per l’apposito parere e alle competenti Commissioni parlamentari. Bisognerà attendere per vedere quanto prevedono nel merito i decreti. Intanto Gentiloni, al termine del Consiglio, ha dichiarato in un twitter: “Le riforme non si fermano”.
Avvenimenti e Protagonisti del passato.
La ribellione nell’Arte.
Anche se la morte, come sostengono alcuni, è una forma di vita ad un altro livello, questo pensiero non ci consola della perdita avvenuta, in forma massiccia nel 2016, di artisti iconoclasti del XX secolo, celeberrimi musicisti, cantanti, attori, personaggi del mondo della cultura, dello spettacolo e dello sport. In particolare il 2016 passerà alla storia come l’anno nero della musica. All’inizio dell’anno, all’età di 69 anni, il camaleontico, ecclettico, immenso artista rock, Davis Bowie è tornato sul suo pianeta d’origine, dopo averci lasciato un ultimo album “Blackstar”, uscito lo stesso giorno del compleanno e che resterà il suo testamento. L’ultima star che si è spenta è stata George Michael morto all’età di 53 anni per un infarto. Nel corso dell’anno un susseguirsi di celebrità quali Prince, icona del pop, Leonard Cohen, cantautore e poeta sublime, Paul Kantner, membro dei Jefferson Airplan, Keith Emerson, fondatore degli Emerson Lake & Palmer e Gregory Stuart, “Greg” Lake, Merle Haggard star del country, Rick Parfitt degli Status Quo, morto la viglia di Natale a poche ore da George Michael. Anche Muhammad Ali, Carrie Fischer e molti altri hanno decretato, con la loro scomparsa la fine di un’epoca. La loro musica, la loro arte non si limitavano a “intrattenere” il pubblico, esse sono servite, invece, a svegliare le coscienze, a innescare reazioni, ad accendere fuochi nei cuori, a riscaldare lo spirito e il corpo, a spingere qualcuno a correre, a cercare e a sognare. La generazione di questi artisti di avanguardia seppe catturare con precisione il sapore, il sentimento, il fremito di un’epoca nella quale si pensava veramente che il mondo potesse cambiare, che le canzoni, il pacifismo e l’amore fossero dei semi in grado di far fiorire una leggendaria “Era dell’Acquario”. I loro concerti, canzoni, eventi hanno portato la musica al di là di se stessa, l’hanno mescolata in maniera singolare e indelebile alla vita, hanno fatto in modo che la fusione tra arte ed esistenza fosse completa, totale, fondamentale. Prima degli anni sessanta, anzi prima del 1954, con il primo concerto di Elvis Presly, le persone non avevano mai sperimentato sulla loro pelle quel miscuglio di energia, musica e liberazione che si prova in modo interattivo coi musicisti nei concerti. Un’epoca di eccessi, sperimentazione, trasgressività nella ricerca spasmodica di un’identità autentica, con la voglia di essere “altrove”, senza etichette o definizioni imposte. Le persone stravaganti, eccentriche, i matti e i poveri potevano veramente creare un’arte innovativa e originale, ne avevano l’opportunità, c’era più benessere e le idee circolavano liberamente nell’aria, bastava coglierle. Come ad esempio George Michael che poteva allo stesso tempo essere un soul boy e un dole boy (uno che vive con il sussidio di disoccupazione), come in Bad boys degli Wham! È normale essere tristi perché questi personaggi unici muoiono nel momento storico in cui la cultura che li ha creati sta crollando; se ne sono andati nel momento in cui abbiamo la sensazione di averne più bisogno e si è convinti di aver perso qualcosa di insostituibile, senz’altro l’innocenza, certamente la libertà d’espressione e lo spirito comunitario. L’austerità economica e l’autoritarismo hanno chiuso bruscamente e violentemente ogni forma di apertura e di sensibilità verso le manifestazioni di solidarietà, verso la mobilitazione e l’impegno sociale. Con i “nostri eroi” è scomparsa una realtà che rendeva le persone sicuramente più felici. Spesso ci dimentichiamo che gli spazi di libertà conquistati non sono irreversibili, che nel mondo ci sono sempre nuove sfide da superare e battaglie da affrontare. Quaggiù gli agguati sono sempre dietro l’angolo, nell’eterna lotta tra il bene e il male: bisogna solo scegliere da che parte stare.
Mary Titton
METEO
Roma (Italia, Europa) sereno con qualche nuvola +5. Livorno (Italia, Europa) sereno +5. Jaipur (Rajasthan, India, Asia) nebbia e fumo +14. Maputo (Mozambico, Africa) sereno +16. San Diego (California, Stati Uniti d’America) soleggiato +16. Nouméa (Nuova Caledonia, Oceania) soleggiato +24.
La notizia del giorno.
Fiat Chrysler ribatte alle accuse dell’Epa di aver falsato i dati sulle emissioni di ossidi di azoto (NOx).
L’Agenzia per la protezione dell’ambiente degli USA (Epa) ha ufficializzato di aver notificato alla casa automobilistica Fca violazioni del Clear Air Act, ovvero delle norme sulle emissioni, su circa 104.000 veicoli. La tesi dell’Epa è che Fca “ha installato senza comunicarlo un software di gestione delle emissioni nei modelli Jeep Grand Cherokees e Dodge Ram 1500 prodotti nel 2014, 2015 e 2016 con motori diesel a tre litri venduti in Usa”. L’Agenzia ha specificato: “Ha schivato le regole ed è stata scoperta. Possibili sanzioni civili”, ha minacciato pure una multa pari fino a 44.539 dollari per veicolo, per un totale di 4,6 miliardi. Dopo il Dieselgate che aveva travolto Volkswagen, ora a trovarsi nell’occhio del ciclone è l’ex azienda torinese guidata da Sergio Marchionne, che si è subito detto “molto disturbato” per il modo in cui è stata resa pubblica la notizia, precisando che “Non c’è nulla in comune fra il caso Volkswagen e quello Fca”. Infatti, sempre secondo quanto dichiarato da Fca, la differenza con il caso Volkswagen è che il software presente nei motori diesel del costruttore tedesco denunciava livelli di emissioni più bassi di quelli reali durante i test per poi funzionare normalmente in fase di marcia, invece il sistema Scr presente nei motori della Grand Cherokee e della Dodge Ram 1500 funziona sempre allo stesso modo. Quindi secondo Marchionne non c’è stato nessun tentativo di frodare i controlli, anzi il gruppo da lui guidato si dice pronto a collaborare con rappresentanti dell’Epa e della nuova amministrazione americana per risolvere la questione in modo corretto ed equo, rassicurando l’Epa e i clienti di Fca Us sul fatto che i veicoli diesel della società rispettano tutte le normative applicabili. Per la Commissione europea le accuse dell’Epa sono preoccupanti e da verificare per le possibili implicazioni per i veicoli venduti nell’Ue, mentre il ministero dei Trasporti comunica che i veicoli Fca Us Llc non sono omologati in Italia. Intanto le azioni Fca si rialzano dopo il -16% registrato ieri a Milano (e il -10% a Wall Street), mentre il titolo Renault è crollato in Borsa del 4% dopo la notizia che tre giudici francesi indagheranno sui dispositivi utilizzati da Renault per controllare le emissioni dei suoi motori diesel che si sospetta siano truccati.
Avvenimenti e Protagonisti del passato.
Le Verità nascoste.
Il 13 gennaio 1898 Emile Zola pubblica sul quotidiano “L’Aurore” il più famoso “j’accuse” della storia, una lunga lettera aperta al presidente francese Felix Faure in difesa del capitano Alfred Dreyfus accusato, dalla Francia, di tradimento. Dreyfus, un ufficiale ebreo impiegato presso il Ministero della Guerra, viene accusato di aver rivelato segreti relativi alla difesa all’addetto militare tedesco a Parigi. Arrestato, dopo un giudizio sommario, Dreyfus viene degradato e condannato alla deportazione a vita nell’isola del Diavolo (Guyana francese). Zola nel suo “J’accuse” indica con nome e cognome i responsabili della condanna di un innocente firmando una delle più grandi requisitorie contro la ragion di Stato che siano state pronunciate. Una denuncia che rimarrà nella storia, da un lato per la forza e il coraggio che esprime nel voler difendere i valori di giustizia e di libertà e, dall’altro, per il richiamo al principio di responsabilità degli intellettuali. L’affaire Dreyfus fu il maggiore conflitto politico e sociale della Terza Repubblica, scoppiato in Francia sul finire del XIX secolo, che divise il Paese dal 1894 al 1906, a seguito dell’accusa di tradimento con la Germania mossa al capitano alsaziano di origine ebraica, il quale era innocente. Il vero responsabile era difatti il colonnello Ferdinand Walsin Esterhazy. L’affaire costituì lo spartiacque nella vita francese tra i disastri della Guerra franco-prussiana e la Prima Guerra Mondiale: lacerò l’esercito francese, costrinse ministri a dimettersi, creò nuovi equilibri e raggruppamenti politici, spinse a un tentato colpo di stato e portò la paranoia che condusse alla quasi catastrofica guerra Anglo-francese nel 1898. Espose, inoltre, con crudeltà le profonde divergenze esistenti all’interno della stessa società francese. Si crearono e scontrarono, nell’arco di due decenni, due campi: i “dreyfusardi”, che difendevano l’innocenza di Dreyfus e gli “antidreyfusardi”, partigiani della sua colpevolezza. Come riflette lo storico Michel Winock: “La destra protestava: ci sono troppi ebrei nell’esercito e nell’amministrazione, si diffondono come un’epidemia”. L’antisemitismo era trionfante, Dreyfus confermava le colpe attibuite alla “razza”. Barrés e Maurras inneggiavano all’integrità della nazione francese. L’unica difesa era l’Armé. Così il giudizio del consiglio di guerra, che aveva condannato il capitano, non poteva essere scalfito dalla critica. I cattolici erano come invasati e anche nell’estrema sinistra comunarda nonché tra i socialisti si avvertivano lampi di odio per il capitalismo ebraico. Gli intellettuali, invece, difendevano l’universalità dell’individuo, i diritti dell’uomo, l’innocenza evidente di Dreyfus. Molti intellettuali radicali, per esempio Octave Mirbeau, aderirono alla campagna innocentista. Il 25 novembre 1897, Zola pubblica sul quotidiano “Le Figaro” un articolo che finisce con la frase “La verità è in marcia” (che riprenderà nella lettera J’accuse). Così spiegò il suo intervento pubblico: “Dietro le mie azioni non si nascondono né ambizione politica, né passione di settario. Sono uno scrittore libero, che ha dedicato la propria vita al lavoro, che domani rientrerà nei ranghi e riprenderà la propria opera interrotta … E per i miei quarant’anni di lavoro, per l’autorità che la mia opera ha potuto darmi, giuro che Dreyfus è innocente … Sono uno scrittore libero, che ha un solo amore al mondo, quello per la verità …”. Per la storica statunitense Barbara W. Tuchman si trattò di “una delle grandi rivoluzioni della storia”, con la nascita del mondo intellettuale. Zola interviene ancora rivolgendosi direttamente al Presidente con la celebre lettera aperta intitolata “J’accuse” che, come già accennato, viene pubblicata sul quotidiano “L’Aurore”. Il giorno dopo, sempre su “L’Aurore”, appare la celebre “Petizione degli intellettuali”, che reca tra i firmatari metà dei professori della Sorbona e numerosi artisti, come Gallé, l’artista del vetro, Manet, Jules Renard, Anatole France. Molti giovani brillanti della Parigi di fine secolo, tra i quali Marcel Proust e il fratello Robert, con gli amici Jacques Bizet, Robert des Flers, si impegnano a far firmare il manifesto, nel quale si dichiarano pubblicamente dalla parte di Zola e quindi di Dreyfus. Lo Stato Maggiore risponde facendo arrestare il maggiore Picquart che aveva difeso Dreyfus e scatenando sui giornali nazionalistici una violenta campagna di diffamazione contro gli ebrei, i democratici e i liberali. A causa dell’intervento su Dreyfus, Zola subisce una condanna a un anno di carcere e a una pesante multa, per le accuse rivolte ai vertici dell’esercito, accusato di diffamazione e vilipendio delle forze armate; ciò lo costringe a fuggire in Inghilterra nel 1899 per evitare il carcere e rientra solo in seguito a un’amnistia del dicembre 1900. Lo scrittore però diviene oggetto di una campagna giornalistica feroce da parte dei giornali conservatori e colpevolisti, che durerà per anni. Che Dreyfus fosse innocente saltava agli occhi. Egli era figlio di un industriale alsaziano, era cresciuto in un tale culto per la Francia da scegliere, per meglio servirla, la professione delle armi, nonostante la preconcetta ostilità che gli ottusi e retrivi ambienti militari nutrivano per gli ebrei. Dreyfus pensò di poterla vincere con il suo zelo, nessun soldato francese fu più soldato e più francese di lui. Ma ciò non bastò a salvarlo quando i servizi segreti decisero di montare l’affaire di un ufficiale ebreo al soldo dello spionaggio tedesco, che miscelava in una bomba i due sentimenti allora prevalenti nel Paese: l’antigermanesimo e l’antisemitismo. Indro Montanelli ravvisò la perenne attualità dell’Affaire Dreyfus scrivendo: “Esso non fu soltanto un appassionante giallo di fine secolo. Fu anche l’anticipo di certe deviazioni dei servizi segreti. Ma fu soprattutto il prodromo di Auschwitz perché portò alla superficie quei rigurgiti razzisti e antisemiti di cui tutta l’Europa, e non soltanto la Germania, era inquinata … Le cronache di oggi dimostrano che nemmeno i forni crematori dell’Olocausto sono riusciti a liberarci dal mostro che si annida nel subconscio delle società (con rispetto parlando) cristiane, e che proprio nell’affare Dreyfus diede la misura più eloquente della sua abiezione …”. A distanza di oltre un secolo, l’affaire Dreyfus descrive le stesse modalità applicate dal potere politico quando “monta” un “caso” per “far passare” le proprie decisioni, in modo autoritario, facendo leva sul sentimento della paura. Esso addita un capro espiatorio ritenendolo responsabile di provocare i problemi della collettività e lo perseguita per eliminarlo. D’altronde le dittature fondano il loro agire sulla malafede e sulla menzogna arrivando all’uccisione degli oppositori. Con la sua lettera-denuncia Zola, travolto dall’indignazione per la spudoratezza di una palese ingiustizia sente la necessità urgente di battersi fino all’ultimo, incurante delle ritorsioni, in difesa dei valori dell’uomo, dei suoi diritti e della democrazia. Inoltre, l’affaire è molto più di un caso giudiziario: è un punto di svolta. Egli intuisce che se la vicenda non arriva alle persone, se non entra nei dibattiti, ovunque tra la gente, l’intero architrave della Repubblica francese è destinato a crollare nel silenzio omertoso e colpevole di una gigantesca ingiustizia realizzata come il più ovvio degli accadimenti. Zola comprende le possibilità comunicative di ciò che sta accadendo; per la prima volta in Europa la carta stampata ha un peso dirompente nell’orientamento dell’opinione pubblica, per la prima volta gli intellettuali, uniti, si schierano in difesa dei diritti umani. Oggi, nell’era della post-verità, la manipolazione dei mezzi di comunicazione di massa crea un’immagine pubblica o un argomento che favorisce gli interessi particolari dei soggetti interessati con tecniche simili ad una “industria pubblicitaria” a discapito del conclamato intento di servire soltanto l’interesse pubblico. La notizia sembra essere un’illusione della conoscenza: i fatti non contano più perché la gente è più influenzata dalle emozioni. La politica è ridotta a dibattiti in gran parte formulati da appelli alle emozioni e scollegati dai dettagli della politica pubblica, alle credenze personali, e alla ripetuta affermazione degli stessi argomenti di discussione che ignorano confutazioni concrete. Una post-verità che differisce dalla contestazione tradizionale e dalla falsificazione della verità, perché la verità stessa è posta in secondo piano rispetto al dibattito. “Il suddito ideale del regno totalitario”, scriveva Hannah Arendt, “non è il nazista convinto né il comunista convinto, ma l’uomo per cui la distinzione tra fatti e finzione, e la distinzione tra vero e falso, non esistono più”.
Mary Titton
METEO
Roma (Italia, Europa) pioggia +7. Livorno (Italia, Europa) idem. Mumbai (Maharashtra, India Asia) nebbia +24. Addis Abeba (Etiopia, Africa) sereno +16. Miami (Florida, Stati Uniti d’America) parzialmente nuvoloso +25. Suva (Figi, Oceania) nuvoloso +21.
La notizia del giorno.
Prima conferenza stampa di Trump da presidente eletto.
Donald Trump ha incontrato la stampa alla Trump Tower di New York e, rispondendo alle domande su presunte informazioni sensibili in mano ai russi che lo renderebbero ricattabile, ha dichiarato che sono informazioni false, create da oppositori e fuoriuscite dall’intelligence, che non avrebbero dovuto finire sui media; poi, però, come poche ore prima aveva fatto il suo segretario di Stato, Rex Tillerson, in audizione al Senato, infine ammette: “Forse gli attacchi informatici sono stati compiuti dalla Russia, ma credo anche da altri Paesi, altre persone”, poi aggiunge “il presidente Putin ha definito false quelle notizie. Rispetto il fatto che lo abbia detto” e precisa “Lo considero una figura importante, le relazioni con la Russia saranno importanti. La vecchia relazione tra Usa e Russia ha creato l’Isis. Se Putin ora vuole agire in modo diverso non credo non sia una buona cosa … Sono sicuro che la Russia ci rispetterà, avrà più rispetto per gli Usa.” Nella stessa occasione conferma, purtroppo, pure l’intenzione di costruire al più presto un muro al confine con il Messico per arginare l’immigrazione clandestina alla frontiera meridionale, aggiungendo che sarà il Messico a pagarlo e annuncia la decisione di abrogare l’Obama-care, che aveva permesso anche alle persone più svantaggiate della società Usa di accedere a un’assicurazione per garantirsi il diritto alla salute, ma che il neo-eletto definisce “Disastro totale”. Dopo l’America dell’“Yes, we can”, quale America dobbiamo aspettarci?
Avvenimenti e Protagonisti del passato.
Tex: il fumetto italiano che ha appassionato intere generazioni ed è ancora molto seguito.
Il 12 gennaio 2001 moriva ad Alessandria, a 92 anni, Gian Luigi Bonelli, il cui nome è legato indissolubilmente a Tex Willer, il mitico ranger del Texas, l’eroe senza macchia e senza paura, disposto anche a violare la legge per far trionfare la giustizia. Tex infatti è il fortunato personaggio da lui creato, in collaborazione con il disegnatore Aurelio Galleppini (in arte Galep) nel lontano 1948, avendo come modello di riferimento il cinema western statunitense del periodo classico nonché i film di John Ford e ispirandosi anche ai grandi autori dei romanzi d’avventura quali Alexandre Dumas, Jack London, Donn Byrne, Victor Hugo ed Emilio Salgari. Proprio Jack London (Zanna Bianca, Il tallone di ferro e tanti altri), era invece nato sempre il 12 di gennaio, ma nel 1876. Bonelli parlerà spesso di sé stesso come di un “romanziere prestato al fumetto e mai più restituito”. Il suo stile narrativo è infatti semplice ed efficace, basato sull’azione che imprime al fumetto degli effetti di tipo cinematografico, inoltre si caratterizza per le sue “sceneggiature disegnate”, così definite in quanto non descriveva a parole la scena che il disegnatore doveva interpretare e poi realizzare, ma come in uno storyboard cinematografico, abbozzava la tavola dando indicazioni molto precise sulla sua struttura sequenziale e sulle singole inquadrature. Nonostante abbia scritto alcuni romanzi e abbia dato vita ad altri personaggi come Occhio Cupo, Plutos, Rio Kid, Bonelli si è dedicato con grande passione alle sceneggiature di Tex per un quarantennio, identificandosi col personaggio fino ad affermare, come Flaubert per Madame Bovary, “Tex sono io. Nel mio Tex c’è il mio senso di reazione a ogni ingiustizia”. Tex Willer, protagonista assoluto della scena, ancor oggi ad oltre sessant’anni dall’esordio, risulta il più famoso e il più venduto fra tutti i fumetti nel frattempo prodotti. Willer è un ranger del Texas, non sempre inquadrato formalmente, ma è anche il Capo supremo di tutte le tribù Navajo dell’Arizona con il nome di Aquila della Notte, svolgendo contemporaneamente l’incarico governativo di Agente indiano della stessa Nazione pellerossa. Nelle sue avventure è di solito accompagnato dai suoi insostituibili pards: Kit Carson, anch’egli ranger (vagamente ispirato al reale personaggio storico), suo figlio Kit e Tiger Jack, guerriero navajo, fratello di sangue dell’eroe. Insieme percorrono deserti e praterie a protezione degli onesti cittadini, qualsiasi sia il colore della loro pelle, contro gli assalti dei fuorilegge; i criminali invece li considerano puro veleno, dei veri satanassi e dei tizzoni d’inferno, che seminano implacabilmente la morte, a base di buon piombo caldo. Tex ha nervi d’acciaio che gli consentono in ogni circostanza e in ogni pericolo di valutare la situazione e trovare una via di uscita. Questa particolare capacità gli permette di mettere in inferiorità psicologica l’avversario di turno, tanto da indurlo a sbagliare mira o, a volte, ad abbandonare la partita, come nel caso della roulette russa da lui ingaggiata in un saloon con il cattivo di turno Oswald Brenton. Il ranger ha una tempra eccezionale, che gli fa sopportare stoicamente fra l’altro la tortura senza alcun lamento. Colpito numerose volte, riporta ferite di striscio alla testa ed agli arti superiori, senza gravi conseguenze e si ristabilisce di solito in brevissimo tempo. Come possono non identificarsi i ragazzi e gli adulti delle generazioni passate e di quella di oggi in questo eroe, che sa domare qualsiasi cavallo e, moderno Robin Hood in sella al suo fedele Dinamite, difende i deboli a prescindere dal colore della pelle e dalla loro condizione sociale, disposto anche a violare la legge per il trionfo della giustizia? Inoltre, essendo entrato a far parte della tribù dei Navajos, sa riconoscere le tracce lasciate sul terreno da cavalieri e carri, i versi degli animali della prateria e quelli imitati dai guerrieri nemici, come nel caso dei Comanche (“Gli eroi del Texas”, albo 499). Per raccontare le origini e il passato di Tex, Bonelli ricorre alla tecnica dei flashback, quando lo stesso Tex racconta la sua storia a suoi pards seduto davanti al taipee nella riserva Navajo o al fuoco della sera nelle praterie sconfinate del sud ovest americano. Originariamente, in gioventù, Tex era un semplice cowboy e gestiva un ranch insieme al padre Ken e al fratello Sam nel sud del Texas, presso Rock Springs e le sorgenti del Nueces, ma durante una razzia, il padre viene ucciso dai banditi e Tex giura di vendicarlo, pur sapendo di trasformarsi per l’occasione in un fuorilegge, tanto da dover sconfinare in Messico. Successivamente, dopo aver vendicato anche il fratello Sam, ucciso da un certo Tom Rebo per il possesso del ranch, su invito di Jeff Weber, agente del Servizio Segreto, si mette a disposizione della legge diventando un ranger a tutti gli effetti. Nel frattempo Tex, catturato dagli indiani, sposa Lilyth, figlia del sakem dei Navajos Freccia Rossa, entrando a far parte della tribù con l’appellativo di Aquila della Notte e dalla loro unione nasce il suo unico figlio Kit, che i Navajos chiamano Piccolo Falco. Quando Lilyth muore prematuramente a causa di un’epidemia di vaiolo, fatta scoppiare per vendetta da due loschi affaristi di Denver, Fred Brennan e Jim Teller, che Tex aveva fatto arrestare distruggendo la loro organizzazione che smerciava armi alle tribù indiane allo scopo di provocare la guerra, si scatena terribile la sua vendetta. Tex naturalmente scampa al flagello e porta il figlio Kit malato alla missione di Taos, al fine di sottoporlo alle cure necessarie per farlo ristabilire. Alla morte di Freccia Rossa, Aquila della Notte eredita il comando del popolo Navajo. Molti gli amici del nostro protagonista, da Montales in Messico a Jim Brandom, Colonnello delle Giubbe Rosse in Canada e il misterioso quanto accattivante el Morisco. Tantissimi ovviamente i nemici fra cui fra tutti il legendario Mefisto e suo figlio Yama. Una saga ad oggi ancora incompiuta e una figura di grande fascino emotivo che promette ai lettori sempre nuove straordinarie avventure ed altrettante sorprese.
METEO
Roma (Italia, Europa) pioggia +8. Livorno (Italia, Europa) nuvoloso +7. Hong Kong (Cina, Asia) nuvoloso +13. Soweto (Sudafrica) lievi rovesci di pioggia +24. Las Vegas (Nevada, Stati Uniti d’America) nuvoloso +13. Papeete (Tahiti) poco nuvoloso +25.
La notizia del giorno.
Consulta: no a referendum su art. 18, sì a quelli sui voucher e sugli appalti.
La Corte Costituzionale, al termine delle due ore di udienza a porte chiuse, ha bocciato il referendum abrogativo sulle modifiche all’articolo 18 introdotte con il Jobs act, dichiarando inammissibile il quesito sui licenziamenti illegittimi, mentre ha dato il via libera a quelli sui voucher e sulla responsabilità solidale negli appalti. Tutti e tre i quesiti erano stati presentati dalla Cgil con 3,3 milioni di firme. Le motivazioni della decisione presa oggi saranno rese note con il deposito delle sentenze, una per ciascuno dei tre quesiti vagliati nella Camera di consiglio di oggi, che, secondo quanto prevede la legge, deve avvenire entro il 10 febbraio. La consultazione referendaria, secondo quanto prevede la legge, dovrà svolgersi in una domenica tra il 15 aprile e il 15 giugno prossimi. In caso di elezioni anticipate, la legge (articolo 34 della legge 352 del 1970, che regola l’iter referendario) prevede che i referendum abrogativi che hanno avuto il via libera dalla Cassazione e dalla Corte Costituzionale vengano ‘congelati’ fino all’anno successivo, quindi il voto slitterebbe alla primavera 2018. Immediata la reazione del segretario generale della Cgil, Susanna Camusso, che in conferenza stampa ha dichiarato: “ La Corte ha deciso di non ammettere uno dei quesiti. Noi siamo convinti che la libertà dei lavoratori passi attraverso la loro sicurezza. Valuteremo la possibilità di ricorrere alla Corte Europea in merito ai licenziamenti. Non è che il giudizio della Corte di oggi fermi la battaglia sull’insieme della questione dei diritti. La notizia di oggi è che inizia una campagna elettorale dei due sì ai referendum. Chiederemo al governo tutti i giorni di fissare la data in cui si vota”.
Avvenimenti e Protagonisti del passato.
Un pittore e un cantautore morti, a distanza di secoli, lo stesso giorno.
(Autoritratto di Domenico Ghirlandaio, particolare dall’Adorazione dei Magi – Spedale degli Innocenti Firenze, 1485-1488)
L’11 gennaio 1494, nella sua Firenze, dove era nato nel 1449, muore, a quarantacinque anni, per “febbri pestilenziali”, contratte mentre stava preparando dei lavori per Siena e per Pisa, Domenico Bigordi, detto il Ghirlandaio, uno dei pittori più famosi all’epoca di Lorenzo il Magnifico, ritrattista ufficiale dell’alta società fiorentina, capo di una nutrita ed efficiente bottega, in cui mosse i primi passi nel campo dell’arte anche il tredicenne Michelangelo Buonarroti. L’attività artistica di Ghirlandaio durò appena un ventennio, ma in questo periodo la sua bottega divenne una delle più feconde di Firenze, con la creazione di opere che lo resero il pittore più richiesto nella Firenze del suo tempo Il suo stile si rifà alle forme tradizionali della scuola fiorentina, interpretate in modo sobrio ed elegante, ma risente pure dell’influenza della pittura fiamminga nella minuzia dei dettagli e nella vivacità dei colori e di quella classica negli sfondi architettonici. Secondo quanto scrive il Vasari tracciando nelle “Vite” la sua biografia, il Ghirlandaio è stato il primo ad escludere dalle sue pitture l’uso della doratura, rappresentando in modo realistico qualsiasi oggetto dovesse convenzionalmente essere dorato, anche se con alcune importanti eccezioni, quali per esempio la luminosità del paesaggio, ottenuta con l’oro, nell’“Adorazione dei Magi”, oggi agli Uffizi di Firenze. Sempre Vasari racconta vari aneddoti su di lui: scrive che fu un maestro mai soddisfatto, arrivato ad esprimere il desiderio di avere tutte le mura di cinta di Firenze da ricoprire di affreschi; ai suoi assistenti di bottega avrebbe detto di non rifiutare nessuna commessa gli venisse offerta, foss’anche per una cassapanca-guardaroba da signora: avrebbe eseguito personalmente lavori di questo genere qualora non graditi agli apprendisti. È ricordato ed apprezzato soprattutto per i grandi cicli affrescati, quali alcune scene della Cappella Sistina a Roma, dove eseguì la “Vocazione dei primi apostoli”, opera dai colori vivi e brillanti, particolarmente efficaci nel descrivere la delicatezza delle epidermidi e gli abiti all’ultima moda dei contemporanei, e la “Resurrezione”, molto danneggiata già ai tempi di Vasari e in seguito ridipinta nel tardo XVI secolo. Sono da menzionare anche gli affreschi della Cappella Sassetti, in cui le scene mostrano spesso squarci di vita quotidiana fiorentina e personaggi contemporanei, ritratti con precisione nella loro dignità e raffinatezza, armonizzati con le scene sacre in primo piano, e quelli della Cappella Tornabuoni nella sua città natale. Infine non si può non citare il San Girolamo, affresco che gli fu commissionato dalla famiglia Vespucci e realizzò creando una figura serena e convenzionale, rendendo protagonista, più che il santo, le nature morte degli oggetti ordinatamente esposti sullo scrittoio e sulle mensole. Sicuramente non si può individuare, al di là di quella di essere morti in secoli diversi nello stesso giorno, altra relazione tra il Ghirlandaio e Fabrizio De André se non quella di aver seguito con tenacia la propria vocazione artistica, non assecondando le aspirazioni dei rispettivi padri, che avrebbero voluto che seguissero le loro orme. In particolare De André, a 18 anni, lascia la casa dei genitori e gli studi giuridici intrapresi, per seguire la musica, passione che prende sempre più corpo grazie all’ascolto di Georges Brassens, del quale tradurrà alcune canzoni, alla “scoperta” del jazz e all’assidua frequentazione degli amici Luigi Tenco, Umberto Bindi, Gino Paoli e del pianista Mario De Sanctis, con cui comincia a suonare la chitarra e a cantare a Genova nel locale “La borsa di Arlecchino”. De André, in questi anni, conduce una vita sregolata, frequentando amici di tutte le estrazioni culturali e sociali, avendo come compagna una prostituta di via Prè, Anna, e, influenzato dalle opere di Michail Bakunin, Errico Malatesta e di altri libertari e dal libro “L’Unico e la sua proprietà” del filosofo tedesco Max Stirner, simpatizza per le idee anarchiche a tal punto da autodefinirsi anarco-individualista e da aderire ad esse per tutta la vita. Il cammino artistico del cantautore ebbe inizio a Genova, sulla pavimentazione sconnessa e umida del carruggio di Via del Campo, che costituisce il titolo di una delle sue canzoni, che hanno spesso il ritmo lento e triste di antiche ballate; lì, nell’intrico di viuzze simile a un suq mediorientale, in un negozio di dischi, è attualmente esposta la chitarra con la quale, probabilmente, De André ha composto i testi delle canzoni più celebri, che raccontano storie di emarginati, ribelli, prostitute e sono considerate da alcuni critici vere e proprie poesie, tanto da essere inserite in varie antologie scolastiche già dai primi anni settanta e da essere elogiate anche da grandi nomi della poesia come Mario Luzi. De André, sotto la suggestione delle atmosfere degli storici cantautori francesi, in seguito anche dei testi di Leonard Cohen, Bob Dylan e dell’“Antologia di Spoon River” di Edgar Lee Masters, ha raggiunto risultati poetici eccezionali, affrontando temi non convenzionali quali la guerra, l’arroganza del potere, la marginalità e il sesso, non tralasciando neppure elementi di cronaca e satira. Come non ricordare i brani sempre attuali “La guerra di Piero”, “Bocca di rosa”, “La canzone di Marinella”, che ha il fascino di una fiaba, ma è ispirata a un tragico fatto di cronaca, e “La canzone dell’amore perduto”, ballata di struggente tristezza. In quasi quarant’anni di attività artistica, De André ha inciso, oltre a alcune canzoni pubblicate come singoli e poi riedite in antologie, tredici album, fra cui “La buona novella”, ritenuta dall’autore «uno dei suoi lavori più riusciti, se non il migliore», in cui interpreta il pensiero cristiano alla luce di alcuni vangeli apocrifi (in particolare, come riportato nelle note di copertina, del Protovangelo di Giacomo e del Vangelo arabo dell’infanzia), sottolineando l’aspetto umano della figura di Gesù. Scritta nel 1969 in piena lotta studentesca e considerata da compagni e amici anacronistica, l’opera è difesa dal cantautore come “un’allegoria … contro gli abusi del potere, contro i soprusi dell’autorità, in nome di un egalitarismo e di una fratellanza universali”, perché per lui Gesù di Nazareth è stato ed è rimasto “il più grande rivoluzionario di tutti i tempi.” In particolare, in “Via della croce”, una delle canzoni dell’album, De André lascia trasparire i suoi pensieri e i suoi sentimenti anarchici e libertari: “il potere vestito d’umana sembianza ormai ti considera morto abbastanza”, infine, sotto la croce stessa: “non fossi stato figlio di Dio t’avrei ancora per figlio mio” dice Maria al figlio.
(Fabrizio De Andrè in un concerto del 1993)
METEO
Roma (Italia, Europa) sereno +4. Livorno (Italia, Europa) idem. Pechino (Cina, Asia) sereno con nuvolosità periodica -5. Pretoria (Sudafrica) parzialmente nuvoloso +23. Chicago (Illinois, Stati Uniti d’America) per lo più nuvoloso +4. Wellington (Nuova Zelanda) per lo più nuvoloso +17.
DayByDay si rinnova completamente e dal 12 febbraio si trasforma in quotidiano on line di informazione e approfondimento culturale.
Dopo la positiva e sorprendente esperienza dello scorso anno che ha registrato l’interesse di molte migliaia di lettori alla nostra rubrica, abbiamo pensato per offrire un servizio migliore e sempre più puntuale, di cambiarne la struttura che ci ha accompagnato per tutto il 2016, anche per evitare inutili ripetizioni, dando così maggior spazio proprio all’approfondimento oltre alle notizie e ai riferimenti storici sia come personaggi che come vicende. Mentre rimarrà ogni giorno un attento sguardo alla cronaca e all’attualità, le sezioni Almanacco e Sono nati, vengono sostituite invece da una più accurata analisi e lettura di avvenimenti, fatti e protagonisti su un percorso storico ultra millenario. Rimane poi sempre come appuntamento fisso il Meteo, che comunque si amplia e si potenzia. Contemporaneamente, via via nelle settimane e nei mesi a seguire, questo impianto di base sarà integrato da altre rubriche e sezioni dedicate alla Geografia Antica, alla Medicina, ai Viaggi, alla Gastronomia e alle Vicende Sportive. È ovvio che DayByDay non ha alcuna intenzione né si propone di rincorrere l’informazione e la cronaca, che molto meglio di noi e senza paragone alcuno, sono terreno proprio dei media accreditati sia a livello di carta stampata che a livello TV e Web. L’aspetto che ci riguarda evidentemente è quello di indagare percorsi più nascosti e inusuali, dando spazio ci auguriamo a molteplici opportunità di riflessione che d’altra parte, in qualche modo, si ricollegano anche con la natura stessa della nostra azione come Casa Editrice e come proposta specifica nel mare magnum dell’universo culturale. Si tratta evidentemente di un programma molto ricco, ambizioso e per certi versi innovativo nella sua affascinante dinamica di costruzione di una nuova prospettiva, quale elemento di discussione, di riferimento e di servizio per tutti coloro che vorranno usufruirne. Fino all’11 febbraio quindi DayByDay andrà avanti, con le caratteristiche già precedenti all’interno del sito, per poi trasferirsi su una piattaforma diversa e opportunamente articolata, celando fino ad allora un’ulteriore sorpresa che in quella coincidenza di passaggio sarà svelata e resa pubblica, augurandoci così che possa trovare ancor maggiore interesse e un consenso sempre più ampio.
La notizia del giorno.
Prima centrale di cyberspionaggio in Italia.
È stata individuata e smantellata dalla polizia postale una centrale che da anni gestiva una rete di computer – infettati con un malware – che consentiva di acquisire notizie riservate e dati sensibili di decine di persone che, a vario titolo, gestiscono la funzione pubblica e delicati interessi, soprattutto nel mondo della Finanza. La polizia postale, nell’ambito dell’inchiesta “Eye Pyramid”, ha arrestato Giulio Occhionero, ingegnere nucleare di 45 anni e la sorella Francesca Maria, di 49, entrambi molto conosciuti negli ambienti dell’alta finanza, residenti a Londra ma domiciliati a Roma. I fratelli facevano dossier su politici, manager, banchieri e economisti di livello nazionale e avevano creato, secondo gli inquirenti, una centrale di cyberspionaggio per monitorare istituzioni e pubbliche amministrazioni. Un lungo elenco, da cui emergono i nomi, tra gli altri, di Renzi, Monti, Draghi, del cardinale Ravasi e non mancano neanche gli appartenenti ad una loggia massonica, archiviati sotto la sigla Bros (fratelli) in una cartella piazzata in una delle numerose drop zone all’estero. L’intercettazione illecita di comunicazioni informatiche “appare estremamente grave quando i servizi resi dal sistema informatico violato pertengono alla sicurezza nazionale”, ricorda il gip, anche perché “non si può trascurare che ogni malware, oltre a permettere l’esportazione dei dati, comporta la modificazione/alterazione del sistema informatico infiltrato, alterandone il funzionamento con grave rischio per la sicurezza delle operazioni gestite dal sistema informatico”.
Avvenimenti e Protagonisti del passato.
Alea iacta est.
“Il dado è tratto” è la celeberrima frase, che, secondo quanto riporta Svetonio nel suo “De vita Caesarum”, Giulio Cesare avrebbe proferito nella notte del 10 gennaio del 49 a.C., dopo aver varcato, alla testa del suo esercito, composto dalla Legio XIII Gemina (per un totale di circa 5.000 uomini e 300 Cavalieri), il Rubicone, il fiumicello che segnava il confine fra l’Italia e la Gallia Cisalpina e non poteva essere attraversato da un esercito armato; violava così apertamente la legge che proibiva l’ingresso in armi nel territorio di Roma e dava il via alla seconda guerra civile. È questo un fatto senza precedenti, mai prima un generale aveva osato disobbedire agli ordini del Senato, violare la legge, entrare armato nel pomerio, sfidando le leggi e lo stesso Senato. Quali, dunque, gli antefatti di un evento così determinante per la storia di Roma, che ne avrebbe segnato il passaggio dalla repubblica alla dittatura, ponendo i presupposti per il futuro impero, cominciato con Ottaviano, nipote di Cesare, e destinato a durare fino al V secolo? È lo stesso Cesare che nel “De bello civili”, in terza persona, descrive le vicende che lo portano ad assumere una decisione così grave, in particolare nel cap. 2 del I libro riferisce la seduta del Senato del 7 gennaio, nella quale “la maggior parte dei senatori, trascinata dalle grida del console, dalla paura che suscitava la vicinanza dell’esercito, dalle minacce degli amici di Pompeo, pur controvoglia e per costrizione, approva la proposta di Scipione: che Cesare, prima di un dato giorno, smobiliti l’esercito; se non lo fa, risulti chiaro che egli ha intenzione di agire contro lo stato. Fanno opposizione i tribuni della plebe, M. Antonio e Q. Cassio. Subito si pone in discussione il veto dei tribuni. Vengono espressi pareri pesanti; quanto più ciascuno parla con arroganza e durezza, tanto più è colmato di lodi dagli avversari di Cesare.” Cesare, intuendo il complotto ai suoi danni che il Senato stava ordendo, ovvero di metter fuori legge il partito dei populares che egli rappresentava, e temendo per la sua stessa vita, rifiutò, rimanendo accampato nella provincia che gli era stata assegnata, non distante dalla odierna Cervia. Cesare viene, quindi, dichiarato nemico di Roma e, mentre Pompeo, autorizzato dal Senato, effettua la coscrizione di un esercito, s’impadronisce di alcune città, fra le quali Rimini, Arezzo, Pesaro, Ancona, Gubbio. Poi, proseguendo la sua rapida marcia attraverso l’Italia, giunge a Brindisi, da dove l’esercito di Pompeo è già partito alla volta di Durazzo. La lotta tra i due, con vicende alterne, diventa durissima e si conclude il 9 agosto del 48 a.C. con la battaglia di Farsalo, in Tessaglia, dove Cesare ottiene una schiacciante vittoria sulle truppe di Pompeo, che è costretto a fuggire e a riparare in Egitto, presso Tolomeo XIV, il quale, ritenendo di fare cosa gradita al vincitore, lo fa uccidere. A distanza di tanti secoli questa pagina di storia romana ci racconta come la lotta per il potere e la supremazia sia stata sempre spietata e senza esclusione di colpi e come fosse ormai degenerato quel sistema politico considerato da Cicerone nel “De republica” come il migliore possibile e storicamente inverato nella Repubblica romana del II secolo a.C., ci dice come l’originaria Costituzione della Repubblica romana basata sulla divisione dei poteri (legislativo, esecutivo, giudiziario), ancora oggi alla base dei governi repubblicani, non sia bastata a mettere la Repubblica al riparo da una classe dirigente corrotta ed avida, dalle lotte fra popolo e aristocrazia a partire dal tempo dei Gracchi, dalle guerre per il potere di generali, a cui gli eserciti si sentivano più legati che allo stato, in quanto pagati dagli stessi comandanti. Una lezione e un monito per noi cittadini del XXI secolo!
(Giulio Cesare attraversa il Rubicone – Jean Fouquet, seconda metà del XV secolo)
METEO
Roma (Italia, Europa) sereno +6. Livorno (Italia, Europa) parzialmente nuvoloso +5. Bangkok (Tailandia, Asia) nuvoloso +26. Città del Capo (Sudafrica) per lo più soleggiato 28. New York (Stati Uniti d’America) parzialmente nuvoloso -1. Sydney (Australia) sereno +25.