Gustavo Rol, un uomo diverso.

DALLA STORIA

Gustavo Adolfo Rol è stato un uomo che ha suscitato la curiosità di tutti i più grandi potenti del mondo nell’epoca in cui è vissuto. Aveva straordinarie capacità, “possibilità” che egli sosteneva appartenere a tutti gli uomini, ma che i comuni mortali, attualmente, non sono in grado di cogliere. Era certamente un uomo diverso e per moltissimi “uno spirito che vibrava su piani superiori”. Per altri, non molti per la verità, per coloro che non avevano avuto modo di conoscerlo a fondo egli era un abilissimo prestigiatore in grado di produrre illusioni con tecniche di “prestidigitazione” (l’arte del prestigiatore) e in particolare di mentalismo (una forma di illusionismo). Lui si è sempre dichiarato semplicemente un ricercatore e sperimentatore dello spirito e precisava di possedere una “forza” che era scaturita senza che lui avesse fatto niente di particolare se non indagare le proprie profondità interiori; semmai a lui faceva piacere “incoraggiare gli uomini a guardare oltre l’apparenza e a stimolare in loro lo “spirito intelligente”.

Rol era nato a Torino il 20 giugno 1903 da una famiglia benestante. Il padre, Vittorio, noto avvocato, fu per quasi un ventennio il direttore della sede di Torino della banca Commerciale Italiana. La madre, Martha Peruglia, era figlia del presidente del tribunale di Saluzzo. Gustavo fu il terzo di quattro fratelli e fino all’età di due anni non disse nemmeno una parola. “Si sbloccò solo davanti ad un’immagine raffigurante Napoleone a Sant’Elena e, al Generale francese, resterà strettamente legato per tutta la vita. Divenne infatti un collezionista di cimeli napoleonici; “Ancora ragazzo sapeva descrivere con minuzia di particolari lo svolgimento delle varie battaglie napoleoniche, dando l’impressione di avervi assistito personalmente”. Passò la sua infanzia tra Torino e San Secondo di Pinerolo, dove la famiglia possedeva una residenza. Da ragazzo ebbe inizialmente un carattere chiuso, ma in seguito si appassionò allo studio e alla musica imparando a suonare il pianoforte e il violino senza aver mai preso lezioni. Nel ‘23 si iscrisse alla facoltà di giurisprudenza dell’Università di Torino, dove si laureerà nel ‘33. Sia la scelta del corso universitario in legge, sia la carriera bancaria che intraprese nel 1925 avvennero per adeguamento alle tradizioni familiari. Tra il ‘25 e il ‘30 girò l’Europa in qualità di dipendente della Comit: Marsiglia, Parigi, Londra ed Edimburgo e proprio a Parigi, in un caffè, conobbe la norvegese Elna Resch-Knudsen, la ragazza che poi, dopo tre anni, diventerà sua moglie. Alla fine degli anni ’30, Rol acquistò un alloggio, sempre a Torino, in via Silvio Pellico, dove abiterà per tutta la vita. Nel ’27, a Parigi, scrive: “Ho scoperto una tremenda legge che lega il colore verde, la quinta musicale ed il calore. Ho perduto la gioia di vivere. La potenza mi fa paura. Non scriverò più nulla!”. Da questo momento attraversa una crisi esistenziale, fino al punto di ritirarsi in un convento. Aiutato dalla madre ritorna alla vita laica e inizia a compiere le proprie dimostrazioni diventando una delle persone più enigmatiche del ventesimo secolo.   

Nel corso della sua lunga vita, durata 91 anni, Rol venne in contatto con i più grandi personaggi del suo tempo: Einstein, Fermi, Fellini, De Gaulle, D’Annunzio, Mussolini, Reagan, Pio XII, Cocteau, Dalì, Agnelli, Einaudi, Kennedy e molti altri ancora. Il grande Dino Buzzati, che conobbe bene Rol, era colpito dalla sua  vitalità straordinaria e gioiosa, lo descrisse così: “Insisto sulla serenità e l’allegrezza che emanano dalla sua persona. Qualcosa di benefico si irraggia sugli altri. È questa la caratteristica immancabile, almeno secondo la mia esperienza dei rari uomini, arrivati col superamento di se stessi, ad un alto livello spirituale e, di conseguenza, all’autentica bontà. …”. Federico Fellini ne dà questo ritratto: “Ciò che fa Rol è talmente meraviglioso che diventa normale; insomma, c’è un limite allo stupore. Infatti le cose che fa, lui le chiama giochi, nel momento in cui le vedi per tua fortuna non ti stupiscono, ma nel ricordo assumono una dimensione sconvolgente. Com’è Rol? A chi assomiglia? È un po’ arduo descriverlo. Ho visto un signore dai modi cortesi, l’eleganza sobria, potrebbe essere un preside di ginnasio di provincia, di quelli che qualche volta sanno anche scherzare con gli allievi e fingono piacevolmente di interessarsi ad argomenti quasi frivoli. Ha un comportamento garbato, impostato ad una civile discrezione, contraddetta talvolta da allegrezze più abbandonate e, allora parla con una forte venatura dialettale che esagera volutamente, come Macario e racconta volentieri barzellette. Credo che la ragione di questo comportamento sia nella sua costante e prevedibile preoccupazione di sdrammatizzare le attese, i timori, lo sgomento che si possono provare davanti ai suoi traumatizzanti prodigi di mago. Ma, nonostante tutta questa atmosfera di familiarità, di scherzo tra amici, nonostante questo suo sminuire, ignorare, buttarla sul ridere per far dimenticare, lui per primo, tutto ciò che sta accadendo, i suoi occhi, gli occhi di Rol non si possono guardare a lungo. Son occhi fermi e luminosi, gli occhi di una creatura che viene da un altro pianeta, gli occhi di un personaggio di un bel film di fantascienza. Quando si fanno “giochi” come i suoi, la tentazione dell’orgoglio, di una certa misteriosa onnipotenza, deve essere fortissima. Eppure Rol sa respingerla, si ridimensiona quotidianamente in una misura umana accettabile. Forse perché ha fede e crede in Dio. I suoi tentativi spesso disperati di stabilire un rapporto individuale con le forze terribili che lo abitano, di cercare di definire una qualche costruzione concettuale, ideologica, religiosa, che gli consenta di addomesticare in un parziale, tollerabile armistizio la tempestosa notte magnetica che lo invade, scontornando e cancellando le delimitazioni della sua personalità, hanno qualcosa di patetico ed eroico”. A Rol si attribuivano la capacità della “visione a distanza”: la lettura di libri chiusi, la visione di cose che si trovavano in un altro luogo o ciò che accadeva altrove. La possibilità di compiere “viaggi nel tempo”: escursioni nel passato e nel futuro. La “veggenza selettiva”: osservazione dell’aura energetica che circonda il corpo umano, utile all’identificazione di eventuali malattie. “La capacità di visione dell’interno del corpo umano” era in grado di agire dinamicamente sulla materia, poteva spostare a distanza oggetti di qualsiasi genere (telecinesi), o materializzarli e smaterializzarli (apporti/asporti), sapeva prevedere gli eventi futuri (precognizione) e conoscere il passato di una persona (chiaroveggenza), leggeva nel pensiero (telepatia), era in grado di guarire a distanza persone ammalate (tra i sistemi usati anche quello della pranoterapia) o trovarsi in due luoghi differenti nello stesso momento (bilocazione), poteva attraversare superfici solide (ad es. pareti) o farle attraversare da qualsiasi oggetto, così come poteva estendere o ridurre il proprio corpo fisico a piacimento. Un altro fenomeno particolare era “la pittura a distanza”, dove pennelli e spatole si libravano per aria da soli e dipingevano in pochi minuti quadri di pregevole fattura, con l’aiuto dello “spirito intelligente” di un pittore scomparso come ad esempio Picasso, Goya ecc. e altri fenomeni quali la levitazione, l’agilità, la traslazione, la glossolalia e l’azione post-mortem. Tuttavia Rol non aveva a che vedere con questioni mediatiche, le sue “possibilità” erano piuttosto vicine a ciò che avveniva in alcune pratiche egizie e sumero-babilonesi. Rol sosteneva in base alla sua esperienza che: “Con l’arresto di ogni attività fisica, la morte del corpo, l’anima si libera ma non interrompe la propria attività. Lo “spirito intelligente”, invece, rimane in essere e anche operante”. “Così, con un piede da questa parte e l’altro poggiato sull’infinito, mi sembra di essere un ponte gettato fra le due età”. Si interrogava sulla sua condizione: “L’amore è forse questo l’ultimo mezzo che mi è offerto per vivere tra gli uomini come uno di loro?”. “L’unico mio conforto, in tanta solitudine, è quello di poter utilizzare queste mie possibilità a titolo assolutamente gratuito per il bene del mio prossimo”. Intervistato da Roberto Gervasio, nel ’79, Rol disse: “Nei miei esperimenti è la psiche a far da “grondaia” allo spirito”. “Si studino pure a fondo le possibilità racchiuse nell’energia psichica degli uomini, ma per me quanto mi riguarda, ho concluso che allo stato attuale della conoscenza scientifica, i miei esperimenti non hanno alcun rapporto con la psiche. Essi, secondo me, debbono considerarsi una manifestazione dello spirito che è definito “intelligente”, per identificare in esso e quindi nell’Uomo, l’espressione più alta di tutta la Creazione”. Ho sempre protestato di non essere un sensitivo, un veggente, un medium, taumaturgo o altro del genere. È tutto un mondo al quale non appartengo”. “Certamente un rapporto tra spirito e materia esiste: la Scienza non lo conosce, io appena lo intuisco e lo posso dimostrare ma non come vorrei. Una collaborazione con la scienza io la invoco … Einstein credeva in Dio, non ne negava l’esistenza. Un giorno che discutevamo proprio di questo, lui alzò una mano, la frappose fra la lampada e il tavolo e mi disse: “Vedi? Quando la materia si manifesta, proietta un’ombra scura perché è materia. Dio è puro spirito e dunque quando si materializza non può manifestarsi se non attraverso la luce. La luce non è altro se non l’ombra di Dio”. “La scienza potrà analizzare lo Spirito nell’istante stesso in cui perverrà a identificarlo. Son certo che a tanto giungerà l’ansia dell’uomo”.

Mary Titton

PRIMO PIANO

Con il fiato sospeso …

Tutta l’Italia ha vissuto con apprensione per circa due giorni la vicenda di Nicola, il bambino di 21 mesi disperso nei boschi del Mugello, per le cui ricerche si sono mobilitati oltre gli abitanti di Palazzuolo sul Senio e numerosi volontari, anche vigili del fuoco e forze dell’ordine con l’impiego di droni, di cani molecolari, a cui sono stati fatti annusare alcuni vestiti del bimbo, e di un elicottero HH-139B dell’Aeronautica militare, dotato di una sofisticata telecamera termica. Nonostante l’imponente spiegamento di uomini e di mezzi, di Nicola per un tempo lunghissimo non si è trovata nessuna traccia e la seconda notte si è temuto il peggio, pensando ai pericoli di un territorio così impervio, popolato anche da animali selvatici. Oltretutto è tornato alla mente il drammatico incidente di Vermicino, accaduto, 40 anni fa proprio in questi giorni, il 10 giugno 1981, e conclusosi tragicamente con la morte del piccolo Alfredino Rampi, caduto in un pozzo artesiano in territorio di Frascati e rimastovi agonizzante per tre giorni per il fallimento di tutti i tentativi di riportarlo in superficie. La Rai seguì il caso con una diretta di tre giorni, tutti gli italiani rimasero incollati allo schermo, sperando in un lieto fine che non ci fu. Intervenne sul posto anche l’allora Presidente della Repubblica Sandro Pertini, che cercò d’incoraggiare il bambino e, profondamente toccato dai tentativi mal riusciti e dall’esito fatale, sollecitò la creazione del Ministero della Protezione civile, oggi realtà. La vicenda del piccolo Nicola Tanturli per fortuna si è conclusa lietamente: è stato trovato dopo 35 ore da un giornalista della Rai, Giuseppe Di Tommaso, inviato del programma “La vita in diretta”, che stava realizzando con la troupe un servizio proprio sulla scomparsa del bimbo. Il giornalista, risalendo a piedi verso la casa del bambino, a circa 3 km dalla stessa ha sentito dei flebili lamenti e la parola mamma provenire da un burrone profondo 25 metri e subito ha allertato una pattuglia di carabinieri che passava sulla strada sovrastante. Il luogotenente Danilo Ciccarelli, comandante della stazione dei carabinieri di Scarperia si è calato nel dirupo, ha individuato il piccolo, che gli si è aggrappato al collo chiamando “mamma mamma” e insieme a Di Tommaso lo ha riportato sulla strada sterrata riconsegnandolo alla mamma sano e salvo, solo con qualche graffio provocato dai rovi. Trasportato con l’elisoccorso all’ospedale pediatrico Meyer di Firenze, dove è stato trattenuto una notte in osservazione, Nicola ieri è tornato a casa, pronto a reimmergersi nei giochi e nella sua vita di sempre, non avendo fortunatamente riportato traumi né fisici né psicologici. A quell’età, come spiegano gli specialisti, il bambino, tornando alla normalità, non conserva memoria dell’evento spiacevole occorsogli, inoltre Nicola è un piccolo speciale, abituato a vivere a contatto con la natura e col bosco, a percorrere col papà e col gregge i diversi sentieri della zona. La famiglia Tanturli vive, infatti, in località Campanara, a ottocento metri di altezza, dedicandosi all’apicoltura e all’allevamento degli animali, per una scelta di vita alternativa, senza rete idrica, elettricità, internet, a pochi chilometri dalla comunità di Campanara, dove la gente abita in casolari sparsi tra i boschi, conservando le tradizioni della montagna (giù in paese, a Palazzuolo sul Senio, c’è anche un Museo delle Genti di Montagna, la cui collezione di oggetti racconta la vita quotidiana degli abitanti del territorio). Secondo quanto ricostruito, i genitori hanno messo Nicola a letto verso le 18:00, recandosi a lavorare nel vicino orto, poi verso mezzanotte, andando a controllare, non hanno trovato il bambino nel letto e hanno cominciato a cercarlo intorno alla casa in tutte le direzioni, perché, pur essendo vivace e intraprendente, di solito il piccolo da solo non si allontanava più di 10 metri. Leonardo Tanturli, il padre di Nicola, manifestando la sua immensa gioia e ringraziando tutti dice: “É un bambino forte, ha resistito … Vivendo in campagna, a differenza di altri bambini, Nicola era abituato a camminare, chiaramente con noi, da solo non aveva mai affrontato più di poche decine di metri da casa in tutte le direzioni, non era mai successo. Questa volta vuoi per il buio vuoi per una paura, non lo so, si è allontanato di più. Probabilmente è arrivato lì, dove è stato ritrovato non subito, forse non è successo nell’arco di una notte.” Una favola a lieto fine quella di Nicola, che ci ha commosso e regalato un po’ di serenità in un tempo così difficile e tormentato, aggravato dalla pandemia, e ci ha fatto riscoprire un modo di vivere più naturale, essenziale, forse più felice.

Editoriale

Come ogni anno ormai da decenni ma anche oltre, dai primi inizi di primavera al 10 giugno, sono concentrate molte ricorrenze alcune delle quali celebrative e presidio di giusto orgoglio della storia più recente del nostro Paese, altre invece sono confinate al triste esercizio della memoria per il loro carico tragico di violenza, di infamia e di sangue. Fra i tanti fatti della cronaca nera e della politica quella peggiore, altrettanto spregevoli nelle loro logiche lucide e crudeli, se ci si concentra sui più eclatanti la nostra mente non può non andare a quella lontana mattina del 16 marzo 1978 quando Aldo Moro, Presidente della Democrazia Cristiana, fu rapito e la sua intera scorta sterminata. Quarantatré anni fa, quasi mezzo secolo, di cui di quella vicenda ancora oggi storicamente irrisolta ci rimane una lapide in marmo a via Fani nel cuore del quartiere Trionfale di Roma e le pesanti conseguenze della deviazione secca del percorso che stava seguendo allora  l’Italia repubblicana, ad evidente sovranità limitata, vaso di coccio in mezzo ad una fitta rete di glaciale programmazione di interessi speculari e spietati sullo scacchiere delle superpotenze. 

Poi aprile, la festa della Liberazione dalla guerra e dall’oppressione nazifascista, il Primo Maggio del Lavoro e dei Diritti, Capaci, la strage di Piazza della Loggia a Brescia (di cui si potrà leggere più approfonditamente in questo numero speciale del DayByDay) ed ancora il 2 giugno con l’avvento finalmente nel 1946 della Repubblica Italiana e la fine di una monarchia da sempre anacronistica ostinatamente chiusa nelle sue logiche di interesse dinastico, avidità e affari (di famiglia). 
Così, fra tempi e anni diversi del nostro scorrere del tempo, si arriva al 10 giugno 1924 quando l’on. Giacomo Matteotti, deputato al Parlamento del Regno ed esponente del socialismo riformista italiano, fu sequestrato sul lungotevere Arnaldo da Brescia, poco dopo essere uscito di casa mentre si recava a Montecitorio e ucciso barbaramente quasi subito “in punta di coltello” da un vero e proprio commando fascista, che come si appurerà in seguito, portava via via fino al vero ordinante, sua eccellenza il cavaliere Benito Mussolini. Il corpo fu “ritrovato” solo a ferragosto di quello stesso anno sulla Flaminia in un podere alle porte della Capitale.
Si è sempre imputato il movente alla denuncia fatta dall’esponente socialista dei gravi brogli verificatisi durante le elezioni di qualche mese prima da parte del nascente regime per impedirgli di rendere pubbliche le annunciate prove di quanto affermato, ma come sostiene una parte minoritaria della storiografia specializzata con tutta probabilità le motivazioni di fondo erano altre, così ad alto potenziale esplosivo da allarmare non poco non solo il “cerchio magico” del Fascismo da poco al potere, bensì perfino la Corona, compromessa fino al collo in un’operazione internazionale di tangenti, lesiva e vergognosa rispetto agli interessi primari della nazione. 
Questi descritti sono solo alcuni temi e spunti di riflessione critica che troveranno un maggiore approfondimento su Orizzonti.blog in uscita di lancio il prossimo settembre insieme a tantissimi altri argomenti, spunti, curiosità e narrazioni all’interno di rubriche ed interventi per una visione possibilmente non convenzionale dei fatti, delle storie, delle idee, libera e indipendente da qualsiasi condizionamento.

Intanto sotto la spinta dei vaccini la pandemia sta arretrando almeno qui da noi e se ci sarà senso civico e responsabilità, forse ci risparmieremo una terza ondata in autunno che potrebbe essere devastante per la tenuta del Paese. Evitare di ripetere l’esplosione sconsiderata della voglia d’estate dello scorso anno, che ci ha riguardato un po’ tutti in termini di allentamento di precauzioni e regole da rispettare fino a slittare in una ricorrente stupidità di massa, ci auguriamo possa diventare motivo diffuso di buon senso e di prudenza, tenendo conto che non stiamo parlando solo dell’Italia ma di un mondo intorno a noi così diverso e complesso nella sua ormai acquisita dimensione globale. Intanto però non possiamo non registrare, che a differenza rispetto a quanto affermato con superficiale sicurezza da moltissimi scienziati e specialisti solo fino a pochi mesi fa, cresce sempre di più la probabile certezza che il nuovo Coronavirus Sars-Co V2, più conosciuto come COVID 19, sia stato effettivamente creato in via sperimentale con l’utilizzo di virus animali geneticamente modificati in laboratori militari cinesi fra il 2013 e il 2017, da cui sarebbe riuscito a diffondersi all’esterno per gravissime deficienze nei sistemi predisposti di una massima sicurezza più ostentata che realmente adeguata al livello di altissima pericolosità. Complottismo? Fantascienza? Crediamo di no anche perché questa brutta storia prima o poi verrà compiutamente fuori in tutta la sua tragica evidenza. Ne riparleremo certamente, ma mi sento di ringraziare sentitamente in questo momento Fabrizio Gatti  per lo straordinario lavoro di inchiesta portato avanti con il suo documentatissimo volume, L’Infinito errore (La nave di Teseo), che per primo in Italia ha tentato di rompere l’intricato muro del silenzio, dell’acquescienza e in molti casi della menzogna con una confusa e ben congegnata azione di disinformazione internazionale.

Francesco Malvasi


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